Fin dove si può spingere, l’uomo, per negare l’accaduto e cercare l’impossibile? Un racconto di Valter Carignano.
Ecco. Aveva finito.
Stette lì, muto e immobile, non riuscendo a credere di essere riuscito a tradurre quelle folli equazioni in realtà. Ma lo erano davvero, reali?
Si passò la mano sulla faccia stanca. Gli mancava il coraggio. Dopo la morte di Carla non aveva più nulla, eppure se avesse fallito… beh, l’avrebbe fatta finita. Punto e basta.
«Le frequenze visibili all’occhio umano sono quelle la cui lunghezza d’onda è minore di un milionesimo di metro. Questi sono i colori che noi vediamo, frequenze maggiori o minori non sono da noi percepibili.»
«Ma quindi ci sono colori invisibili?»
«Beh, non proprio.» Lui posò la bacchetta con cui stava indicando il grafico sullo schermo e guardò Esther, la ragazzina in prima fila che l’aveva interrotto. Non che l’interruzione lo infastidisse: anzi, voleva dire che almeno uno in quella classe lo ascoltava. «Parlare di ‘colori invisibili’ è un ossimoro.»
«Cioè?» chiese Esther, pronunciando la ‘e’ quasi come una ‘a’, a causa della gomma che stava masticando.
«Cioè dire cose opposte nello stesso momento. Un colore, se non lo vedi, non è un colore. Cioè, sarebbe qualcos’altro ma qui il discorso si fa un po’ complicato.»
«Ma il mio cane sente delle cose che io non sento, e quindi…» La campanella e le urla degli altri studenti la interruppero.
«Ne parliamo giovedì, Esther» disse lui. Ma la moglie morì quella notte, e lui non mise più piede nella scuola.
Era ancora di fronte al computer, ma invece dei frattali del salvaschermo i suoi occhi vedevano Carla.
Non gli era pesato, anni prima, rinunciare alla ricerca teorica per trasferirsi ed essere assunto nel liceo privato dove lei insegnava musica. E questo nonostante i suoi studi sulla teoria delle stringhe fossero all’avanguardia, e ancora oggi ne trovasse tracce sulle pubblicazioni più recenti. Lei non avrebbe mai osato chiederglielo, ma non poteva andarsene e lasciare sola la madre con l’alzheimer. E così era stato lui a cambiare vita: per amore, quella forza che tutta la sua fisica e matematica non potevano spiegare.
Erano stati anni felici, i migliori possibili. Poi il cuore di Carla si era fermato. Così, senza motivo, era solo il suo tempo che terminava.
Si era chiuso in se stesso, la mente aveva preso strane vie ritornando quasi involontariamente al punto in cui aveva lasciato le ricerche, ma come sublimandole e instaurando collegamenti quasi ridicoli che mai avrebbe pensato di osare: l’Alto e il Basso che l’alchimia voleva analoghi e le stringhe che tutto collegavano; l’invisibile città di Adocentyn che Ermete Trismegisto creò manipolando la luce e i colori ma forse spostandola in una delle dimensioni parallele che le stringhe creano; e la frequenza delle stringhe, traducibile in suoni e colori non percepibili ma reali, che erano la musica dell’universo di cui parlavano i mistici.
Altre dimensioni. Era solo una delle molte teorie, ma se fosse stata vera e il suono fosse stato il ponte, in una di queste forse Carla era viva…
Premette ‘invio’ e scomparve.
L’invisibile esiste. E se con le giuste formule possiamo vedere gli infrarossi e gli ultravioletti, sospesi in un reame fuori dalla nostra normale percezione, perché non dovrebbe essere impossibile vedere qualcosa di più?
La moglie del protagonista, un’insegnante di musica di un liceo privato, è morta. Lui, ex ricercatore di spicco, che per amore di lei aveva abbandonato la teoria delle stringhe per diventare un semplice insegnante di fisica. Ma la perdita cambia tutto: ripresa febbrilmente la ricerca per raggiungere l’invisibile, e unita all’alchimia e altre pratiche, lo portano alla scoperta della formula che sta cercando.
Questo racconto è senz’altro uno dei migliori della Summer Edition a livello stilistico. La voce narrante è sicura, schietta e pulita: l’ho apprezzata pur non essendo un amante del narratore onnisciente. La storia parte alla grande e procede abbastanza bene: è avvincente, ben descritta e misteriosa nel modo giusto, anche se non mi è chiato cosa dovrei immaginarmi che succeda premendo “invio”. Solo il finale mi sembra un po’ affrettato.
Non trovando molto da dire sul piano stilistico, faccio un appunto di tipo costruttivo: non ho capito perché l’autore abbia condotto l’illustrazione del principio dell’invisibile sul doppio binario del colore (infrarosso/ultravioletto) e del suono (ultrasuoni), portando avanti l’una nell’esempio della ragazza a scuola e l’altra in collegamento alla moglie musicista. In questo modo, illustra lo stesso principio due volte, consumando preziosi caratteri che avrebbero potuto essere meglio impiegati per arricchire la parte del finale.
Poiché il tema dell’invisibilità (ottica) faceva parte delle specifiche, la moglie del professore poteva essere stata un’insegnante di disegno o qualcosa del genere. L’economia tematica, quando c’è un limite di caratteri stretto come questo, può fare davvero la differenza.
Un racconto meritevole di lettura, in ogni caso.
Innanzitutto grazie del tuo tempo e del commento. Grazie anche del giudizio, sia la parte positiva che quella critica. Su quella positiva non posso che gongolare e bullarmi con gli amici
su quella critica non ribatterei nemmeno se fossi in totale disaccordo (le critiche credo vadano registrate e meditate, non polemizzate) ma il fatto è che in realtà le considero giuste.
Mi sono trovato davvero con pochi caratteri per l’idea che avevo in testa (è il bello del concorso) e certe cose sono risultate poco chiare. Chissà, grazie a te e agli altri commenti magari ne faró una ‘extended version’…. grazie ancora.