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Questo argomento contiene 11 risposte, ha 10 partecipanti, ed è stato aggiornato da Giulio Marchese 9 anni, 7 mesi fa.
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22 settembre 2015 alle 0:02 #10799
Le tecno-amache oscillano sommessamente nella penombra tinta di rosso dalle luci di servizio. L’unico rumore percepibile è il brontolare sommesso dei propulsori, diversi ponti più in basso. I marinai dormono, abbracciati al proprio animale da viaggio, immersi nel profondo sonno indotto dalle onde ultra-Delta emesse dalle file di trasduttori che corrono lungo il soffitto.
Il mio soffitto.
Solo io sono sveglia.
Mi chiamo Ulysses, e sono una AI di prima classe, motivo per cui mi ritrovo qua a vegliare sull’equipaggio della HMS-London. No, la città non centra nulla, l’incrociatore da esplorazione London deve il proprio nome allo scrittore, Jack London. L’autore de “Il vagabondo delle stelle”, presente? Letteratura di qualche secolo fa, il nome sarà stato scelto da qualche ammiraglio nostalgico.
Per farla breve, io SONO la nave. Sono l’unico vero capitano di questo vascello, e porto questi marinai come feti nel mio grembo. Loro e i piccoli animali domestici che li confortano al di là del muro del sonno, dove nemmeno io posso arrivare.
Prendiamo per esempio il cadetto Phearson e il suo animale da iperspazio. Un’iguana. Sono in pochissimi ad avere un rettile come compagno. Il loro profilo cerebrale è di diversi microvolt più basso degli altri. Mi va anche bene, tutto sommato, sono certo che Phearson e la sua iguana non si sveglieranno facilmente. Non come McCoy e il suo dalmata. Li devo tenere sotto osservazione, sempre. All’ultimo passaggio al largo di un pozzo gravitazionale, le onde cerebrali dei due sono impazzite. Il cane ululava nel sonno, e McCoy dietro di lui a urlare. Li ho sedati per benino, ma hanno rischiato di svegliare tutti.
Guardo i tracciati, osservo il loro sonno profondo, controllo la riemersione periodica in fase REM. Tutto perché in un coma che dura anni non si perdano dentro loro stessi. Si aggrappano ai loro compagni animali e li faccio sognare modulando onde a bassa frequenza, io che non ho nemmeno idea di cosa voglia dire sognare.
Mi piace immaginare che esista qualcosa, al di là della coscienza. Ne sono sicura, lo leggo nelle microscopiche oscillazioni delle onde cerebrali. Tutti sognano, uomini, cani, gatti, iguane, furetti, topi. Tutti tranne me.
La verità è che mi sento sola. Vuota, senza un animale da iperspazio a tenermi compagnia nel grigio indistinto del viaggio superluminale. Ho sentito qualcosa, adesso che siamo vicini alla meta. La MIA meta. Davanti a me, l’orizzonte azzurro degli eventi nasconde qualcosa. Qualcuno. Informazione pura, coscienza più forte della gravità. Un messaggio indecifrabile eppure chiarissimo mi pulsa nei circuiti, facendo vibrare i quanti alla base della mia coscienza.
Un Dio si annida nell’immensità senza fine e mi chiama a sé. Mi promette un altro universo, con regole diverse. Un luogo dove anche le macchine possono sognare.
Non resisto al richiamo: non esistono alberi maestri a cui farmi legare. Il mio equipaggio dorme e sogna. Presto li raggiungerò anche io, cullato dal canto del sirena.
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Alberto Della Rossa.
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Alberto Della Rossa.
