«La prego, signora, proceda.»
La donna cominciò ad attorcigliarsi una ciocca scura intorno all’indice. «Sì, certo.» Il suo sguardo guizzava da una parte all’altra dell’aula, come per trovare un’ancora a cui aggrapparsi con quel briciolo di lucidità che le era rimasto. «Ero in coda per entrare ai Musei Vaticani. C’era…» Fece una pausa, Luca giurò che stesse per dire mio figlio. «Tanta gente» concluse invece. La ciocca le scivolò dalla mano e le sue mani scattarono in avanti per poi rallentare. «C’era tanta gente. Sì, tanta gente. Poi, uno sparo.» Il suo sguardo saettò verso Luca. «Mi sono voltata e ho visto un uomo a terra.» Oh, sì, Luca se lo ricordava bene. «Un ragazzo, quel ragazzo» continuò indicando Luca «teneva una pistola in mano. Era a pochi metri da me. Si è voltato verso di me, con l’arma ancora alzata, io in quel momento ho visto la morte in faccia. Poi ha cambiato mira, ha sparato a…» La voce le tremava, sembrava sul punto di strapparsi i capelli.
«La prego, signora» la esortò l’avvocato. «Ci dica a chi ha sparato.»
«A mio figlio» rispose in un sussurro. «E poi ad altra gente.»
Luca fece una smorfia. Avrebbe voluto urlare al mondo la verità.
«Bravo, Luca» sibilò una voce al suo orecchio. «Bravo, hai fatto la cosa giusta.»
Lui fece spallucce. «Lo so perfettamente.» La sua mente tornò al momento in cui tutta la sua vita era cambiata.
Si stava allenando, quando arrivò. Era da solo, nel capanno due, e penzolava attaccato all’anello. Doveva mantenere la massima concentrazione, o sarebbe caduto. Ogni muscolo era teso, cercava di mantenere regolare il respiro.
«Salve» disse una voce alle sue spalle, una voce con marcato accento inglese.
Quella singola parola fu sufficiente per fargli perdere la concentrazione, piombò di peso sul materasso che aveva sistemato. La schiena gli mandò comunque qualche fitta di dolore per l’urto.
«Mi perdoni, non volevo disturbare» disse ancora la voce.
Luca si tirò su e guardò il suo interlocutore. Era un uomo dalla barba curata, in testa aveva una bombetta. In una mano teneva un ombrello nero, nell’altra un biglietto. Rabbrividì nel vedere l’alone argenteo che circondava la sua figura. Lo stesso alone di…
«Lei è il signor Luca Pastorini?» domandò lui con voce cordiale.
«Sono Luca Pastorino, non Pastorini» lo corresse Luca, perplesso. Si mise in piedi, massaggiandosi il fondo schiena.
L’uomo sorrise. «Oh, mi perdoni, avevo letto male. Credo comunque che lei sia proprio la persona che sto cercando.»
«Chi sta cercando?» replicò Luca.
L’uomo sorrise e accarezzò la tesa del cappello. «Sto cercando l’acrobata che ha scelto di unirsi al circo dopo aver visto chi era diventato suo padre. Lei si è unito al circo perché temeva di morire, e ha fatto bene.»
Luca si sentì mancare. «Prego?» domandò, cercando di riprendere un contegno.
«Io sono come suo padre, signor Pastorino. O, meglio, come quello che suo padre è diventato cinque anni fa, quando un mio simile ha preso possesso del suo corpo, prima di uccidere sua madre e i suoi due fratelli.»
Luca si asciugò il sudore dalla fronte. Doveva essere solo un sogno assurdo. Era completamente impazzito.
«L’entità che si impossessò di suo padre sta per colpire di nuovo, signor Pastorino. Lei può vedere quelli come noi, lo so bene. Lei deve intervenire e fermarlo prima che accada l’irreparabile.»
Luca si appoggiò alla parete, cercando un po’ di stabilità. Non poteva essere.
«Sii fiero di te» mormorò quella voce ormai familiare.
Luca si alzò di scatto e strinse le sbarre. Fuori dal furgone blindato vide una nuvola argentea. Il respiro gli si mozzò in gola.
«Sì, ho restituito il corpo all’umano che me l’aveva cordialmente prestato. Mi stai vedendo nella mia forma originale, anche se ho preferito mantenere la stessa voce per non traumatizzarti troppo.»
L’aveva supposto quando aveva sentito la sua voce nel tribunale. Il ragazzo schiuse le labbra, aveva tante cose da dire, ma non gli venne in mente nulla.
«Il mio governo si è complimentato con me per il mio operato e tutti parlano di te come dell’eroe che ha ucciso il peggior criminale degli ultimi tre secoli.»
«Però passerò il resto dei miei giorni in prigione» considerò Luca.
«Forse nessun umano lo saprà mai, ti vedranno come un povero pazzo che ha ucciso degli innocenti, ma la perdita di alcune vite era inevitabile, Luca. Se l’entità fosse arrivata ai Musei Vaticani, avrebbe succhiato la vita di centinaia di persone. Non avevi scelta. Non importa quello che penserà la gente, tu sei un eroe.»
