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16 giugno 2015 alle 0:59 #7836
Chiamatemi Elvis
di Fernando Nappo
Sarà che sono ingrassato e che l’età non è più dalla mia, ma quando m’infilo il costume di scena e calzo la parrucca col ciuffo a banana sembro proprio Elvis in persona. Mi sento Elvis. Quello degli ultimi anni, quello del declino.
Un’incipriata, non c’è nulla di peggio di un naso lucido, e sono pronto.
La prima volta che ho ascoltato Elvis alla radio ero piccolo, non sapevo nulla di lui nè del Rock’n’Roll; era roba nuova, americana, e da poco avevano cominciato a passarlo in radio. Non ricordo il titolo del pezzo, ma non dimenticherò mai la scossa alla base del cranio poi scesa lungo la schiena, attraverso le gambe, fino ai piedi che hanno cominciato a battare il tempo, seguiti dalle mani e dal movimento ritmico della testa.
Da allora nulla è più stato uguale.
Il ragazzo ora sul palco sta per finire la sua esibizione. E’ giovanissimo, aitante, fin troppo rispetto a Elvis, e dalla somiglianza così spinta che non dubito sia ricorso al lavoro di qualche esperto.
Nonostante questo, non credo vincerà: non ha una gran voce. Nemmeno io, ormai, e l’eta non mi è d’aiuto.
Quello seguente è bravo. Buona estensione vocale, ottima intonazione, gestualità impeccabile: rappresenta alla perfezione l’Elvis nel pieno della maturità artistica.
Uno dei migliori, finora. Potrebbe vincere, o piazzarsi sul podio.
Sono contento che ci siano ancora interpreti così preparati, professionali. Elvis va trattao con rispetto, la sua luce deve continuare a risplendere.
E’ per questo che, nonostante l’eta, non demordo. Anche se sono fuori dai giochi. Il mio tempo è passato, ho collezionato una vittoria e qualche piazzamento. Ma si parla di parecchi anni fa, ormai.
L’essistente mi viene ad avvisare. Il prossimo sono io.
Mia moglie Clara viene a salutarmi. Come sempre prima di ogni esibizione mi dà un bacio. – Sei il migliore. Elvis voterebbe per te.
Gran donna. Nessun’altra avrebbe sopportato di vivere una vita dietro le quinte, e non solo in senso figurato, oscurata dalla passione assillante del proprio uomo.
L’assistente mi fa segno.
Salgo sul palco e aspetto che l’occhio di bue si accenda, illuminandomi.
– Chiamatemi Elvis – esordisco.
Parte uno scroscio.
Sono sempre stato bravo a chiamare l’appauso.16 giugno 2015 alle 20:49 #8025C’è aderenza al tema. Ho trovato l’idea abbastanza originale (associare la luce eterna a un cantante e non a immagini figurate che richiamano cliché inflazionati), così come il suo sviluppo (la scelta di ambientare il racconto all’interno di una gara canora di quel genere). Tuttavia, la narrazione non mi ha suscitato particolari emozioni né stimolato qualche riflessione. Sarà perché non si tratta di un argomento che mi fa vibrare l’anima, ma comunque il linguaggio utilizzato è fresco e tecnicamente adeguato.
16 giugno 2015 alle 23:06 #8033Ciao Ferdinando
Più che un racconto, si tratta di uno spaccato di vita, una vita serena e tranquilla illuminata da una passione, per quanto strana. Mi ha richiamato un po’ il “Un figlio di nome Elvis” di Ligabue, però vista con occhio più bonario. Non ci sono forti emozioni, ma, qualche volta, una lettura più rasserenante fa bene all’anima. Il significato della storia mi sembra molto in linea con il tema e, metaforicamente, il faro della passione che dirige una vita si applica anche a noi scrittori per diletto (la frase e il comportamento della moglie mi hanno richiamato quello della mia, nei confronti della scrittura). Una lettura piacevole, in fin dei conti.
A rileggerci
17 giugno 2015 alle 1:11 #8043E qui la luce si chiama Elvis the pelvis in the Menphis (come direbbe il buon vecchio Bonolis). Una stella vera, che molti anni dopo la sua scomparsa continua a brillare. Il racconto è ben scritto e interpreta il tema in maniera estremamente originale. L’andamento del racconto è buono ed estende al lettore il senso di soddisfazione del protagonista rispetto alla propria vita. Bello.
17 giugno 2015 alle 10:28 #8080Il racconto è scritto bene, sebbene non abbia particolari guizzi stilistici, e la presentazione del protagonista e della sua passione per Elvis si compone in fretta ai nostri occhi. Secondo me avresti dovuto sfruttare meglio la gara, visto che l’hai introdotta, avresti creato un po’ di movimento in un racconto che, a conti fatti, risulta un pochino piatto. Minuti Contati è così, hai poco tempo e spazio ma devi cercare di sfruttare ogni “angolino” per riempirlo al meglio. Insomma, “manca” qualcosa, un colpo di scena – anche piccolo, non necessariamente epocale
– in grado di far virare il racconto verso qualcosa di inaspettato o maggiormente appagante.
