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Grazie di nuovo a tutti per i commenti! Riassumendo mi pare che i problemi maggiori siano:
-messaggio danneggiato da accorciare e semplificare
-seminare qualche indizio in più per far capire che l’universo B viene usato come una discarica e non rendere il finale slegato dal resto
-trovare il tempo e lo spazio per rendere chiaro che gli umani relegati nell’universo B vogliono prendersi una rivincita.
I caratteri stavolta li ho davvero sentiti come un problema, probabilmente avrei dovuto lasciar perdere l’idea della vendetta dell’universo B e concnetrarmi sul trasmettere il senso di abbandono della ragazza che si risveglia dopo l’ibernazione per scoprire di essere stata ‘buttata via’. Forse erano davvero troppe cose per un racconto così breve! Vedrò di lavorarci su!
2 ottobre 2015 alle 13:14 in risposta a: Gruppo DARK TOWER: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #11547Classifica:
1. Fiori per te
2. La soglia di vetro
3. Il nuovo mondo
4. It’s a small world
5. La discarica
6. Zwitter
7. Anche i personaggi nel loro piccolo s’incaxxano
8. Io no
9. Sarà un ragazzo bellissimo
10. Effetto oblio
11. Miss W. e Dottor C.
12. La tragica fine del dottor Adami
Commenti:
IL NUOVO MONDO
Ciao Valter,
mi è piaciuta l’idea di una versione alternativa della scoperta dell’America, in un universo evidentemente un po’ magico, e con un Re di Castiglia al posto di Isabella. Bello che il tema dell’universo sia affrontato doppiamente: due universi che si incontrano, con un’esito alternativo a quello che conosciamo.
Quello che mi ha convinto di meno è la modalita narrativa con i punti di vista dei due gruppi che si alternano. Il tono fiabesco della parte ‘americana’ contrapposto alla narrazione più oggettiva dell’equipaggio di Colombo all’inizio confonde un po’, credo per via della brevità dei paragrafi… in un testo più lungo probabilmente funzionerebbe meglio.
MISS W. E IL DOTTOR C.
Ciao Beppe,
a dire il vero non riesco a trovare il tema dell’altro universo nel tuo racconto. L’unica interpretazione che mi viene in mente è che sia ambientato in un altro universo, in cui i pc parlano… ma non mi convince molto.
Anche il finale mi sembra migliorabile. Forse se il secondo paragrafo, che ci dà la chiave per capire il primo, fosse più breve e incisivo renderebbe meglio. E devo ammettere che mi ha deluso il fatto che quando la workstation gli parla, il nostro protagonista, seppur stupito, si limita a zittirla con un antivirus… sono sicura che ci sono cose migliori da fare se si scopre di avere un’intelligenza aritficiale 😀
I dialoghi invece scorrono bene e li ho trovati convincenti come scambi (ad esclusione dell’espressione ‘amico’), per me è una cosa molto difficile, quindi complimenti!
EFFETTO OBLIO
Ciao Ophelia,
del tuo racconto mi è piaciuto come descrivi la protagonista non umana, e come cerchi di distanziare l’ambiente da quello che conosciamo sulla Terra inserendo vari dettagli con naturalezza, dalle 4 lune alla nuova unità di misura degli angoli.
Devo però farti un paio di appunti (ma è colpa mia che sono fissata…) a un certo punto chiami la luna ‘pianetino’: o è una luna, o è un pianetino, non entrambi. E mi viene anche da chiedermi, come mai questo popolo non abbia mandato una sonda con l’aggeggio invece di mettere a rischio la vita di un maggiore dell’esercito?
Non ho capito poi se la protagonista viene trasportata in un altro universo, o semplicemente è tutto il racconto ad essere ambientato in un universo alternativo al nostro.
ZWITTER
Ciao Chiara,
la prima parte del tuo racconto mi è piaciuta, c’è qualche refuso da sistemare, virgole e punti e virgola, ma mi ha trasmesso il disagio di cui parli. Io stranamente avrei, a differenza di chi ha già commentato, alleggerito la cosa, che mi sembra molto sottolineata nella scena in cui dà la banconota, ci torni sopra col ‘dolorosamente’ e col ‘sospiro’.
Il finale invece penso sia migliorabile. Non puoi contare troppo su un finale a sorpresa, perché fin dall’inizio del racconto dai elementi più che sufficienti a capire la doppia identità del protagonista. Potresti invece farci sapere come va lo spettacolo, o far sccedere qualcosa in scena, insomma puntare su un finale più narrativo.
Ho apprezzato molto l’ambientazione ‘rétro’ del racconto, affatto scontata: dato il tema, mi aspettavo quasi esclusivamente racconti ad ambientazione contemporanea o futuristica.
E un ultimo dettaglio: spero di non essere io che mi faccio troppi trip mentali, ma credo che tu abbia avuto un vero colpo di genio. Alla prima lettura ho pensato che la tua interpretazione del tema fosse, appunto, ‘l’universo delle drag queen’. Molti hanno interpretato il tema raccontando il punto di vista di una particolare categoria di persone, e in generale non mi entusiasma questa scelta. Però, riflettendo sulla banconota da cinque marchi, ho pensato dapprima che sei stata brava a tener conto degli effetti dell’iperinflazione tedesca, poi ho riflettuto sul fatto che in quel periodo era stato introdotto il reichsmark per rimediare alla crisi del ’23… sono andata a controllare, e come mi aspettavo le monete arrivavano ai 3 marchi e le banconote partivano dai 10 marchi, quindi la banconota da 5 marchi non esisteva, se non ho preso una cantonata io. Quindi questa repubblica di Weimar di cui ci parli è per forza in un’altro universo!! Praticamente la tua banconota è La Moneta di Ubik! (chi ha letto Ubik saprà di cosa parlo… :-)). Insomma, se è così, sei fantastica. Ho un debole per i riferimenti sottili, anche se va detto che limitano di molto le potenialità del racconto, che finisce per parlare a un pubblico molto ristretto. Se invece nulla di tutto ciò era previsto, miscuso per i miei sproloqui.
LA SOGLIA DI VETRO
Ciao Simone,
mi è piaciuta molto la tua interpretazione del tema. Il protagonista si rifugia nell’alcol, un universo in cui le cose evidentemente gli vanno meglio… Carino il parallelo che fai con gli universi di stampo fantascientifico, parlando di portali e cose del genere: il lettore si ingegna per capire come funzionano questi portali fino a comprendere che si sta parlando di un argomento molto più ‘terreno’ del previsto.
Le uniche note che posso fare riguardano il finale, e il modo in cui hai scelto di parlarci ‘dell’altro universo’. Il finale vuole essere a sorpresa, ma non lo è davvero perché ormai abbiamo capito che il protagonista è alcolizzato. Quindi seocndo me non dovrebbe puntare sull’effetto sorpresa. Il modo in cui ci parla dell’altro universo invece all’inizio ci impedisce di riconoscerlo subito, perché ce ne parla dal suo punto di vista ovviamente: questo mi piace. PErò forse hai esagerato con suoni luci e quant’altro… insomma sembra che questo tizio si andato un po’ più in là dell’alcol 😀 Quindi riporterei la descrizione a un livello più ‘terreno’.
Comunuque complimenti.
FIORI PER TE
Ciao Flavia,
il tuo racconto mi è piaciuto sotto tutti gli aspetti. L’interpretazione del tema, l’idea delle piante che diventano la forma di vita più potente (sempre detto, mai sottovalutare gli alberi…!), e il tuo modo di scrivere scorrevole.
Le scene che presenti sono a mio avviso molto ‘cinematografiche’, sia per via delle battute che per il fatto di suggerire delle ‘inquadrature’ da cui immaginare la scena (la voce fuori campo e poi Jori che entra nella scena, la mano vista dall’alto, ecc.). Forse è un’impressione soltanto mia ma sei brava a ottenere questo effetto.
