Home › Arena › Chiarle Edition – 72ª Edizione – 7ª della 4ª Era › Le ali nere della notte – Ambra Stancampiano
Questo argomento contiene 3 risposte, ha 2 partecipanti, ed è stato aggiornato da Flavia Imperi 9 anni, 6 mesi fa.
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19 ottobre 2015 alle 23:53 #11940
Le ali nere della notte
Sono cresciuto in luoghi oscuri e umidi, cullato dai miasmi dei cunicoli più profondi e fetidi della grande metropoli. Non ricordo nulla della mia vita in superficie, solo il profumo di mia madre, che mi sfiora le narici quando mi concentro, in solitudine.
E non ci credereste, ma è difficile stare da soli nelle fogne dove vivo io; a parte gli scarafaggi e i ratti, quaggiù vive un sacco di gente: barboni, tossici, bambini sperduti come me, ubriaconi che han perso la bussola.
E poi ci sono quelli che ci vengono a cercare: poliziotti e trafficanti, spacciatori e uomini d’affari che campano dell’altrui elemosina, bande di ladri che cercano carne da cannone per gli incarichi più pericolosi. Io lavoro con loro. Sono piccolo e agile, so entrare da fessure strettissime, cancelli con le sbarre, finestrelle. Mi arrampico su alberi e pali, salto tra i tetti. Qui dicono che ho le ali. In genere entro nelle ville e poi apro la porta ai ladri, stavolta però è diverso.
Il tizio che mi ha assoldato è da solo, e mi dà una strana sensazione. Parla con una voce molle e un po’ viscida, ma non è armato (ho occhio per queste cose) e comunque non è la persona peggiore per cui ho lavorato. E’ solo un po’… strano, con gli occhiali da sole al buio.
Mi ha fatto salire in macchina, e sul sedile posteriore c’era una grossa gabbia piena di bestiacce nere che strillavano con una vocina acutissima:
– Ma sono…
– Pipistrelli, le ali della notte. Non ti piacciono?
Ha guidato per un bel po’, mentre io mi godevo il calduccio e la morbidezza del sedile. Devo essermi addormentato.
Mi sono riscosso quando si è fermato, mi sono guardato intorno. Eravamo in una zona di fabbriche abbandonate. Casermoni di mattoni scuri con finestracce grandi come occhi, senza più un vetro integro, mi fissavano da tutte le parti. Davanti a noi, un’antica ciminiera di mattoni, di quelle per cuocere la ceramica. Sono sceso dalla macchina. L’uomo era proprio davanti alla ciminiera, armeggiava intorno ai resti di un falò. Mi sono avvicinato.
– Che aspetti? Arrampicati sulla ciminiera!
Non aveva più gli occhiali da sole, e mi ha guardato dritto negli occhi. Qualcosa in quello sguardo mi ha smosso un brivido umido tra la pancia e le ginocchia. Mi sono avvicinato alla ciminiera e mi sono attaccato al primo mattone, poi al secondo e così via. Lo sconosciuto, dietro di me, si è messo a cantare; mi è arrivato alle narici un odore pungente di brace. Ho continuato a salire; il mondo è pieno di matti.
Arrivato a metà scalata, ho sentito un’esplosione. Mi sono voltato, una luce accecante mi ha ferito gli occhi ed ho perso la presa. Cadendo, ho chiuso gli occhi aspettando l’impatto, poi ho agitato le ali.
Le ali?
Ho provato ad aprire gli occhi, niente. Mi sono messo ad urlare, ma dalla bocca mi è uscito un suono stridulo che è andato a sbattere contro qualcosa un attimo prima che mi catturasse.
– Preso! – ha detto lo sconosciuto mentre mi agitavo nel retino – ora saluta i tuoi nuovi amici.
E mi ha sbattuto nella gabbia.21 ottobre 2015 alle 9:02 #12053Ciao Ambra!
A mio parere scrivi molto bene. Il racconto è fluido, piacevole e interessante. Ho immaginato un’atmosfera un po’ steampunk, non so se era negli intenti!
Delinei bene il protagonista, con pochi tratti lo rendi interessante e viene voglia di saperne di più. Forse per il tipo di racconto, così breve, il colpo di scena è un po’ azzardato, nel senso che non si capisce la motivazione. Chi è l’uomo con gli occhiali da sole, e perché trasforma la gente in pipistrelli? Se ci fosse qualche elemento che fa capire un minimo di scopo dell’antagonista, la storia sarebbe perfetta.
A livello stilistico, visto che scegli le parole in modo efficace, ti consiglierei di usare meno aggettivi. Spesso un aggettivo appropriato (come riesci già bene a fare) è più efficace di due. 😀
L’unico che non mi è piaciuto è stato “un brivido umido”, che non ha molto senso a mio avviso.
Il tema direi che non è preso, è presissimo!
Un racconto di buon livello.-
Questa risposta è stata modificata 9 anni, 6 mesi fa da
Flavia Imperi.
21 ottobre 2015 alle 11:11 #12065Ciao Flavia, grazie per il bel commento
Riguardo all’antagonista ti do ragione, ma avendo scelto di narrare questa storia dalla prospettiva del protagonista, usando la prima persona, ho pensato che dare troppe informazioni su un uomo che lui non conosce e non sa cosa ha intenzione di fare (almeno finché non è troppo tardi) sarebbe stato scorretto.
Magari ne scriverò un secondo episodio in cui il ragazzino scopre cosa sta succedendo e chi è lo stregone, e forse torna normale (o sceglie di rimanere un pipistrello perché quella vita gli piace, chissà), ma al momento sappiamo quello che lui sa e vediamo quello che lui vede, quindi le informazioni sul misterioso stregone con gli occhiali da sole sono poche
Un brivido umido è quello che provi quando ad esempio cadi in acqua vestito e poi ne esci ma non puoi cambiarti, e resti con vestiti zuppi addosso a morire di freddo 😉
Anche sui doppi aggettivi hai ragione, è un mio brutto vizio non saper scegliere :/
Per l’atmosfera ero più sul gotico, ma me gusta anche lo steampunk!
Alla prossima21 ottobre 2015 alle 11:39 #12070Eh, il punto di vista, croce e delizia dello scrittore! Trovo anche io grosse difficoltà quando voglio far sapere qualcosa, ma senza far uscire il lettore dall’immedesimazione. Leggendo i grandi scrittori sto cercando di carpire quei modi sottili di far arrivare comunque le informazioni come per esempio scrivendo delle sensazioni, particolari che il protagonista non coglie ma il lettore sì (ma ancora non è che mi riesca un granchè XD) . Comunque se e quando scrivi una seconda parte voglio leggerla, facci sapere!
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 6 mesi fa da
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