L'Ombra di me stesso - Serena aronica
L'Ombra di me stesso - Serena aronica
L’Ombra di me stesso
Il sole sta tramontando. Seduto nella mia poltrona, lo guardo annegare nel suo stesso sangue. In bilico sul filo dell’orizzonte annaspa come una testa recisa, e infine si scardina dagli ultimi tendini che lo legano al collo per precipitare nel buio.
Fumo l’unica sigaretta della giornata mentre mi gusto il macabro spettacolo della decapitazione del giorno.
E poi il buio divampa, come una fumata di fuliggine densa e grassa.
Solo quando le tenebre mi scivolano addosso, mi alzo dalla poltrona. Inizio allora ad accendere, una dopo l’altra, tutte le luci di casa. Mentre mi muovo, passando da una stanza all’altra, le sento sospirare. O questo è quello che mi sembra di sentire. È come se alitassero disperate, nascoste nelle ombre che si formano come pieghe dietro le porte o sotto i letti. Questa casa è enorme e offre un’infinità di pertugi bui in cui infilarsi a ragni, topi e spettri. Mentre salgo al piano di sopra, scruto oltre la balaustra. Il buio è vivido e ghiotto. Quando però la luce lo frusta, si ritrae come un miserabile scarafaggio.
Accese tutte le luci, finalmente posso provare a dormire.
L’unica parte della casa dove non mi avventuro dopo il tramonto, è la cantina. È un luogo umido, dove i muri hanno perso buona parte dell’intonaco e mostrano la nudità della pietra sottostante. Li giacciono vecchi mobili rosi dai tarli, paralumi ammuffiti, la carcassa di una piccola bicicletta e due corpi.
Tagliai prima la gola a mia moglie. Un taglio preciso e netto, inferto con il mio rasoio con il manico d’avorio. Un oggetto davvero pregevole. La lasciai dissanguare in solitudine. Tagliai allora la gola alla mia bambina. La mano però mi tradì, e il taglio risultò imperfetto. La sua tenera carne si era lacerata con facilità, come se avessi tagliato un lenzuolo di seta. Non era però abbastanza profondo. Fui così costretto a infierire. Le recisi quasi la testa. I sottili capelli biondi si erano tinti di una sfumatura ramata, e notai che quel colore le donava.
Nascosi i loro corpi in un’intercapedine nel muro. Poi le murai, nascondendo i loro occhi vitrei e spenti dietro mani di malta e mattoni.
A chi mi chiese che fine avessero fatto, risposi semplicemente che erano partite per l’estero dove le cure offrivano maggiori speranze.
Non potevo lasciare che il cancro divorasse le viscere della mia unica figlia, né che mia moglie piangesse la morte della sua bambina per il resto della vita.
Da quella notte, la casa è diversa. In un eccesso di buonismo potrei quasi arrivare a giurare che si è trasformata in una dimora stregata. Eppure, l’unica presenza inumana e diabolica che si aggira tra queste mura sono io.
Accendo le luci per poter vedere costantemente le mie mani assassine e scorgere il riflesso del mio viso su ogni superficie riflettente. È la mia punizione. Lascio la cantina nell’oblio rassicurante dell’oscurità, sapendo che dietro l’intercapedine ciò che ho amato lentamente imputridisce come l’intonaco e il legno della mobilia.
Infesterò questa dimora con la mia colpa, trascinandomi giorno dopo giorno tra queste stanze alla ricerca di un loro gesto di pietà.
Nell’aria sento l’odore del mattino. Inizio a spegnere le luci, una dopo l’altra. Mi sembra di sentire un sospiro. È un suono colmo di tristezza. Vorrei uccidermi, ma le priverei forse dell’unica vendetta. Quella di illudermi di essere ancora qui con me. Spengo l’ultima luce e nell’alba gelida e anonima di un nuovo giorno vacillo, come uno spettro.