Come già detto da altri, anche io avrei preferito un finale senza battuta ad effetto al momento della morte, ma è questione di gusti. In fondo i kolossal americani non ci risparmiano mai scene di questo genere, e il fatto che la protagonista si chiami Liana gioca a favore di un’interpretazione in chiave ironica di tutto il testo :-). Complimenti davvero.
LA DISCARICA
Ciao Maria Rosaria,
mi piace come è scritto il tuo racconto. Soprattutto la scena iniziale in cui prima il fatto che la narrazione dal punto di vista della donna continui anche dopo lo svenimento, e poi il commento della bambina mi hanno prima incuriosito poi spiazzato.
Volendo trovare un modo per migliorarlo forse potresti rivedere l’ultimo paragrafo per parlarci di più della questione del ‘traffico di mamme’: lasci intendere che ci sono anche mamme del nostro universo che vengono rottamate… Sono robot o persone? Cosa c’è di diverso nell’altro universo? Com’è che la società è arrivata a questo punto?
Un bel racconto, secondo me.
IT’S A SMALL WORLD
Ciao Linda,
in un universo con proprietà così particolari sicuramente la razza umana baderebbe più a far soldi e allungare peni che a fare qualcosa di intelligente! Il tuo racconto è divertente e ben scritto, e mi ricorda un po’ i racconti umoristici di un’antologia uscita per Urania, ‘Uomini macchine e guai’. Come sempre invidio chi riesce a scrivere dialoghi credibili, e tu ci riesci.
Rendere evidente il fatto che i venditori fanno soldi o comunque ci guadagnano renderebbe il racconto più credibile, anche a costo di cambiare la premessa (il conto in rosso) e far pagare i cm (in fondo sono un bene finito, ne hanno solo 4 miliardi e sono sicura che tutti ne comprano almeno due o tre… :-D).
Quanto all’attinenza al tema, molti vedo che hanno raccontato un universo alternativo, altri hanno parlato di due o più universi, reali o metaforici, in rapporto tra loro. Preferisco i racconti del secondo tipo, ma ritengo siano in tema anche gli altri.
Edit: il titolo lo avrei preferito in italiano: l’inglese non aggiunge molto dato che l’espressione idiomatica esiste uguale in italiano e rischi che una fetta di pubblico si perda la battuta.
IO NO
Ciao Alessia,
l’idea del racconto mi piace, ed è senza dubbio in tema.
Dal punto di vista dello stile andrebbe sistemato, ad esempio mandando a capo tutti i dialoghi e semplificando un po’ alcune frasi così da facilitarne la comprensione. Ti faccio un solo esempio per farti capire cosa intendo (ma anche io sono alle prime armi, risolvere un problema è motlo più difficile che notarlo :-D) :
“Il volto di una donna da un manifesto sfigurato guardò Joy con sorpresa.”
Ci immaginiamo il volto, poi scopriamo che è un manifesto. ‘Sfigurato’ è un aggettivo normalmente usato per un volto, ma ci viene il dubbio che forse è il manifesto ad essere stracciato o rovinato. ‘Con sorpresa’ non è naturalissimo, forse meglio ‘con aria sorpresa’, o ‘sorpreso’, semplicemente (ma ristrutturando la frase in modo che non sembri riferito a Joy). Insomma, io la farei diventare più simile a “Da un manifesto rovinato il volto di una donna guardò Joy con aria sorpresa”.
SARÀ UN RAGAZZO BELLISSIMO
Ciao Stefano,
l’inizio mi è piaciuto molto, con il commento sull’infermiera ‘vicina alla pensione’ che ci fa capire che non abbiamo a che fare con una semplice depressione post-partum. Anche a me il resto del racconto ha ricordato B. Button, tutti ci siamo chiesti come sarebbe se fosse lo standard. Avrei preferito vedere qualcosa di più delle riflessioni e dei dubbi della madre, perché una volta capita la situazione la seconda metà del racconto non aggiunge molto. La vicenda funzionerebbe meglio se fosse chiaro da quanto tempo le cose sono cambiate per capire su cosa si basa il rimpianto della madre.
La lettura è scorrevole, e il tema c’è, anche se preferisco i racconti che parlano di almeno due universi distinti. In questo caso, è facile pensare sia un futuro possibile dato che parli di un avanzamento tecnologico.
LA TRAGICA FINE DEL SIGNOR ADAMI
Ciao Diego,
il racconto è ben scritto e i personaggi molto ben delineati attraverso i loro gesti, anche un po’ caricaturali, ma è una cosa che apprezzo. Il finale sorprende ma svuota il racconto di senso per me. L’immagine del vecchio circondato da tubi e macchine è forte, e triste, e non riesco a comprendere davvero l’esitazione della figlia a far ‘rinascere’ il padre: potresti approfondire le sue motivazioni.
Il tema c’è anche se preferisco chi lo ha interpretato inserendo almeno due universi nel racconto.
Mi è rimasta una curiosità dopo la lettura: come fanno a produrre i bebé vuoti? 😀
ANCHE I PERSONAGGI NEL LORO PICCOLO S’INCAXXANO
Ciao Eleonora,
il racconto è carino, la lettura è scorrevole e i dialoghi credibili e naturali (che invidia! :-)).
Mi lascia in dubbio solo l’aspetto del libero arbitrio dei personaggi, che affermano di essere stati creati ‘con un cervello’, ma poi non possono veramente scegliere che fare. Ho letto la tua risposta ai commenti precedenti e la spiegazione che dai va bene. Però alla prima lettura arrivata al secondo paragrafo ho pensato che il primo paragrafo fosse proprio quello che stava rileggendo Luca, che diventa quindi un autore che scrive consapevolmente una parodia, mentre se ho capito bene la tua intenzione era di mostrarci ‘da dentro’ il libro scritto da un ragazzino inesperto. Forse potresti chiarire questo aspetto ritoccando il finale.
Ciao Diego,
il racconto è ben scritto e i personaggi molto ben delineati attraverso i loro gesti, anche un po’ caricaturali, ma è una cosa che apprezzo. Il finale sorprende ma svuota il racconto di senso per me. L’immagine del vecchio circondato da tubi e macchine è forte, e triste, e non riesco a comprendere davvero l’esitazione della figlia a far ‘rinascere’ il padre: potresti approfondire le sue motivazioni.
Il tema c’è anche se preferisco chi lo ha interpretato inserendo almeno due universi nel racconto.
Mi è rimasta una curiosità dopo la lettura: come fanno a produrre i bebé vuoti? 😀
Ciao Stefano,
l’inizio mi è piaciuto molto, con il commento sull’infermiera ‘vicina alla pensione’ che ci fa capire che non abbiamo a che fare con una semplice depressione post-partum. Anche a me il resto del racconto ha ricordato B. Button, tutti ci siamo chiesti come sarebbe se fosse lo standard. Avrei preferito vedere qualcosa di più delle riflessioni e dei dubbi della madre, perché una volta capita la situazione la seconda metà del racconto non aggiunge molto. La vicenda funzionerebbe meglio se fosse chiaro da quanto tempo le cose sono cambiate per capire su cosa si basa il rimpianto della madre.
La lettura è scorrevole, e il tema c’è, anche se preferisco i racconti che parlano di almeno due universi distinti. In questo caso, è facile pensare sia un futuro possibile dato che parli di un avanzamento tecnologico.