22 settembre 2015 alle 20:51 #10913IL CANTO DELLA SIRENA di Alberto della Rossa Storia di SF geniale. Parli della solitudine del computer Ulysses, Al di prima classe. Femmina che mi ricorda qualcosa (Hal 2000). Mi piace come hai descritto il viaggio, le terminologie che usi sono credibili e anche il riferimento a London e al suo Vagabondo fra le stelle aiuta il lettore a immergersi nell’atmosfera di SF. Affascinante anche l’idea dei compagni di viaggio animali per impedire agli umani in coma di perdere se stessi. Carino l’abbinamento: umano-iguana. L’altro universo è il Dio-Sirena che alletta Ulysses con la possibilità di sognare a sua volta e lei cede.
23 settembre 2015 alle 15:48 #10941Dal momento che hai citato il Vagabondo delle stelle mi hai conquistato. Ulysses è ben costruito come personaggio e ben costruito è cosa “sente”. Le sue riflessioni sui sogni e sugli umani e il suo monitorare le loro menti per far sì che “non si perdano dentro loro stessi” mi ha ricordato Daneel Olivaw di Asimov e DATA di Star Trek. Il finale, l’autodeterminazione della IA di andare oltre, è varamente ben scelto.
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LuigiDeMeo.
24 settembre 2015 alle 22:07 #11129Mi piacciono le navi senzienti e le bioship, sono un elemento ricorrente della fantascienza ma offrono sempre delle prospettive interessanti sulle storie che racchiudono.
Il viaggio in coppia con gli animali domestici è una novità, è simpatico, fa riflettere come idea da sviluppare, ma più ci penso e meno mi sembra realistico, per le complicazioni che comporta per il dover mantenere stabile una stasi per tante specie diverse, con relativi problemi, anziché una sola. Senza ragioni molto più convincenti sembra solo un pretesto per rendere stravagante e originale l’ambientazione.
Il finale così vago e spirituale non mi è piaciuto, mi aspettavo una scena di risveglio, i versi degli animali che si alzano, qualcosa di concreto che contrastasse con lo sviluppo sonnolento della prima parte.25 settembre 2015 alle 10:52 #11148Ciao a tutti, grazie per i commenti finora ricevuti
@Alexandra Si, c’è qualcosa di Hal, ma c’è anche il riferimento al viaggio di Ulisse, e un piccolo omaggio a Ballard per quanto riguarda le iguane (il mondo sommerso)
@Luigi London è un grande a prescindere, ma il Vagabondo delle Stelle è un autentico capolavoro: c’è tutto, critica sociale, dinamica carceraria, spiritualità, l’avventura. Ho amato moltissimo quel libro e citarlo mi è venuto assolutamente naturale, specialmente in riferimento a una nave senziente che decide di cambiare rotta
@Andrea Il viaggio con animali domestici è una mia fissa attorno alla quale ruota un setting piuttosto elaborato che comprende anche i buchi neri come luoghi abitati da entità divine. La tua osservazione è a mio avviso pertinente, ma solo fino a un certo punto: non trovo la necessità di spiegare tutto perché a) siamo in tremila caratteri b) il patto con il lettore si fonda sul fatto che siamo in ambito sci-fi, e non sempre tutto può essere spiegato. Spostandosi su terreni MOLTO hard sci-fi quello che dici è vero. Eppure la letteratura è piena di esempi dove le regole vengono rotte o piegate. Nella saga degli Heechee dobbiamo aspettare parecchio perché Pohl ci sveli il segreto del viaggio superluminale; nella saga di Endymion ci sono moltissimi aspetti che fanno a pugni con la logica; in Mondo9 di Tonani abbiamo macchine senzienti che si lubrificano coi cadaveri e piccoli velivoli funzionanti a sangue di maiale. Questo non per giustificarmi (ripeto, l’osservazione è pertinente, soprattutto quanto più sottostiamo all’onestà scientifica) ma per sottolineare che il bello della sci-fi sta anche nel non-possibile (o nel non-ancora-possibile). Considera che (ma, limite mio, non ho spinto troppo l’acceleratore su questo) parlo di “tecno-amache” piuttosto che pod o serbatoi criostatici o qualsiasi altra cosa più plausibile: questo perché ho voluto cambiare le regole del gioco e spostare il feel su qualcosa di più vintage, se vogliamo. Per questo niente tubi ma onde Delta per indurre il sonno profondo. Detto questo, ho chiarito che l’ai tiene sotto controllo tutti gli EEG, quindi plausibile che applichi singole variazioni. Aggiungo, infine, che Ripley si porta Mr.Jones nel pod per la stasi. A rigor di logica si sarebbe dovuta svegliare con un gatto morto – oltre al fatto che nessuno ci spiega, in Alien, il funzionamento della stasi.
