Classifica 1. Come la scena priva di sostanza, di Debora Dolci
2. Warpedia, di Mauro Lenzi
3. Era, sarà, di Giorgia D’Aversa
5. Cambio al vertice, di Luca Fagiolo
6. Il Gattopardo 2.0, di Filippo Mammoli
7. L’indovinello della sfinge, di Valerio Covaia
8. L’indagine, di Andrea Leonardi
9. Morte aguzza, di Emiliano Maramonte
CommentiCambio al vertice, di Luca Fagiolo
Il passaggio generazionale è uno dei problemi delle aziende italiane, ma forse per questa “azienda” porterà maggiore ottimizzazione. L’impressione da lettore che ho avuta è quella di trovarmi in una scena di un serial tipo “Suburra”, con un esito tendente al disgustoso.
La sensazione è che sia troppo sbilanciato: all’inizio Corto si presenta in modo molto spavaldo, come se fosse senz’altro più capace e importante del figlio del capo. Non si spaventa nemmeno quando la guardia del corpo prende in mano la pistola. Invece capitola all’istante quando il figlio del capo gli dice che vuole ammazzarlo. Il cambiamento mi sembra troppo repentino, forse bisogna costruirlo più lentamente perché così rimane troppo appeso. Anche alla fine, il comportamento (“striscio sul pavimento fino alla porta”) è veramente troppo lontano dall’arrogante che è entrato nella stanza. Forse i personaggi sono un po’ troppo stereotipati per essere davvero coinvolgenti.
Mi sembra poco credibile che lo spacciatore si vanti di “rubare” la droga al capo.
Rispetto al tema, mi sembra che ci sia quello del cambiamento, ma non vedo la parte della “verità duratura”.
Per renderlo migliore, cercherei di rallentare il cambiamento di Corto. Forse cambierei alcune frasi come “Sei un poppante” che mi riesce difficile in bocca ad un delinquente, o “Capirai che non posso permettere insubordinazioni”, che mi sembra più da manager aziendale che da un giovane delinquente appena assurto al comando.
In compenso, si fa leggere bene, mi piace molto l’alternarsi dei dialoghi tra personaggi con quello interiore.
In conclusione, racconto che non mi fa impazzire, scritto tecnicamente bene con la necessità di rallentarlo per far meglio apprezzare il cambio psicologico.
Era, sarà, di Giorgia D’Aversa
Le Parche incontrano la reincarnazione. Alla lettura, sia la prima che la seconda, ho fatto fatica ad andare oltre l’inizio con questa lunga sequenza di fotografie, racconto quasi di telecronaca sportiva. A spezzare la lettura, ci sono diversi aspetti, come la metafora dell’aggrapparsi come un rapace (forse bastava l’immagine di una persona che stava affogando per far intuire la forze dell’aggrappo - così c’è un’altra immagine, quella del rapace, non funzionale, che si intromette), o stranezze come citare un coltello nel corpo dopo che si fatto capire che il personaggio si era suicidato impiccandosi.
Se è vero che ricorda di essersi ucciso, l’accettazione subitanea della situazione davvero strana sembra un po’ troppo veloce. Anche le considerazioni nel testo come “l’uomo è condannato a soffrire sempre” sembrano un po’ troppo filosofiche e un po’ troppo ampollose, col risultato che non fanno empatizzare con il personaggio. Un po’ lo stesso problema anche con la chiusa tra domanda di senso della vita e risposta della bambina, che risponde indicando la libera scelta quando forse la domanda era (sembra) più complessa; ad esempio, mi verrebbe in mente che chi domanda possa sentire la vita mortale come inutile rispetto a quella divina. Così come non si sa come il personaggio sappia che bevendo la scodella si dimenticherà la vita precedente.
Come sensazioni, passato l’inizio, il racconto l’ho trovato interessante come idea, ma troppo a scatti per apprezzarlo davvero. Ad esempio, è un peccato non sapere quale sarà la prossima vita del nostro personaggio. Mi ha trasmesso un senso di angoscia per questa rinascita senza un miglioramento (com’è ad esempio nella religione induista), ma questo credo che fosse voluto e lo vedo come un pregio.
Il tema è senz’altro del tutto centrato.
Mi piacerebbe rileggere il racconto togliendo molte delle cose iniziali, tutto sommato non così importanti per quello che segue, e facendo diventare esperienza viva raccontata la parte che ora è intellettuale. Senz’altro il racconto ha un bel potenziale. Ho sempre apprezzato i tuoi racconti, questo mi ha preso un po’ meno.