Ophelia, secondo me la tua reazione è sbagliata. Non so quale sia il tuo ‘livello’ nell’insieme dei partecipanti di MC, così come non so quale sia il mio, e non credo abbia importanza. Quello che so è che se percepisci gli altri come migliori, allora sei nel posto giusto per migliorare anche tu. Non è coi complimenti che si cresce, in nessun campo, ma con le correzioni
Tornando al racconto: sembri avere in mente un’ambientazione molto complessa e sviluppata anche storicamente, probabilmente è per questo che non sei riuscita a condensare nei pochi caratteri a disposizione tutte le informazioni necessarie: ti sei resa le cose difficili. Somiglia, visto così, più a un capitolo di un libro. Se continuerai a scrivere storie ambientate in questo mondo posso confermarti che la luna è di fatto una luna, cioè un satellite e non un pianeta.
Ciao Alessia,
l’idea del racconto mi piace, ed è senza dubbio in tema.
Dal punto di vista dello stile andrebbe sistemato, ad esempio mandando a capo tutti i dialoghi e semplificando un po’ alcune frasi così da facilitarne la comprensione. Ti faccio un solo esempio per farti capire cosa intendo (ma anche io sono alle prime armi, risolvere un problema è motlo più difficile che notarlo :-D) :
“Il volto di una donna da un manifesto sfigurato guardò Joy con sorpresa.”
Ci immaginiamo il volto, poi scopriamo che è un manifesto. ‘Sfigurato’ è un aggettivo normalmente usato per un volto, ma ci viene il dubbio che forse è il manifesto ad essere stracciato o rovinato. ‘Con sorpresa’ non è naturalissimo, forse meglio ‘con aria sorpresa’, o ‘sorpreso’, semplicemente (ma ristrutturando la frase in modo che non sembri riferito a Joy). Insomma, io la farei diventare più simile a “Da un manifesto rovinato il volto di una donna guardò Joy con aria sorpresa”.
Ciao Linda,
in un universo con proprietà così particolari sicuramente la razza umana baderebbe più a far soldi e allungare peni che a fare qualcosa di intelligente! Il tuo racconto è divertente e ben scritto, e mi ricorda un po’ i racconti umoristici di un’antologia uscita per Urania, ‘Uomini macchine e guai’. Come sempre invidio chi riesce a scrivere dialoghi credibili, e tu ci riesci.
Rendere evidente il fatto che i venditori fanno soldi o comunque ci guadagnano renderebbe il racconto più credibile, anche a costo di cambiare la premessa (il conto in rosso) e far pagare i cm (in fondo sono un bene finito, ne hanno solo 4 miliardi e sono sicura che tutti ne comprano almeno due o tre… :-D).
Quanto all’attinenza al tema, molti vedo che hanno raccontato un universo alternativo, altri hanno parlato di due o più universi, reali o metaforici, in rapporto tra loro. Preferisco i racconti del secondo tipo, ma ritengo siano in tema anche gli altri.
Edit: il titolo lo avrei preferito in italiano: l’inglese non aggiunge molto dato che l’espressione idiomatica esiste uguale in italiano e rischi che una fetta di pubblico si perda la battuta.
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 7 mesi fa da
Zebratigrata.
26 settembre 2015 alle 19:12 in risposta a: Anche i personaggi nel loro piccolo s'inca**ano – Eleonora Rossetti #11219Ciao Eleonora,
il racconto è carino, la lettura è scorrevole e i dialoghi credibili e naturali (che invidia! :-)).
Mi lascia in dubbio solo l’aspetto del libero arbitrio dei personaggi, che affermano di essere stati creati ‘con un cervello’, ma poi non possono veramente scegliere che fare. Ho letto la tua risposta ai commenti precedenti e la spiegazione che dai va bene. Però alla prima lettura arrivata al secondo paragrafo ho pensato che il primo paragrafo fosse proprio quello che stava rileggendo Luca, che diventa quindi un autore che scrive consapevolmente una parodia, mentre se ho capito bene la tua intenzione era di mostrarci ‘da dentro’ il libro scritto da un ragazzino inesperto. Forse potresti chiarire questo aspetto ritoccando il finale.
Ciao Maria Rosaria,
mi piace come è scritto il tuo racconto. Soprattutto la scena iniziale in cui prima il fatto che la narrazione dal punto di vista della donna continui anche dopo lo svenimento, e poi il commento della bambina mi hanno prima incuriosito poi spiazzato.
Volendo trovare un modo per migliorarlo forse potresti rivedere l’ultimo paragrafo per parlarci di più della questione del ‘traffico di mamme’: lasci intendere che ci sono anche mamme del nostro universo che vengono rottamate… Sono robot o persone? Cosa c’è di diverso nell’altro universo? Com’è che la società è arrivata a questo punto?
Un bel racconto, secondo me.
Ciao Flavia,
il tuo racconto mi è piaciuto sotto tutti gli aspetti. L’interpretazione del tema, l’idea delle piante che diventano la forma di vita più potente (sempre detto, mai sottovalutare gli alberi…!), e il tuo modo di scrivere scorrevole.
Le scene che presenti sono a mio avviso molto ‘cinematografiche’, sia per via delle battute che per il fatto di suggerire delle ‘inquadrature’ da cui immaginare la scena (la voce fuori campo e poi Jori che entra nella scena, la mano vista dall’alto, ecc.). Forse è un’impressione soltanto mia ma sei brava a ottenere questo effetto.
Come già detto da altri, anche io avrei preferito un finale senza battuta ad effetto al momento della morte, ma è questione di gusti. In fondo i kolossal americani non ci risparmiano mai scene di questo genere, e il fatto che la protagonista si chiami Liana gioca a favore di un’interpretazione in chiave ironica di tutto il testo :-). Complimenti davvero.
Ciao Simone,
mi è piaciuta molto la tua interpretazione del tema. Il protagonista si rifugia nell’alcol, un universo in cui le cose evidentemente gli vanno meglio… Carino il parallelo che fai con gli universi di stampo fantascientifico, parlando di portali e cose del genere: il lettore si ingegna per capire come funzionano questi portali fino a comprendere che si sta parlando di un argomento molto più ‘terreno’ del previsto.
Le uniche note che posso fare riguardano il finale, e il modo in cui hai scelto di parlarci ‘dell’altro universo’. Il finale vuole essere a sorpresa, ma non lo è davvero perché ormai abbiamo capito che il protagonista è alcolizzato. Quindi seocndo me non dovrebbe puntare sull’effetto sorpresa. Il modo in cui ci parla dell’altro universo invece all’inizio ci impedisce di riconoscerlo subito, perché ce ne parla dal suo punto di vista ovviamente: questo mi piace. PErò forse hai esagerato con suoni luci e quant’altro… insomma sembra che questo tizio si andato un po’ più in là dell’alcol 😀 Quindi riporterei la descrizione a un livello più ‘terreno’.
Comunuqe complimenti.
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 7 mesi fa da
Zebratigrata.
Ciao Chiara,
la prima parte del tuo racconto mi è piaciuta, c’è qualche refuso da sistemare, virgole e punti e virgola, ma mi ha trasmesso il disagio di cui parli. Io stranamente avrei, a differenza di chi ha già commentato, alleggerito la cosa, che mi sembra molto sottolineata nella scena in cui dà la banconota, ci torni sopra col ‘dolorosamente’ e col ‘sospiro’.
Il finale invece penso sia migliorabile. Non puoi contare troppo su un finale a sorpresa, perché fin dall’inizio del racconto dai elementi più che sufficienti a capire la doppia identità del protagonista. Potresti invece farci sapere come va lo spettacolo, o far sccedere qualcosa in scena, insomma puntare su un finale più narrativo.
Ho apprezzato molto l’ambientazione ‘rétro’ del racconto, affatto scontata: dato il tema, mi aspettavo quasi esclusivamente racconti ad ambientazione contemporanea o futuristica.
