Attento lettore, se il racconto troverai, la fine per tutti decreterai! Un racconto di Marco Roncaccia.
Preambolo
Complimenti!
Se stai leggendo queste righe vuol dire che hai raggiunto il tuo obiettivo.
Nessuno prima di te è mai arrivato fin qui.
In pochi sono a conoscenza della mia esistenza.
Ancora meno sono quelli che credono in me.
Nessuno mi ha mai letto.
Molti pensano che io sia solo una leggenda. La leggenda de “il Racconto Invisibile”.
Chi può essere tanto strambo da prenderla sul serio?
Sono il miglior racconto che uno come te possa leggere.
Sono stato scritto da quello che voi umani chiamate Dio.
In realtà le cose non stanno proprio così. Da questo lato del multiverso i tipi come lui sono del tutto comuni.
Oh certo, puoi continuare a rivolgere al mio autore le tue preghiere.
Tutto quello che vedi intorno a te da quando sei nato l’ha creato lui.
Compreso me, il racconto che, come si tramanda da tempo immemore “si manifesterà solo a chi avrà fortuna e scaltrezza per trovarlo e intelligenza sufficiente per comprenderlo”.
Spero che tu sia consapevole di ciò su cui i tuoi occhi si sono posati.
Una trasposizione narrativa dell’algoritmo ultimo che regola il tuo Universo.
Dal lato del Creatore, non un granché. Pensa che non ha passato nemmeno l’esame.
Il giudizio della Commissione è stato inappellabile:
“L’idea di un Universo in continua espansione è insulsa e genera un enorme ed inutile dispendio energetico, per non parlare della puerile assurdità del creare tutto questo apparato per poi far sviluppare la vita solo in un microscopico e insignificante corpuscolo celeste. Il Candidato dimostra di non aver appreso i fondamenti della Demiurgica di base avendo, tra le bislacche forme di vite sviluppatesi, fatto prevalere quella meno risolta ed evoluta.”
Di regola il plastico andrebbe distrutto dopo ogni esercitazione ma il Creatore era molto affezionato alla sua opera e ha nascosto il tutto nella scatola dei giochi.
Però poi l’Universo continuava a espandersi e il Creatore ha dovuto occultare il plastico in cantina.
Durante il trasloco, la sua Generatrice l’ha sorpreso con le mani nella marmellata, come direste voi, o con l’Universo nel sacco, come si dice da queste parti. La Generatrice ha minacciato di informare il Generatore se il Creatore non avesse smontato subito il suo Universo, ma poi di fronte alla crisi di pianto del piccolo si è arresa.
Sono arrivati a un patto. Avrebbe concesso al suo ragazzo di tenere l’Universo fintanto che uno dei viventi non fosse arrivato a conoscerne i segreti più reconditi attraverso la lettura del Racconto Invisibile.
Il momento sembra essere giunto. Fortuna e scaltrezza ti hanno portato fin qui e ora il requisito di un minimo di intelligenza da parte tua basterà per far apparire qui sotto le mie prime righe.
Buona lettura.
Dimenticatevi la videocassetta che uccide chi la guarda: questo racconto distruggerà l’universo di chi avrà l’ardire di leggerlo!
Un racconto bizzarro e divertente che comprime le dimensioni e riduce Dio a un bambino capricciosamente affezionato a un giocattolo imperfetto (il nostro universo), che fa un patto con la sua generatrice: rinuncerà al suo giocattolo quando qualcuno dei suoi abitanti leggerà questo racconto, ricavando da esso il più definitivo segreto della nostra esistenza.
Da quando frequento l’ambiente dei forum di scrittura, ho letto cinque o sei racconti molto simili a questo; a questo si aggiunge uno celebre letto da bambino, di cui però non ricordo il titolo (mi pare fosse di Asimov, ma la mia memoria è peggio di un groviera in un negozio di cavie da laboratorio), e tutte queste storie mi hanno sempre indotto la stessa riflessione.
Quando si abbandonano le scale di riferimento familiari per addentrarsi nel siderale, il divino, il multiversale e l’assoluto, si corre il rischio di creare una storia fatta di… niente. Di niente, perché occorrono nozioni e creatività del tutto fuori dal comune per immaginare oggetti e creature credibili di quell’ordine di grandezza. Ancor più difficile è poi descriverli e muoverli in modo funzionale davanti al lettore senza banalizzarli, senza trasformarli in versioni giganti della solita società umana o di animali familiari. E questa è un’operazione che promette male, perché finisce inevitabilmente per creare racconti simili fra di loro, come qui un po’ fini a loro stessi, improntati all’ironia e il rovesciamento comico.
Insomma, una volta detto che non è un racconto originale (ma che almeno una volta nella vita è giusto scriverlo), un’idea interessante c’è: la miniaturizzazione di una “chiave di volta universale” davanti agli occhi del lettore, la rivalutazione di un McGuffin familiare in un’ottica di capitale importanza (lo stesso principio di The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy). In questo caso, un segreto nascosto all’interno del racconto.
Qui il fascino diventa subito enigmistico: l’obiettivo dell’autore deve essere che le regole di funzionamento di questa chiave, così come il modo in cui vengono impiegate dalla narrazione, riescano a strappare un sorriso al lettore alla fine del racconto, facendogliene riconoscere l’arguzia. Qui sono formulate in questo modo:
“Il racconto si manifesterà solo a chi avrà fortuna e scaltrezza per trovarlo e intelligenza sufficiente per comprenderlo”
Quindi capiamo che, dal momento che stiamo leggendo questo prologo, siamo già stati scaltri e fortunati. È sia una sorta di captatio benevolentia che un’insegna appesa prima della prova finale, dopo che abbiamo già superato una serie di prove preliminari. Il lettore quindi, esplicitamente sfidato sul piano dell’intelligenza, si dispone all’attenzione per cogliere il segreto del racconto. E questa, senza esagerare, è una trovata davvero, ma davvero molto buona (che ti consiglio vivamente di recuperare e di sviluppare a mente fredda).
Peccato che poi il racconto si perda: la maggior parte dei caratteri filano via a parlare di altro, a giocare sul ribaltamento ironico di grandezza del nostro Dio, a mostrarlo sgridato dai maestri e dalla mamma, invece di tener fede alle premesse dell’incipit e dare al lettore una prova intellettiva da superare, un enigma logico da risolvere. Si arriva alla fine con una beffa esplicita:
“Il momento sembra essere giunto. Fortuna e scaltrezza ti hanno portato fin qui e ora il requisito di un minimo di intelligenza da parte tua basterà per far apparire qui sotto le mie prime righe.
Buona lettura.”
Dal momento che il racconto si chiude qui, e che io personalmente non ho visto apparire nessuna riga qui sotto, deduco di non essere stato abbastanza intelligente. Anzi: è l’autore che mi stia dando dello stupido, dal momento che nel racconto non ho avuto la possibilità di dimostrare il contrario. Sarcasmo che può far sorridere, ma un po’ buttato lì.
Rileggendo il racconto, è aumentata la mia impressione di disomogeneità. Forse all’autore sarebbe convenuto escogitare premesse differenti e puntare sull’ironia fin dall’inizio in un modo più organico. Magari qualcosa che avesse a che fare con l’invisibilità, visto che in questo racconto di invisibile c’è solo il titolo. E che l’autore non ribatta dicendo che c’è una parte di racconto invisibile dopo quanto ho letto: se ci fosse, sforerebbe il limite di caratteri e porterebbe la squalifica! 😛
Un’operazione troppo difficile per dare risultati degni di nota in così poco tempo. Sarà per un’altra volta!