Ti amerò per sempre

Ti amerò per sempre

 

«Mario, secondo me non è qui.» Imma piantò i piedi come faceva da bambina.
«Fidati una buona volta di me. Svoltiamo l’angolo e siamo arrivati.» L’uomo prese la donna sotto braccio e ripresero il cammino. Ne erano successe di cose, ma i due erano affiatati come quel primo giorno di vent’anni prima.
«Sei sicuro ci sia ancora, e se hanno rifatto la strada?» La passeggiata si interruppe nuovamente, Imma lo fissò dritto negli occhi.
«Ne sono certo, e poi…» Mario si interruppe, abbassò lo sguardo e fissò la punta delle scarpe.
«Ci sei tornato da solo!»
Non rispose, non era capace di mentirle.
«Sei il solito, avevi promesso che ci saremmo tornati insieme, soli io e te.»
«Scusami, ma avevo bisogno di vederla.»
Intenerita Imma si sollevò sulle punte sfiorandogli il collo con le labbra «Ti amo.»
I brutti pensieri si allontanarono e le stretta si allentò. Il sorriso tornò a illuminare il volto di Mario che la cinse forte. Tentennò un secondo inebriato dal profumo della sua pelle, ma vinto dalla passione pretese quel bacio che si erano ripromessi sarebbe arrivato nel loro posto magico. Imma non oppose resistenza, ne aveva voglia anche lei.
Voltarono l’angolo, da lontano videro la banchina su cui si erano incontrati. Prima che Mario potesse dire qualcosa la donna si mise a correre. Non la seguì subito, prendendo il tempo necessario per ammirare quel corpo scultoreo che di recente aveva visto troppo poco spesso. Lei si voltò luminosa come sempre «Muoviti vecchietto.»
Anche Mario si mise a correre. Quando la raggiunse lei era china in avanti con le mani sulle ginocchia. I lunghi capelli biondi che le coprivano il volto non poterono nascondere i sentimenti che le scivolavano lungo le guance. «È ancora qui.»
Il simbolo di quel sentimento adamantino aveva resistito ai cambiamenti del lungomare. La spiaggia deserta, su cui avevano parlato fino a notte fonda, ora rigettava sdraio chiuse e il chiosco era diventato un bagno. L’impronta di Imma era rimasta immutata nel tempo, persino le loro iniziali si potevano ancora leggere.
Mario le si fece accanto, poggiò la mano sulla spalla lontana e scoppiò in un pianto inconsolabile. Rimasero immobili, incuranti delle persone che li evitavano lanciando sfuggenti occhiate impietosite.
«Signore, si sente bene?»
Mario alzò la testa e si trovò di fronte un bambino.
«Sì grazie, noi…» Si guardò attorno, ma non c’era nessuno, di Imma nemmeno l’ombra. Scosse la testa e sorrise «…io stavo solo pensando al passato.»
Il bimbo, senza capire cosa intendesse quell’uomo strano, si allontanò facendo dei gesti a un gruppetto che aspettava nascosto dietro l’angolo.
Mario si sollevò, passò la mano sugli zigomi e sistemò la giacca. Estrasse il cellulare e cercò quell’ultimo messaggio, nella speranza che gli desse la forza di dare una svolta alla sua vita.
«Scusami amore, ma domani non posso venire. Hanno rinviato il viaggio di lavoro di mio marito. Lo so che non è la prima volta, ma ti prometto che prima o poi lo facciamo quel viaggio. Ti amo.»
A capo chino tornò in albergo, guardò la stanza spoglia e pensò quanto fosse simile a quella di casa sua. Vinto dalla stanchezza si sdraiò e chiuse gli occhi. L’ultimo pensiero che gli attraversò la mente fu quanto fosse bella Imma e quanto l’amasse. Ne era certo, l’avrebbe aspettata per tutta la vita.

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Francesco Nucera

Fa parte del Team di MC. Autore di Minuti Contati a partire dalla Terza Era, vanta nel palmares due secondi posti.


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