E un ultimo dettaglio: spero di non essere io che mi faccio troppi trip mentali, ma credo che tu abbia avuto un vero colpo di genio. Alla prima lettura ho pensato che la tua interpretazione del tema fosse, appunto, ‘l’universo delle drag queen’. Molti hanno interpretato il tema raccontando il punto di vista di una particolare categoria di persone, e in generale non mi entusiasma questa scelta. Però, riflettendo sulla banconota da cinque marchi, ho pensato dapprima che sei stata brava a tener conto degli effetti dell’iperinflazione tedesca, poi ho riflettuto sul fatto che in quel periodo era stato introdotto il reichsmark per rimediare alla crisi del ’23… sono andata a controllare, e come mi aspettavo le monete arrivavano ai 3 marchi e le banconote partivano dai 10 marchi, quindi la banconota da 5 marchi non esisteva, se non ho preso una cantonata io. Quindi questa repubblica di Weimar di cui ci parli è per forza in un’altro universo!! Praticamente la tua banconota è La Moneta di Ubik! (chi ha letto Ubik saprà di cosa parlo… :-)). Insomma, se è così, sei fantastica. Ho un debole per i riferimenti sottili, anche se va detto che limitano di molto le potenialità del racconto, che finisce per parlare a un pubblico molto ristretto. Se invece nulla di tutto ciò era previsto, miscuso per i miei sproloqui.
Ciao Ophelia,
del tuo racconto mi è piaciuto come descrivi la protagonista non umana, e come cerchi di distanziare l’ambiente da quello che conosciamo sulla Terra inserendo vari dettagli con naturalezza, dalle 4 lune alla nuova unità di misura degli angoli.
Devo però farti un paio di appunti (ma è colpa mia che sono fissata…) a un certo punto chiami la luna ‘pianetino’: o è una luna, o è un pianetino, non entrambi. E mi viene anche da chiedermi, come mai questo popolo non abbia mandato una sonda con l’aggeggio invece di mettere a rischio la vita di un maggiore dell’esercito?
Non ho capito poi se la protagonista viene trasportata in un altro universo, o semplicemente è tutto il racconto ad essere ambientato in un universo alternativo al nostro.
Ciao Beppe,
a dire il vero non riesco a trovare il tema dell’altro universo nel tuo racconto. L’unica interpretazione che mi viene in mente è che sia ambientato in un altro universo, in cui i pc parlano… ma non mi convince molto.
Anche il finale mi sembra migliorabile. Forse se il secondo paragrafo, che ci dà la chiave per capire il primo, fosse più breve e incisivo renderebbe meglio. E devo ammettere che mi ha deluso il fatto che quando la workstation gli parla, il nostro protagonista, seppur stupito, si limita a zittirla con un antivirus… sono sicura che ci sono cose migliori da fare se si scopre di avere un’intelligenza aritficiale 😀
I dialoghi invece scorrono bene e li ho trovati convincenti come scambi (ad esclusione dell’espressione ‘amico’), per me è una cosa molto difficile, quindi complimenti!
Ciao Valter,
mi è piaciuta l’idea di una versione alternativa della scoperta dell’America, in un universo evidentemente un po’ magico, e con un Re di Castiglia al posto di Isabella. Bello che il tema dell’universo sia affrontato doppiamente: due universi che si incontrano, con un’esito alternativo a quello che conosciamo.
Quello che mi ha convinto di meno è la modalita narrativa con i punti di vista dei due gruppi che si alternano. Il tono fiabesco della parte ‘americana’ contrapposto alla narrazione più oggettiva dell’equipaggio di Colombo all’inizio confonde un po’, credo per via della brevità dei paragrafi… in un testo più lungo probabilmente funzionerebbe meglio.
Ciao,
e grazie per i vostri commenti.
L’ansia spazio-temporale c’è – e si vede!
Ti ringrazio per il feedback sul messaggio danneggiato, in realtà era proprio uno dei punti su cui ero curiosa di vedere le vostre reazioni per capire quanto fosse comprensibile. Già postando il racconto mi sono resa conto che forse potevo essere più esplicita e comprensibile. Sono partita dall’idea della scoperta di un altro universo ritenuto inabitabile e quindi utilizzato come ‘discarica’. In questo universo-cassonetto si ritrova anche Lucinda, ibernata dopo un’operazione non riuscita e mai più risvegliata per mancanza di tempo, spazio, affetto. Il messaggio dovrebbe essere sufficiente a darle questa idea e a farla incazzare un po’ per essere stata buttata via. Per questo alla fine è poco umana. Decide di ripartire dall’universo in cui si trova e tornare a tempo debito in quello originale, forse per vendicarsi. Spero questo chiarisca l’ide adell’incubo… il mostro sarà lei che ritorna nell’universo originale.
@Simone in effetti il personaggio migliorerebbe se nella prima parte fosse più umano, sarebbe più evidente che la freddezza e la rabbia sono una reazione al messaggio.
Ciao Vastatio, ecco qua il mio commento
Inizierò dicendo che questo racconto mi è piaciuto moltissimo!
La narrazione può essere secondo me migliorata: c’è qualche refuso forse dovuto al lavoro di scorciatura, ‘annovera’ che forse cambierei in ‘annoverava’ per coerenza col resto del testo, ‘tre anni dopo’ – ‘tre giorni dopo’ forse è una ripetizione voluta ma non mi suona troppo bene. Mi piace invece l’inizio fatto di frasi semplici che ci ripetono Luca, Luca, Luca… forse l’avrei resa più estrema ancora evitando sempre l’ellissi del soggetto. Ma anche così mi piace molto e la frase ‘Il giorno successivo Luca tornò a lavorare al ristorante’ che continua a raccontarci di Luca come se niente fosse mi ha spiazzato.
Ci sono altre espressioni qua e là che forse sono poco naturali perché si distaccano dal tono semplice e immediato, fatto di frasi brevi, del racconto e frenano un po’ la lettura (certo detto da me…!) ad esempio ‘cifre a cinque zeri’ o la descrizione della bellezza di Veronica (che però mi rendo conto era funzionale alla trama per mettere in gioco le fiamme delle candele).
Nonostante questo l’idea è bella e resa bene. In tema. Ci vedrei bene l’inizio di un romanzo, col protagonista che giorno dopo giorno lascia messaggi a se stesso, alla ‘Memento’, e indaga per capire come è morto. Chiaramente il finale diventerebbe il resto del libro. Chissà!
Ciao Christian, ecco qua il mio commento, postato ieri anche nella discussione con le classifiche del nostro gruppo.
L’inizio è molto bello, e non è quello che ci si aspetta dal titolo. allo stesso modo, non ci si aspetta una storia così triste da un inizio del genere, e ho apprezzato il fatto che il racconto abbia cambiato tono poco a poco e abbia portato senza soluzione di continuità dalla buffa descrizione del corso di meditazione alla riflessione sulla morte della moglie.
Forse avrei tagliato o scritto diversamente la parte tra “Per sentire l’eco…” e “…corpi e anime.” La sento più pesante del resto, e con un tono filosofico che distoglie l’attenzione dai piccoli dettagli della quotidianità del narratore in cui la mogli improvvisamente manca. Le ultime frasi credo comunichino bene già da sole lo sconcerto e la tristezza, pur conservando il tono colloquiale che ha il racconto dall’inizio.
Come interpretazione del tema è forse borderline ma non mi sembra sbagliata, perché il protagonista non ha ancora elaborato il lutto e diciamo che si comporta e pensa come se la moglie ci fosse ancora, da qualche parte, anche se non può vederla.
Ciao Andrea, ecco il mio commento
L’idea è originale e il racconto è ovviamente in tema.
Mi piace la suddivisione in paragrafi, ma avrei unito i primi due che ci parlano del passato.
