Chi sei davvero?
- Laura Cazzari
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Chi sei davvero?
Lunedì 15 ottobre 2018, 7.10 di mattina.
Phil si guarda allo specchio. La sua stanza è un disastro e i suoi capelli ancora peggio. Il nodo della cravatta che gli ha fatto suo padre gli stringe la gola. Ha vent’anni e sta per cominciare il suo primo lavoro.
Nei suoi occhi c’è insicurezza, incertezza per il domani, paura di fallire, timore della disoccupazione, terrore per il giudizio degli altri. Non è sicuro delle proprie capacità, non pensa di averne, ma ha tanta voglia di cominciare e di mettersi in gioco. Vuole far fruttare gli anni di studio e i sacrifici fatti dai suoi genitori per portarlo a quel punto, a quella opportunità.
Gli occhi cercano di sviare da quell’immagine di se stesso, poi prende lo zaino ed esce.
Lunedì 15 ottobre 2040, 7.10 di mattina.
Phil si allaccia al polso il suo Rolex nuovo di zecca, che luccica prepotentemente. Il suo abbigliamento e la sua stanza ostentano una ricchezza esagerata. Si abbottona i gemelli della camicia con le mani che, sebbene apparentemente pulite, grondano il sudore dei suoi sottoposti che, 7 giorni su 7, si ammazzano di lavoro affinché lui possa permettersi tutto quello che desidera. Non importa quante persone dovrà calpestare per raggiungere i suoi obbiettivi, non guarderà in faccia nessuno finché non sarà arrivato in cima.
Phil si osserva velocemente allo specchio. Capelli perfetti, denti perfetti, completo perfetto. I suoi occhi trasmettono sicurezza, arroganza, altezzosità e un’ombra di spietatezza. Bruciano di desiderio: una fiamma che mai si estingue e che sempre richiede il suo tributo.
Prende la sua borsa di pelle firmata ed esce.
Lunedì 15 ottobre 2074, 7.10 di mattina.
Phil è seduto su una sedia a rotelle. Ha appena lanciato la colazione addosso all’inserviente della casa di riposo, il quale è scappato lasciandolo da solo nella stanza, davanti allo specchio. Il Rolex ticchetta debole e pallido al suo polso.
La sua schiena è curva, i suoi capelli radi. Il suo sguardo è triste, timoroso del domani: che arrivi troppo presto o che non arrivi affatto.
Il fuoco nei suoi occhi è spento, la paura è tornata. I successi lavorativi non hanno impedito che rimanesse solo e dimenticato in un ospizio. La posizione che si era conquistato è stata spazzata via a favore di un nuovo e più giovane arrivista.
È diventato l’ombra dell’uomo che è stato, oppure la fotocopia sbiadita del ragazzo che era?
Phil si guarda allo specchio. La sua stanza è un disastro e i suoi capelli ancora peggio. Il nodo della cravatta che gli ha fatto suo padre gli stringe la gola. Ha vent’anni e sta per cominciare il suo primo lavoro.
Nei suoi occhi c’è insicurezza, incertezza per il domani, paura di fallire, timore della disoccupazione, terrore per il giudizio degli altri. Non è sicuro delle proprie capacità, non pensa di averne, ma ha tanta voglia di cominciare e di mettersi in gioco. Vuole far fruttare gli anni di studio e i sacrifici fatti dai suoi genitori per portarlo a quel punto, a quella opportunità.
Gli occhi cercano di sviare da quell’immagine di se stesso, poi prende lo zaino ed esce.
Lunedì 15 ottobre 2040, 7.10 di mattina.
Phil si allaccia al polso il suo Rolex nuovo di zecca, che luccica prepotentemente. Il suo abbigliamento e la sua stanza ostentano una ricchezza esagerata. Si abbottona i gemelli della camicia con le mani che, sebbene apparentemente pulite, grondano il sudore dei suoi sottoposti che, 7 giorni su 7, si ammazzano di lavoro affinché lui possa permettersi tutto quello che desidera. Non importa quante persone dovrà calpestare per raggiungere i suoi obbiettivi, non guarderà in faccia nessuno finché non sarà arrivato in cima.