Il sole sta tramontando. Seduto nella mia poltrona, lo guardo annegare nel suo stesso sangue. In bilico sul filo dell’orizzonte annaspa come una testa recisa, e infine si scardina dagli ultimi tendini che lo legano al collo per precipitare nel buio.
Fumo l’unica sigaretta della giornata mentre mi gusto il macabro spettacolo della decapitazione del giorno.
E poi il buio divampa, come una fumata di fuliggine densa e grassa.
Solo quando le tenebre mi scivolano addosso, mi alzo dalla poltrona. Inizio allora ad accendere, una dopo l’altra, tutte le luci di casa. Mentre mi muovo, passando da una stanza all’altra, le sento sospirare. O questo è quello che mi sembra di sentire. È come se alitassero disperate, nascoste nelle ombre che si formano come pieghe dietro le porte o sotto i letti. Questa casa è enorme e offre un’infinità di pertugi bui in cui infilarsi a ragni, topi e spettri. Mentre salgo al piano di sopra, scruto oltre la balaustra. Il buio è vivido e ghiotto. Quando però la luce lo frusta, si ritrae come un miserabile scarafaggio.
Accese tutte le luci, finalmente posso provare a dormire.
L’unica parte della casa dove non mi avventuro dopo il tramonto, è la cantina. È un luogo umido, dove i muri hanno perso buona parte dell’intonaco e mostrano la nudità della pietra sottostante. Li giacciono vecchi mobili rosi dai tarli, paralumi ammuffiti, la carcassa di una piccola bicicletta e due corpi.
Tagliai prima la gola a mia moglie. Un taglio preciso e netto, inferto con il mio rasoio con il manico d’avorio. Un oggetto davvero pregevole. La lasciai dissanguare in solitudine. Tagliai allora la gola alla mia bambina. La mano però mi tradì, e il taglio risultò imperfetto. La sua tenera carne si era lacerata con facilità, come se avessi tagliato un lenzuolo di seta. Non era però abbastanza profondo. Fui così costretto a infierire. Le recisi quasi la testa. I sottili capelli biondi si erano tinti di una sfumatura ramata, e notai che quel colore le donava.
Nascosi i loro corpi in un’intercapedine nel muro. Poi le murai, nascondendo i loro occhi vitrei e spenti dietro mani di malta e mattoni.
A chi mi chiese che fine avessero fatto, risposi semplicemente che erano partite per l’estero dove le cure offrivano maggiori speranze.
Non potevo lasciare che il cancro divorasse le viscere della mia unica figlia, né che mia moglie piangesse la morte della sua bambina per il resto della vita.
Da quella notte, la casa è diversa. In un eccesso di buonismo potrei quasi arrivare a giurare che si è trasformata in una dimora stregata. Eppure, l’unica presenza inumana e diabolica che si aggira tra queste mura sono io.
Accendo le luci per poter vedere costantemente le mie mani assassine e scorgere il riflesso del mio viso su ogni superficie riflettente. È la mia punizione. Lascio la cantina nell’oblio rassicurante dell’oscurità, sapendo che dietro l’intercapedine ciò che ho amato lentamente imputridisce come l’intonaco e il legno della mobilia.
Infesterò questa dimora con la mia colpa, trascinandomi giorno dopo giorno tra queste stanze alla ricerca di un loro gesto di pietà.
Nell’aria sento l’odore del mattino. Inizio a spegnere le luci, una dopo l’altra. Mi sembra di sentire un sospiro. È un suono colmo di tristezza. Vorrei uccidermi, ma le priverei forse dell’unica vendetta. Quella di illudermi di essere ancora qui con me. Spengo l’ultima luce e nell’alba gelida e anonima di un nuovo giorno vacillo, come uno spettro.
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Ciao Serena! Contentissimo di rivederti! Tutto ok con i parametri, buona Cavaletto Edition!
