In Lontananza

Vincitore della 123° Edizione del contest di punta del Mondo di Minuti Contati con il team di Fantascientificast come guest star, un racconto di Mario Pacchiarotti. E dopo averlo letto non riuscirete più a guardare le stelle con gli stessi occhi.

 
Il maledetto telefono squillò. La sveglia sul comodino segnava le quattro. Riconobbi il viso sul cellulare e risposi.
«Marco, che diavolo succede? Sono le quattro.»
«Lo so, Stefano, lo so. Ma devi venire qui.»
«Sei scemo? Perché?»
«Non te lo posso dire al telefono. Vieni, per favore.»
Imprecai tra me, ma indossai qualcosa e andai di corsa al Centro. Quando raggiunsi Marco nella sala di controllo ci trovai il pienone.
«Che cazzo succede?»
Indicò i monitor.
«Che diavolo è? Uno sciame di meteoriti?»
Marco scosse la testa. «Non lo sappiamo, ma…» si tolse gli occhiali e li pulì con il bordo della maglietta. «Sono in formazione.»
 
Sei mesi trascorsero veloci. Quanto basta per passare dalla disperazione di ‘gli alieni invaderanno la Terra’, al più completo disinteresse. Lo stesso che lo sciame sembrava provare nei nostri confronti. In maggio ci ritrovammo in un vertice decisivo.
«È evidente che non sono diretti qui» disse a un certo punto Marco. «Probabilmente non sanno nemmeno che esistiamo. La loro meta deve essere altrove, molto distante da qui.»
«E questo è un bene. Se passeremo inosservati potremo dire di essere stati fortunati.»
C’erano più o meno due fazioni, e quello che aveva parlato, il Cinese, apparteneva all’altra.
«Ma è un’occasione unica per entrare in contatto con una civiltà aliena. Potrebbe non capitare mai più.»
Quello fece una smorfia di fastidio.
«Sono… quante? Sessantamila? Settantamila navi? Non siamo nemmeno riusciti a contarle. Ognuna grande come un pianetino. Non è una sonda, o una nave esplorativa. Quella è un’armata di invasione.»
La discussione andò avanti senza fare progressi, un dialogo tra fazioni che non condividevano la stessa visione dell’universo. Ma in quella del Cinese c’erano tutti i governi.
Marco però era un cavallo matto. Lanciammo il segnale il sette di giugno.
 
Gli alieni risposero subito.
«La buona notizia» disse il Cinese, con la faccia arcigna di chi non ha smaltito la rabbia «è che lo sciame non ha cambiato rotta, né velocità. Nessuna nave si è separata. L’unica reazione sono i segnali di risposta.»
Marco invece sprizzava energia ed entusiasmo. Sventolava delle carte.
«Abbiamo decodificato la trasmissione. Ci inviano informazioni matematiche, geometriche, simboliche. È un metodo. Lo stiamo seguendo e sono convinto che in breve saremo pronti per una comunicazione vera e propria tramite questo pseudo linguaggio.»
Il Cinese batté con violenza la mano sul tavolo.
«Lei è un pazzo» urlò. «Non dobbiamo rispondere. Fingiamo di essere stupidi. Sperando che non sia troppo tardi. L’unica speranza è che non ci considerino interessanti.»
Marco ridacchiò e scosse la testa.
«Lei non capisce vero? Ci sono migliaia di impianti sul pianeta in grado di rispondere e non sono tutti sotto il controllo delle autorità qui riunite. Qualcuno risponderà, tanto vale che lo facciamo noi per primi, almeno avremo il controllo della comunicazione.»
Il Cinese ebbe un malore e lo portarono via. Subentrò il suo vice, un canadese.
«Cerchiamo di parlare con questi alieni» disse «e speriamo bene.»
 
Ci volle un mese per completare la conoscenza dello pseudo linguaggio. Lo sciame, una volta completata la trasmissione della ‘lezione’, l’aveva ripresa da capo. Toccava a noi far capire che eravamo pronti a parlare. Per decidere cosa trasmettere ci volle un’intera, febbrile, settimana.
«Capiranno?» mi chiese Marco, prima di inviare il nostro messaggio.
«Non ne ho idea. Lo spero, anche se avrei preferito qualcosa di più semplice, senza i distinguo, le spiegazioni…»
Lui rise. «Temo fosse inevitabile, visto il numero di persone che ha voluto rivedere il testo.»
«In ogni caso, lo sapremo presto.»
Il pulsante venne premuto, il messaggio inviato.
Sei giorni dopo arrivò la risposta, mentre le navi continuavano imperterrite sulla loro rotta.
Ricordo bene Marco e gli altri che analizzavano il breve messaggio, la discussione sulle possibili traduzioni.
Alla fine si misero d’accordo.
«Scappate, dietro di noi i nemici» diceva il messaggio.
 
È passato molto tempo, siamo invecchiati. Molti si sono convinti che ci sia stato un equivoco, che non stia arrivando nessuno.
Ma io passo tutte le sere al Centro, e da lì scruto il cielo.
Aspetto il giorno in cui li vedremo arrivare.
In lontananza.