Intervista alla guest della Special di Natale: Marco Cardone
Spartaco intervista Marco Cardone, guest star della Special: Christmas Edition e ospite speciale dell’edizione di dicembre del Laboratorio. QUI trovate l’articolo in cui, tra l’altro, Livio Gambarini lo presenta al pubblico di Minuti Contati.
SPARTACO: Ciao Marco, bentornato su Minuti Contati; sarà un piacere averti come Guest per la “Special: Christmas Edition”. È con orgoglio che possiamo annunciare che il 21 dicembre uscirà il tuo Italian Way of Cooking. Dacci qualche anticipazione.
CARDONE: Ciao, grazie dell’attenzione e dello spazio che Minuti Contati mi concede. Innanzi tutto, Italian way of cooking è un libro che ha più di un’anima. È un urban fantasy che vira verso l’horror, ma anche un giallo, un’opera satirica, un manuale di cucina e non mancano parti comiche ed erotiche. Insomma, di carne al fuoco ne ho messa molta. Il protagonista è Nero, un cuoco chiantigiano alle prese con una montagna di debiti che, per puro caso, affronta e uccide un mostro. Non essendo l’eroe di un film hollywoodiano ma un italiano medio, ossessionato da tasse e burocrazia, la sua preoccupazione più grande è aver fatto qualcosa di male senza saperlo, così comincia a cucinare la creatura per disfarsene assieme agli avanzi del ristorante. La carne di mostro, però, si rivela una leccornia “sovrannaturale”, che potrebbe aiutarlo a rilanciare la sua attività. Com’è facile intuire, tuttavia, ci saranno delle conseguenze… Questa, in sintesi, è l’idea alla base del romanzo, anche se ci sarebbe molto di più da dire, a partire da una sottotrama gialla che intreccerà quella portante. Una particolarità del libro è che tutti i dialoghi sono scritti in vernacolo toscano (ringrazio pubblicamente David Galligani per la consulenza in merito) e riproducono, o cercano di farlo, l’umorismo caciarone e strafottente di quei luoghi. IWOC, infatti, ha anche una marcata vena comica, che mi auguro conviva bene con quella fantastica e horror. Molti personaggi e situazioni sono parodie dell’Italia dei nostri giorni, dei suoi vizi congeniti e dei peccati di quest’epoca. Insomma, m’illudo di aver scritto un romanzo leggero ma con più piani e chiavi di lettura. Sarà il lettore a decidere se ci sia riuscito.
SPARTACO: Uscirà sia in versione cartacea che digitale?
CARDONE: Sì, sarà disponibile da subito anche il POD (print on demand) di Amazon e so che ci sono accordi in divenire per distribuire copie cartacee in librerie specializzate.
SPARTACO: Come hai avuto un’idea così originale?
CARDONE: Tutte le mie idee lo sono (ride – ndr)… Ti dirò, il fulcro centrale lo avevo in testa da un pezzo, e non è poi tanto originale: un uomo comune incontra un mostro, deve difendere qualcuno, magari un figlio, e comincia una lotta. Mi sono immaginato che, dopo la paura iniziale, scattasse in lui un odio atavico e irrazionale verso la creatura, quasi una memoria genetica dei tempi in cui l’oscurità ancora dominava il mondo e l’uomo passava le notti pregando che il fuoco non si spegnesse e l’alba arrivasse presto. Immaginavo che l’uomo avesse la meglio e provasse una sensazione di gioia sconosciuta. E che, dopo, ne volesse ancora.
