Quando la fine sta per arrivare, è giusto fare di tutto pur di rimandarla? Un racconto di Alberto Priora.
L’uomo del governo siede rigido dietro la scrivania, le dita unite come zampe di ragno allo specchio e la bocca una linea al confine tra un finto sorriso e una smorfia.
«Perché vorreste farlo? Che cosa vi ha convinti a mettervi in lista?»
La donna sorregge il suo sguardo; è il marito, seduto accanto a lei, a parlare.
«I soldi. Il contributo del governo.»
«I soldi sono sempre un buon incentivo, certo, ma non giustificano da soli questa scelta. Avete bene presente i problemi?» risponde il burocrate, facendo cenno all’opuscolo poggiato sul tavolo.
La donna abbassa gli occhi. Sulla copertina c’è il disegno di un feto circondato da un alone viola sgargiante, innaturale.
«Sì» dice lei con la voce che cerca di essere sicura.
«Non mi riferisco a quelli fisici di gestazione e nascita, che sono ridotti al minimo dai medici, ma a quelli che verranno dopo. A tutto quello che dovrete sopportare.»
«Abbiamo presente.»
«Avete presente il futuro? Non potete.»
La coppia rimane in silenzio, schiacciata dalle parole. L’uomo del governo incrocia le dita e stringe le labbra. Pare già pronto a esprimere il suo verdetto.
«È stato quando li abbiamo visti — esclama la donna all’improvviso.» Quando abbiamo visto quei bambini. Ci siamo convinti che è giusto farlo, non solo per noi, ma per loro. Devono nascere.
«Siete consapevoli che…»
«Non sarà mai completamente nostro. Sì, lo capiamo» dice il marito, annuendo.
L’uomo del governo li fissa. Osserva prima lei e poi lui. Ormai sa distinguere le coppie affidabili da quelle che si faranno prendere dal panico al primo problema. Spetta a lui decidere chi tenere nella lista.
«Concepiremo questo bambino, lo faremo nascere e lo faremo crescere» dice lei.
«Lo proteggeremo da chi protesta, da chi dice che non sarà normale, che non fa parte dell’umanità» aggiunge lui.
L’uomo del governo appoggia le mani sul tavolo e prende l’opuscolo. Lo conosce a memoria e lo sfoglia senza guardarlo, girando le pagine per vedere le reazioni istintive della coppia al passaggio degli argomenti.
Dopo decenni di drastica e irrisolvibile riduzione della fertilità a livello mondiale, quando ormai il sollievo della maggiore disponibilità delle risorse si era trasformato in concreto terrore per il futuro della specie, era arrivato da un sistema stellare il messaggio che codificava l’inserzione di specifici DNA all’interno di coppie designate di ovuli e spermatozoi. Chi lo aveva mandato sembrava sapere tutto dell’uomo e della sua avanzata sterilità, fornendo tutte le informazioni per far interpretare il messaggio.
Funzionava. I nuovi bambini nascevano. Diversi e alieni, ma nascevano.
Chi lo vedeva come benedizione, chi come rivelazione, chi come minaccia. Divino e maligno, umano e inumano, da distruggere o da esaltare. Accettazione e protesta. Le reazioni dell’umanità non cambiano.
L’uomo del governo chiude l’opuscolo e dice: «Sarete genitori, allora. Giusti o sbagliati, lo sarete. In un certo senso sarete sempre sbagliati. Starà a voi.»
Complimenti per l’idea: è buona e ha dell’ottimo potenziale. L’elaborazione però non soddisfa, specialmente per quando riguarda il paragrafo di infodump che andrebbe parecchio diluito. Proprio perché si tratta di un racconto così breve, un paragrafo simile rischia solo di appesantire la lettura, richiamando tutta l’attenzione su se stesso. Usare nomi propri invece di “uomo del governo” ecc. aiuterebbe inoltre il lettore a immedesimarsi con ciò che accade. Purtroppo però accade poco. E infatti è proprio questo il secondo problema principale del racconto: più che non di una storia vera e propria, si tratta della descrizione di una scena.