Ilaria Tuti


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    Ilaria Tuti
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    Ciao a tutti. È stato un piacere leggervi, nessuno escluso. Minuti Contati è una sfida dura, per concorrenti coraggiosi che non hanno paura di mettersi in gioco e fare del tempo che scorre il vero avversario. A volte il risultato è molto buono, altre un po’ meno, ma resta comunque la bravura di essere riusciti a produrre un racconto completo e quella, soprattutto, di avere trovato un’idea da spremere in poco tempo.

    Ecco la mia classifica, accompagnata da quelle che sono, senza dubbio, impressioni del tutto personali.

    1. Non cambia mai, di Marco Roncaccia

    Racconto sorprendente sotto vari aspetti: per la sicurezza con cui è stato condotto dall’inizio alla fine, per lo stile asciutto e pulito, per come l’elemento horror è stato amalgamato perfettamente con quello umano, emotivo, per la trama ben pensata e l’ottima chiusa. Quando l’horror incontra la riflessione nasce, come in questo caso, un racconto di spessore e insieme avvincente.

    2. Solo tu puoi prenderlo, di Filippo Santaniello

    Ottimo stile, stesura accurata. Una storia dall’ambientazione resa in modo ineccepibile e personaggi a tutto tondo. Si legge in modo scorrevole e con un senso di malinconia che si fa più forte man mano che ci si avvicina al finale e lo si intuisce, e che risalta per contrasto con l’ambientazione vacanziera. La presenza del nipote, nell’ultima parte, in qualche modo compensa l’amarezza della morte e fa pensare al senso della vita, al passaggio di testimone che rende ogni vita scintilla iniziale di un’altra.

    3. L’assurda colpa di esistere, di Jacqueline Nieder

    Un bel racconto, originale, che tratta di un periodo storico poco indagato e per questo interessante. All’inizio ho avuto qualche difficoltà a mettere a fuoco chi stava facendo cosa. Ho preferito la parte in cui è stata narrata la guerra, più intensa e chiara, e soprattutto quella del parto, davvero ottima e toccante. Il finale fa chiudere un occhio anche sull’incipit non proprio perfetto.

    4. Rimpianto, di Enrico Nottoli

    Una prova molto buona con un’idea alla base non originalissima, ma resa in modo originale dal continuo alternarsi tra realtà e visione/immaginazione malata. Il testo trasuda tutto il rimpianto del titolo, solitudine e un mal di vivere che lascia, nel finale, con una certa inquietudine addosso. Personaggio descritto molto bene.

    5. Aida, di Nicolas Lozito

    Un ottimo inizio, con un punto di vista originale reso bene da uno stile di buon livello e una stesura accurata. Purtroppo, nella seconda parte si ha una caduta di qualità, sia per stile, sia per stesura, e il testo si fa molto raccontato. Il finale torna a essere buono, con un colpo di scena intelligente e una ripresa del ritmo. Nel complesso, un lavoro altalenante con un potenziale solo in parte espresso.

    6. Perfection, di Eleonora Rossetti

    Una bella storia, che si legge con piacere. Peccato per l’infodump presente circa a metà racconto (specifiche sul manuale), che fa cadere il ritmo e rovina lo stile fino a quel momento pulito. Ne risentono un po’ anche i dialoghi. Il finale non mi ha convinta del tutto, non l’ho trovato incisivo. Piuttosto, mi è sembrato sbrigativo.

    7. Se solo sapessero, di Viviana Tenga

    Un buon racconto, corretto e scorrevole, che però non mi ha convinta del tutto. Sembra manchi qualcosa, un twist potente che sovverta il ritmo. Lo trovo un po’ raccontato, ci si affida più alle informazioni che alla suggestione evocata dalle parole per immaginare la vicenda. Per esempio, l’uomo che avvicina Dario viene definito strano, un po’ pazzo, ma il lettore questo dalla caratterizzazione non lo percepisce, lo deve dare per buono perché scritto dall’autrice. Anche il “piccolo congegno elettronico” avrebbe meritato qualche parola in più, visto che è la chiave di volta della vicenda. Il finale non è del tutto all’altezza delle aspettative, lo avrei voluto molto più forte, un pugno allo stomaco che non c’è stato.