Abituato a scrivere con paletti narrativi e tempi stretti su forum come LTN e MC, quando Acheron mi ha fornito i requisiti stringenti per il romanzo che voleva da me, ho subito cominciato a ragionare su come aggir… ehm, adattare quei punti fissi a qualche idea che avevo in mente di scrivere da tempo. Mi sono detto: “l’editore vuole un urban fantasy di ambientazione nostrana, elementi del folklore italiano o europeo e qualcosa, oltre l’ambientazione, che renda il romanzo intriso d’italianità e godibile anche per un lettore straniero (Acheron ha un occhio di riguardo ai mercati esteri)… Ma certo: il cibo!” Cosa c’è di più italico e apprezzato all’estero della nostra cucina? Qualche malalingua potrebbe dire: “cosa va anche molto di moda di questi tempi, tanto che i programmi in TV si menano per lo share?”, ma di certo non mi curerò di tali bassezze… Comunque, nella mia mente, quell’uomo che affronta un mostro è diventato un cuoco, complice anche la mia passione per la cucina, e, all’improvviso, avevo l’idea per IWOC.
SPARTACO: Toglimi una curiosità: tu che cuoco sei?
CARDONE: Autodidatta. In realtà ho imparato le basi da mia mamma, da piccolo, per poi costruirci sopra la mia esperienza. Lei è una cuoca eccellente e, soprattutto, una fantasista di prim’ordine, capace di prepararti un piatto stupefacente con due acciughe, una crosta di formaggio, un ravanello e un pacco di pastina per bambini. Immagino di aver preso il suo imprinting e, insomma, non sono uno di quelli che cucinano con la ricetta davanti e la seguono passo passo. Della cucina adoro la fantasia, l’improvvisazione, mi ha sempre affascinato l’operazione quasi alchemica di trasformare i cibi, mescolarli e ottenere qualcosa di nuovo. Quando sono dietro ai fornelli mi devo incasinare, devo sporcare, rompere qualcosa e imprecare. Vedo la cucina a metà fra un ventre e un laboratorio, e l’atto di preparare le vivande come un processo che, alla sua conclusione, fa emergere qualcosa di meraviglioso dal caos. Per questo sono sempre stato convinto che il cuoco faccia la differenza, anche nella stessa ricetta, e che anche solo il modo di usare il mestolo influenzi il risultato finale. A militare, poi, ho fatto servizio proprio come cuoco, cucinando per centinaia di persone e imparando ad andare molto veloce (a scapito di qualche lembo di pelle dopo vari incontri ravvicinati con affettatrice, olio bollente e altre amenità). Dopo quell’esperienza, non riesco più a cucinare dosi normali, esagero sempre. Nessuno dei miei ospiti, però, se ne è mai lamentato.
SPARTACO: Negli anni passati hai scritto tanti racconti, alcuni anche su Minuti Contati. Quando e come ti sei accorto che eri pronto ad affrontare un romanzo?
CARDONE: Me ne sono convinto circa vent’anni fa, cominciandone a scrivere uno. E, ovviamente, mi sbagliavo. La parte più difficile, in effetti, è stata accettarlo, e capire che avevo ancora molto da imparare. È tipico di molti aspiranti scrittori sentirsi maturi e sottovalutare la difficoltà di scrivere una storia anche solo passabile. Devo dire che, a livello intuitivo, già “sentivo” l’importanza di concetti che ancora non conoscevo, come il punto di vista, la coerenza interna e il filtro del narratore, ma la strada da percorrere era ancora molta (e non è un sentiero che abbia davvero una fine). Nel mio caso, sono approdato al romanzo in maniera graduale. Una volta costruite basi un po’ più serie per la mia fantasia, ho sempre avuto la tendenza a ideare trame articolate e cercare la distanza. Il mio maggior problema, nei contest, era tagliare prima della consegna per non sforare i caratteri massimi a disposizione. Ci sono state poi diverse raccolte nelle quali ho avuto modo d’inserire delle novelle e prendere la misura con quel taglio intermedio. Infine, c’è stato un romanzo collettivo con gli amici Livio Gambarini e Polly Russell. Alla fine, mi sono reso conto che ero pronto da un pezzo. Se devo essere onesto fino in fondo, credo che un buono scrittore di racconti (e sottolineo: buono) possa scrivere agevolmente un’opera lunga. Non ho avvertito molta differenza nella stesura di un romanzo rispetto a quella di un racconto da 30-40k. Cambia la quantità di lavoro da svolgere, non la sua natura. A meno che non si creda che, per scrivere un buon racconto, non sia necessaria ricerca, cura degli aspetti tecnici e una buona gestione dello spazio. In effetti, trovo più difficile scrivere un racconto in uno spazio definito che non un romanzo. Ecco, l’ho detto, massacratemi pure.
