Hypnos, di Andrea Giuseppe Castriotta


Home Arena Chiarle Edition – 72ª Edizione – 7ª della 4ª Era Hypnos, di Andrea Giuseppe Castriotta

Questo argomento contiene 1 risposta, ha 2 partecipanti, ed è stato aggiornato da Angela Catalini Angela Catalini 9 anni, 6 mesi fa.

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    Hypnos
    -di Andrea Giuseppe Castriotta

     

    Il vento sfrecciava forte, scompigliandole i capelli dello stesso colore del cielo scuro. Fischiava nelle sue orecchie, e accarezzava la maschera da corvo che indossava ma che ormai non percepiva più. Era un suono stupendo, che si univa in una sinfonia con il martellare incessante del suo cuore e il lento battito delle ali dietro di lei. Strinse più forte le gambe, avvertendo le soffici piume accarezzarle le cosce nude, pallide in quel mare nero in cui affondava anche con le mani. La ragazza assecondava inconsciamente il movimento della creatura che stava guadagnando sempre più velocità, piegandosi in avanti fino a stendersi sulla schiena del grande uccello nero che la trasportava senza sentire il suo peso insignificante.

    Poi si sporse oltre quel manto di tenebra e vide: il mondo, sotto di lei, avvolto nel sonno notturno che pian piano estingueva anche le ultime luci ostinate. Lontano, all’orizzonte, colonne di fuoco di un’alba che non sarebbe mai sorta, per quanto i due si potessero avvicinare.

    Si tirò su a sedere, reclinando la testa all’indietro e guardò la luna, unico punto luminoso che si stagliava in quella tela di pece. Era magnifica in quel momento, più di quanto non potesse ricordare di averla mai vista così.

    -Quanto hai ancora intenzione di andare avanti?- Domandò l’uccello mastodontico, con una voce che assomigliava ad un gracchiare lungo e articolato, seppur in tono estremamente profondo.

    -Per sempre- sussurrò di rimando lei, con una voce talmente metallica da sembrare solo lontanamente la sua. Si distese, abbracciando il collo piumato del suo compagno.

    -Qualcuno ti aspetta dall’altra parte, lo sai?- la canzonò lui, sbuffando leggermente.

    Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime senza neanche che lei se ne rendesse conto. Non voleva ricordare, non in quel momento di puro piacere quanto brutta fosse la realtà che l’attendeva e dalla quale era voluta fuggire.

    Non voleva fare i conti con la sua stupidità e le sue scelte incoscienti che l’avevano trascinata nell’oblio in cui era avvolta.

    Non voleva rivedere i volti preoccupati dei suoi genitori che avvertiva vegliare su di lei incessantemente, e trovarsi davanti lo sguardo crudele di colui che l’aveva convinta ad abbandonare tutto perché senza senso. Incrociare gli occhi di vetro di chi considerava importante solo vendere la sua storia, o udire le parole vuote e saccenti dei suoi “amici”.

    Non voleva comprendere che il tempo che le rimaneva era agli sgoccioli, che la sua vita si stava spegnendo come le luci del mondo sotto ai suoi piedi.

    Non voleva alzarsi dalla sua bara di lenzuola bianche, circondata dal battito d’ali di mille macchine collegate al suo corpo e togliersi la maschera da corvo che le permetteva di respirare.

    Scosse la testa con vigore.

    -Possono aspettare ancora- rispose semplicemente, passandosi il braccio sul viso e sorridendo amaramente.

    Avrebbe dovuto svegliarsi.

    Ma non voleva. Non poteva.

    Ridestarsi dal suo infinito coma.

    #12015
    Angela Catalini
    Angela Catalini
    Partecipante

    Credo sia la prima volta che ti leggo e devo dire che sono affascinata dal tuo stile perché scrivi come se dipingessi. Riporto qui alcuni passi che sono molto visivi e che al lettore arrivano chiarissimi.
    …accarezzarle le cosce nude, pallide in quel mare nero in cui affondava anche con le mani.
    …all’orizzonte, colonne di fuoco di un’alba che non sarebbe mai sorta
    … guardò la luna, unico punto luminoso che si stagliava in quella tela di pece
    Si distese, abbracciando il collo piumato del suo compagno.
    …non voleva alzarsi dalla sua bara di lenzuola bianche, circondata dal battito d’ali di mille macchine

    Ecco, ti ho mostrato ciò che rende pregevole la tua scrittura, sei originale nelle definizioni e riesci a vedere il mondo con occhi curiosi e innocenti come un bravo autore dovrebbe fare.
    Però ci sono tante incertezze nella forma, cose che dovresti rivedere e correggere per diventare ancora più bravo. Te ne mostro alcune.
    che indossava ma che ormai non percepiva più.
    “ma che ormai” non va.

    piegandosi in avanti fino a stendersi sulla schiena del grande uccello nero che la trasportava senza sentire il suo peso insignificante.
    Taglierei il termine “insignificante” perché è un giudizio dell’autore. Lascia che sia il lettore a giudicare il testo, non mettergli mai nulla in testa.

    Poi si sporse oltre quel manto di tenebra e vide: il mondo, sotto di lei, avvolto nel sonno notturno che pian piano estingueva anche le ultime luci ostinate.
    I due punti non servono o stacchi il periodo con un punto deciso oppure meglio una virgola.

    Domandò l’uccello mastodontico,
    Meno aggettivi si usano, più un autore è bravo. Se impari a sostituirli con verbi o metafore, sei a posto.
    CONCLUSIONE: testo originale che ho molto apprezzato, tema centrato. Da rivedere in alcuni punti.

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