All’inizio del terzo atto Salvatore provò di nuovo a scrutare tra i palchi di sesto ordine, ma dal palcoscenico il buio nella sala rendeva impossibile scorgere i volti delle persone. Gli era parso di vedere Antonio.
Si doveva concentrare sulla sua parte e pensare solo alla musica, come gli era stato insegnato: quello era il momento più importante dove poteva eseguire gli abbellimenti che lo contraddistinguevano nel panorama lirico partenopeo. Il grande Salvatore Righi non poteva deludere il pubblico del San Carlo; ciò nonostante non riuscì a non tornare indietro con i ricordi.
«No, Antonio, non ci siamo» disse il maestro. «Fatti da parte.»
Antonio abbassò la testa e tornò tra le fila dei bambini del coro.
«Salvatore» riprese il maestro rivolgendosi con un sorriso al suo pupillo «vieni avanti tu.»
Il bimbo si portò di fronte agli altri, mentre il clavicembalista dava il la. Bastarono pochi secondi perché tutti nella sala venissero rapiti dalla sua voce straordinaria e dall’espressività del cantato.
«Non ci sono dubbi» concluse il maestro «sarà lui il solista allo spettacolo per la Regina».
Salvatore sorrise orgoglioso, mentre i bambini del coro si complimentavano. Tutti, tranne uno che aveva le guance rigate di lacrime. Salvatore non ci badò, soprattutto quando incrociò gli occhi in adorazione di Maria Pia, la bambina più bella del coro. Pensò che un giorno l’avrebbe sposata.
Antonio guardò il vecchio amico Salvatore mentre concludeva tra l’estasi del pubblico il terzo e ultimo atto. Tutti si alzarono in piedi per applaudire, mentre lui rimase seduto nell’ombra. Stavolta non c’erano lacrime sul suo volto, ma un sardonico sorriso.
Il maestro prese per mano Salvatore e si inchinò profondamente di fronte al pubblico e in particolare alla Regina, e al suo gesto seguì quello di tutti i bambini del coro, tra cui Antonio. Quando rialzò la testa vide chiaramente il volto della Regina sorridere alla volta del solista.
Poco dopo una damigella reale venne a dire che Salvatore era stato scelto per recarsi a studiare alla corte del Re.
Salvatore uscì dal teatro San Carlo a notte fonda. Proprio davanti alla porta quasi gli mancò il respiro quando vide Antonio. Era un bambino come lo ricordava, e gli porgeva dei fiori.
“Non può essere lui” pensò. Ma era uguale a lui.
«Salvatore» disse una voce che sbucava dall’ombra «non accetti i fiori che mio figlio ti sta porgendo?»
Lo riconobbe: l’uomo era Antonio. E al suo fianco c’era una donna.
«Te lo presento, si chiama Sebastiano, come mio padre. Invece conosci già mia moglie. Ti ricordi di lei?»
Sì. Salvatore non l’aveva mai dimenticata. Maria Pia era bella come allora.
Come stordito, prese i fiori dalle mani del bambino. Provò a sorridere ma gli uscì solo una smorfia.
«Complimenti per la tua carriera. Ma è tardi, scusaci, dobbiamo lasciarti. Buona fortuna e arrivederci.»
Salvatore si rivolse mentalmente alla donna che non avrebbe mai potuto avere. «Addio» rispose, con la sua voce da soprano.
“La vittoria e la sconfitta, mai come in questo brano due facce della stessa medaglia. Da una parte l’eccellenza quale meta da conseguire a costo di qualsiasi sacrificio, dall’altra il confronto tra la parzialità del successo e l’estensione delle rinunce che esso richiede, il tutto sapientemente veicolato da una storia in cui i ruoli di vincitore e vinto si sottopongono al giudizio del lettore.” (Commento di Marco Fronzoni, giurato del Contest BEST)