Voragine

Finalista nella Livia Gambarini Edition, 146° all time, un racconto di Dario Cinti.

 
L’uomo solleva la bocca dal suo fiero pasto quando sente il rumore dei miei stivali sul pavimento.
«È l’ora.» Il tono della mia voce non ammette repliche; spero con tutto il cuore di non doverne gestire nessuna.
Il prigioniero estrae la testa tra le gambe della donna distesa sul letto: i capelli ramati di lei sono sparsi per il cuscino, stringe le lenzuola con tale forza da sbiancarsi le nocche.
Ha il fiato corto, forse per colpa dei latrati che le ho sentito emettere fino a quando ho aperto la porta.
Accanto a lei dorme supina un’altra donna dalla pelle ambrata e i fianchi disegnati col compasso.
«Cos’è, sei invidioso del mio ultimo desiderio?» L’uomo nudo raccoglie i suoi abiti sparsi per la stanza «Scommetto che tua moglie invece è un cesso terribile e non hai il coraggio di scopartela a luci accese.»
Mi mordo il labbro inferiore. Ripasso a mente gli ordini.
“Non devi rispondergli.”
L’uomo si infila la tunica. Mentre si stringe la fascia di seta alla vita, mi cade l’occhio sui muscoli tesi delle braccia.
Indosso un’armatura, ma non sono sicuro che se mi rifilasse una spallata riuscirei a rimanere in piedi.
Deglutisco.
«Esca dalla stanza e cammini davanti a me.»
Oh Signore, gli ho dato del lei. La forza dell’abitudine è una brutta bestia.
L’uomo dà un’ultima sistemata alla sua mantellina e mi sorride.
«Così mi piaci, figliolo.»
Allunga una mano per carezzarmi, io frappongo l’alabarda tra me e lui.
«Si muova, Santità.» ringhio.
 
Raggiungo la fine della Passerella che si affaccia sulla Voragine.
Tolgo la punta dell’alabarda dalla schiena dell’ex Papa Siniscalco III, compio un dietro front da manuale e torno sui miei passi.
Piazza San Pietro mi circonda, sormontata dal cielo rosso flagellato da nuvole purpuree che da mesi non cessano di velare la Città Eterna.
Ogni volta mi stupisco di come la frattura sia ampia: si è mangiata l’intero spazio ellittico ed arriva a lambire colonne e pilastri.
Chissà che fine ha fatto l’obelisco.
Per la seconda volta, disubbidisco agli ordini: sbircio nella Voragine.
Fiamme. Fiumi di lava. Rocce sulfuree.
Ombre si muovono tra i cerchi concentrici di quel precipizio senza fine: autori di bestemmie ululate in tutte le lingue del mondo, vive e morte.
Sulla mia colonna vertebrale ci si potrebbe fare sci d’acqua, il naso mi prude.
Salgo le scale della basilica, mi genufletto di fronte il Sacro Tribunale, aggiro la vetrata protettiva e finalmente raggiungo la mia postazione insieme alle altre Guardie Svizzere dietro il trono del nuovo pontefice.
La papessa Maria Maddalena I si alza dal suo scranno e sciorina l’elenco di accuse, certifica la colpevolezza del vecchio papa e conferma il verdetto: morte.
«Ah, è così? La colpa sarebbe mia?» gli urli dell’ex papa riescono a sopraffare i gemiti che provengono dalla Voragine «Sarebbe colpa del mio papato se si è aperto questo buco del culo? Eppure quando ho abolito millenni di leggi ammuffite avete esultato tutti, ipocriti! Cardinale Mazzi! Cardinale Ballarin! Io vi ho sposato e voi adesso mi condannate a morte? E tu, papessa dei miei coglioni…» il dito indice di Siniscalco ora punta dritto sulla fronte della donna «se davvero sei nel giusto, scendi giù ed esegui con le tue mani la sentenza! Avanti, vieni a buttarmi giù!»
Quando vedo Maria Maddalena sbattere i pugni sul tavolo, alzarsi dal trono e affrontare i primi gradini, percepisco nel petto una sensazione di pericolo: l’ex papa ha in mente qualcosa.
Siniscalco ride, le anime nella Voragine sotto di lui riprendono a piangere e sbraitare.
Ho già trasgredito gli ordini due volte quel giorno: È ora di tornare a fare il mio dovere.
La regola aurea della Guardia Svizzera mi esplode in testa, luminosa come il sole che da mesi non vedo.
“Difendi il papa a costo della vita.”
Accendo l’alabarda elettrica, prendo la rincorsa e dopo due balzi la lancio verso la Passerella.
I miei compagni ed i cardinali mi sembrano immobili tanto quanto lo sono le poche statue dei santi rimaste in piedi sopra la basilica.
La lancia vola, la vedo farsi sempre più sottile, si fa largo tra la papessa e i droni-telecamera che fluttuano attorno al condannato.
Le voci maligne si zittiscono.
Il rumore di una lama che penetra tunica e carni.
Siniscalco III sparisce dalla mia vita e dal mondo.
«Vai all’Inferno!»