SPARTACO: Il libro uscirà con Acheron, una casa editrice che si sta mettendo in luce per la qualità delle sue opere. Com’è stato lavorare con uno staff esperto?
CARDONE: Mi è stata data grande libertà e fiducia, fino alla fase di editing. Lì sono cominciati i dolori. Non tanto sotto il profilo della correttezza del testo, quanto piuttosto su alcuni contenuti. Italian way of cooking, per molti aspetti, è un romanzo caustico e irriverente. Ecco, diciamo solo che lo era ancora di più, prima del confronto sulla versione finale. Sia chiaro che non sto recriminando: così com’è ora, l’opera non ha perso nulla ed è apprezzabile da una platea maggiore di persone. Pubblicare per una casa editrice e non su un forum significa anche cercare un compromesso con la propria voglia di sperimentazione, o con l’impulso a mettere nero su bianco proprio qualunque cosa. L’avevo già imparato, ma è una lezione che tendo a dimenticare con facilità…
SPARTACO: Quanto sono stati importanti i contest per formarti come scrittore?
CARDONE: Fondamentali. Più di qualsiasi corso di scrittura creativa. Tra studiare la tecnica e prendere facciate in un contest c’è la stessa differenza che passa fra imparare a memoria tutti i colpi della boxe e salire su un ring. Certo, l’ideale è procurarsi buone basi e solo dopo lanciarsi nella mischia ma, se dovessi scegliere, non avrei dubbi: tutta la vita i contest, soprattutto se vi partecipano autori esperti (e sulla rete ci sono dei veri geni incompresi, a mio avviso) e disponibili a guidare i novizi. Davvero, i contest on line valgono oro, e non solo per chi è alle prime armi. I punti di vista spassionati di persone che analizzano il tuo testo sotto ogni possibile aspetto sono qualcosa che, di solito, si paga profumatamente. Concludo dicendo che, senza i contest, non sarei lo scrittore che sono, nel bene e nel male.
SPARTACO: Tra pochi giorni inizierà ufficialmente la tua avventura da scrittore; cosa ti aspetti dal futuro?
CARDONE: In realtà, è cominciata da tempo. Ricordo ancora una premiazione di qualche anno fa, quando Giancarlo De Cataldo mi consegnò un assegno da 1000 euro ed entrai in una raccolta Mondadori. All’epoca, in effetti, credevo sarebbe potuto accadere chissà che. Poi ho imparato che queste cose non significano molto, a maggior ragione se non si hanno costanza e perseveranza. E, anche in quel caso, in Italia è difficile andare lontano, a prescindere dal merito. Non credo di sorprendere qualcuno, dicendolo. Io non ho battuto il ferro quando era caldo e non posso sapere come sarebbe andata buttandomi a testa bassa nella scrittura ma, di certo, posso dire che l’avventura di uno scrittore, come tutte le cose della vita, dipende in una certa misura da fattori interni e, almeno altrettanto, da cause esterne. Io, però, ho questa filosofia: amo scrivere, continuerò a farlo e, davvero, questo mi basta. L’avventura di uno scrittore è magnifica a prescindere dal successo, è un viaggio prima di tutto dentro se stessi, che solo infine sfocia nel mondo. Certo, non voglio essere ipocrita, se potrò vedere pubblicati e apprezzati i miei lavori, magari anche dei seguiti di IWOC, sarò ancora più contento, ma non mi aspetto certo di diventare il nuovo Neil Gaiman e, se anche IWOC fosse l’ultima cosa che pubblico, non smetterò d’immaginare storie e concepire trame. È parte di ciò che sono. E poi, ehi, ci sono sempre i forum!
