SOSIO EDITION – La discarica – di M.R. Del Ciello


Home Arena Laboratorio di Scrittura dell’Antico Sessione di ottobre SOSIO EDITION – La discarica – di M.R. Del Ciello

Questo argomento contiene 8 risposte, ha 5 partecipanti, ed è stato aggiornato da Maria Rosaria Del Ciello Maria Rosaria Del Ciello 9 anni, 6 mesi fa.

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  • #11657

    LA DISCARICA di M.R. Del Ciello

    — Fai la giravolta, falla un’altra volta! —le manine stringono le mie e la bimba gira in tondo facendomi ruotare su me stessa. Una, due, tre, tante volte, fino a che non perdo i sensi e mi piego prima sulle ginocchia, poi cado lunga per terra.
    — Alzati mamma! Facciamolo ancora… — incita la bambina, continuando a volteggiare nella sala.
    Poi, d’improvviso, si blocca. Il cigolìo di una chiave che gira nella serratura di casa e lei corre incontro al padre, gli getta le braccia al collo e comincia a sbaciucchiarselo.
    — La mia principessa ha fatto stancare anche oggi la mamma?
    La piccola Anna, di appena otto anni, lancia uno sguardo carico d’odio verso la mia sagoma distesa sul pavimento e sentenzia:
    — Stancare quella? È solo una stupida vecchia. Quand’è che la cambiamo?
    Da un po’ in casa non si parla d’altro: rottamare la mamma. In molti lo hanno fatto e assicurano di essersi trovati molto bene.
    Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto. Mi daranno via in cambio di qualche mamma più efficiente e, in un certo modo, sto cercando di prepararmi al distacco.
    Da quando il nostro universo è stato dominato, siamo merce al loro servizio. La nostra natura arrendevole e priva di connotazioni egoistiche ha permesso la loro vittoria e ora queste creature sono i nostri padroni. Padrone: una parola che non avevo mai sentito prima. Una netta superiorità rispetto a noi caratterizza queste creature: li abbiamo visti maneggiare armi per conquistare i nostri territori. E quando hanno smesso di usare le armi hanno cominciato a parlarci in uno strano modo che ci ha lasciato completamente indifesi. Certo, il mio pianeta mi è mancato all’inizio. Ma la nostra specie sa adattarsi facilmente e l’armonia in cui vivevo era oramai solo un ricordo lontano.

     

    Il grande giorno è arrivato. Alla fine ci sono riusciti.
    Mi hanno portato in quest’ospedale con la scusa di rimettermi in sesto. Hanno rinunciato alla “rottamazione” e preferito la “riparazione”. Mi piace pensare, com’è consuetudine del nostro pensare positivo, che la scelta sia stata dettata da una sorta di affezione a me. Che preferiscano tenermi con loro, anziché sostituirmi con un modello nuovo e più efficiente, perché in fondo mi vogliono bene. Ma ho imparato da loro a vedere oltre le mie fantasie. La “riparazione” è una scelta che costa meno e questo deve essere il motivo.
    Nel corso degli interventi per rimettermi in sesto, qualcosa non deve essere andata per il verso giusto perché mi trovo ancora qui e invece sarei già dovuta essere a casa.
    Li sento parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte.
    — Ci dispiace molto che l’intervento non sia riuscito. Possiamo comunque darle un esemplare nuovo e trattenere il suo. — dice l’uomo.
    — Ma quanto mi verrà? — sento chiedere mio marito.
    — Non molto, stia tranquillo. Le valuteremo bene il suo esemplare. Anche se malridotto ha organi funzionanti alla perfezione. Li abbiamo testati.
    — Ancora non mi capacito di quanto sia durata poco…— mio marito si volta verso il mio corpo immobile sul letto e leggo nei suoi occhi solo disprezzo.
    — Succede spesso, sa? — risponde l’altro, quasi a volerlo consolare. — Scommetto che veniva dall’Universo delle Terre Vicine. Costano meno ma come vede…
    — Be’, in effetti… Però mi avevano garantito che fosse praticamente come quelle del nostro.
    Il venditore abbozza un sorrisetto. — Capisco, capisco. Se mi segue in ufficio possiamo concludere l’affare.

     

    Avrei preferito che mi sostituissero le parti danneggiate in modo da poter tornare a vivere con quelli che comunque sono i miei cari. Acquisiti, ma sempre i miei cari. Invece mi hanno infilato qualcosa alla base del collo. Ho sentito come una piccola puntura, poi nulla. E tutto è diventato buio. Quando ho riaperto gli occhi ho provato ad alzarmi ma ogni movimento era impossibile.
    Ora sono qui, immobilizzata in questo letto, al servizio di quanti avranno bisogno di qualche organo da sostituire: un fegato, un rene, un pancreas. Così mi ha spiegato la vicina di letto, anche lei dell’Universo delle Terre vicine, solo di un altro pianeta.
    Sempre la vicina di letto ha parlato di una discarica, poco lontana da qui, dove vanno a finire tutte quelle come noi alla fine del “ciclo di riutilizzo”, come viene chiamato.
    Chiudo gli occhi di nuovo, stavolta per mia volontà. Un calore mai provato prima mi assale e mi prende alla testa. La chiamano rabbia qui; nel mio Universo era un sentimento sconosciuto.
    Insieme alla rabbia sento uscire dagli occhi dell’acqua.
    Anche questo per me è una cosa nuova: le chiamano lacrime.