I tempi verbali sono da sistemare: il terzo paragrafo inizia con ‘ci siamo trasferiti’ e fa pensare che stiamo per leggere un brano ambientato nel tempo presente, ma prosegue con ‘l’invisibile sarebbe venuto con me?’ invece di ‘L’invisibile verrà con me?’ e passati remoti che secondo me vanno cambiati.Bella l’idea di farci vivere l’ultimo paragrafo insieme al bambino.
Forse avrei staccato ancora le ultime due frasi che stonano lette di seguito al pezzo narrato al presente: è come se facessero calare la tensione quando non ce lo aspettiamo e siamo con la mente ancora sotto le coperte, col fiato sospeso. Per questo il racconto si chiude secondo me in modo un po’ fiacco.
Potrebbe valere la pena di pensare a una chiusura alternativa, conservando però contenuto e ambiguità del racconto.Altri hanno commentato il fatto che inizialmente il modo in cui il narratore parla ci fa credere che ormai sia adulto, mentre poi scopriamo che è ancora un bambino. Se vorrai rimaneggiare il racconto per evitare in parte questo problema potresti cambiare la frase “Avevo solo otto anni”, con “Avevo appena compiuto otto anni” o qualcosa di simile: è il punto che mi ha fatto pensare a un passato lontano all’inizio della narrazione.
Ciao Cristina, ecco qui il mio commento
Il racconto è piacevole e scorrevole da leggere, in tema (anche se avrei preferito Veronica completamente invisibile), e il finale a sorpresa è carino.
Non mi piace molto la parte in cui Veronica pensa di essere ‘sbagliata’. Non è un avvertimento sufficiente a far sospettare al lettore la natura di Veronica perciò narrativamente non è utile. Ci aspettiamo che sia emozionata ma non ‘sbagliata’, a meno che questa caratteristica ci venga spiegata successivamente. Dopo si capisce che è perché è un fantasma… ma non mi convince come unica spiegazione. Io se fossi un fantasma non avrei grossi scrupoli a farmi vedere. Magari ci sono delle motivazioni, una storia dietro, qualche regola dei fantasmi… insomma da quelle due frasi mi aspetto di scoprire di più, e in definitiva mi creano un po’ di insoddisfazione per quanto riguarda il racconto nel suo complesso, come se mancasse qualcosa.
Questo è anche il motivo per cui penso che lo apprezzerei più come inizio di qualcosa di più lungo che come racconto finito.Anche alcuni aspetti della descrizione del flautista non mi piacciono moltissimo, come il “sorriso caldo”, le mani che suonano “una musica di silenzi” o i “riflessi color miele” nei suoi occhi: mi sembra che banalizzino un po’ il racconto con un tocco eccessivo di romanticismo. Ma è tutta questione di gusto personale qui!
Ciao Angela, metto anche qui il commento postato nella discussione con le classifiche
L’introduzione e il finale in corsivo secondo me appesantiscono la lettura del racconto. In realtà non mi sembra che il tono sia molto più formale rispetto a quello della parte centrale, quindi forse vederli integrati al resto del testo lo renderebbe più leggibile (o in alternativa li avrei staccati di più rendendo più formale il linguaggio dell’introduzione).
Mi piace come sono tratteggiati i personaggi , con pochi dettagli che però evocano tutta una vita.
Mi piace anche la storia di questa cittadina in cui sotto un’apparenza di civiltà sopravvive chi è più forte e più spietato. Si capisce che per farcela qui bisogna avere i piedi per terra anche quando si parla di sogni e speranze: quelle concrete di Ismael e quelle vaghe e lontane di chi vuole fuggire.Mi resta un dubbio sul finale: inizialmente gli invisibili sembrano essere coloro che lasciano documenti e identità per fuggire e ricominciare altrove, mentre la frase finale ci dice che per sopravvivere bisogna essere invisibili… Ismael lo è perché non è come ce lo aspettiamo, o come se lo aspetta la signora Ortensia? O sono i migranti che devono veramente essere invisibili per non farsi uccidere? Nonostante questo dubbio in un modo o nell’altro il racconto mi sembra in tema.
Ciao Invernomuto, ecco qui il mio commento, postato anche con la classifica
Il racconto è senza dubbio in tema. L’idea dei confini di fatto invisibili che esistono più nelle menti degli uomini e nelle loro mappe che nella realtà è carina. Tuttavia ambientare il racconto nel conflitto israelo-palestinese mi sembra azzardato… tra tutti i conflitti possibili mi sembra uno dei più complessi per via dei fattori in gioco quindi il racconto, che di base mi piace e si adatterebbe bene ad altre ambientazioni, diventa semplicistico e decisamente idealista visto in questo contesto, secondo me.
Bella l’idea di dare ai due ‘nemici’ lo stesso nome.
La lettura è scorrevole, anche se personalmente limerei alcuni punti:
– la borraccia beige: sappiamo che è in divisa, ha caldo, è un soldato improvvisato travolto dagli eventi, e questo unico dettaglio descrittivo mi sembra poco rilevante e stona con la situazione.
– ‘trangugiò’: non mi piace come verbo qui perché proprio in questo momento lui si perde e l’acqua diventa di colpo molto preziosa… non ce lo vedo a berla a garganella.
– STOP: mi fa pensare a un poliziotto, forse lo avrei sostituito con ‘alt’ o ‘altolà’ (quest’ultimo forse troppo vintage però…)
– ‘le relative armi’ mi sembra poco naturale.
– anche la ‘sabbia che rotola su altra sabbia’ non mi sembra naturale. Non so bene come spiegare: il racconto secondo me evoca molto bene il deserto, sabbia dappertutto, sole caldo solitudine, sembra di essere lì. Poi questa sabbia che all’improvviso ‘rotola’ mi sembra poco realistica. E anche il riferimento successivo al mare. Forse perché all’improvviso introduce un paragone con qualcosa che è l’opposto dell’ambiente in cui ci troviamo.Ciao Veronica, ecco qui il mio commento, già postato anche insieme all classifica
Il racconto è in tema e ci parla di un individuo irrilevante. Mi viene il dubbio: sarà davvero invisibile o sarà solo una persona che non si nota? Mi viene in mente la canzone ‘Cellophane’…
Non è male lasciare il dubbio. Però alla fine scopriamo che c’è qualcuno che lo fa seppellire alla morte e l’incanto si rompe. Sappiamo che era reale. Avrei preferito l’ambiguità.La lettura è scorrevole, e il personaggio è tratteggiato bene. Solo un paio di cose non mi sono piaciute: la presenza del pugnale, e l’esplicito riferimento a Borges.
Parliamo di un sognatore, ed è sufficiente immaginarlo nel parco a leggere per saperlo. Non serve sapere cosa legge, sembra un po’ artificioso citare Borges nello specifico. Certo, lo citerà lui stesso alla fine, ma anche l’inserimento di questa citazione non l’ho apprezzato: è come se tutto il racconto potesse essere racchiuso in quella frase. Come a dire, Borges ha già detto tutto questo racconto, in questa frase. Preferisco che il racconto faccia ciò che può senza appigli esterni: ci riesce benissimo,
disegna un personaggio lieve e una suggestione perfetta senza bisogno di Borges, che lo costringe soltanto a un confronto impari.
Per quanto riguarda la presenza del pugnale, mi sembra eccessiva: è l’unico suo oggetto che vediamo, rappresenta l’unica sua interazione con la realtà e secondo me è troppo ‘pesante’ per questo tipo di personaggio. Anche se il fatto di averlo è giustificato con il bisogno di incidere iniziali sugli alberi, che di per sé è una cosa da sognatore, penso che sarebbe più credibile un coltellino o un pezzo di ferro affilato trovato a terra.Ciao Enrico, ecco qui il mio commento.
Il racconto mi sembra aderente al tema: le persone in difficoltà che spesso sono ‘invisibili’ per gli altri.
