BLACKBIRD


Questo argomento contiene 1 risposta, ha 2 partecipanti, ed è stato aggiornato da Angela Catalini Angela Catalini 9 anni, 6 mesi fa.

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  • #11968
    Patty Barale
    Patty Barale
    Partecipante

    Ho chiesto che mi lasciassero sola.
    Dalla finestra di fronte a me vedo il giorno accoccolarsi dietro le cime delle montagne : una tavolozza di colori che dai gialli dorati di questo autunno elvetico vira all’arancione, al marrone e quindi al nero della notte.
    Il trambusto del giorno cede il passo ai suoni ovattati, allo spirare del vento, allo stormire delle foglie, mentre un odore di terra umida, impregnata di vita pronta a rigenerarsi, penetra nella stanza appoggiandosi alle mie narici.
    Inspiro con difficoltà lasciando che quell’aria densa lambisca anche papille gustative che hanno perso l’abitudine ai sapori.
    Sono pronta. È il momento: che entrino i bianchi psicopompi.

    “Potete procedere”.
    La voce metallica del computer articola le parole.
    L’infermiera in attesa dietro la porta socchiusa si allontana con passo leggero ed entra nello studio dei medici: “Dottor Cardei, è ora.”
    “Arrivo.”
    Il dottore si alza dalla scrivania con lentezza, quasi a voler procrastinare il proprio dovere.
    Lavora nella clinica ormai da dieci anni e di pazienti simili ne ha visti molti, ma Lucia è così giovane…
    Ventiquattro anni, una tesi di laurea da discutere, una valigia pronta per il futuro e all’improvviso quelle dita affamate di anarchia, un’anarchia che in soli dieci anni ne contagia tutto il corpo, ma non la mente, nella quale si imprimono tre semplici lettere: SLA.
    La prima volta che l’ha incontrata ha sentito la paura.
    La seconda volta ha cozzato contro la solitudine: i familiari che si opponevano, che non volevano lasciarla andare.
    La terza volta si è schiantato contro la forza di volontà: un computer e un sintetizzatore vocale potevano essere imperativi.
    La quarta volta, questa notte, le dirà addio.
    Entra nella stanza illuminata solo dalla fioca luce del monitor.
    Lucia guarda fuori dalla finestra.
    Si avvicina al letto e le stringe la mano: sa che lei può sentire il suo calore.
    Lucia guarda nel nero della notte.
    Le somministra l’antiemetico.
    Lucia sposta gli occhi sul monitor.
    “Vuoi spegnerlo?” le sussurra.
    Lucia socchiude gli occhi.
    L’infermiera spegne il monitor e accende una luce soffusa e lo stereo.
    Lucia lascia che i suoi occhi danzino al ritmo della musica.
    Cardei inietta il mix di farmaci nella flebo.
    Lucia chiude gli occhi, il respiro si fa leggero come una piuma che si posa, immobile, sul petto, mentre il suo universo si spegne in una dissolvenza in nero sulle note della canzone.
    Blackbird singing in the dead of night
    Take these broken wings and learn to fly
    All your life
    You were only waiting for this moment to arise
    Blackbird singing in the dead of night
    Take these sunken eyes and learn to see
    All your life
    You were only waiting for this moment to be free

    #12001
    Angela Catalini
    Angela Catalini
    Partecipante

    Un gran bel pezzo, Patty, coraggioso e forte. Parlare della SLA o delle malattie in generale è sempre un rischio ma tu lo hai fatto in modo originale e anche poetico. Il fatto di spezzare le righe trovo che sia stata una scelta azzeccata perché permette al lettore di avere le giuste pause per elaborare i concetti. La morte della giovane che hai accompagnato con le strofe di una canzone, trovo che tu l’abbia descritta in modo magistrale già in questa frase: “Lucia chiude gli occhi, il respiro si fa leggero come una piuma che si posa, immobile, sul petto, mentre il suo universo si spegne in una dissolvenza in nero sulle note della canzone.”
    Anche nel tuo racconto la trama è stata interpretata in modo originale.
    Dopo la sviolinata, partiamo con qualche appunto, altrimenti l’Antico mi caccia (scherzo).
    Il primo appunto che vorrei farti è nell’incipit, pur essendo ben scritto perché tu hai uno stile maturo ed elegante, è troppo descrittivo. In un testo così breve, prende decisamente troppo spazio. A parte questo, i manuali di scrittura vogliono che non si inizi mai con le descrizioni e questa è una delle cose che condivido.
    Altro appunto riguarda le strofe finali. Stesso discorso. Parliamo di un testo di appena 2600 caratteri e ci sono almeno tre strofe. Per il resto è un lavoro molto buono. Brava.

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