- eleonora.rossetti
- Messaggi: 553
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Ciao Serena. Un racconto torbido il tuo, tema centrato con la figura di quest'uomo, padre e marito e assassino, che "infesta" la sua stessa casa, fantasma in cui lui non si riconosce più, senza più vivere davvero. Nonostante la pressoché assenza di azioni "significanti" non l'ho trovato affatto noioso. Se proprio volessi puntualizzare, avrei lasciato uno stacco di paragrafo prima del "tagliai la gola a mia moglie", perché mi spiazza un poco, mi fa passare da una scena all'altra.. Anche sul tempo verbale della narrazione degli eventi passati ho dei dubbi, forse un passato prossimo o addirittura un trapassato prossimo sarebbe stato meglio. Difetti minori, che non penalizzano una prova più che valida. Ben fatto.
Uccidi scrivendo.
- White Duke
- Messaggi: 84
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Il racconto si legge volentieri ed è scritto molto bene. Bella soprattutto la contrapposizione tra uno stile iniziale che sembra introdurre un racconto “tranquillo” brutalmente interrotto con “Tagliai prima la gola…”.
Purtroppo la trama prende davvero molto da “il gatto nero” di Edgar Allan Poe, forse troppo, e questo secondo me è il principale problema: la mancanza di originalità e il riferimento palese ad un classico. Per il resto il racconto mi è piaciuto molto.
Purtroppo la trama prende davvero molto da “il gatto nero” di Edgar Allan Poe, forse troppo, e questo secondo me è il principale problema: la mancanza di originalità e il riferimento palese ad un classico. Per il resto il racconto mi è piaciuto molto.
Ultima modifica di White Duke il venerdì 20 aprile 2018, 10:21, modificato 1 volta in totale.
Portate dei fiori sulla tomba di Algernon
- Filippo Santaniello
- Messaggi: 116
- Contatta:
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Ciao Serena! Questo è proprio un bel racconto perché il tema è rispettato, l’idea centrale è forte e ne hai tenuto le redini padroneggiandola dall’inizio alla fine. In una versione estesa mi piacerebbe sapere il motivo per cui ha ucciso moglie e figlia. La figlia era davvero malata di cancro e la moglie soffriva troppo così lui l’ha uccisa per estinguere le loro pene? È un racconto horror ma anche poetico e doloroso, al momento, tra quelli che ho letto, è quello che mi è piaciuto di più, credo che sul podio ci sei con tutti e due i piedi!
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Di questo racconto mi piace molto la cura dell’ambientazione. L’inizio l’ho trovato un po’ forzato, tanto che ho dovuto rileggere per capire che era il sole ad annegare nel suo sangue e non una probabile vittima. A parte questo il resto scivola via bene. Però, non trovo rispettato il tema: è la sua coscienza che lo fa vacillare come uno spettro e non magie, streghe o gli spiriti vendicativi della moglie e figlia.
- Linda De Santi
- Messaggi: 497
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Ciao Serena!
Del tuo racconto mi è piaciuto soprattutto lo stile, estremamente curato e ben gestito. Mi è piaciuta moltissimo la descrizione iniziale del tramonto, che, vista dagli occhi del protagonista, diventa la descrizione di un omicidio.
La vicenda in sé, invece, mi lascia abbastanza fredda. Un uomo stermina la propria famiglia e mura i cadaveri nelle pareti di casa… un po’ troppo cliché. Anche il tema non è pienamente centrato: più che di una dimora stregata, si tratta di una casa che nasconde un segreto inquietante, ma che non ha niente a che vedere con il soprannaturale (né “reale”, né nella mente del protagonista, che è estremamente consapevole che a tormentarlo è il senso di colpa, non gli spettri).
In ogni caso si tratta di un buon lavoro, che secondo me ha il suo pregio più grande proprio nell’accuratezza e nella godibilità dello stile.
Alla prossima!