La scrittura è scorrevole; mi lascia un po’ perplessa l’uso di ‘storgere’ che immagino sia uno slang che non conosco (ma si capisce il senso e il fatto di usare uno slang caratterizza un po’ il personaggio, perciò non è un problema leggendo). Mi lascia più perplessa la carrellata di creature improbabili che sfilano prima davanti al ragazzo drogato e poi davanti al finto cadavere coperto da un telo: credo l’intenzione sia di far capire che non frega veramente niente a nessuno, e magari dare un tono un po’ incazzato alla voce narrante. Però emerge un lato comico che mi sembra incongruente col messaggio del racconto. Insomma, si sta scandalizzando perché nessuno si scompone davanti gente bisognosa e cadaveri per strada… la battuta non ci sta, secondo me.
Sempre alla luce del fatto che il narratore si indigna per la mancata reazione della gente di fronte al ragazzo che muore giorno dopo giorno, stona un po’ il fatto che lui stesso non faccia in definitiva nulla per aiutarlo. Non ne sono certa ma ho pensato anche che questo mancato intervento anche da parte del narratore fosse una cosa voluta, alla fine lui chiama la madre per chiederle soldi immagino, ma lei non risponde: sarà che è morta perché lui l’ha ignorata giorno dopo giorno chiamandola solo quando aveva bisogno di qualcosa? Se fosse così avrebbe senso: si indigna, ma in fondo è come tutti gli altri. L’altra ipotesi è che la madre non risponda perché è lui a essere diventato irrilevante, come il ragazzo drogato. Questo finale aperto lascia un’ambiguità a mio avviso troppo grande, e mi rimane la sensazione che il personaggio sia incoerente.Ciao Ozbo, metto anche qui il commento postato con la classifica!
Riguardo l’attinenza al tema, questo racconto mi è sembrato un po’ un ‘trucco’.
Certo, è il preambolo di un racconto invisibile, quindi di invisibilità si tratta.
Mi piace l’inizio, è agile, cattura, però continuando a leggere all’interno del preambolo leggiamo un bellissimo racconto sulla nascita dell’universo, in cui il racconto invisibile si inserisce in maniera un po’ forzata, e, come dire… scompare 😉 al confronto!
Il racconto ‘vero’ però mi piace davvero molto, è simpatico, scorrevole e ben scritto. L’inserimento del racconto invisibile come ‘sistema di sicurezza’ invece non mi convince proprio, non è utile se non per rispettare il tema e nel complesso indebolisce la storia del nostro aspirante demiurgo.Ciao Leonardo, ecco qui il mio commento!
Devo ammettere che non sono sicura di avere capito il punto del racconto. Cercando di vederci un’interpretazione del tema posso pensare che si riferisca all’invisibilità di Dio, o al fatto che non possiamo sapere quanti angeli possono danzare sulla punta di un ago perché sono invisibili. O forse il punto sta nel fatto che vediamo tutta la scena per poi accorgersi che non siamo davvero in paradiso e stiamo invece assistendo a uno spettacolo orchestrato da un invisibile regista nascosto dietro la macchina da presa… nel racconto Nino, ma nella realtà Dio. Nel complesso però nessuna di queste ipotesi mi convince appieno, perciò resto nel dubbio chiedendomi come sia da legare il racconto al tema dell’invisibilità.
Riguardo al racconto in sé, su di me forse è sprecato. Capisco alla fine che si allude a Nino Manfredi, e forse alle sue famose pubblicità ambientate in paradiso, ma non avendo mai guardato molto la TV non credo di cogliere appieno i riferimenti che probabilmente il testo contiene. Nino si è ritrovato a dirigere una moltitudine di angeli -e arcangeli, dai nomi- che danzano sulla punta di un ago.
Inizialmente non avevo capito bene di cosa parlasse il racconto. Il titolo ci dice che si parla di una danza, e subito mi sono immaginata dei normali ballerini. Alla fine entrano in gioco il paradiso e Dio, ma solo alla seconda lettura ho fatto caso ai nomi e messo insieme il tutto. Questo secondo me pregiudica un po’ la godibilità del racconto che mi sembra un po’ confuso e a una prima lettura non è completamente comprensibile (per me almeno).
Un altro motivo per cui ho faticato subito a mettere insieme i pezzi del racconto e capirlo è il fatto che qui si parla di angeli che ballano sulla punta di un ago (da cui il dolore) mentre la questione originale, per come la conosco io, riguarda angeli su una capocchia di spillo (cioè la parte non appuntita) ed è una questione che non riguarda la dimostrazione dell’esistenza degli angeli (che sembra essere lo scopo dell’esibizione) ma la distanza tra umanità e divinità (in realtà non ricordo bene e non riesco a rintracciare la versione originale per controllare).
Mi piace però molto com’è scritto il racconto e la descrizione che ci permette di vivere la danza dal punto di vista dell’angelo è molto vivida. Mi sono ritrovata dopo poche righe a chiedermi di che danza si trattasse, ho immaginato rituali, carboni ardenti, scarpette con la punta di gesso: quando però ho capito il contesto sono rimasta un po’ delusa. La descrizione è tutta basata su sensazioni fisiche: il poco spazio, i profumi, la vista dell’ambiente attorno che gira vorticosamente, il sudore, il corpo, il dolore… è il bello del testo secondo me, ma è su un piano troppo umano quando scopriamo che stiamo parlando di angeli: mi ha sviato molto nella prima lettura. Certo sono angeli che alla fine si domandano se Dio esista, quindi forse il succo è che anche salendo “un gradino più su” le cose non cambiano. Magari vale la pena rinunciare al finale ‘a sorpresa’ per dare subito la chiave di lettura e far sapere al lettore che ci troviamo in un paradiso più umano del solito.
Qui finisce il commento che ho postato con la classifica… ma ho riletto ancora una volta il racconto e mi sono resa conto che gran parte del senso di ‘confusione di cui parlavo è probabilmente dovuto all’effetto ‘muro di parole’. Penso che qualche a capo e un po’ di formattazione del testo, più che altro nei dialoghi, renderebbero il racconto molto più leggibile.
Grazie a tutti per i commenti, gli apprezzamenti e le correzioni: mi cospargo il capo di cenere per i refusi (oddio, l’apostrofo, che vergogna!).
In questo racconto il lessico un po’ arzigogolato era intenzionale: speravo contribuisse a creare un’atmosfera semiseria e a far emergere meglio la figura un po’ caricaturale del bibliotecario. È molto interessante leggere i vostri commenti per vedere come viene percepita questa scelta linguistica. Ad esempio non pensavo fossero davvero tutti termini così inusuali o che rallentassero la lettura. Può darsi che qualcuno di essi mi sia familiare perché ha lasciato qualche traccia a livello locale nel dialetto, o forse ho letto troppi libri in traduzioni ‘datate’
Ad ogni modo la prossima volta cercherò di fare più attenzione alla scorrevolezza del testo, che mi sembra l’inghippo maggiore. E spero di cimentarmi presto in un’altra edizione di Minuti Contati
2 settembre 2015 alle 19:54 in risposta a: Gruppo CAVALCANTI: Lista racconti ammessi e vostre classifiche #10434LO SPECCHIO INFRANTO
Inizierò dicendo che questo racconto mi è piaciuto moltissimo!
La narrazione può essere secondo me migliorata: c’è qualche refuso forse dovuto al lavoro di scorciatura, ‘annovera’ che forse cambierei in ‘annoverava’ per coerenza col resto del testo, ‘tre anni dopo’ – ‘tre giorni dopo’ forse è una ripetizione voluta ma non mi suona troppo bene. Mi piace invece l’inizio fatto di frasi semplici che ci ripetono Luca, Luca, Luca… forse l’avrei resa più estrema ancora evitando sempre l’ellissi del soggetto. Ma anche così mi piace molto e la frase ‘Il giorno successivo Luca tornò a lavorare al ristorante’ che continua a raccontarci di Luca come se niente fosse mi ha spiazzato.