SPARTACO: Ha detto Livio Gambarini durante l’intervista che ci ha rilasciato ad Agosto I due racconti in testa al podio mi lasciarono senza fiato. Erano bellissimi. Uno dei due autori mi fece pensare: “se mai imparerò a scrivere come questo tizio, avrò realizzato il mio sogno”. Lo scrittore in questione era Marco Cardone, conosciuto nell’ambiente come Cattivotenente. Sapevi di essere considerato così bravo?
CARDONE: Sì, lo sapevo. Livio è un mio caro amico e lo considero il mio pupillo (ormai in via del tutto onoraria, dato che, a mio avviso, è un grande scrittore e, soprattutto, un professionista), quindi so che mi apprezza molto. In generale, devo dire di aver ricevuto molti giudizi positivi. Le parole più importanti per me, a parte i commenti sui forum, sono state quelle di scrittori già professionisti quando io uscivo con i miei primi lavori. De Cataldo prima, Luca Tarenzi ed Adriano Barone poi, hanno usato praticamente le stesse parole: “sei bravo, credici, non smettere di scrivere, perché sei fra quelli che valgono”. Più o meno. Detesto la falsa modestia e voglio essere sincero, a costo di suonare presuntuoso o antipatico: a furia di sentirmelo dire, ho cominciato a crederci. Sono bravo.
Il fatto è che, in realtà, significa meno di quanto si creda. Sentirmelo dire da chi ai miei occhi era già “arrivato”, si sarà capito, mi ha procurato più che altro orrendi sensi di colpa nei miei periodi di totale inattività letteraria, quando la testa mi scoppiava d’idee e progetti, cui non seguivano le azioni. Quel che voglio dire è che di “bravi”, là fuori, ce ne sono molti, magari non moltissimi, ma di certo un discreto numero. Bravi, poi, si diventa anche. Insomma, essere “bravi” non è poi tutto questo gran che. L’abilità, da sola, non basta: è la costanza che premia. E, da questo punto di vista, sono una frana…
Marco Cardone (a destra) con Livio Gambarini
SPARTACO: Nell’ultimo anno Livio ha pubblicato due romanzi; ora ecco il tuo. Ma allora conoscersi sui forum è davvero fonte di reciproco stimolo?
CARDONE: Assolutamente sì. Con Livio abbiamo lavorato a diversi progetti assieme. L’ho tirato dentro alla sua prima raccolta e non riesco a contare le ore passate a cavillare sugli aspetti più tecnici di singoli passaggi, magari del tutto insignificanti per il lettore medio. Assieme si cresce, magari un po’ si compete, in maniera sana e costruttiva, ci si fornisce ispirazione reciproca. Tutto rose e fiori, quindi? Beh, mettiamola così: dopo ASAP, scritto con lui e Polly Russell, per ancora un bel pezzo non mi sentirò pronto a lavorare a qualcosa a più di due mani…
SPARTACO: Per Livio Gambarini sei stato una sorta di idolo da eguagliare; c’è stato qualcuno che ti ha fatto pensare la stessa cosa?
CARDONE: Molti scrittori, come è naturale. Però, a dire il vero, di ognuno ho amato qualcosa, nessuno è mai davvero diventato un idolo, per me. Aspiro a essere me stesso al massimo del mio potenziale e non vorrei somigliare a nessuno, se possibile. Comunque, per fare qualche esempio, come molti mi sono infatuato della magia del primo King, salvo poi divenire critico man mano che le mie conoscenze crescevano (e le sue idee scarseggiavano), ho adorato la capacità di Chuck Palahaniuk di rendere credibili situazioni grottesche, ho amato la prosa leggera e pulita di Pennac, la sua capacità di comunicare emozioni. Di esempi potrei farne molti, ma devo dire che, più di tutto, mi affascinano le idee. Quando qualcuno ne partorisce una davvero geniale, è allora che scatta l’ammirazione e penso: “merda, avrei voluto fosse venuta in mente a me”. In questo senso, l’autore che forse più di tutti ha rappresentato un punto di arrivo concettuale, per me, è stato Richard Matheson, la prima fantascienza di cui abbia anche mai solo sentito parlare, da piccolissimo, da mio padre. Prima ancora di leggere un suo romanzo, mi meravigliavo e sentivo già una piccola fitta d’invidia, pensando a come avesse potuto qualcuno immaginare un uomo che si riduce di tre millimetri ogni giorno, e usare questo espediente per mettere a nudo l’ipocrisia umana, o concepire una trama in cui l’ultimo “buono” del mondo diventa il cattivo, dal punto di vista di chi rimane.