    #11706

    Luchiastro
    Partecipante

    Ciao Maria Rosaria,

    Sicuramente il racconto riesce a creare una buona empatia nei confronti della protagonista (amplificata dai modo disprezzanti e sardonici della figlia e da quelli concreti da parte del padre). Interessante anche il fatto che i padroni abbiano difeso la loro conquista, perpetrata attraverso le armi, semplicemente con l’uso della parola.

    Sulla parte tecnica. Con quelli che comunque sono i miei cari è una struttura un po’ pesante. Suppongo che nel dialogo tra il padre e il venditore tu volessi scrivere “Ma quanto mi verrà a costare?”. “Valuteremo bene il suo esemplare,” in luogo di “Le valuteremo bene il suo esemplare”.

    Avrei lasciato il finale solo con la rabbia, le lacrime mi sembrano superflue e affettate.

     

    #11709

    Alexandra Fischer
    Partecipante

    Ciao Maria Rosaria Del Ciello,

    il tuo racconto è molto originale. Si tratta di una SF che rielabora Simak e Ray Bradbury. Mi piace l’idea della mamma da rottamare, da una nota inquietante al racconto e colpisce il lettore nel profondo. Il cinismo del mondo che descrivi parte già dal personaggio della bambina (viziatissima). L’atteggiamento della madre è straziante, accetta il proprio destino e continua ad amare la figlia comunque e ad avere nostalgia della famiglia al completo (per quanto il marito sia un vero pezzo d’acciaio, l’ha trattata come un’auto usata da far riparare in fretta e furia). Ho notato questo per tutto il racconto. Non c’è astio in lei (nel finale, rabbia e lacrime, sì, ma verso la spietatezza del mondo che ha imposto quelle regole, mai verso la famiglia che pure l’ha “riciclata” come insieme di parti di ricambio). Bravissima.

    Attenta a: quanto mi verrà? (metterei i tre puntini di sospensione).

    Chiedo la grazia per Maria Rosaria Del Ciello

    #11712
    Angela Catalini
    Angela Catalini
    Partecipante

    Racconto delicato e tragico scritto con grande sensibilità. La trama è originale e la lettura scorrevole. Dall’incipit non si intuisce nulla, come è giusto che sia, poi la realtà ci riporta con i piedi per terra in un universo cinico dove conta esclusivamente la produttività e dove i sentimenti sono di troppo.
    La parte che ho apprezzato maggiormente è il finale che hai saputo rendere così vivo e doloroso.
    Ti segnalo qualche appunto in caso di revisione. La considero comunque un ottima prova che merita certamente la vetrina :)

    Il cigolìo
    Se avessi usato il correttore di word non ti sarebbe sfuggito il “cigolio”.

    pensare positivo, che la scelta sia stata dettata da una sorta di affezione a me.
    Taglierei “a me” perché puntualizza qualcosa che è già chiaro.

    Li sento parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte.
    Qui sposterei la virgola dopo “marito”.

    Anche questo per me è una cosa nuova: le chiamano lacrime.
    Al posto dei due punti un bel punto fermo. Sicuramente più incisivo per questo bel finale.

    #11769

    Luchiastro
    Partecipante

    Mi sono dimenticato: chiedo la grazia.

    #11771
    Linda De Santi
    Linda De Santi
    Partecipante

    Ciao Maria Rosaria! Noto con piacere che, rispetto alla prima versione, il tuo racconto è migliorato molto. Nella prima fase del contest eravamo nello stesso gruppo e una delle cose che ti avevo segnalato era che la frase finale suonava un po’ strana, mentre ora è tutto molto più naturale e ben gestito, per cui brava.

    L’unica cosa su cui interverrei è questa frase:

    “Avrei preferito che mi sostituissero le parti danneggiate in modo da poter tornare a vivere con quelli che comunque sono i miei cari.”

    E’ ovvio che lei avrebbe preferito questo piuttosto che essere usata come riserva di organi, la modificherei con un “Credevo che mi avrebbero sostituito le parti danneggiate” o qualcosa di simile :)
    Per il resto, per me è il racconto è ottimo, per cui chiedo la grazia per Maria Rosaria.

     

     

    #11776

    Ciao a tutti e grazie!
    Grazie dei commenti, delle critiche che ho appuntato per correggere il racconto.
    Però… però è successo che mentre lo rileggevo mi sono venute in mente delle modifiche che riguardano la struttura temporale della storia.
    Per ora mi limito a ripostare il brano con le modifiche suggerite dagli amici del forum.

