La sindrome di Olivia B.

Una strana sindrome, nessuna cura, ma l’uomo, si sa, non si ferma dinnanzi a nulla. Un racconto di Ambra Stancampiano.

 
Anche questa è stata una notte insonne. Non vedo le mie occhiaie – abbiamo scelto una stanza senza specchi per stare un po’ più tranquilli – ma le sento bruciare sulla faccia, mentre spengo la millesima sigaretta dentro un posacenere stracolmo e lo poggio su una pila di riviste accanto al divano. Davanti a me, Olivia è affacciata alla finestra del resort e fissa lo stuolo di paparazzi che ci insegue dall’aeroporto, con aria più preoccupata che stanca.
«Secondo te hanno dormito là fuori?»
Il telefono squilla, lei si volta di scatto; è davvero pallida.
«È arrivato il dottor Corelli.»
Dalla pila di riviste occhieggia un tabloid con in copertina una foto sgranata. Il titolo urla: “La venere nera è bianca? Tutto ciò che NON sappiamo su Olivia B”.
Corelli è un esperto di arte rinascimentale, e la nostra ultima spiaggia; all’inizio ci siamo rivolti ai medici, i migliori, che hanno studiato il caso per mesi: uno è impazzito, un altro si è dato alla macchia. Appurato che la medicina non funzionava, siamo passati agli olistici, ai pranoterapeuti, a un santone indiano e a una tribù di sciamani africani che bevendo un infuso puzzolente entrano in trance e hanno visioni accompagnate da strani spasmi; uno di loro ha cominciato a urlare: «Corelli! Le foto… del professore… Corelli! Firenze! Firenze!»
Era scosso da convulsioni così forti che avrei chiamato un’ambulanza; ma dove cazzo la trovi un’ambulanza nella giungla africana?
Bussano, il professore è arrivato; è un ometto goffo che si guarda intorno nervosamente e sobbalza per ogni rumore. Entra lamentandosi dei paparazzi, poi focalizza la sua attenzione sulla stanza.
«Bene, dov’è il quadro?»
Io e Olivia ci guardiamo, in imbarazzo:
«Sa dottore, speravamo che ci aiutasse con un altro problema… personale… di Olivia.»
Corelli la guarda, arrossisce sulle orecchie: «Ma… io mi occupo di quadri, non di persone! E poi la signorina è bellissima, non sembra avere alcun problema! È ammalata?
Mostro al dottore una foto di mesi fa: Olivia, nera come l’ebano, sorride mentre mostra una borsa di peluche a forma di elefante. L’ultimo grido della moda per adolescenti. Lui fissa la donna diafana che ha davanti, poi ancora la foto: sono proprio la stessa persona.
«Affascinante» mormora «la vitiligine più strana che abbia mai visto.»
Gli spiego che non si tratta di vitiligine, racconto di tutta la nostra tiritera fino agli sciamani. Il professore si gonfia tutto, sembra lusingato dall’essere conosciuto come un grande esperto anche in Africa, ma non può aiutarci. Ci salutiamo, poi si rigira, ha le orecchie rosso fuoco: «Potrebbe… ehm… farmi una foto con la signorina?»
Dice in imbarazzo, porgendomi il cellulare. Lo prendo, inquadro, scatto; sul flash Olivia sospira, sembra impallidire ancora. Il professore, che non l’ha mai persa di vista, si fa pensieroso: «Sentite, sembra una follìa anche a me… ma… quante foto scattano ogni giorno alla signorina?»
Gli spiego che Olivia è una top model impegnatissima: da due anni fa almeno un set fotografico al giorno. E ora rischia di saltare tutto per questa assurdità.
Corelli scaccia le mie lamentele agitando una mano. Una porta sbatte, lui fa un saltino in avanti. Fissa Olivia, incredulo: «Sa cosa succede alle tele del ‘500 quando non sono dovutamente preservate? La gente le fotografa di continuo, sperando di coglierne la bellezza e portarsela a casa, e così facendo il colore svanisce, e ciò che vi era rappresentato diventa invisibile.»
«Cioè… sto diventando invisibile?» domanda lei.
«Be’, signorina, dovrebbe essere una tela del ‘500.»
«Ma Olivia è una modella» dico concitato «si fa fotografare per lavoro!»
«Se questa assurdità dovesse essere reale (ma sono sicuro che dandomi un pizzicotto mi sveglierò), mi sembra ovvio che la signorina dovrà cambiare lavoro.» taglia corto il dottore.
Ci stringe la mano, poi presenta la sua parcella; stavolta sono io a impallidire.
Mi vendico chiudendo la porta rumorosamente, spero che stavolta Corelli sobbalzando inciampi in qualcosa; mi giro e scatto una foto ad Olivia senza avvisarla, lei sospira. La guardo, è sempre più bianca.
«Dannazione!»
Lei mi guarda con rimprovero: «Non sei il mio manager? Ti pago per trovare soluzioni, non per abbatterti.»
Mi schiarisco la voce: «Annunciamo il tuo ritiro alla stampa.»
I giornalisti fremono; li sento lamentarsi fuori dalla porta: quando mai si è vista una conferenza stampa off limits per le macchine fotografiche? Organizzata da una modella, poi. Queste ragazze si montano la testa. Il brusìo cessa appena entriamo in sala. Olivia è così coperta che sembra travestita, ma quando scosta il foulard per parlare al microfono tutti vedono che qualcosa non va; le sue guance, le sue mani: allora è vero! Olivia B. è bianca!
Con un filo di voce, lei annuncia il suo ritiro dalle passerelle; piovono domande. Un fattorino in livrea mi avvisa che la nostra limousine è pronta, andiamo via tra le proteste.
Nell’atrio un fan la riconosce, le chiede un autografo. L’intera sala si gira, tutti prendono il cellulare, scattano fotografie, la chiamano, cercano di avvicinarsi. Lei è terrorizzata. Chiudiamo lo sportello della limo in faccia alla folla. Olivia è diventata invisibile, piange a dirotto: una pelliccia aperta su un tailleur di Chanel, occhiali da sole Prada, foulard Hermès, un cappello Borsalino. Tutto scosso dai singhiozzi. Le etichette sono bene in vista, là dove il suo corpo le nascondeva: «Olly non piangere, ho trovato: vedi le etichette? Adesso sei la modella perfetta! Gli stilisti vorranno solo te, l’unica a non distrarre l’attenzione dai loro capi!»