Phil si osserva velocemente allo specchio. Capelli perfetti, denti perfetti, completo perfetto. I suoi occhi trasmettono sicurezza, arroganza, altezzosità e un’ombra di spietatezza. Bruciano di desiderio: una fiamma che mai si estingue e che sempre richiede il suo tributo.
Prende la sua borsa di pelle firmata ed esce.
Lunedì 15 ottobre 2074, 7.10 di mattina.
Phil è seduto su una sedia a rotelle. Ha appena lanciato la colazione addosso all’inserviente della casa di riposo, il quale è scappato lasciandolo da solo nella stanza, davanti allo specchio. Il Rolex ticchetta debole e pallido al suo polso.
La sua schiena è curva, i suoi capelli radi. Il suo sguardo è triste, timoroso del domani: che arrivi troppo presto o che non arrivi affatto.
Il fuoco nei suoi occhi è spento, la paura è tornata. I successi lavorativi non hanno impedito che rimanesse solo e dimenticato in un ospizio. La posizione che si era conquistato è stata spazzata via a favore di un nuovo e più giovane arrivista.
È diventato l’ombra dell’uomo che è stato, oppure la fotocopia sbiadita del ragazzo che era?
Laura Cazzari
Re: Chi sei davvero?
Ciao Laura, felicissimo di vederti di nuovo nell'Arena! Tutto ok con i caratteri e il tempo, divertiti in questa Arona Edition!
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Re: Chi sei davvero?
CHI SEI DAVVERO di Laura Cazzari Doppelgänger davvero molto legato all’idea di Oscar Wilde: Phil, nella sua corsa al successo ottenuto a gomitate si ritrova all’ospizio solo e dimenticato e il Rolex invecchiato con lui mi dà l’idea di un talismano che ha esaurito la sua funzione. Io credo che il vero Phil sia il ragazzo timido a inizio carriera desideroso di compiacere i suoi. Molto efficaci gli stacchi temporali e l’uso dei dettagli per rappresentare la sua ascesa (arredo di lusso, mani sudate).
- leonardo.marconi
- Messaggi: 63
Re: Chi sei davvero?
Ciao Laura!! Un piacere cristallino leggere il tuo racconto: vanitas e memento moris come perle preziose a monito del lettore! Le situazioni descritte fanno da cornice perfetta ad una critica feroce al "produci consuma crepa" nichilista che impera grigio sopra la nostre teste. Un solo appunto: "il suo sguardo è triste, timoroso del domani: che arrivi troppo presto o che non arrivi affatto.". Avrei preferito: " che arrivi troppo lentamente o che non arrivi affatto". Complimenti!
- patty.barale
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Re: Chi sei davvero?
Ciao Laura
Speranze e sogni muovono Phil verso il proprio futuro. Una strada che lui percorre a passo di carica, trasformando colleghi e sottoposti in scalini che gli permettono di raggiungere la cima. Ma nel momento in cui i suoi muscoli perdono vigore e la sua tenacia vacilla, solo una fredda sedia a rotelle lo accompagna sul sentiero che conduce ai cipressi.
Hai saputo tratteggiare la storia di Phil con rapide pennellate, brava, ma io non riesco a vedere il doppelgänger... e la frase conclusiva mi sembra ridondante e messa lì proprio a giustificare il tema è proprio questo è il motivo per cui non mi convince fino in fondo.
Una nota :
7 giorni su 7
Meglio usare
Sette giorni su sette
(Anche se capisco l’espediente per risparmiare caratteri! )
A rileggerti
Speranze e sogni muovono Phil verso il proprio futuro. Una strada che lui percorre a passo di carica, trasformando colleghi e sottoposti in scalini che gli permettono di raggiungere la cima. Ma nel momento in cui i suoi muscoli perdono vigore e la sua tenacia vacilla, solo una fredda sedia a rotelle lo accompagna sul sentiero che conduce ai cipressi.
