Chiacchierando con Enrico Pandiani
Terminata la pausa estiva dedicata alle special, torna la Sesta Era di Minuti Contati con la 120° Edizione All Time del Contest di narrativa più veloce (e duro) del web, Guest star sarà Enrico Pandiani. Potete trovare l’Arena dedicata all’edizione QUI.
Direttamente dalla sua pagina wikipedia:
Nato a Torino nel 1956, cura la parte infografica del quotidiano La Stampa.Ha iniziato il suo apprendistato di narratore sceneggiando e scrivendo fumetti presso le riviste Il Mago e Orient Express.Ha esordito nella narrativa nel 2009 con il romanzo Les italiens con il quale ha inaugurato la saga del commissario Jean Pierre Mordenti arrivata al sesto capitolo nel 2017 con Un giorno di festa. Nel 2012 con La donna di troppo ha iniziato una nuova serie con protagonista questa volta l’ex ispettrice di polizia Zara Bosdaves, ora investigatrice privata a Torino.
A quanto sopra aggiungo che nel 2018 è uscito Polvere (DeA Planeta Libri), nuovo romanzo ambientato nella sua città: Torino.
Ma veniamo a noi… Enrico, grazie per aver accettato di accompagnarci nel mese di settembre donandoci il tuo tempo per tutto quello che concerne l’impegno del farci da guest…
PANDIANI: È un piacere del quale sono io a ringraziare voi. Ma non sarà una passeggiata, dare la propria opinione sul lavoro degli altri non è mai semplice.
Lunedì 17 settembre un numero imprecisato di autori e autrici si cimenteranno in quattro ore di intensa scrittura su un tema da te pensato: senza svelarcelo, vuoi darci qualche indizio a riguardo?
PANDIANI: Il tema che ho scelto è di estrema attualità, tratta argomenti che leggiamo tutti i giorni sui giornali e sentiamo in televisione, storie che fanno discutere, a volta litigare, ma che certamente dovrebbero far pensare. È un tema che per uno scrittore o per un aspirante scrittore dovrebbe essere molto stimolante.
Hai iniziato a pubblicare romanzi nel 2009 pur essendo impegnato da sempre nella creazione di storie. Cosa ti ha spinto a farlo? Prima non ti sentivi pronto o, semplicemente, avevi altre priorità?
PANDIANI: Pur facendo un altro lavoro, il grafico editoriale, ho passato quasi ogni momento libero degli ultimi trent’anni a scrivere. L’ho fatto perché per me è sempre stato un bisogno, una forma di evasione che mi permetteva di rinchiudermi all’interno dei mondi e delle storie che avevo in testa. Ho cominciato una decina di romanzi che non ho mai finito e l’idea di essere pubblicato o che qualcuno potesse leggere ciò che scrivevo non mi sfiorava nemmeno l’anticamera del cervello. Poi, nel 2006 ho finito il mio primo romanzo, Les italiens, e con mia sorpresa nel 2009 è stato pubblicato e ha pure avuto un discreto successo. È stato l’inizio di una nuova vita.
Il tuo ultimo romanzo (Polvere) è ambientato a Torino, ma la saga dei LES ITALIENS, quella con cui hai “esordito” e che ti ha fatto conoscere al grande pubblico in quanto autore di romanzi è ambientata a Parigi. Mi piacerebbe ci parlassi delle motivazioni che ti hanno spinto verso quella location e anche di come i tragici eventi accaduti in Francia negli ultimi anni hanno (se lo hanno effettivamente fatto) influenzato la tua opera.
PANDIANI: Quando ho iniziato Les italiens l’ambientazione era torinese, ma a un certo punto, con il formarsi della trama e dei personaggi ho capito che Torino non andava più bene. Per giustificare ciò che succedeva nel romanzo avevo bisogno di una politica di governo, quindi era necessario che la storia si svolgesse in una capitale. Da sempre ho avuto voglia di andare ad abitare a Parigi e non ci sono mai riuscito. È la mia città di elezione e la amo moltissimo, così ho deciso che ci avrei fatto vivere i miei personaggi. Gli eventi tragici degli ultimi anni non hanno fatto che consolidare questo legame e mi hanno portato a farne argomento delle mie storie.
Una domanda forse un po’ strana, ma potresti tracciarci una tua road map di questi ultimi nove anni? Raccontaci la storia di questo viaggio che ti ha condotto dalla Parigi di Les Italiens fino alla Torino di Polvere.
