Solo questione di tempo

Il convoglio era ormai una macchia luminosa che si dissolveva in mezzo al nero. Manuel si strinse nelle spalle, sollevando i baveri del cappotto, e si asciugò le lacrime con la manica.
Riuscì, quindi, a staccare gli occhi da quell’addio che era durato anche troppo, mise la mani in tasca e voltò la schiena alla pista di atterraggio.
Come c’era da aspettarsi, ora che anche l’ultimo velivolo aveva abbandonato la colonia, la via era deserta.
I pochi reietti, che come lui non erano riusciti a raggranellare i crediti per la partenza, se ne stavano di sicuro chiusi in casa ad abbracciarsi in attesa della fine.
Lui no! Lui era stato un eroe.
Estrasse il foulard impregnato del profumo della sua Giovanna e se lo portò al volto, respirando profondamente.
Nonostante tutti gli anni assieme, quell’odore gli riempiva ancora la schiena di brividi e la base della pancia di desiderio.
Sorrise pensando agli occhi luminosi del suo unico amore, in quella prima volta in cui li aveva visti, e cercò così di allontanare il ricordo dell’ultima immagine: quando erano rossi e gonfi di pianto.
Io non ti lascio. Io resto con te!
No, non lo avrebbe mai permesso e con i pochi crediti risparmiati le aveva comprato un biglietto, ma aveva dovuto farle quasi violenza per convincerla a partire.
In Via Rovelli, il vecchio Smolin continuava a scarabocchiare formule dettate solo dalla sua follia, sulla parete della pizzeria “Da Lucio”, ormai chiusa da mesi. Manuel lo fissò sorridendo: «Beato te, che nemmeno te ne accorgi!».
Proseguì, poi, per la sua strada.
Non doveva mancare molto: ancora una mezz’ora e il pianeta sarebbe stato così vicino al Buco Nero, da cominciare a implodere.
Non aveva paura. Era sicuro che una morte del genere non potesse far male. Sarebbe finito tutto in una frazione di secondo. Sentiva solo il dispiacere di aver finito il tempo a sua disposizione, su una delle colonie più vaste e rigogliose di tutto il cosmo conosciuto.
«Avevo ragione! L’increspatura!» gridava il rimbambito alle sue spalle, intervallando i deliri a risate sguaiate.
Fu allora che la vide, che lo fissava dalla parte opposta della strada, con le guance rigate dalle lacrime. La sua Giovanna era lì. Non era partita. Era scesa dal velivolo senza che lui se ne accorgesse.
Manuel si maledisse per la propria disattenzione, mentre l’unico amore della sua vita gli correva incontro e gli si gettava tra le braccia.
«Non ti arrabbiare» sussurrò, singhiozzando e nascondendo il viso contro il suo petto.
Non poté far altro che stringerla.
Dal cielo iniziarono a piovere ciottoli e brandelli di cemento. Manuel avvolse la testa di Giovanna con le braccia, guardando in alto. Le cime dei palazzi iniziavano a tremare e a sgretolarsi. Di lì a poco, sarebbe finito tutto.
Non si sentiva un alito di vento, ma le macerie volavano da una parte all’altra come trasportate da un uragano. Si guardò attorno, alla ricerca di un inutile riparo e, d’improvviso, tutto si fermò.
Ogni cosa rimase immobile, persino quelle che erano a mezz’aria, sfidando Newton e la sua gravità.
Il vecchio Smolin lo raggiunse alle spalle «L’increspatura!» disse mostrando alcuni calcoli scarabocchiati su un vecchio volantino «La pressione ha creato una increspatura nello spazio-tempo. Fuori di qua un quarto d’ora, ma sul pianeta almeno un paio di secoli. Il tempo è relativo!»