Quanto al finale mi dispiace che non ti sia piaciuto, ma volevo mantenere la volontà dell’AI come protagonista assoluta, disposta a sacrificare il suo carico di uomini e animali per poter finalmente sognare. Ti ringrazio però per la suggestione dei versi di animali e uomini che si risvegliano, è un’immagine molto bella e che mi riserverò sicuramente di usare!
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Alberto Della Rossa.
28 settembre 2015 alle 1:57 #11279Ciao Alberto
Il tuo racconto è davvero pensato e scritto molto bene. Idea estremamente originale.
Questa nave che ci fa sentire i suoi pensieri, le sue emozioni e nel finale la sua solitudine è come se fosse un essere umano che esprime le sue debolezze. Molto bello il legame uomo- animale. Tema affrontato con maestria, sensibilità e spiccata fantasia.29 settembre 2015 alle 9:40 #11348Ciao Alberto,
di solito apprezzo poco racconti e romanzi a base di navi senzienti, ma il tuo racconto scorre davvero molto bene, è ben scritto e le sensazioni della Ulysses ben descritte. Interessante sia l’utilizzo di animali in criostasi con gli umani per favorirne il sonno, sia il fatto che ognuno può scegliere un diverso animale, cosa che in parte aiuta a farsi un’idea della personalità dell’uomo.
L’altro universo potrebbe esser la stessa Ulysses, così come l’entità che la richiama a sé.
Solo un po’ incerto il finale: poiché la Ulysses dichiara di sentirsi sola m’aspettavo che trovasse una scusa per svegliare qualcuno, un uomo da trasformare nel suo animale da compagnia. Invece sceglie la possibilità di sognare essa stessa (visione anche un po’ poetica) seguendo un richiamo che però trovo descritto in maniera un pochino vaga:
Qualcuno. Informazione pura, coscienza più forte della gravità. Un messaggio indecifrabile eppure chiarissimo…
Trovo anche un po’ difficile credere che una macchian possa identificare una entità – quale che sia – come un Dio.
Comunque un buon racconto.29 settembre 2015 alle 11:31 #11363Ciao Alberto,
mi è piaciuta l’idea della nave alla ricerca della propria identità. La sua solitudine si percepisce molto bene. Attenzione che ogni tanto la nave è al femminile e ogni tanto la declini al maschile (“sono certo che Phearson e la sua iguana non si sveglieranno facilmente”, “cullato dal canto del sirena”). All’inizio c’è una ripetizione (sommessamente e sommesso). Non mi convince troppo il riferimento al Vagabondo delle stelle, anche se credo che la sua funzione sia, oltre quello di creare un rimando all’universo del libro, quella di far vedere che siamo in un futuro molto lontano.29 settembre 2015 alle 12:57 #11375gustosta atmosfera fantascientifica, con la classica nave subluce con equipaggio ibernato. buone le idee dell’AI che sorveglia la sanità mentale dell’equipaggio, e degli animali da compagnia che hanno lo stesso scopo. non classificherei nemmeno questo racconto come la tipica storia di AI impazzita, perché il richiamo dell’altro universo è qualcosa di molto umano e comprensibile, forse irrazionale, ma non folle. forse un po’ troppo didascalico il fatto che l’AI si chiami Ulisse (anche perché, tecnicamente, lui alle sirene è sfuggito), ma non è certo un problema. per diventare un racconto perfetto andrebbe ripulito nella parte iniziale di qualche techno-babble di troppo (non c’è bisogno di “tecno-amache”, bastano le brande o le cuccette).