SPARTACO: Da critico spietato quale sei, facci il nome di qualche autore che vale la pena seguire.
CARDONE: Rischio di essere banale. Inoltre, non sono più un fortissimo lettore, per mancanza di tempo e non certo per volontà. Finisce sempre che legga 10, anche 15 libri d’estate e magari cinque nel resto dell’anno (esclusi i testi di amici che revisiono). Mi piace Danilo Arona, ma non devo certo segnalarlo io. Escludo a priori le mie conoscenze più strette, perché sembrerei di parte (qualcuno ha detto Livio Gambarini? Ah, no, mi era parso…) In realtà, da quando scrivo con un certo livello di attenzione alla tecnica, mi piacciono sempre meno cose. Mi sa che essere un critico rompipalle mi sta un po’ rovinando il piacere della lettura. Comunque, in questo periodo, sono particolarmente incuriosito da un certo numero di autori già scafati ma non noti al grande pubblico, ho cominciato una raccolta di racconti di Davide Mana, che mi pare sappia il fatto suo, e comprerò a scatola chiusa “Alieni coprofagi dallo spazio profondo” di Crescizz, ma non posso ancora esprimermi in modo serio su nessuno dei due. Dai, tagliamo la testa al toro e andiamo sul sicuro: Luca Tarenzi e non se ne parli più.
SPARTACO: Quali sono i libri che bisogna assolutamente aver letto?
CARDONE: Illusioni di Richard Bach, It di Stephen King, Il Signore degli Anelli, Se questo è un uomo, uno a scelta dei cicli lovecraftiani, Io Robot, 1984 e Io sono Leggenda. Certo, tutti i grandi classici non guastano, come base, ma quelli che ho citato sono un riflesso dei miei gusti. E, ovviamente, Italian way of cooking…
SPARTACO: Se qualcuno volesse leggere qualcos’altro di tuo, cosa gli consiglieresti?
CARDONE: Senza dubbio Un noir dell’altro mondo, una novella di una settantina di pagine all’interno della raccolta “Dieci passi nell’Aldilà”. Ne vado molto fiero e credo sia la cosa migliore che abbia mai scritto. Prima di IWOC, ovviamente!
SPARTACO: Hai altri progetti imminenti?
CARDONE: Nulla d’immediato, ma ho cominciato a lavorare a una versione lunga del mio racconto Mafia for Rent, vincitore di uno Skannatoio, un contest on line de La Tela Nera. Ne voglio trarre un romanzo, anche se non ho ancora pensato a chi proporlo. Subito dopo comincerò la stesura di un’opera molto più lunga, una storia ucronica ambientata in una Liguria arrivata indipendente ai nostri giorni, sotto il dominio di una Repubblica di Genova che non ha smesso di esistere dopo il congresso di Vienna. Ci sarà davvero di tutto, dentro: dalle streghe di Triora ai lupi mannari, fino alla tecnologia più avanguardistica. Più in generale, ho molto materiale su cui lavorare già pronto, quel che manca è il tempo…
SPARTACO: Tutti quelli che hanno avuto la fortuna di incontrarti nei vari contest sanno quanto sai essere crudo nei commenti, ma come affronta le critiche Marco Cardone?
CARDONE: Le vaglio con la massima attenzione. Non sono facile da convincere. Se però capisco di aver torto, metabolizzo in fretta e ne faccio tesoro. Ogni critica fondata è un mattone nella preparazione di uno scrittore. Sarò onesto: a nessuno piacciono le critiche ma bisogna davvero saperle accettare, altrimenti non c’è modo di crescere, è semplice.