Del tuo racconto mi è piaciuto soprattutto lo stile, estremamente curato e ben gestito. Mi è piaciuta moltissimo la descrizione iniziale del tramonto, che, vista dagli occhi del protagonista, diventa la descrizione di un omicidio.
La vicenda in sé, invece, mi lascia abbastanza fredda. Un uomo stermina la propria famiglia e mura i cadaveri nelle pareti di casa… un po’ troppo cliché. Anche il tema non è pienamente centrato: più che di una dimora stregata, si tratta di una casa che nasconde un segreto inquietante, ma che non ha niente a che vedere con il soprannaturale (né “reale”, né nella mente del protagonista, che è estremamente consapevole che a tormentarlo è il senso di colpa, non gli spettri).
In ogni caso si tratta di un buon lavoro, che secondo me ha il suo pregio più grande proprio nell’accuratezza e nella godibilità dello stile.
Alla prossima!
- Emiliano Maramonte
- Messaggi: 1061
- Contatta:
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Ciao Serena!
Complimenti! Il tuo racconto mi è piaciuto tantissimo. L'ho letto con il cuore il gola, ammaliato dallo stile ricco ed avvolgente; è una vicenda tenebrosa e spietata allo stesso tempo, una specie di incrocio tra horror, thriller (appena accennato), splatter (sfiorato), come piace a me. La "frattura" tra le due parti della storia penso sia voluta e necessaria, per dare una sterzata al tono e giungere al finale, dove il lettore resta a fissare le ultime righe con un fastidioso turbamento.
Secondo me il tema è ugualmente centrato: non è necessario parlare di case infestate sempre e solo da fantasmi, ma anche in senso simbolico... e infatti la dimora in cui vive il protagonista è infestata da se stesso, il quale è, appunto, un'ombra, uno spettro, una larva umana che è consapevole di aver commesso un delitto atroce, del quale sta già scontando una condanna potenzialmente terrificante ed eterna. Geniale il contrasto tra l'alba che si accende e le luci che si spengono e viceversa (parlando di tramonto): un simbolismo potente dei sensi di colpa e del tormento del protagonista. Questa storia è nella mia top five dei racconti letti sinora. Brava davvero!
Complimenti! Il tuo racconto mi è piaciuto tantissimo. L'ho letto con il cuore il gola, ammaliato dallo stile ricco ed avvolgente; è una vicenda tenebrosa e spietata allo stesso tempo, una specie di incrocio tra horror, thriller (appena accennato), splatter (sfiorato), come piace a me. La "frattura" tra le due parti della storia penso sia voluta e necessaria, per dare una sterzata al tono e giungere al finale, dove il lettore resta a fissare le ultime righe con un fastidioso turbamento.
Secondo me il tema è ugualmente centrato: non è necessario parlare di case infestate sempre e solo da fantasmi, ma anche in senso simbolico... e infatti la dimora in cui vive il protagonista è infestata da se stesso, il quale è, appunto, un'ombra, uno spettro, una larva umana che è consapevole di aver commesso un delitto atroce, del quale sta già scontando una condanna potenzialmente terrificante ed eterna. Geniale il contrasto tra l'alba che si accende e le luci che si spengono e viceversa (parlando di tramonto): un simbolismo potente dei sensi di colpa e del tormento del protagonista. Questa storia è nella mia top five dei racconti letti sinora. Brava davvero!
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Porca Eva! (niente di personale contro le "Eva")
Il tuo racconto è un pugno in pieno petto che mozza il fiato e rende perfettamente l'idea del dolore, del rimpianto, del senso di colpa e della disperazione.
Mi hai lasciata senza parole (il che è raro!) e hai centrato in pieno tutto. A mani basse uno dei racconti migliori di sempre.
Il tuo racconto è un pugno in pieno petto che mozza il fiato e rende perfettamente l'idea del dolore, del rimpianto, del senso di colpa e della disperazione.
Mi hai lasciata senza parole (il che è raro!) e hai centrato in pieno tutto. A mani basse uno dei racconti migliori di sempre.