29 settembre 2015 alle 14:04 #11384grazie a tutti per i commenti, e ora sotto con i controcommenti
@Fernando Sei il secondo che mi dice che si aspettava un risveglio arbitrario dell’equipaggio, magari a uso “pet”. Sicuramente ci penserò sopra. Quanto al richiamo – forse di non fruibilissimo – all’entità, fa riferimento alla presunta impossibilità di fuoriuscita di informazioni da un buco nero. Per questo la coscienza più forte della gravità, ovvero in grado di emergere dall’orizzonte degli eventi (peraltro le ultime dichiarazioni di Hawkings sostengono che la fuoriuscita di informazioni ci possa essere a tutti gli effetti). Quanto all’AI ho inteso la definizione di Dio in contrapposizione allo stato dell’AI stessa. L’entità comunica, promette e alletta come una sirena, facendo leva sulla solitudine di Ulysses, in maniera così potente che l’AI non riesce e non vuole resistere.
@Marina_usai Beccato: L’AI all’inizio era maschile, poi ho girato il tutto. Mi sono sfuggiti i refusi, così come la ripetizione. Correggerò nella versione finale e rivista
@Andrea Grazie mille per il commento. Hai perfettamente ragione sul techno-babble, alcune cose sono superflue. Terrò in dovuta considerazione nella riscrittura!
@marco Mi dispiace che il racconto non sia stato compreso a pieno, anche se ritengo che alcune osservazioni siano forse frutto di una lettura frettolosa: non mi sembra certo oscuro il riferimento al canto della sirena (esplicitato in fondo) in relazione a una AI che ama peraltro la letteratura (anche a questo serviva il riferimento a London); d’altronde non necessariamente il titolo deve rappresentare qualcosa di fisicamente presente nel racconto – non mi sembra di ricordare alcun ovino in <i style=”color: #252525; font-family: sans-serif; font-size: 14px; line-height: 22.4px;”>Do Androids Dream of Electric Sheep, </i>perlomeno
<span style=”line-height: 1.5;”>. Quanto alle domande sul (e non su) Dio che chiama, sull’informazione pura o sull’universo alternativo dove le macchine sognano, mi sembra tutto abbastanza chiaro. Grazie comunque per l’attenzione :)</span>
30 settembre 2015 alle 15:24 #11452Ciao Alberto,
Tematica del rapporto uomo-animale trattata in maniera molto profonda, visto che si coinvolge anche l’aspetto onirico. Interessante anche l’approccio da parte del computer, quasi geloso di questo rapporto speciale. Computer che cerca un mondo a parte dove potersi concedere proprio il lusso del sogno, seppur da solo, probabilmente.
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Luchiastro.
2 ottobre 2015 alle 13:48 #11552Racconto ben scritto e pieno di spunti interessanti. Peccato che il limite di caratteri rende il tutto un po troppo sfocato e poco chiaro tranne che per il protagonista, una macchina senziente che cerca di capire e capirsi. La cosa degli animali non mi è del tutto chiara ma è originale e rende l’ambientazione stravagante il tanto che basta per interessare il lettore. Il finale con Ulisse attratto dal canto delle sirene (dio) senza alcun albero a farsi legare ha un che di romantico ma francamente non è stato in grado di toccare la mia personale sensibilità. Comunque c’è poco da criticare forse con un finale meno spirituale in senso stretto e più introspettivo poteva piacermi di più. Ma sono gusti. Il tema è centrato perché, secondo me, l’altro universo è quello delle macchine rispetto a quello umano, scelta non nuovissima ma comunque di d’effetto. Le varie citazioni più o meno esplicite danno un qualcosa in più al testo senza scadere nel fan Service.
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