Morte aguzza, di Emiliano Maramonte
Veramente molto, molto splatter. Mi sembra che il gusto del sangue, del gore, abbia preso il sopravvento, fagocitando tutto il resto.
Il racconto è la scena finale di una lunga storia di cui apprendiamo qualcosa (la ragazza che si trasforma, la madre che va via), ma non sappiamo nulla del come sia avvenuta questa trasformazione. Sembrerebbe una famiglia molto religiosa, condizionata da temi come il diavolo, ma anche per persone così è difficile pensare che una figlia che comincia a mutare sia vista come “seme maledetto” e non una malattia, a meno che, ma questo la storia non ce lo dice, ci sia un’epidemia di queste trasformazioni, che sarebbero ben note. Senza questo background sembra veramente troppo folle.
Le frasi sembrano troppo strane. “Accetta il tuo destino” o “La tua morte sarà la purificazione finale” mi sembrano così improbabile per un padre che sta torturando e uccidendo la figlia. Altri elementi mi rendono la sospensione dell’incredulità difficile, come il fatto che la ragazza alla fine rompa le catene ma prima non lo aveva fatto per scappare, o che si stacchi con facilità un corno che, se fosse simile a quello degli animali, sarebbe tutt’uno con il cranio.
Ridurrei al minimo aggettivi come “strumento digrignante” (come fa uno strumento a digrignare?) o “rastrello avido e affilato”.
Non saprei dire se il tema è rispettato. C’è un cambiamento, ma mi manca la “verità duratura”.
Temo che per me, che non sono appassionato di splatter, lo sia un po’ troppo.
Warpedia, di Mauro Lenzi
Idea interessante, ma non ti nascondo che mi sono perso.
All’inizio c’è una scena interessante di guerriglia. Dopo capiamo che Alexander e Sophia si amano. L’attacco al carro armato non ho capito come funziona, ma poco male, è solo un passaggio per creare l’incidente che porta al punto critico: l’accesso al manuale, che con la piastra rotta non sa di quale fazione fornire i contenuti. Un po’ misterioso perché ci debba essere un manuale con entrambe le versioni, mi dà la sensazione di gioco di ruolo, che si amplifica quando Sophia torna dalla morte. Qui ho pensato che siano personaggi di un gioco, di una simulazione, delle intelligenze artificiali coscienti non umane, altrimenti non capisco come possa succedere che una persona con la testa esplosa possa tornare con un nuovo taglio ai capelli!
La sensazione di straniamento c’è anche quando Sophia fa riferimento ai nazisti che mangiano le persone, non credo che sia mai girata e sembra distopica. Ma lo è molto di più questa frase:
Mauro Lenzi ha scritto:Scorro immagini di uomini e donne assurdi, con la pelle bianchissima o giallastra, capelli lisci, talvolta gialli o rossi.
Per perseguire il loro scopo di miscelare le razze in una unica, i comunisti hanno attuato deportazioni di massa...
Allora Alexander e Sophia sono fatti diversi?
Difficile credere che Alexander cambi fazione così facilmente, a meno che non sia un gioco, ma in un gioco vero normalmente non si muore e sicuramente non ci si uccide con carri armati e aerei.
Il racconto mi è piaciuto, ma mi piacerebbe avere qualche risposta in più a queste domande.
Direi che il tema è centrato, visto che rimane immutato il gioco/guerra pur cambiando i personaggi di esso.
L’indagine, di Andrea Leonardi
Giallo con personaggio doppio. Racconto che si legge bene, ma che non riesce a esplorare tutto il suo potenziale. Poco dopo l’inizio ho capito come sarebbe andato a finire e questo me lo ha reso meno intrigante.
I dialoghi sono talvolta strani. “Non mi dica che l’ha notato ora?” sembra un po’ incongruo rispetto alle affermazioni precedenti, e lo è ancora di più come continua, sembra come se la frase fosse rimasta là da una versione precedente. La parte sul termine ricorrente (ma quale sarebbe?), con la risposta che non c’è e la contro risposta “Esattamente!” mi ha mandato in tilt - probabilmente intendeva dire che non c’era nulla in comune, ma sembra strano dirlo partendo dal fatto che c’è un “termine” ricorrente.