Ci sono altre espressioni qua e là che forse sono poco naturali perché si distaccano dal tono semplice e immediato, fatto di frasi brevi, del racconto e frenano un po’ la lettura (certo detto da me…!) ad esempio ‘cifre a cinque zeri’ o la descrizione della bellezza di Veronica (che però mi rendo conto era funzionale alla trama per mettere in gioco le fiamme delle candele).
Nonostante questo l’idea è bella e resa bene. In tema. Ci vedrei bene l’inizio di un romanzo, col protagonista che giorno dopo giorno lascia messaggi a se stesso, alla ‘Memento’, e indaga per capire come è morto. Chiaramente il finale diventerebbe il resto del libro. Chissà!
CHIUDO GLI OCCHI E RESPIRO
L’inizio è molto bello, e non è quello che ci si aspetta dal titolo. allo stesso modo, non ci si aspetta una storia così triste da un inizio del genere, e ho apprezzato il fatto che il racconto abbia cambiato tono poco a poco e abbia portato senza soluzione di continuità dalla buffa descrizione del corso di meditazione alla riflessione sulla morte della moglie.
Forse avrei tagliato o scritto diversamente la parte tra “Per sentire l’eco…” e “…corpi e anime.” La sento più pesante del resto, e con un tono filosofico che distoglie l’attenzione dai piccoli dettagli della quotidianità del narratore in cui la mogli improvvisamente manca. Le ultime frasi credo comunichino bene già da sole lo sconcerto e la tristezza, pur conservando il tono colloquiale che ha il racconto dall’inizio.
Come interpretazione del tema è forse borderline ma non mi sembra sbagliata, perché il protagonista non ha ancora elaborato il lutto e diciamo che si comporta e pensa come se la moglie ci fosse ancora, da qualche parte, anche se non può vederla.
LA COPERTA SUGLI OCCHI
L’idea è originale e il racconto è ovviamente in tema.
Mi piace la suddivisione in paragrafi, ma avrei unito i primi due che ci parlano del passato.
I tempi verbali sono da sistemare: il terzo paragrafo inizia con ‘ci siamo trasferiti’ ma prosegue con ‘l’invisibile sarebbe venuto con me?’ invece di ‘L’invisibile verrà con me?’ e passati remoti che secondo me vanno cambiati.Bella l’idea di farci vivere l’ultimo paragrafo al presente.
Forse avrei staccato ancora le ultime due frasi che secondo me stonano lette di seguito al pezzo narrato al presente: è come se facessero calare la tensione quando non ce lo aspettiamo e siamo con la mente ancora sotto le coperte, col fiato sospeso. Per questo il racconto si chiude secondo me in modo un po’ fiacco.
Potrebbe valere la pena di pensare a una chiusura alternativa, conservando però contenuto e ambiguità del racconto.AD ARMI PARI
Il racconto è piacevole e scorrevole da leggere, in tema (anche se avrei preferito Veronica completamente invisibile), e il finale a sorpresa è carino.
Non mi piace molto la parte in cui Veronica pensa di essere ‘sbagliata’. Non è un avvertimento sufficiente a far sospettare al lettore la natura di Veronica perciò narrativamente non è utile. Ci aspettiamo che sia emozionata ma non ‘sbagliata’, a meno che questa caratteristica ci venga spiegata successivamente. Dopo si capisce che è perché è un fantasma… ma non mi convince come unica spiegazione. Io se fossi un fantasma non avrei grossi scrupoli a farmi vedere. Magari ci sono delle motivazioni, una storia dietro, qualche regola dei fantasmi… insomma da quelle due frasi mi aspetto di scoprire di più, e in definitiva mi creano un po’ di insoddisfazione per quanto riguarda il racconto nel suo complesso, come se mancasse qualcosa.
Questo è anche il motivo per cui penso che lo apprezzerei più come inizio di qualcosa di più lungo che come racconto finito.Anche alcuni aspetti della descrizione del flautista non mi piacciono moltissimo, come il “sorriso caldo”, le mani che suonano “una musica di silenzi” o i “riflessi color miele” nei suoi occhi: mi sembra che banalizzino un po’ il racconto con un tocco eccessivo di romanticismo. Ma è tutta questione di gusto personale qui!
UNA VITA MIGLIORE
L’introduzione e il finale in corsivo secondo me appesantiscono la lettura del racconto. In realtà non mi sembra che il tono sia molto più formale rispetto a quello della parte centrale, quindi forse vederli integrati al resto del testo lo renderebbe più leggibile (o in alternativa li avrei staccati di più rendendo più formale il linguaggio dell’introduzione).
Mi piace come sono tratteggiati i personaggi , con pochi dettagli che però evocano tutta una vita.
Mi piace anche la storia di questa cittadina in cui sotto un’apparenza di civiltà sopravvive chi è più forte e più spietato. Si capisce che per farcela qui bisogna avere i piedi per terra anche quando si parla di sogni e speranze: quelle concrete di Ismael e quelle vaghe e lontane di chi vuole fuggire.Mi resta un dubbio sul finale: inizialmente gli invisibili sembrano essere coloro che lasciano documenti e identità per fuggire e ricominciare altrove, mentre la frase finale ci dice che per sopravvivere bisogna essere invisibili… Ismael lo è perché non è come ce lo aspettiamo, o come se lo aspetta la signora Ortensia? O sono i migranti che devono veramente essere invisibili per non farsi uccidere? Nonostante questo dubbio in un modo o nell’altro il racconto mi sembra in tema.
LINEE IMMAGINARIE
Il racconto è senza dubbio in tema. L’idea dei confini di fatto invisibili che esistono più nelle menti degli uomini e nelle loro mappe che nella realtà è carina. Tuttavia ambientare il racconto nel conflitto israelo-palestinese mi sembra azzardato… tra tutti i conflitti possibili mi sembra uno dei più complessi per via dei fattori in gioco quindi il racconto, che di base mi piace e si adatterebbe bene ad altre ambientazioni, diventa semplicistico e decisamente idealista visto in questo contesto, secondo me.
Bella l’idea di dare ai due ‘nemici’ lo stesso nome.
La lettura è scorrevole, anche se personalmente limerei alcuni punti:
-la borraccia beige: sappiamo che è in divisa, ha caldo, è un soldato improvvisato travolto dagli eventi, e questo unico dettaglio descrittivo mi sembra poco rilevante e stona con la situazione.
-‘trangugiò’: non mi piace come verbo qui perché proprio in questo momento lui si perde l’acqua diventa di colpo molto preziosa… non ce lo vedo a berla a garganella.
-STOP: mi fa pensare a un poliziotto, forse lo avrei sostituito con ‘alt’ o ‘altolà’ (quest’ultimo forse troppo vintage però…)
-‘le relative armi’ mi sembra poco naturale.
-anche la ‘sabbia che rotola su altra sabbia’ non mi sembra naturale. Non so bene come spiegare: il racconto secondo me evoca molto bene il deserto, sabbia dappertutto, sole caldo solitudine, sembra di essere lì. Poi questa sabbia che all’improvviso ‘rotola’ mi sembra poco realistica. E anche il riferimento successivo al mare. Forse perché all’improvviso introduce un paragone con qualcosa che è l’opposto dell’ambiente in cui ci troviamo.STORIA DI QUALCUNO
Il racconto è in tema e ci parla di un individuo irrilevante. Mi viene il dubbio: sarà davvero invisibile o sarà solo una persona che non si nota? Mi viene in mente la canzone ‘Cellophane’…
Non è male lasciare il dubbio. Però alla fine scopriamo che c’è qualcuno che lo fa seppellire alla morte e l’incanto si rompe. Sappiamo che era reale. Avrei preferito l’ambiguità.La lettura è scorrevole, e il personaggio è tratteggiato bene. Solo un paio di cose non mi sono piaciute: la presenza del pugnale, e l’esplicito riferimento a Borges.