    E ora, in ordine casuale, i commenti agli altri racconti:

    – Ombre, di Carolina Pelosi

    L’idea che ho avuto subito leggendo questo racconto è quello di un’eccessiva velocità degli eventi, che aumenta arrivando verso il finale. Questo si traduce sì in un ritmo incalzante, ma anche, e soprattutto, in una perdita di sapore del tutto. È molto raccontato e poco mostrato. La velocità, inoltre, crea anche confusione in alcuni passaggi, tanto che ho dovuto tornare indietro di un paio di righe per rileggere. È come una pellicola che scorre velocemente: si fa fatica a mettere a fuoco qualche fotogramma. Purtroppo già prima della metà del racconto ho intuito gli sviluppi successivi e questo ha tolto mordente al finale.

    – Buried Town, di Viviana Spagnolo

    Un racconto ben scritto, che dalle prime righe promette bene e ha una voce importante, aggressiva, che ti costringe a proseguire la lettura e detta il ritmo. Purtroppo, manca la trama e la storia si regge quasi esclusivamente sulle promesse (impegnative) della voce narrante e sulla curiosità del lettore. Curiosità che, per quanto mi riguarda, non è stata soddisfatta del tutto, nel senso che ho trovato il finale un po’ vago, fumoso, non incisivo come me lo aspettavo.

    – Incenso, di Cristina Danini

    Un racconto, un doppio giudizio. Il primo è positivo e riguarda la resa molto buona dei sentimenti, del dolore sordo della protagonista. Così ben reso che la lettura lascia un certo amaro in bocca, perché si sperava almeno in un twist finale che la facesse uscire dall’apatia per riappropriarsi del gusto di vivere. Il secondo è negativo e riguarda la trama, povera, la scrittura a volte ridondante e il ricordo del nonno, troppo lungo se paragonato all’intero racconto e non funzionale alla storia. Anche l’arrivo dell’amica si risolve in poche righe e nulla cambia nello scorrere degli eventi.

    – Le radici del futuro, di Patty Barale

    Un’idea interessante che parte con un’ambientazione molto suggestiva. Purtroppo la trama risente di qualche imperfezione e alla fine il cerchio non si chiude come dovrebbe. Non si capisce il senso della frase “potrò avere quella vita che mi è stata rubata” se lei è sparita perché non più esistita. Molto debole anche il fatto che abbia lasciato la registrazione come testimonianza di quanto accaduto; penso che avrebbe avuto più senso lasciare un messaggio direttamente ai media. I pochi dialoghi non sono molto efficaci, soprattutto quello in cui lei parla della foto.

    – Tutto torna, di Diego Ducoli

    Un’ambientazione intrigante, così come anche l’idea, ma la realizzazione è a mio parere confusa. La stesura del testo non è stata molto accurata, la mano dell’autore sembra ancora incerta e il punto di vista è traballante. Si avverte la necessità di dare un ordine agli eventi e chiedersi se, così come sono stati scritti, arrivino al lettore in modo chiaro ed efficace.

    – Radioman, di Sharon Galano

    Un personaggio senz’altro interessante, ma non sono sicura di aver capito il messaggio di questo racconto. Belle le informazioni sul passato di lui, che si mescolano e diventano un tutt’uno con il presente. Convincente il modo in cui è stata resa l’atmosfera da gruppo di alcolisti anonimi e tagliente la frase della moderatrice alla fine, ma… dove si voleva andare a parare? Resto con questa domanda.

    – La bestia di Gévaudan, di Francesco D’Amore

    Un’idea molto buona, che forse avrebbe avuto bisogno di più spazio per essere ben realizzata. Così com’è a mio parere presenta il problema di condensare troppo gli eventi. È partita con un’ottima ambientazione, che però è sfumata quando si è parlato della gabbia e dell’incontro con Creolina: ho faticato a capire di che cosa si stesse parlando, ho avuto l’impressione di uno stacco troppo veloce, affrettato, e di una mancata messa a fuoco del perché e del come.

    – La bestia di fuoco, di Giulio Lepri

    Un soggetto interessante, un dramma familiare con due personaggi molto forti, sebbene opposti. Ho trovato la realizzazione un po’ affrettata, in alcuni passaggi il ritmo si inceppa e rovina la scorrevolezza della storia. Forse troppi elementi messi assieme. Sarebbe stato preferibile concentrarsi su alcuni di essi e dare loro maggiore sviluppo.

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