La maledizione di Maria Carolina

Corleone – Real Casina di Caccia di Ficuzza, 1810
 
Maria Carolina apre la busta, legge le prime righe e si siede sul letto. Spalanca gli occhi. «Non è possibile! Maledetto brigante còrso!»
Corre dal marito, non può tenersi tutto per sé. Si ferma fuori dalla porta socchiusa; Re Ferdinando I di Borbone è in tenuta da caccia e lustra il suo fucile. La regina storce la bocca; arretra di qualche passo. «Lepri e solo lepri. Questa è la tua miserabile vita.»
Torna in camera e apre la finestra del balcone. Vorrebbe urlare così forte da farsi sentire persino dai pescatori del porto. La collera le avvampa il volto. Batte il pugno sul comò intarsiato; per un soffio non cade il vaso di maiolica. I pensieri la tormentano.
Come ha potuto sua nipote acconsentire alle nozze con quel farabutto di Bonaparte… Proprio a lei questa sciagura… prigioniera in Sicilia per colpa sua! Non bastava quel riccioluto di Murat stravaccato sul trono della sua Napoli, mani sudicie sulle posate d’argento!
Inspira profondamente. Il battito rallenta, si siede ancora sul letto, una lacrima riga il suo viso segnato dagli anni; dal cassetto estrae il fazzoletto di seta, ha ancora lo stesso profumo di lavanda di diciassette anni fa. Chissà se avrà alleviato l’ultimo attimo di Maria Antonietta prima di poggiar la testa… povera sorella; quanto darebbe per rivedere i suoi occhi e il suo sorriso. Maledetti francesi.
La cameriera le si avvicina col vassoio. «Vostra maestà, vi sentite bene? Posso fare qualcosa?»
La regina si tiene la fronte. «È solo un momento, passerà» mormora tenendo socchiuse le palpebre. «Senti Gennarina, quando tua madre parla della leggenda delle onde, cosa intende esattamente?»
«Fesserie, che le frullano in mente quando finisce di leggere le carte… ma vi pare che a uno l’ammazzano e le sue lacrime in mezzo al mare vanno a portare jella a noi cristiani?»
Maria Carolina si tocca le tempie con la punta delle dita. «Sì, ma quell’ammiraglio Caracciolo, mi dà pensiero. Da quando l’abbiamo impiccato, non ce ne va bene una!»
«Macché, è il vento di adesso, regina mia, io gliel’ho detto a mammà di star a guardare solo coppe e bastoni. Non v’intossicate con queste storie, le cose si rimetteranno a posto. Avete solo bisogno di riposare un poco. Volete le vostre medicine?»
«Sì, stavo per chiedertelo, grazie Gennarina» sussurra stendendosi sul letto.
La governante appoggia il vassoio con l’oppio sul comodino e si congeda in silenzio. Sulla soglia volge un ultimo sguardo preoccupato alla regina, esce e chiude la porta.
La regina allunga la mano sperando che il martello alla testa cessi al più presto. Soffia sulla candela e chiude gli occhi.
 
Maria Carolina, con l’abito turchino delle parate, è in sella al suo cavallo. Dinanzi le guarnigioni attendono il suo segnale.
Un uomo in uniforme le viene incontro. Finalmente! Tira un lungo respiro. «Nelson! Siete arrivato!» Il calore in viso cala pian piano.
«Perdonatemi, Vostra Altezza. C’è stato un problema con la corvetta a dieci cannoni, ora possiamo procedere!»
La medaglia di Trafalgar appuntata sulla divisa sembra ancora più brillante confrontata col suo occhio vitreo. Questo è l’abisso dove ti perderai, squallido brigante còrso! La regina si aggiusta il colletto. Anche i gigli ricamati le paiono rifiorire. Sguaina la spada e la solleva in alto nel cielo. Le truppe gridano festanti l’inno dei Borboni, il frastuono delle artiglierie diviene presto assordante. Un fremito di gioia le fa vibrare le membra. Corre tra i campi, mani strette sulle redini, l’eco dei suoi uomini alle spalle, passa sui ponti e i ruscelli, travolge rami e foglie d’una boscaglia, sente già il profumo di salsedine, sta per giungere al litorale quando d’un tratto stramazza a terra. È avvolta dalle tenebre. Si sforza d’aprir le palpebre ma non riesce… scorge i contorni sbiaditi di un volto. Le penzolano sul naso due enormi orecchie di lepre, sposta il capo e focalizza lo sguardo: la barbetta e gli occhi di Caracciolo la fanno sobbalzare. Sente una mano scuoterle la spalla. Re Ferdinando ha il tovagliolo intorno al collo. «Maria Carolina, ‘a cuoc c’ha mis ‘o rosmarin int’a caccavell?»