    LA DISCARICA
    di M.R. Del Ciello

    — Fai la giravolta, falla un’altra volta! —le manine stringono le mie e la bimba gira in tondo facendomi ruotare su me stessa. Una, due, tre, tante volte, fino a che non perdo i sensi e mi piego prima sulle ginocchia, poi cado lunga per terra.
    — Alzati mamma! Facciamolo ancora… — incita la bambina, continuando a volteggiare nella sala.
    Poi, d’improvviso, si blocca. Il cigolio di una chiave che gira nella serratura di casa e lei corre incontro al padre, gli getta le braccia al collo e comincia a sbaciucchiarselo.
    — La mia principessa ha fatto stancare anche oggi la mamma?
    La piccola Anna, di appena otto anni, lancia uno sguardo carico d’odio verso la mia sagoma distesa sul pavimento e sentenzia:
    — Stancare quella? È solo una stupida vecchia. Quand’è che la cambiamo?
    Da un po’ in casa non si parla d’altro: rottamare la mamma. In molti lo hanno fatto e assicurano di essersi trovati molto bene.
    Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto. Mi daranno via in cambio di qualche mamma più efficiente e, in un certo modo, sto cercando di prepararmi al distacco.
    Da quando il nostro universo è stato dominato, siamo merce al loro servizio. La nostra natura arrendevole e priva di connotazioni egoistiche ha permesso la loro vittoria e ora queste creature sono i nostri padroni. Padrone: una parola che non avevo mai sentito prima. Una netta superiorità rispetto a noi caratterizza queste creature: li abbiamo visti maneggiare armi per conquistare i nostri territori. E quando hanno smesso di usare le armi hanno cominciato a parlarci in uno strano modo che ci ha lasciato completamente indifesi. Certo, il mio pianeta mi è mancato all’inizio. Ma la nostra specie sa adattarsi facilmente e l’armonia in cui vivevo era oramai solo un ricordo lontano.

     

    Il grande giorno è arrivato. Alla fine ci sono riusciti.
    Mi hanno portato in quest’ospedale con la scusa di rimettermi in sesto. Hanno rinunciato alla “rottamazione” e preferito la “riparazione”. Mi piace pensare, com’è consuetudine del nostro pensare positivo, che la scelta sia stata dettata da una sorta di affezione. Che preferiscano tenermi con loro, anziché sostituirmi con un modello nuovo e più efficiente, perché in fondo mi vogliono bene. Ma ho imparato da loro a vedere oltre le mie fantasie. La “riparazione” è una scelta che costa meno e questo deve essere il motivo.
    Nel corso degli interventi per rimettermi in sesto, qualcosa non deve essere andata per il verso giusto perché mi trovo ancora qui e invece sarei già dovuta essere a casa.
    Li sento parlottare, mio marito con quel tipo calvo e panciuto che non fa che asciugarsi il sudore sulla fronte.
    — Ci dispiace molto che l’intervento non sia riuscito. Possiamo comunque darle un esemplare nuovo e trattenere il suo. — dice l’uomo.
    — Ma quanto mi verrà a costare…? — sento chiedere mio marito.
    — Non molto, stia tranquillo. Valuteremo bene il suo esemplare. Anche se malridotto ha organi funzionanti alla perfezione. Li abbiamo testati.
    — Ancora non mi capacito di quanto sia durata poco…— mio marito si volta verso il mio corpo immobile sul letto e leggo nei suoi occhi solo disprezzo.
    — Succede spesso, sa? — risponde l’altro, quasi a volerlo consolare. — Scommetto che veniva dall’Universo delle Terre Vicine. Costano meno ma come vede…
    — Be’, in effetti… Però mi avevano garantito che fosse praticamente come quelle del nostro.
    Il venditore abbozza un sorrisetto. — Capisco, capisco. Se mi segue in ufficio possiamo concludere l’affare.

     

    Avrei preferito che sostituissero le parti danneggiate in modo da poter tornare presto a casa.
    Invece mi hanno infilato qualcosa alla base del collo. Ho sentito come una piccola puntura, poi nulla. E tutto è diventato buio. Quando ho riaperto gli occhi ho provato ad alzarmi ma ogni movimento era impossibile.
    Ora sono qui, immobilizzata in questo letto, al servizio di quanti avranno bisogno di qualche organo da sostituire: un fegato, un rene, un pancreas. Così mi ha spiegato la vicina di letto, anche lei dell’Universo delle Terre vicine, solo di un altro pianeta.
    Sempre la vicina di letto ha parlato di una discarica, poco lontana da qui, dove vanno a finire tutte quelle come noi alla fine del “ciclo di riutilizzo”, come viene chiamato.
    Chiudo gli occhi di nuovo, stavolta per mia volontà. Un calore mai provato prima mi assale e mi prende alla testa. La chiamano rabbia qui; nel mio Universo era un sentimento sconosciuto.
    Insieme alla rabbia sento uscire dagli occhi dell’acqua.
    Anche questo per me è una cosa nuova. Le chiamano lacrime.

    #11786
    Angela Catalini
    Angela Catalini
    Partecipante

    Più bello e più incisivo rispetto alla versione precedente per cui…

    CHIEDO LA GRAZIA!

    #11794

    Grazie ancora.
    Ci provo,
    SFIDO SPARTACO

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