Fuori-Luogo

Le beffe degli Dei in questo divertente racconto di Flavia Imperi.

 
«Cosa ci faccio qui?»
La voce di Isa si perse nel vuoto di un cielo senza fine. Si guardò intorno, in cerca di un punto di riferimento, qualcosa che differisse dal colore cangiante impossibile da definire. A quel punto Unicorno, il suo Animale Guida, sarebbe già dovuto comparire.
Attese fino a sentirsi un’idiota, a quel punto prese l’iniziativa e avanzò senza meta. Fluttuò fra spire di fumo che serpeggiavano in ogni direzione fino a scomparire. Qui non era affatto come “giù”, dove ogni angolo era brulicante di vita, colori e sorprese. C’era solo cielo, cielo… e cielo.
Un manto opalescente sembrava avvolgerla a ogni passo, sfiorandole la pelle, esplorando ogni insenatura del suo corpo, o meglio, del suo doppio astrale. Viaggiare in nuovi Piani di Esistenza era un po’ come fare sesso con uno sconosciuto, in fondo: sensazioni che non rimandano a nessuna memoria, elettrizzanti e intense. Ma qui non si capiva nulla: era in uno dei Mondi Superni? Oppure era finita nella trappola di qualche malvagio esoterista?
Allungò le dita, affondandole nella nebbia densa. Le sembrò di sentirne il sapore, zuccheroso e amaro allo stesso tempo. Non era un luogo luminoso, né scuro, eppure brillava di una luce propria, che non emetteva raggi vistosi. Silenziosi. Ecco com’erano! Avrebbe scritto così sul suo diario.
Finalmente, una figura nitida emerse dal mare di nebbia. I contorni scuri disegnarono un uomo dai capelli di cenere, il viso tanto rugoso che il vento stesso doveva averne intagliato i solchi, millennio dopo millennio.
«Io sono Isabella Lucrezi» si presentò subito lei.
All’immobilità dell’uomo, Isa continuò con le spiegazioni: «Sono viaggiatrice astrale e sciamana di quinto livello, sacerdotessa del Fuoco Sacro, figlia di streghe da sette generazioni…»
Lo sguardo di lui, fino ad allora celato da folte sopracciglia, la trafisse da parte a parte.
«Quindi mi hai portato la Chiave Sacra?» tuonò.
Aveva occhi spaventosi, due meteore di cui l’oscurità era l’ultimo retaggio spietato.
«Chiave Sacra? Oh, in verità… mi sono persa. Può aiutarmi a tornare?»
«No.»
«Ma… ma io ho tutti gli attestati.»
«No.»
«Sono una sciamana!» gridò, con le lacrime agli occhi.
L’uomo girò i tacchi si allontanò verso un portale apparso dal nulla.
«La prego, mi aiuti! Le darò qualsiasi cosa…»
Si fermò.
«Qualsiasi cosa?»
 
* * *
 
«… e insomma ci ho giocato un po’, poi le ho detto: “per stavolta ti aiuto, ma dovrai accendermi una candela tutti i venerdì per sette mesi o terribili cose accadranno a te e ai tuoi cari”.»
«Ahah! Che sagoma che sei, una trappola perfetta!»
«Ehi, Loki! Vieni a bere un’offerta di birra con noi nel mondo degli umani? Ci sono degli ubriachi che invocano il tuo nome a Belluno.»
«Oh, ciao Bes! Volentieri, raccontavo l’ultima qui a Quetzcoatl.»
«Non mi dire che hai spaventato un altro umano?»
«Oh, amico, non puoi capire quanto sono divertenti questi sciamani della domenica, si bevono qualsiasi storia!»

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