La conclusione sembra debole, con la giustificazione che serve più che altro a dirci che ha una personalità sdoppiata. Non ho capito perché De Rosi ringrazi l’ispettore quando gli dice che è un pazzo.
Il tema non mi sembra esserci.
Credo che con un buon editing e ampliando i dialoghi finali potrebbe uscire un racconto piacevole.
Come la scena priva di sostanza, di Debora Dolci
Il racconto mi è piaciuto molto. Mi piace questo intreccio tra l’arte e la vita, fino a non sapere più quale sia la verità, dove si stiano basando i personaggi.
Ci sono un paio di cose che mi piacciono meno. Specie all’inizio, le frasi al presente così spezzate, senza una legatura tra loro, mi rende difficile la lettura, mi fa un po’ l’effetto di una telecronaca. Ad esempio, la frase “Una mano mi tocca il braccio, sussulto“ la sento fredda, non riesce davvero a passarmi un’emozione, sembra quasi un ricordo di chi la sta pensando. Quella successiva, “Mi spezza il fiato, sta rovinando il momento e il calore della rabbia mi raggiunge il collo e le orecchie.”, funziona di più, ma visto che è il punto di vista dell’attore, questa visione dall’esterno del calore della rabbia non mi convince molto, forse potrebbe essere più efficace qualcosa come “sta rovinando il momento, mi tremano le mani, ho voglia di cacciarla” (tanto per fare un esempio).
Alla fine ho molto apprezzato lo stacco di Cecilia, con il suo prosaico “io non ce la faccio più”. Mi sarebbe piaciuto che fosse evidenziato di più, il desiderio concreto di Cecilia contro l’assoluta indisponibilità a legarsi (questa molto ben chiarita) di Amedeo.
Tema assolutamente centrato.
Lavorandoci un poco secondo me è veramente un racconto eccellente, grazie!
Il Gattopardo 2.0, di Filippo Mammoli
Racconto scritto bene, ma sembra quasi un documentario del tempo che verrà. Il protagonista racconta un po’ lo stato del mondo, con qualche leggera punta personale, come il fatto che gli piacerebbe andare a mare, ma senza che farmi riuscire a empatizzare con il personaggio e la sua situazione, che poi non è molto diversa da quella di molti di noi.
Ci sono alcuni punti che credo interrompano la sospensione dell’incredulità. Uno è questo: “Come poteva suo padre non apprezzare il fatto che il traffico fosse quasi azzerato”. Difficile che si possa fare un paragone del genere da parte di chi non lo ha vissuto. Dall’altro lato abbiamo questo spezzone:
filippo.mammoli ha scritto:«Chi non ha visto e vissuto il mondo prima del 2020 non saprà mai davvero cos'è la libertà.»
Ma che diavolo aveva voluto dire con quella frase che non si stancava mai di ripetere?
E soprattutto, cosa poteva desiderare di diverso Sandro da quello che la vita gli offriva ogni giorno?
Possibile che il padre non gli abbia mai dato una spiegazione, un racconto di com’era? Evidentemente sono mutuamente escludentesi: o il padre ha raccontato o no, ma sembra strano che non abbia raccontato nulla al figlio.
Penso che possa migliorare molto scendendo più nell’intimo del personaggio.
Tema centrato per la parte del cambiamento, meno per quello della verità.
L’indovinello della sfinge, di Valerio Covaia
Un genio che dopo aver fatto il bene dell’umanità la pungola in modo disastroso per cambiare. Il tema è interessante, ma credo di non poterlo credere davvero: aver messo in piedi macchine distruttive estremamente complicate che verranno fermate da una singola persona che risponde all’indovinello: e dov’è il cambio dell’umanità? In che modo rispondere così sarebbe trasformativo?
Il racconto in sé è movimentato, c’è azione. C’è forse un po’ troppo spinta da parte dell’autore, con il nipote così agitato (ma se questa cosa sta andando avanti da tempo, che fretta ha?), la sfinge meccanica che dà molte indicazioni, per poi scomparire, inspiegabilmente, nel nulla.
L’impressione è che come la sfinge pone indovinelli, così vada letto questo racconto, come un indovinello. Lo vedo bene come il seme di un racconto di molto più lungo in cui raccontare la storia di questo decadimento e motivare meglio perché le sfingi e che azioni vanno ad eseguire.
Il tema è senz’altro ben centrato.