La casa del nonno

Una nuvola di polvere grigia si avvicina lungo la strada, il baccano del motore è sempre più forte.
Il suv nero si ferma a pochi metri dalla veranda. Io continuo a dondolarmi sulla sedia di vimini.
Jane scende dal lato del passeggero. Camicetta bianca, jeans attillati, stivaletti di pelle. Ma come cavolo è vestita?
Ci fissiamo per qualche istante. Non mi alzo. Da quanto tempo non ci vediamo? Cinque anni? Sei?
«Ciao Jane.»
«Ciao fratellino.»
Lo sportello del guidatore si apre e partorisce un idiota in giacca e cravatta. Oscar, l’avvocato di mia sorella, nonché suo marito. Si guarda intorno schifato. Lo saluto con un cenno del capo, poi mi giro di nuovo verso Jane.
«Non sei venuta al funerale.»
«Sarebbe stato un po’ ipocrita. Io e il nonno non ci parlavamo da anni.»
«Vero.»
Dà un’occhiata veloce ai campi tutto intorno. Non credo ci sia nostalgia in quello sguardo.
«Adesso ci stai tu sulla sedia a dondolo?» Si sforza di sorridere.
Già. Sulla sedia del nonno.
 
*
 
«Trent’anni fa qui era solo terra arida.» La sedia cigolava a tempo, mentre mio nonno andava avanti e indietro. Seduto sulle sue ginocchia, ero un re sul trono. «Sono stato io il primo ad arrivare. A coltivare. Io e vostra nonna, che dio l’abbia in gloria.»
Sapevo già tutto, me l’aveva raccontato un milione di volte. Ma volevo sentirlo un’altra volta ancora.
«Lì cosa c’è?» Col dito indicavo i campi di valeriana.
«Quella è valeriana. Serve a dormire meglio.»
«E là?»
«Là c’è la senna. Ottima per gli stitici.»
«Lì?»
«Lì c’è il solito schifo che c’è dappertutto. Radici e polvere.» Mia sorella sbucava dalla porta di casa, gli occhi scuri e le mani sui fianchi. «Quando viene la mamma a prenderci? Voglio tornare a casa!»
Mio nonno sospirava e sorrideva. Se le parole di Jane lo ferivano, non lo dava a vedere.
 
*
 
«Che ci faranno qui?»
«Non lo so e non mi interessa.» Jane dà un altro sorso e posa il bicchiere sul tavolo. «Ci daranno comunque più soldi di quanti ne vale.»
«Ci passerà lo svincolo della statale.» L’idiota non ha smesso un attimo di spolverarsi la giacca. «A nord dovrebbe sorgere la nuova zona commerciale. Fra qualche anno da queste parti ci sarà un bel via vai.»
«Una strada. Per un nuovo centro commerciale. Fantastico.»
L’idiota non coglie il sarcasmo. Sorride compiaciuto.
«Sì, una strada.» Mia sorella mi fissa. Si morde il labbro inferiore. «Si chiama progresso.»
«Ma ne vale davvero la pena? È la casa di nonno. Ci siamo praticamente cresciuti.»
«Cosa ti aspettavi? Il mondo cambia.» Sbuffa. Non vede l’ora di andarsene. Come sempre.
Mi gratto il collo. «E i campi? Le piante? Che ne sarà?»
«Che cosa ne pensi te?» Jane batte il piede in terra, sempre più nervosa. «Sommersi da una bella colata di asfalto e cemento. Finalmente.»
«E se io mi rifiutassi? Se decidessi di non firmare?»
«È un’opera di pubblica utilità.» Oscar posa il bicchiere sul tavolo e incrocia le braccia sul petto. Tiene lo sguardo basso, è a disagio. Suda. «Quasi certamente partirebbe l’iter per l’esproprio e tu non vedresti un centesimo. Dammi… dammi retta, firmami la delega, al resto ci penso io. È… è un affare.»
«Basta con le cazzate.» Mia sorella salta in piedi. Tiene una mano sul ventre. «Abbiamo portato tutti i fogli. Oscar!»
L’idiota vorrebbe obbedirle, vorrebbe davvero. Ma resta immobile, bianco in viso.
Un brontolio riempie la stanza. Un altro gli fa eco. Mia sorella e l’idiota si scambiano uno sguardo disperato.
Non riesco più a nascondere il sorriso. «Beh? Questi fogli da firmare?»
«C’è mica… dov’è il…?» La voce di Oscar è una supplica patetica.
«Il bagno? Mi spiace, è guasto. Ma c’è un sacco di spazio fuori.»
Il viso dell’idiota da bianco diventa viola. Pare che scoppi a piangere. Poi si alza e schizza verso la porta.
Mia sorella mi guarda con odio, si tiene la pancia, chinata in avanti.
«La tisana… cosa..? Brutto stronzo…» Poi corre fuori anche lei.
Guardo i bicchieri vuoti sul tavolo. Devo aver esagerato con l’infuso di senna.
Apro la cartella di Oscar e frugo, finché non trovo la proposta d’acquisto. È davvero una bella cifra. Chissà quanti soldi ti hanno offerto negli anni, caro nonno. E quante volte li hai mandati al diavolo.
Sospiro. Rido. Strappo i fogli.
«Jane! Oscar! Avete scordato la carta igienica.»