#AbbassoIlTerzoPuntino #NonSmerigliateLeBalle
#LicenzaPoeticaGrammatica
Adoro le critiche, ma -ve prego!- che siano costruttive!!
#LicenzaPoeticaGrammatica
Adoro le critiche, ma -ve prego!- che siano costruttive!!
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Eccomi! Prima di tutto volevo ringraziarvi sia per i complimenti che per le critiche, sono entrambi indispensabili! Vorrei però rispondervi a grandi linee. Credo di aver centrato il tema. Una dimora può essere infestata da ricordi, segreti, spettri o rimpianti. La rielaborazione del tema serve per non cadere nell'ovvio. Non credo poi di aver plagiato il racconto di Poe! Esistono davvero moltissime storie di carta e cinematografiche che utilizzano l'espediente di murare le persone per occultarne il cadavere. Comunque... Minuti Contati è importante perché ci mette a diretto confronto con la controparte, ovvero i lettori. Farò tesoro dei vostri consigli!
- Monica Patrizi
- Messaggi: 127
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Ciao Serena!
Un racconto ben scritto, sicuramente da podio.
Il tema è centrato a mio avviso: una casa, quella del protagonista peraltro, infestata da fantasmi interiori, da dolore, rimorsi, sensi di colpa, oltre che dai cadaveri dei suoi cari. Curatissimo lo stile, la scelta dei vocaboli e l'ambientazione. Molto suggestivo e fotografico la descrizione del tramonto. Descrivi bene le vicende esterne e interiori di quest'uomo, niente affatto lontane dalla cronaca contemporanea. L'unico appunto, ma forse questo dipende dal mio sentire, è tutto reso così bene, così calibrato, anche il momento dell'omicidio di moglie e figlia, che non mi arriva, di pancia, il patos, lo sgomento, la parte emotiva di questa vicenda. Come se fosse guardata da lontano dal protagonista. Nel complesso un'ottima prova. A presto.
Un racconto ben scritto, sicuramente da podio.
Il tema è centrato a mio avviso: una casa, quella del protagonista peraltro, infestata da fantasmi interiori, da dolore, rimorsi, sensi di colpa, oltre che dai cadaveri dei suoi cari. Curatissimo lo stile, la scelta dei vocaboli e l'ambientazione. Molto suggestivo e fotografico la descrizione del tramonto. Descrivi bene le vicende esterne e interiori di quest'uomo, niente affatto lontane dalla cronaca contemporanea. L'unico appunto, ma forse questo dipende dal mio sentire, è tutto reso così bene, così calibrato, anche il momento dell'omicidio di moglie e figlia, che non mi arriva, di pancia, il patos, lo sgomento, la parte emotiva di questa vicenda. Come se fosse guardata da lontano dal protagonista. Nel complesso un'ottima prova. A presto.
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- Messaggi: 2901
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Mi piace questo tuo racconto, nel quale il protagonista ha qualcosa degli assassini lucidamente folli di Edgar Allan Poe. La casa è una dimora stregata che accoglie pazzia e morte (vedi la moglie e la figlia del protagonista sgozzate e murate e dal destino comunque segnato per via del cancro ai visceri della bambina). Rendi l’atmosfera morbosa della storia con grande maestria (bella l’immagine del sole che annega nel suo stesso sangue, il paragone buio-scarafaggio) e la corruzione della casa ha il suo apice nella descrizione della cantina.
Re: L'Ombra di me stesso - Serena aronica
Bello, molto. Idea buona, resa quasi perfetta. Grande attenzione al contesto al servizio di una storia che già si è consumata, ma che torna a vibrare ogni notte e ogni giorno. Al lettore ne racconti uno, tra i tanti, immergendolo nell'incubo e nella pena del tuo protagonista, un demone mosso da motivazioni per lui razionali, affogato nella colpa e nel dolore. Pollice su per me.
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