Il male

«Più avanti! Ancora dieci passi!»
Sergio era davvero stufo del nano. Ora si era inventato “il male che vive nella cassettiera della soffitta”. Che palle! Non potevano continuare a giocare allo ZX Spectrum, come avevano fatto per tutto il pomeriggio?
«Alberto, mi sto rompendo!»
Provò ad assumere un’espressione arrabbiata, una di quelle che faceva sua mamma prima di tirargli dietro il mestolo di legno o le ciabatte.
Nulla, la mezza calzetta non aveva la minima idea di desistere!
«Uffa, solo altri dieci passi. Da qui si intravede!»
Era sera inoltrata e il sottotetto era buio. La torcia a pile che avevano preso dallo scomparto del contatore dell’ENEL non illuminava che un piccolo oblò di poco più di un metro di diametro.
Sergio puntò il fascio di luce nella direzione indicata da Alberto.
«Qui a dritto?» domandò indicando uno spazio angusto tra sedie impagliate coperte di ragnatele e cassette da frutta riempiti di cianfrusaglie polverose.
«Sì, lì, poco più avanti!»
Sergio sbuffò e riprese a camminare. Il pavimento scricchiolava a ogni passo.
E se fosse caduto giù? Se il pavimento non avesse retto il suo peso e fosse crollato tutto?
Che tristezza, morire per soddisfare la bizza serale di un bamboccio di dieci anni, viziato e petulante.
Cosa avrebbero pensato i sui compagni di classe? “Sergio frequenta pischelli delle elementari!”
Sarebbe diventato lo zimbello della terza C.
Da quando i suoi genitori si erano separati, Alberto era diventato davvero insopportabile. Tutto gli era dovuto. Quando decideva di interrompere un gioco e iniziarne un altro, bisognava scattare a ubbidire, altrimenti andava a piangere dalla mamma e per Sergio erano cazzi. Il padre gli dava cinquemila lire al giorno per stargli dietro. E se la piccola iena si metteva a frignare, il pagamento saltava.
«Quanto manca?» chiese Sergio, continuando a camminare al buio, calpestando la scia della pila.
«Poco, guarda davanti! Nel primo cassetto del mobile bianco… Il libro è lì!»
Il babysitter improvvisato raggiunse un comò e ne afferrò la maniglia più alta.
«No! Non quello! Il primo dal basso!»
Sergio sbuffò, mentre la sua mente prendeva la forma di una mannaia che tagliava a pezzi il corpicino indifeso del piccolo Alberto. Si abbassò e indicò l’ultimo pomello: «Questo?»
«Sì, è quello! Ma fai attenzione, lì dentro c’è il male!»
Al suo interno c’era un libro rilegato con una copertina crespa e colorata. Sergio lo tirò fuori e lo illuminò con la pila: «È questo?»
«Sì» gridò Alberto, con la voce rotta da un tremito.
Le mani di Sergio iniziarono a tremare. Possibile che le bizzarrie di quel piccoletto lo avessero suggestionato al punto di aver paura ad aprire quel libro? Il ragazzo deglutì e lo spalancò a metà. Era un album di fotografie di vacanze. Il tema delle foto non era nemmeno troppo vario: il padre di Alberto abbracciato alla ex moglie sulla spiaggia, solo lei seminuda su uno scoglio a fare la sirenetta, ancora una volta la coppia abbracciata davanti all’ingresso di una chiesa monumentale.
«Cosa c’è scritto?» domandò la voce spaventata del bambino, dall’ingresso della soffitta.
«Questa roba non fa paura!» rispose Sergio.
«E allora perché il mio papà, quando lo legge, si mette a piangere?»