Hai saputo tratteggiare la storia di Phil con rapide pennellate, brava, ma io non riesco a vedere il doppelgänger... e la frase conclusiva mi sembra ridondante e messa lì proprio a giustificare il tema è proprio questo è il motivo per cui non mi convince fino in fondo.
Una nota :
7 giorni su 7
Meglio usare
Sette giorni su sette
(Anche se capisco l’espediente per risparmiare caratteri! )
A rileggerti
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Re: Chi sei davvero?
Ciao Laura,
racconto singolare il tuo: tre istanti della vita del protagonista, come altrettanti frammenti di uno stesso specchio. Il tema è sviluppato in maniera originale, attraverso una riflessione su come la vita ci cambi, trasformandoci nel nostro stesso doppelganger. Non è un racconto “classico” come struttura (non ci sono guizzi particolari), ma è comunque piacevole da leggere: un lavoro gradevole e di buon gusto.
racconto singolare il tuo: tre istanti della vita del protagonista, come altrettanti frammenti di uno stesso specchio. Il tema è sviluppato in maniera originale, attraverso una riflessione su come la vita ci cambi, trasformandoci nel nostro stesso doppelganger. Non è un racconto “classico” come struttura (non ci sono guizzi particolari), ma è comunque piacevole da leggere: un lavoro gradevole e di buon gusto.
- Laura Cazzari
- Messaggi: 266
Re: Chi sei davvero?
Grazie a tutti per i commenti, sempre utili e costruttivi. In base alle classifiche mi sembra di capire che metà di voi hanno colto in pieno il mio doppelganger e metà non lo hanno colto per niente. :) Ci sta, ognuno ha una sensibilità diversa, mi sarebbe però piaciuto che chi non lo ha trovato, commentasse anche sotto il mio racconto in modo da poterne discutere, anche se capisco che per chi non lo ha colto subito è inutile mostrarlo dopo. Comunque, per spiegarmi meglio, ho deciso di creare un doppelganger un po' diverso, toccando il seguente tema: ognuno di noi nella propria vita, anche non per colpe personali, può trasformarsi nella nemesi di se stesso. Spero di aver chiarito il punto! :)
Laura Cazzari
- Andrea Partiti
- Messaggi: 1047
- Contatta:
Re: Chi sei davvero?
Capisco il tema e come l'hai interpretato in maniera laterale, ma il racconto non mi convince del tutto. L'idea di presentare le scene in maniera così staccata è ottima, ma soprattutto nella seconda mi sembra troppo guidata la scena. Vuoi farci capire che è diventato duro e diverso rispetto a quando era giovane, ma sembra quasi una parodia. Il sudore dei dipendenti, calpestare le persone. Poi la scena del guardarsi allo specchio come scusa per descrivere un personaggio è un po'... stantia? Preferirei qualcosa di meno accondiscendente verso il lettore, più sottile.
Anche la frase finale può sparire senza togliere nulla al racconto. Abbiamo visto l'incertezza, l'apice e il declino di una carriera. Possiamo trarre le nostre conclusioni senza un invito esplicito a farlo. E' per questo che si legge un racconto. Dandoci una tua riflessione esplicita rischi di alienarti i lettori che ci trovano un'interpretazione diversa, una morale adattata alla propria situazione personale. Ci sono sempre significati e messaggi che scrivendo si insinuano tra le situazioni raccontate senza che ce ne accorgiamo, e una chiusa del genere rischia di troncare via tutto quello che chi legge pensa e vede autonomamente.
Anche la frase finale può sparire senza togliere nulla al racconto. Abbiamo visto l'incertezza, l'apice e il declino di una carriera. Possiamo trarre le nostre conclusioni senza un invito esplicito a farlo. E' per questo che si legge un racconto. Dandoci una tua riflessione esplicita rischi di alienarti i lettori che ci trovano un'interpretazione diversa, una morale adattata alla propria situazione personale. Ci sono sempre significati e messaggi che scrivendo si insinuano tra le situazioni raccontate senza che ce ne accorgiamo, e una chiusa del genere rischia di troncare via tutto quello che chi legge pensa e vede autonomamente.