Parliamo di un sognatore, ed è sufficiente immaginarlo nel parco a leggere per saperlo. Non serve sapere cosa legge, sembra un po’ artificioso citare Borges nello specifico. Certo, lo citerà lui stesso alla fine, ma anche l’inserimento di questa citazione non l’ho apprezzato: è come se tutto il racconto potesse essere racchiuso in quella frase. Come a dire, Borges ha già detto tutto questo racconto, in questa frase. Preferisco che il racconto faccia ciò che può senza appigli esterni: ci riesce benissimo,
disegna un personaggio lieve e una suggestione perfetta senza bisogno di Borges, che lo costringe soltanto a un confronto impari.
Per quanto riguarda la presenza del pugnale, mi sembra eccessiva: è l’unico suo oggetto che vediamo, rappresenta l’unica sua interazione con la realtà e secondo me è troppo ‘pesante’ per questo tipo di personaggio. Anche se il fatto di averlo è giustificato con il bisogno di incidere iniziali sugli alberi, che di per sé è una cosa da sognatore, penso che sarebbe più credibile un coltellino o un pezzo di ferro affilato trovato a terra.NON SI GIOCA COSÌ
Il racconto mi sembra aderente al tema: le persone in difficoltà che spesso sono ‘invisibili’ per gli altri.
La scrittura è scorrevole; mi lascia un po’ perplessa l’uso di ‘storgere’ che immagino sia uno slang che non conosco (ma si capisce il senso e il fatto di usare uno slang caratterizza un po’ il personaggio, perciò non è un problema leggendo). Mi lascia più perplessa la carrellata di creature improbabili che sfilano prima davanti al ragazzo drogato e poi davanti al finto cadavere coperto da un telo: credo l’intenzione sia di far capire che non frega veramente niente a nessuno, e magari dare un tono un po’ incazzato alla voce narrante. Però emerge un lato comico che mi sembra incongruente col messaggio del racconto. Insomma, si sta scandalizzando perché nessuno si scompone davanti gente bisognosa e cadaveri per strada… la battuta non ci sta, secondo me.
Sempre alla luce del fatto che il narratore si indigna per la mancata reazione della gente di fronte al ragazzo che muore giorno dopo giorno, stona un po’ il fatto che lui stesso non faccia in definitiva nulla per aiutarlo. Non ne sono certa ma ho pensato anche che questo mancato intervento anche da parte del narratore fosse una cosa voluta, alla fine lui chiama la madre per chiederle soldi immagino, ma lei non risponde: sarà che è morta perché lui l’ha ignorata giorno dopo giorno chiamandola solo quando aveva bisogno di qualcosa? Se fosse così avrebbe senso: si indigna, ma in fondo è come tutti gli altri. L’altra ipotesi è che la madre non risponda perché è lui a essere diventato irrilevante, come il ragazzo drogato. Questo finale aperto lascia un’ambiguità a mio avviso troppo grande, e mi rimane la sensazione che il personaggio sia incoerente.IL RACCONTO INVISIBILE
Riguardo l’attinenza al tema, questo racconto mi è sembrato un po’ un ‘trucco’.
Certo, è il preambolo di un racconto invisibile, quindi di invisibilità si tratta.
Mi piace l’inizio, è agile, cattura, però continuando a leggere all’interno del preambolo leggiamo un bellissimo racconto sulla nascita dell’universo, in cui il racconto invisibile si inserisce in maniera un po’ forzata, e, come dire… scompare al confronto!
Il racconto ‘vero’ però mi piace davvero molto, è simpatico, scorrevole e ben scritto. L’inserimento del racconto invisibile come ‘sistema di sicurezza’ invece non mi convince proprio, non è utile se non per rispettare il tema e nel complesso indebolisce la storia del nostro aspirante demiurgo.DANZA MISTICA
Devo ammettere che non sono sicura di avere capito il punto del racconto. Cercando di vederci un’interpretazione del tema posso pensare che si riferisca all’invisibilità di Dio, o al fatto che non possiamo sapere quanti angeli possono danzare sulla punta di un ago perché sono invisibili. O forse il punto sta nel fatto che vediamo tutta la scena per poi accorgersi che non siamo davvero in paradiso e stiamo invece assistendo a uno spettacolo orchestrato da un invisibile regista nascosto dietro la macchina da presa… nel racconto Nino, ma nella realtà Dio. Nel complesso però nessuna di queste ipotesi mi convince appieno, perciò resto nel dubbio chiedendomi come sia da legare il racconto al tema dell’invisibilità.
Riguardo al racconto in sé, su di me forse è sprecato. Capisco alla fine che si allude a Nino Manfredi, e forse alle sue famose pubblicità ambientate in paradiso, ma non avendo mai guardato molto la TV non credo di cogliere appieno i riferimenti che probabilmente il testo contiene. Nino si è ritrovato a dirigere una moltitudine di angeli -e arcangeli, dai nomi- che danzano sulla punta di un ago.
Inizialmente non avevo capito bene di cosa parlasse il racconto. Il titolo ci dice che si parla di una danza, e subito mi sono immaginata dei normali ballerini. Alla fine entrano in gioco il paradiso e Dio, ma solo alla seconda lettura ho fatto caso ai nomi e messo insieme il tutto. Questo secondo me pregiudica un po’ la godibilità del racconto che mi sembra un po’ confuso e a una prima lettura non è completamente comprensibile (per me almeno).
Un altro motivo per cui ho faticato subito a mettere insieme i pezzi del racconto e capirlo è il fatto che qui si parla di angeli che ballano sulla punta di un ago (da cui il dolore) mentre la questione originale, per come la conosco io, riguarda angeli su una capocchia di spillo (cioè la parte non appuntita) ed è una questione che non riguarda la dimostrazione dell’esistenza degli angeli (che sembra essere lo scopo dell’esibizione) ma la distanza tra umanità e divinità (in realtà non ricordo bene e non riesco a rintracciare la versione originale per controllare).
Mi piace però molto com’è scritto il racconto e la descrizione che ci permette di vivere la danza dal punto di vista dell’angelo è molto vivida. Mi sono ritrovata dopo poche righe a chiedermi di che danza si trattasse, ho immaginato rituali, carboni ardenti, scarpette con la punta di gesso: quando però ho capito il contesto sono rimasta un po’ delusa. La descrizione è tutta basata su sensazioni fisiche: il poco spazio, i profumi, la vista dell’ambiente attorno che gira vorticosamente, il sudore, il corpo, il dolore… è il bello del testo secondo me, ma è su un piano troppo umano quando scopriamo che stiamo parlando di angeli: mi ha sviato molto nella prima lettura. Certo sono angeli che alla fine si domandano se Dio esista, quindi forse il succo è che anche salendo “un gradino più su” le cose non cambiano. Magari vale la pena rinunciare al finale ‘a sorpresa’ per dare subito la chiave di lettura e far sapere al lettore che ci troviamo in un paradiso più umano del solito.
Classifica:
1. LO SPECCHIO INFRANTO
2. CHIUDO GLI OCCHI E RESPIRO
3. LA COPERTA SUGLI OCCHI
4. UNA VITA MIGLIORE
5. AD ARMI PARI
6. LINEE IMMAGINARIE
7. STORIA DI QUALCUNO
8. NON SI GIOCA COSì
9. IL RACCONTO INVISIBILE
10. DANZA MISTICA
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Zebratigrata. Ragione: problemi di tag
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