SPARTACO: Sai benissimo quanto sia difficile scrivere sapendo che qualcuno ti dovrà giudicare, ciò nonostante non ti sei mai limitato nelle critiche. Noi la pensiamo come te: il rispetto per l’altro si rispecchia nella severità di giudizio. Il difficile, per chi si affaccia per le prime volte in questi ambiti, è proprio allinearsi su questo pensiero e capire che un giudizio severo per il testo non è un giudizio di merito su chi l’ha scritto, quel testo. Hai qualcosa da aggiungere?
CARDONE: Beh, è una questione di mera intelligenza, come spiegavo prima. Certo, non è sempre facile, anche perché, te lo assicuro, che quel che hai detto non è sempre vero: c’è chi cerca deliberatamente di ferire la persona attraverso le critiche, che talvolta non sono nemmeno fondate. O lo sono, ma hanno comunque come obiettivo l’altro. Questo è il vero problema: capire quali siano le critiche costruttive, da chi provengano e riuscire, nonostante tutto, a ragionare con la propria testa. Da questo punto di vista, si tratta di un problema speculare, perché oltre che saper ricevere i commenti altrui, bisogna essere professionali nel darli. Mi sono trovato a dover dare atto di grandi miglioramenti a persone che non mi erano molto simpatiche, o che ritenevo si fossero comportati in maniera meno deontologica con me; scegliendo di fare quel che sentivo giusto, ritengo di essermi costruito quella credibilità che oggi mi si riconosce nell’ambiente, e posso solo consigliare la stessa cosa ai novizi: siate umili e onesti, lasciate da parte l’orgoglio e i rancori. Tutto ciò che prendete è un tesoro, tutto ciò che date è un boomerang.
SPARTACO: Mercoledì nove, 13 utenti accetteranno la tua sfida e scriveranno sulla base del tema che tu gli assegnerai. Qual è il valore aggiunto che deve avere un racconto breve?
CARDONE: Premesso che scrivere racconti brevi non è mai stato il mio punto di forza, so comunque che deve trattarsi di qualcosa che brilli di luce propria in poche righe. L’idea vince su tutto, non c’è spazio per empatizzare con i personaggi, per far appassionare alla trama, per far gridare al miracolo per lo stile. L’idea, questo conta. In alternativa, ce la si può giocare sull’atmosfera, che in un corto può lasciare un ricordo davvero duraturo. Ne ricordo uno che lessi in qualità di giudice per il torneo assoluto di tutte le edizioni di MC, e vedo ancora con gli occhi della mente un albero perso nella nebbia. Se poi si riesce a racchiudere un’idea sorprendente in una cornice suggestiva, beh, abbiamo un gioiello…
SPARTACO: A dicembre ti ritaglieremo anche un ruolo nuovo per Minuti Contati. Per la prima volta da quando è partito, il laboratorio avrà un “esperto” che dispenserà consigli. Nell’arco del mese potrai passare a lasciare la tua opinione ai vari autori. Verrai come Marco Cardone o Cattivotenente?
CARDONE: Come Cattivotenente, non c’è dubbio. Sono uno degli scrittori più a rischio di “manifestazione di metà oscura” in circolazione. CT è proprio incazzato che io mi stia prendendo tutto questo spazio con il romanzo ed esige il tributo di sangue di niubbo. Preferisco non scoprire che succede, se non glielo concedo…
SPARTACO: Eccoci alla fine dell’intervista; è stato un piacere averti come ospite e spero di rivederti ancora da queste parti. Non vedo l’ora di iniziare a leggere “Italian Way of Cooking”, mi hai incuriosito e di certo non me lo farò scappare. In bocca al lupo per la tua nuova avventura!
CARDONE: Grazie. Ricordati di lasciare un commento, dopo averlo letto, buono o cattivo che sia: ne farò tesoro.
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