PANDIANI: È stato un viaggio intenso, pieno di soddisfazioni, ma anche di ansie, frustrazioni, momenti belli e brutti. La scrittura, secondo me, è una materia mai completa, un campo nel quale non si finisce mai di imparare, soprattutto se si cerca costantemente di migliorare. Va a braccetto con la lettura. I libri che leggo sono i miei libri di testo, quelli su cui imparo e mi rinnovo. È un processo continuo al quale credo che ogni scrittore debba tendere. Il mio tentativo è quello di portare ogni volta qualcosa di nuovo nella mia scrittura e nelle mie storie. Polvere non è che l’inizio di una nuova ricerca che non so ancora dove mi porterà. E poi ci sono state le conoscenze, altri autori che ho incontrato, con i quali mi sono confrontato. Sono nate grandi amicizie.
Domanda secca per una risposta secca: cos’è la scrittura per te?
PANDIANI: Come dicevo prima, è un bisogno fisico, come respirare. A volte viene altre no, ma è sempre presente, anche quando non scrivo. Il mio pensiero è costantemente lì.
Minuti Contati (e me ne accorgo ora che lo sto scrivendo) è nato proprio nel 2009, quindi nello stesso anno del tuo “esordio”, e si è prefissato da subito una serie di obbiettivi che, con il tempo, ha cercato di affinare: 1) spingere alla creazione di storie e quindi a scrivere (scrivere, scrivere, scrivere), 2) porsi come momento di confronto schietto e, a volte, anche duro tra i suoi partecipanti e 3) essere un gioco che potesse intrattenere attraverso le sue classifiche e i suoi “tornei” (che noi chiamiamo Ere). Certo, non è tutto qui, ma da qui possiamo partire. Cosa ne pensi del confronto? Come vivi la critica?
PANDIANI: Il confronto è fondamentale. Finito un romanzo, un autore non è più in grado di giudicarlo, ha bisogno che altri lo facciano per lui. Intanto parlare con altri scrittori è interessante e stimolante, nascono discussioni che spesso arricchiscono e portano nuove idee. In quanto alle critiche, ricevere i complimenti fa sempre piacere, ma le critiche, anche se negative sono da prendere in grande considerazione, perché possono portare a un lavoro di valutazione che molto spesso si rivela migliorativo.
Parliamo di metodo? Ognuno ha il suo, ma alcuni si dimostrano più funzionali e altri meno. Puoi condividere con noi la tua “ricetta”?
PANDIANI: Non so se esista un metodo vero e proprio, penso che ognuno abbia il suo. In questi anni ne ho sentite di tutti i colori. La cosa principale che prendo in considerazione e quella di parlare di argomenti che mi interessano, che conosco bene o sui quali mi devo documentare, ma che rappresentano comunque una possibilità di dire la mia e di parlare delle cose in cui credo. Non so se sarei in grado di scrivere su argomenti imposti, che non sento e che non mi attirano. E poi ci sono i personaggi e sono loro la parte preponderante, quella sulla quale si convoglia l’80% dei miei sforzi.
Ai partecipanti all’edizione che si svolgerà il 17 settembre verrà richiesto di scrivere un racconto sul tuo tema in un massimo di quattro ore e di farlo stare in meno di 4000 caratteri. Immaginati nei loro panni: alle 21 ti connetteresti al forum per scoprire il tema e poi? Come ti organizzeresti la serata e cosa faresti prima e cosa dopo? Insomma, come cercheresti di superare la prova?
PANDIANI: Comincerei con la scelta di un argomento che mi stia molto a cuore all’interno del tema (che è vasto, ve lo garantisco). Poi cercherei di immaginarmi dei personaggi e ambienterei attorno a loro una situazione che possa creare empatia con il lettore. 4000 battute sono pochissime e gestirle è difficile, ma non impossibile. Scerbanenco riusciva a scrivere un racconto in dieci righe.
E ora, invece, torna a immedesimarti nelle vesti di guest star: dopo una decina di giorni dalla fase di scrittura riceverai quelli che si saranno distinti come i migliori racconti tra i tanti. Bene, come ti approccerai nel leggerli e nel giudicarli? Su cosa punterai maggiormente i fari del giudice?
PANDIANI: Per prima cosa devo dire che il mio giudizio sarà quello di un lettore, non di un critico e nemmeno di un editore. Del resto è prima di tutto il lettore, la figura a cui uno scrittore deve pensare. Quindi non sarà un giudizio universale, ma sarà mediato dai miei gusti e dalle mie perversioni narrative. Conterà certamente la scrittura, il fatto che la storia mi sorprenda e cercherò di capire se l’autore ha davvero la stoffa per scrivere, se la sua narrazione è fluida e coinvolgente. Penso che raccontare una storia e scrivere un racconto (o un romanzo) siano due cose molto differenti. A raccontare una storia, è più o meno capace chiunque, un romanzo è tutt’altra cosa.
Questa era l’ultima domanda, ti ringraziamo per le risposte e, una volta ancora, per il tempo che ci stai donando. Per noi tutti è un onore averti come guest star in questa nuova edizione di Minuti Contati!