17 giugno 2015 alle 11:25 #8094Il racconto scorre, è piacevole e la figura del protagonista interessante. Il personaggio, imitatore del grande Elvis, ma non all’apice, bensì nel declino, l’ho trovato ben definito: poche pennellate, efficaci. Ho trovato un po’ piatta la parte in cui osserva e commenta le esibizioni degli altri, l’avrei usata per metterci un po’ di pepe, magari come cartina torna sole per approfondire meglio il protagonista.
17 giugno 2015 alle 13:50 #8106Racconto ben scritto, permeato dalla presenza di un personaggio indimenticabile. Ho apprezzato lo stile semplice, la caratterizzazione del personaggio, la nota nostalgica e il sapore agrodolce che ti resta in bocca alla fine della lettura. Forse però manca un elemento di svolta, una scintilla che interrompa la linearità.
Qualche ripetizione a proposito dell’età, “l’età non è più dalla mia”, “l’età non mi aiuta”, “nonostante l’età”… credo che il fatto che il protagonista sia ormai in là con gli anni emerga già molto bene.
Un saluto e a rileggerci
17 giugno 2015 alle 19:25 #8128Ciao Fernando!
Racconto ben scritto, asciutto, che ci mostra la passione inestinguibile di un uomo non più così giovane per la stella da lui amata, una passione autentica contornata da un apprezzabile spirito sportivo, come dimostra la frase “Sono contento che ci siano ancora interpreti così preparati, professionali. Elvis va trattao con rispetto, la sua luce deve continuare a risplendere.” Ecco, la gara appunto, se avessi lasciato un pochino più di spazio per la competizione, e per l’esibizione del protagonista, avrebbe dato un bel po’ più di salsa al racconto, facendoci vivere sulla pelle la passione e l’attaccamento che il nostro non-giovane ha per la sua celebrità.
Tirando le somme, una lettura piacevole 😉
23 giugno 2015 alle 14:22 #8531Ciao Fernando.
La scena che descrivi ha del malinconico. Un uomo con una grande passione, consapevole di non essere più quello di un tempo per via dell’età e dei cambiamenti. Un uomo che vede sfilare davanti a sé giovani aspiranti Elvis, giovani com’era lui anni fa, e non si lascia demolire. Una consapevolezza che, prima o poi, ognuno di noi dovrà prendere: il tempo passa e noi cambiamo e ci sarà qualcuno più capace di noi, ma arrendersi non fa onore. Le passioni vanno portate avanti, con una persona accanto che ci appoggia è ancora meglio.
Lettura piacevole, alla prossima!24 giugno 2015 alle 12:33 #8609Chiamatemi Elvis di Fernando Nappo
Ciao Fernando,
mi piace il tuo personaggio, la sua malinconia, il suo essere in declino e anche, tutto sommato, la pacata accettazione della sua condizione. Un ottimo personaggio che però esce, alla fine del racconto immutato rispetto a come ce lo hai presentato all’inizio. E’ vero che nel frattempo ci ha raccontato di se stesso tutto il possibile, vista la brevità, ma per come la vedo io un racconto dovrebbe avere uno sviluppo, ci dovrebbe essere un cambiamento causato degli eventi. Quando frequentavo un laboratorio di scrittura, mi dicevano che il racconto è giustificato dall’essere il giorno più importante nella vita del protagonista. In caso di racconto molto breve dovrebbe addirittura descrivere il momento e non il giorno più importante. Secondo questa ottica al tuo bellissimo personaggio mi sembra che manchi qualcosa.26 giugno 2015 alle 15:49 #8730Ciao Fernando! Il tema è espresso in modo piuttosto originale, la luce che si accende su un palco illuminandoti, ma in primo piano la luce di Elvis Presley, leggendario e memorabile, il re del rock’n’roll. Hai scritto con uno stile semplice e abbastanza scorrevole, forse qualche ripetizione riguardante l’età, che comunque suggeriscono in modo chiaro la situazione del protagonista, però manca ancora qualcosa…
27 giugno 2015 alle 10:31 #8779La luce che non si spegne mai è quella dentro ognuno di noi, quella che ci porta a essere quello che siamo, quella che ci infonde la vita e ci dona noi stessi. Molto bello il relazionarsi al mondo del tuo protagonista, il riuscire a valutare oggettivamente le prestazioni altrui accettando di non poter vincere perché non è quello il punto, la vittoria sta nel non rinnegarsi. Bellissimo il personaggio della moglie che appare giusto il tempo per far comprendere al lettore il rispetto fra i due, la necessità di capirsi per vivere meglio. Non c’è bisogno di contrasto esplicito, qui è implicito nelle decisioni di ogni giorno, quelle decisioni che ti portano a lottare per essere quello che sei. Un pollice SU per me, complimenti.
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