Anche nella disperazione più profonda, anche quando non sembra esserci via di uscita, possiamo scegliere cosa essere. Un racconto di Viola Lodato.
«Smettila, è morto.»
Alzo lo sguardo, senza smettere per un istante di fare il massaggio cardiaco. Di fronte a me vedo un essere dalla chioma argentea, indossa soltanto una tunica candida e impalpabile. Fluttua a una decina di centimetri da terra, sopra il mare di cadaveri che ha lasciato l’esplosione.
In un altro momento mi spaventerei, fuggirei via da un essere tanto bizzarro o forse gli punterei la pistola contro. Ora, no.
«Ti ho detto che è morto» insiste, senza lasciar trapelare alcuna emozione.
«Lo vedremo» gli rispondo, ormai esausto.
«Tuo figlio non vive più in questo mondo, Sean» mi dice lui, appoggiandomi una mano sulla spalla.
«Posso ancora salvarlo.»
«Hai detto una cosa giusta» mormora. Alzo lo sguardo e lo vedo sorridere. «Puoi salvarlo, ma in cambio dovrai fare una cosa per me.»
Sto perdendo ogni rimasuglio di forza nelle braccia. Mi fanno male, ma non posso smettere di rianimarlo.
Mi sento strappare da quel corpicino inerte, mi ritrovo a nuotare nell’aria, cerco di riavvicinarmi alla mia unica ragione di vita.
«Ti ho detto che è morto, rinuncia. Solo io posso ridartelo.»
«Come?» domando, con la voce spezzata dalle lacrime.
«Devi fare un patto con me. Ti chiedo solo di uccidere un paio di persone» mi sussurra con un angolo della bocca contratto, a disegnare un sorriso quasi impercettibile. «Poi riavrai tuo figlio, sarete vivi, insieme.»
In un’altra situazione crederei pazzo chiunque mi faccia una proposta simile. In questo momento, però, accarezzo quell’idea, assaporo quella parola lasciandola scivolare sulla mia lingua. «Insieme» sussurro.
Lui mi si avvicina, tenendo gli occhi grigi puntati nei miei. «Esatto, Sean. Esatto.»
«Cosa dovrei fare?» domando, ritrovando un pizzico della forza che gli ultimi avvenimenti mi hanno strappato via dal corpo.
«Devi solo uccidere due persone, due miei nemici. Due vite per la vita di tuo figlio, non lo trovi un patto equo?» mi domanda, mellifluo.
Annuisco. Potrei farlo. Cos’ho da perdere, dopotutto?
«Ti interessa, Sean? Ti va di lavorare per me e di riavere tuo figlio?» mi domanda, diminuendo progressivamente la distanza tra noi due.
Le lacrime hanno ricominciato a scorrere sul mio volto, ma questa volta è per via della gioia. Presto sarò con mio figlio. «Io voglio stare per sempre con mio figlio» gli dico, sorridendo. «Per sempre.»
Estraggo la pistola e la alzo lentamente.
Lui mi sta guardando perplesso. «Non mi farai del male, Sean. Io non posso morire.»
Me la punto alla tempia. «Io sì.»
Poi premo il grilletto.