La breccia

Il calore del sole lo aveva fatto sudare così tanto che la camicia era fradicia. L’alito di vento che spirava da est aveva l’unico effetto di sollevare polvere dal terreno, che si appiccicava sulla fronte grondante.
Il nobile Osvaldo Dell’Acqua era di pessimo umore e nonostante stesse procedendo a cavallo si sentiva affaticato. Era seguito da due operai che avevano scarpinato per parecchio dietro di lui, trasportando pesanti mazze da demolizione, eppure sembravano meno provati di quest’ultimo.
«Il vecchio proprietario ha preteso di parlare con voi?» chiese uno degli operai.
«Ho comprato la terra all’asta, il villano deve metterselo in testa. Non ha più alcun diritto.» La sola idea che un poveraccio lo avesse convocato lo mandava in bestia.
Il gruppetto superò una macchia di larici e si addentrò un campo incolto circondato da basse colline. Al centro del campo c’era un muro di mattoni, alto come due uomini messi uno sulle spalle dell’altro e largo tre volte tanto. Forse era il muro esterno di una vecchia casa.
Un contadino allampanato, con un ampio cappello di paglia, era seduto su un masso all’ombra del muro.
Il nobile diede di sprone al cavallo e lo raggiunse per primo. Fermò la corsa dell’animale e gli si piazzò di fronte.
«Spero che tu abbia una motivazione per sostare sulla mia terra!»
Il contadino sorrise, mettendo in mostra una chiosa di denti marroni. Aveva la pelle bruna talmente spessa da sembrare cuoio. «Ai, quindi sei tu che l’hai comprata.»
Il volto del nobile avvampò. Smontò da cavallo e si fece avanti di qualche passo, lisciandosi i baffi. «Perché mi hai trascinato in questa perdita di tempo? Questa terra è mia adesso, e posso farci quel che mi pare!»
Il contadino non mutò espressione. «Ai, c’è perfetta ragione in queste parole, la terra è tua. Puoi farci quello che vuoi.»
«E allora si può sapere cosa…»
Il contadino alzò una mano, interrompendolo. «Coltivala, allevaci cavalli, non m’interessa.» Indicò il muro alle sue spalle. «Mi basta che questo rimanga in piedi.»
Il nobile arricciò il naso. «E perché mai dovrei accontentarti?»
«Una volta qui c’era una porta, ai. Poi l’abbiamo murata.»
Gli operai, che nel frattempo erano giunti, ridacchiarono. Dell’Acqua lo fissò per qualche istante, poi scoppiò a ridere anche lui. Era evidente che l’uomo era un folle.
«Ecco, ora vedi, ai.» Il contadino si chinò e cercò qualcosa nel terreno. Si rialzò poco dopo. In una mano stringeva una manciata di lombrichi, nell’altra teneva tra pollice e indice un lungo centopiedi.
«Cosa vuoi dimostrare con quello schifo?»
«Il tante zampe mangia i lombrichi. Nemici per natura.» Si avvicinò al muro e li fece strisciare sopra i mattoni, a poca distanza uno dall’altro. Il centopiedi si avvicinò ai lombrichi, gli camminò sopra e si allontanò. I lombrichi si contorsero ancora per qualche istante poi strisciarono verso il basso, muovendosi paralleli uno all’altro. «Oltre il muro, tutti amici. Ordine, perfezione. Non siete ancora pronti, ai
«Tu sei pazzo!» Il nobile fece un cenno agli operai. «Avanti, abbattetelo. E se si mette in mezzo, dategli una botta in testa!»
Il contadino si scansò, permettendo loro il passaggio. Smise di sorridere.
Gli operai afferrarono le mazze e colpirono il muro. Dopo qualche colpo, porzioni di mattoni si staccarono e si formò un buco.
«Signore, c’è qualcosa…» sussurrò un operaio. L’altro spalancò la bocca in un urlo silenzioso.
Il nobile aguzzò la vista. Attraverso il buco non si vedeva l’altro lato del campo.
C’era un mondo grigio, splendente. Lontano.
Gli operai fecero cadere le mazze. «Non dovremmo abbattere questo muro» disse uno dei due con voce atona. L’altro annuì e si voltò. Aveva occhi vacui.
«Tutti amici, oltre il muro» ridacchiò il contadino. Raccolse delle pietre e le utilizzò per tappare il buco. Si voltò verso il nobile. Un millepiedi gli camminò sui bulbi oculari, infilandosi sotto la palpebra e sparendo all’interno del cranio. «Non siete pronti per essere tuttuno, ai
«Io… noi…» Dell’Acqua era sopraffatto dal terrore. Fece qualche passo indietro, afferrò la sella e montò a cavallo.
Lo fece galoppare attraverso il campo e lungo il sentiero.
Non avrebbe abbattuto quel muro.
Il calore e la polvere, la loro realtà, nel loro caos, gli sembrarono una benedizione.