l'alamaro color cenere


Questo argomento contiene 1 risposta, ha 2 partecipanti, ed è stato aggiornato da  Veronica Cani 9 anni, 6 mesi fa.

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    Alexandra Fischer
    Partecipante

    L’ALAMARO COLOR CENERE
    Di Alexandra Fischer
    – Ivo? – mi chiese Dora guardandomi negli occhi.
    – Proprio lui – replicai, allungandole il lembo di stoffa color cenere sul quale spiccava ancora il vistoso strappo.
    – In altre parole, si è accorto del bottone – replicò lei, pensierosa.
    Io non avevo paura che fosse arrivato a tanto.
    Gli avevo regalato io stessa il montgomery perché lo riparasse dal vento gelido che percuoteva l’angolo del quartiere vecchio, guardandomi bene dal dirgli del bottone.
    Cucendoglielo dopo essere stata nel quartiere dei chioschi notturni avevo sperato di allontanare da lui il tocco delle ali della notte.
    Laggiù era facile perdersi.
    Il tempo andava più veloce, fra gli acquisti nel buio.
    E al mattino si trovavano abiti strappati e qualche osso umano, uniche tracce degli incauti rimasti laggiù troppo a lungo.
    Dora mi porse il bottone.
    – Lo ha perduto – conclusi, dopo essermelo rigirato fra le dita.
    Era ancora freddo dell’acqua della fontanella nella quale lo avevo immerso per dargli una via d’uscita.
    Non ne avevo scelta una a caso, bensì proprio quella che segnava il confine fra il quartiere delle fabbriche e quello dei chioschi notturni.
    A me e Dora era pur servita, a suo tempo.
    Ivo credeva avessimo affrontato una prova di coraggio e aveva voluto imitarci.
    Glielo avevo permesso a patto che tenesse il bottone.
    E a fatica.
    – Ecco – mi disse Dora, secca.

    Ivo aveva aperto la porta del chiosco della tessitura dimentico del bottone smarrito.
    La bottegaia gli era venuta incontro sistemandosi il mantello blu notte e lui aveva avuto per un attimo l’impressione di un paio di ali frastagliate incombenti.
    – Vuoi questo arazzo in miniatura? È un nuovo arrivo.
    – Sì – replicò lui, tirando fuori di tasca alcune monete fuoricorso – queste vi vanno bene?
    Con quella gente si dovevano usare il voi e il denaro non più valido di giorno.
    Lo ricordava bene.
    Al contrario di qualcos’altro.
    Una fitta di paura lo colse mentre si toccava l’alamaro destro e tentava di rammentare le ultime parole di Melina.
    La bottegaia le contò in fretta.
    Poi prese l’arazzo e lo spiegò sotto gli occhi del giovane con un sorriso ambiguo.
    Ivo notò che sulla seta grigia non c’era raffigurato nulla.
    Aprì la bocca per farlo notare alla bottegaia.
    Non ci riuscì mai.
    Il colpo allo stomaco e la sensazione di risucchio che ne seguì subito dopo glielo impedirono.
    La bottegaia ripiegò con cura il tessuto.
    Le piacevano gli spacconi.

    Trovai l’arazzo accanto alla fontanella.
    Quando lo svolsi, vidi sulla seta la storia del suo acquisto e ripensai alla fontanella.
    Il mio gesto aveva permesso a Ivo di sopravvivere, da qualche parte, nelle profondità del quartiere dei chioschi.
    Ma dove? Dove?

    #12069

    Veronica Cani
    Partecipante

    L’ambientazione del tuo racconto è molto suggestiva, ma ti devo dire la verità: l’ho dovuto rileggere più volte per cercare di capire il senso della storia, chi fossero i personaggi e quale fosse lo scopo della loro esistenza nella vicenda. E ancora adesso mi rimangono dei punti oscuri, come, ad esempio, la funzione del bottone: è un amuleto? Serve per proteggersi dalla bottegaia demoniaca?
    Dal punto in cui inizia il dialogo tra Ivo e la bottegaia avrei coniugato i tempi verbali al trapassato prossimo, per far capire meglio al lettore che l’azione che si sta svolgendo è precedente a quella delle scene iniziali, in cui Ivo risulta già scomparso.
    Lo stile è fluido, ma la trama non mi ha convinta del tutto. Alla prossima! :)

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