Che nemmeno i cristiani fanno così

Figliolo, figlio mio. Capisco tutto. Che mica son decisioni che un adolescente dovrebbe prendere. E non lo sai, quanto mi spacca in due il doverti chiedere il permesso. Ma il veterinario ha detto che è meglio così, che non è più il caso. E non voglio portartelo via di nascosto, il tuo Briciola, e dirti poi che è scappato. Non sarebbe giusto. Preferirei un sì, papà, di’ al dottore che va bene.
È un veterinario come lo era tuo nonno, e mi sembra in gamba. Mi sembra coscienzioso. Non è che si divertono a dare certe notizie.
 
Bravo, fai bene a piangere, butta fuori, che a questo mondo mica siamo tutti mostri.
 
Voglio raccontarti una cosa su tuo nonno. A casa non avevamo animali, non li voleva. Però insomma, a me sarebbero piaciuti. Che poi, bisogna essere cani per non voler bene agli animali, scusa il gioco di parole, a volte son pure meglio dei cristiani.
Guarda Briciola, che ormai lo teniamo giù in cantina perché nemmeno si tiene più dentro il piscio, e per dargli un po’ di sollievo l’abbiamo sistemato vicino alla caldaia, però Cristo, avrebbe tutti i motivi per odiare sia me che te per queste settimane di dolori. E invece no, sta tutto il tempo a guaire, però quando ti sente entrare in cantina lui si tira a sedere, perdio, pure con la lingua penzoloni e lo sguardo spento. E tu dici, ma nonostante tutto mi vuole ancora salutare, ma porca miseria ce lo meritiamo un cane così?
 
Comunque dicevo, a tuo nonno veterinario io a un certo punto l’avevo chiesto. Che ero grande, stavo nei venti e qualcosa, e freni non ne avevo più. Papà, gli avevo chiesto, ma tu perché vai in giro ad ammazzare le bestie?
Non le ammazzo, mi rispose, le abbatto.
Va bene. Allora perché le abbatti? Abbatteresti un cristiano?
Perché mi pagano.
Balle, gli dissi. Che ti conosco, papà, pensi che son troppo giovane per odiare questo mondo. E allora preferisci darmi queste risposte così che mi metto a odiare te.
 
E allora mio padre si chiuse un attimo in uno dei suoi silenzi, di quelli che sembrava dormisse. E poi aveva attaccato.
 
Ricordi la zia Nunzia, mi chiese. C’era un periodo che ogni settimana le portavo la spesa a casa. Lei c’aveva ‘sto marito che tu nemmeno l’hai conosciuto, mi disse, che stava a letto mezzo morto da ormai un anno e il dottore era già da tempo che scuoteva il capo, signora è questione di giorni.
Che ‘sto zio nella sua vita probabilmente non aveva combinato niente, e nemmeno la zia Nunzia gli voleva bene. L’unico che gliene voleva era ‘sto cazzo di Husky con due occhi diversi, che poi a un certo punto si era ammalato pure quello e allora la zia Nunzia mi aveva chiesto, me lo secchi ‘sto cane di merda? E dal canto suo c’aveva pure ragione, star dietro a un cristiano è un conto, a un cristiano e al suo cane no.
Ma io c’avevo i miei principi, fece mio padre, le avevo detto che non se ne parlava. E la zia Nunzia se l’era dovuta mettere in saccoccia, almeno sembrava.
Aveva aspettato una settimana, che io tornassi con la spesa, per farmi vedere come intendeva sistemare quell’Husky. L’aveva legato fuori nell’aia, gli aveva dato un metro e mezzo di catena giusto per il piacere di farlo tirare. E aveva cominciato col badile. Un colpo dietro l’altro, sul collo, sul muso, imprecisa e fiacca, e poi giù ancora, con quel cazzo di cane che guaiva che sembrava una persona, porca puttana.
E allora figliolo, a quel punto avevo interrotto mio padre. Mi stava facendo un discorso stupido. Vuoi dirmi che hai cominciato ad abbattere gli animali dopo aver visto quello schifo? Cos’è questa retorica, faccio del male io perché gli altri non facciano di peggio? È così che scoppiano le guerre, gli avevo detto.
 
E lui mi disse che no, non era per quello. Non era perché il cane guaiva che si era deciso. Era perché aveva visto gli occhi di quella puttana della zia Nunzia. Che aveva lasciato la finestra aperta a suo marito, così che sentisse il cane, e quel cristiano che urlava di smetterla, e gli occhi di lei se la ridevano perché adesso erano in due a soffrire. Ed è stato per quelli che mio padre aveva pensato, che mondo schifoso.
E ogni volta che poi gli chiedevano, dottore non è che me l’abbatte ‘sta bestia, lui nemmeno fiatava più.
 
E allora adesso, figliolo, mi trovo a farti questo discorso. Per il tuo Briciola che c’ha ‘sto brutto male e scalcia come un dannato quando dorme, e quando è sveglio è più morto di quando dorme. E allora io non c’ho un discorso come quello di mio padre, che era veterinario ma di animali non ne ha mai voluti. Io non ho visto gli occhi della zia, non ho sentito i guaiti, non ho vomitato in terra come ha fatto lui. Questo volevo che capissi, che lui s’era fatto la sua scorza, io no.
 
E non ti dico che bisogna abbattere Briciola perché tutto fa schifo, perché mi porto dentro i miei demoni. Ti chiedo di farlo perché sennò campa ancora una, due settimane, ma campa sempre peggio.
Fagliela ‘sta cortesia, a Briciola, che ancora si tira in piedi per salutarti anche se un cristiano non lo farebbe. Fagliela ‘sta grazia, figlio.