Lungo un corridoio oscuro

L’oscurità può trascinarti fino all’oblio della vita… Un racconto di Veronica Cani.

 
Al Palazzetto dello Sport le attività si erano concluse, per quella giornata, e il guardiano era in procinto di chiudere. Non era rimasto nessuno, a parte Mike, l’allenatore della squadra femminile di atletica leggera. Al termine di ogni gara, quando le ragazze si riversavano negli spogliatoi, lui rimaneva ancora un po’ ai bordi della pista, a rivivere mentalmente la tensione, lo scatto alla partenza, la progressione e le grida di giubilo della vincitrice.
Quando a tagliare il traguardo era Emily anche lui esultava, ma questo avveniva tanto tempo fa. E non si sarebbe più verificato. Il medico era stato chiaro, al riguardo: retinite pigmentosa. Niente più gare, niente più successi, niente di niente.
Man mano che la sua vista si spegneva, come una lampadina difettosa che si illumina a intermittenza, si estingueva anche la sua gioia di vivere. La cecità le aveva chiuso gli occhi e tarpato le ali. Emily, che prima volava sulla pista, era precipitata in una notte oscura.
«Voglio consultare un altro specialista» le aveva detto Mike una sera. «Non voglio lasciare nulla di intentato.» Emily era già a letto e non aveva risposto. Si era girata di lato e si era messa a piangere in silenzio.
«Mister, è ancora qui? Devo chiudere.» Il guardiano lo riscosse bruscamente dai suoi pensieri. La luna era già alta nel cielo.
«Vado via subito, Jack, scusami.»
Al suo rientro a casa, Mike notò subito che qualcosa non andava. Regnava un silenzio insolito, sinistro. Chiamò Emily, ma non ricevette risposta. La cercò in tutte le stanze, ma la ragazza si era come volatilizzata. Dove poteva essersi cacciata, nelle sue condizioni? Il panico stava per prendere il sopravvento, quando Mike vide un bigliettino sul tavolo di cucina. Conteneva poche parole, tristi e laconiche: “Sono stanca di percorrere una notte infinita. Volo via.”
Il panico divenne disperazione. Senza indugiare un secondo, Mike uscì dall’appartamento e si lanciò in una corsa affannata lungo le strade. Corse a perdifiato, come se avesse le ali ai piedi, tutto intorno al circondario. Ma non aveva idea di dove potesse essere finita Emily. Arrivò a lunghe falcate fino al ponte sul canale. Il fiume era impetuoso, in quella stagione, e sembrava ululare.
La stanchezza ebbe la meglio e Mike si accasciò su una panchina, stremato. Un cane randagio gli venne incontro, scodinzolando e stringendo qualcosa tra i denti. Mike lo accarezzò sulla testa e gli tolse delicatamente l’oggetto dalla bocca: era un lembo di tessuto scolorito. Con il cuore che gli martellava nel petto, riconobbe la provenienza della stoffa. Era un brandello della divisa di Emily.
Il turbamento fu così forte da dargli la nausea. Un terribile sospetto prese corpo nella sua mente, ma Mike si rifiutava di accettarlo. Mentre si sporgeva sulla balaustra e lottava contro i conati di vomito, il sospetto divenne certezza. In fondo al canale, il corpo senza vita di Emily giaceva in una posa scomposta. Indossava la sua divisa. La campionessa aveva volato per l’ultima volta.

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