L'amore brucia

L’amore brucia

Dove fuggire se il vuoto è dentro se stessi? Un racconto di Leonardo Marconi.

 
Sono circondato. Sento ancora addosso il suo odore, nonostante il fugace incontro. Nonostante il sudore, la paura e le gambe che mi tremano. Orde di donne s’avvicinano e i loro ghigni si fanno sempre più distinti. «Arrenditi e accetta il tuo destino!» mi urlano. Non ho scampo. Creta, culla della civiltà matrilineare, pacifica e orgoglio della civiltà mediterranea, è tutt’altro. Il mio amore lontano. Me l’hanno portata via per ottusa gelosia e sete di vendetta. Sotto il sole cocente, tra cumuli di pietra e sterpaglia, vedo un ascia alzarsi sopra di me. Il sole s’oscura. Sento cedere la gambe. Sto per morire. Non vedo più nulla, m’abbandono al mio destino. Mentre cado sento un sussulto: mi sveglio di soprassalto!
 
Nella mia tenda, di nuovo nel deserto. È l’alba. E il mio amore lontano. Sono solo un ragazzo e mio padre è un Imohar, un nobile Tuareg. Siamo fieri uomini blu figli del vento. Lui apre delicatamente la mia tenda senza parlare e mi osserva: ha il velo blu che copre quasi completamente la sua folta barba nera. Gli occhi scuri e lo sguardo profondo osservano il mio giaciglio, sfatto e abbandonato ai sogni tormentati della notte. Sa del mio amore e dei miei dolori. L’intera carovana è in viaggio con me per trovarla. Mio padre ha abbandonato i suoi affari per dedicarsi a me e alla mia felicità. Esco fuori. Afrukh, il fabbro, m’infila al collo una grande collana. Un grande ciondolo, un talismano. Al centro un grande sole d’argento pitturato di blu. Intorno, rami di bronzo, fiere e serpenti. Ma questo è il suo talismano! È il talismano di lei. Allora sanno dov’è, penso: la tengono nascosta! Mio padre s’avvicina benevolo ma io lo scanso: «Mi avete tradito, avete nascosto il mio amore con l’inganno e mi avete condannato alla ricerca senza fine!!» Il sole è già alto, la tende nere e gialle intorno a me cominciano ad offuscarsi, fino a scomparire. Svengo.
 
Mi sveglio. Finalmente nella mia camera. I miei coinquilini sono già usciti. Ho fatto le ore piccole com’è abitudine ormai da tempo. Da quando lei non c’è più. Mentre salgo in cucina penso alla nostra ultima chiacchierata, al caffè preso insieme al distributore dell’università. Poi lei è scomparsa. Nessuno sembra sapere nulla. Sembra non avesse amici. In cucina le luci sono accese. Le tapparelle chiuse. Urto qualcuno. Si scusa. Un odore familiare, i capelli lunghi e fluenti, il profumo di vaniglia e quel sottile filo di voce. E’ lei, nell’angolo tra la lavastoviglie e il frigorifero.E’ girata di spalle. Non riesco a parlare per l’emozione. Lei sembra sentirsi in colpa. «Giulia, sei tornata! Dove sei stata? Sono mesi che ti cerco».
«Spegni la luce, sto piangendo e non voglio che tu mi veda!». Mi catapulto verso l’interruttore ma la luce non si spegne. Provo in maniera compulsiva, ma non succede nulla. Sono di nuovo in un sogno, nell’ennesimo sogno in cui la sto cercando. Apro la finestra e mi lancio nel vuoto. Volo. L’Amore brucia e non si spegne mai.


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