- roberto.masini
- Messaggi: 408
Re: Chi sei davvero?
Ciao, Laura.
Bellissimo racconto della parabola di una vita. Un giovane incerto che diventa un duro datore di lavoro all'apice del successo. Un successo che però scema con l'età: lo aspetta un ospizio; il vecchio si guarda alo specchio e non si riconosce. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con il tema del Doppelganger. Gemello maligno, bilocazioni, presagi di morte, non c'è niente di tutto ciò. E non si può nemmeno porre il racconto in relazione a "Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde": qui il protagonista non è contemporaneamente buono e cattivo. Quindi il tema non è centrato.
Bellissimo racconto della parabola di una vita. Un giovane incerto che diventa un duro datore di lavoro all'apice del successo. Un successo che però scema con l'età: lo aspetta un ospizio; il vecchio si guarda alo specchio e non si riconosce. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con il tema del Doppelganger. Gemello maligno, bilocazioni, presagi di morte, non c'è niente di tutto ciò. E non si può nemmeno porre il racconto in relazione a "Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde": qui il protagonista non è contemporaneamente buono e cattivo. Quindi il tema non è centrato.
- raffaele.palumbo
- Messaggi: 53
Re: Chi sei davvero?
Ciao Laura.
Ahimè, il tuo racconto è completamente fuori tema. Dov’è il doppelgänger? Non ce n’è traccia.
Eppure il racconto non sarebbe male, ha una buona scrittura, forse è un po’ banale nella struttura, quasi un bel compitino, ma si fa leggere. È che si fa leggere proprio per vedere quando arriva e cosa ti combina questo doppio, e invece il finale si spegne piano come il protagonista.
Ahimè, il tuo racconto è completamente fuori tema. Dov’è il doppelgänger? Non ce n’è traccia.
Eppure il racconto non sarebbe male, ha una buona scrittura, forse è un po’ banale nella struttura, quasi un bel compitino, ma si fa leggere. È che si fa leggere proprio per vedere quando arriva e cosa ti combina questo doppio, e invece il finale si spegne piano come il protagonista.
Re: Chi sei davvero?
Una bella fotografia della carriera standard di molti manager, giovinezza difficile, arroganza e prepotenza e infine solitudine e malattia.
La struttura in tre atti funziona anche se la scelta di raccontare tutto senz auno stacco è un po' stancante, non si empatizza con il protagonista, si fa fatica a trovare una vera storia.
Anche il doppelgänger non lo si vede, a poco serve la frase finale come chiusura morale della storia.
A mio parere dovresti rivedere il racconto e prendere gli atti come semplice sinossi di altrettante storie così da creare un racconto a capitoli che renda meglio la tua idea.
La struttura in tre atti funziona anche se la scelta di raccontare tutto senz auno stacco è un po' stancante, non si empatizza con il protagonista, si fa fatica a trovare una vera storia.
Anche il doppelgänger non lo si vede, a poco serve la frase finale come chiusura morale della storia.
A mio parere dovresti rivedere il racconto e prendere gli atti come semplice sinossi di altrettante storie così da creare un racconto a capitoli che renda meglio la tua idea.
Re: Chi sei davvero?
Ho compreso il tuo doppelganger e applaudo alla tua idea. Mi permetto però di criticare la tua strategia narrativa perché mi sembra guidare troppo il lettore attraverso una tesi ben chiara che però esce con tutta la sua forza da un narrato così lineare. Non ho empatizzato con Phil (a proprosito, perché non un nome italiano?), mi è rimasto lontano e il senso, compreso già dopo l'inizio del secondo atto, non mi è entrato dentro. Probabilmente è un limite implicito nella struttura da te scelta, ti inviterei a ripensarci sopra nel Laboratorio. Al momento, per me, è un polline ni che però tende verso l'alto.
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