La lunghezza del mondo

Un mondo che misura un Mathaei è un mondo grossissimo. Un racconto di Canadria.

 
Era mezzogiorno e il sole bruciava l’aria e l’aria bruciava la pelle. Mathaei si fermò al centro della strada e guardò il cielo e degli uccelli volare verso sud.
Guardò gli alberi con le prugne appese e sospirò e respirò vapore d’asfalto e nuvole calde.
Tirò fuori dalla tasca un nastro rosso. Era un rosso acceso che spiccava tra l’asfalto liquefatto e i vapori lenti di quell’estate torrida. Si chinò in avanti sino a toccare terra con le mani proprio al centro della strada, si leccò un dito, stirò il nastro rosso sull’asfalto e lo appiccicò al suolo molle come un francobollo su di una cartolina. Poi si tirò su, in piedi, ritto un’altra volta. Sospirò e respirò e si mise in marcia.
Mathaei sapeva che il mondo è tondo e quindi che, se avesse camminato sempre dritto, non avrebbe mai perso la via. Così seguì la strada sempre dritto avanti a sé, procedendo verso Nord, perché il Sud l’aveva già conosciuto avendoci abitato per dodici anni.
Era snello e molto alto e aveva calibrato che ogni suo passo misurava quasi cento centimetri. Così considerò che ogni diecimila passi avrebbe percorso dieci chilometri e che dieci volte diecimila passi erano cento chilometri e si mise in testa in questo modo di misurare la circonferenza del mondo.
Pensando così, perse il conto e dovette ricominciare. Considerò che sarebbe risultata dunque una misura approssimativa e s’arrovellò per cercare un metodo di correzione dell’errore iniziale. Ragionando così sulla costanza del passo e sulla velocità del pensiero, si ricordò che era partito senza un soldo e si chiese come avrebbe fatto per nutrirsi. Si rispose che d’estate la terra è prodiga di frutti e allora lo preoccupò la siccità. Si consolò convincendosi che nessuno gli avrebbe negato un bicchier d’acqua dato lo scopo conoscitivo del suo viaggio, e così pensando percorse almeno mille passi.
Non aveva neppure tenuto conto del vestiario: aveva dei calzoncini, dei sandali e una maglia di cotone. Come avrebbe fatto se avesse piovuto? S’avvicinava la sera che si prometteva umida e ventilata. Avrebbe dovuto portare un maglione e un ombrello. Ma ormai era partito e aveva già contato qualche migliaio di passi. Mentre contava, però, si chiese fino a quanto avrebbe saputo contare. Poteva arrivare fino a novecentonovantanovemiliardi-novecentonovantanovemilioni-novecentonovantanovemila-novecentonovantanove. Ma quale sarebbe stato il numero successivo? Come lo avrebbe chiamato? Avrebbe potuto chiamarlo Mathaei e così la circonferenza terrestre sarebbe stata per sempre misurata in Mathaei!
Così pensava, il cielo imbruniva, e a Mathaei ogni strada sembrava familiare e ogni casa gli sembrava casa sua, e si stupiva di come il mondo fosse così diverso e così simile, e finalmente capiva perché gli adulti osservavano spesso che “in fondo, tutto il mondo è paese”.
Dopo qualche ora di cammino aveva percorso migliaia di passi e già sentiva nostalgia di casa. Addirittura gli parve di sentire la voce di sua nonna che da una finestra sulla via gridava «Mathaei, aunni ha statu? Va veni ca si mancia!» e proprio mentre ragionava sulla precisione dei suoni della memoria, si stupì parecchio di ritrovarsi tra i piedi il nastro rosso che aveva appiccicato al suolo per segnare il proprio punto di partenza.
Era partito e tanto presto era tornato che poteva persino cenare a casa.
«Nonna» le disse al rientro «la terra misura quattromilaquattrocentoquarantatré passi» e mentre lo diceva era soddisfatto ma in fondo dispiaciuto che il mondo non misurasse neppure un Mathaei.