Home › Arena › Ossario › 66ª EDIZIONE – Tonani Edition – 1ª della 4ª Era › [B] «Lo aggiusti, papà?», di Stefano Pastor
Questo argomento contiene 8 risposte, ha 9 partecipanti, ed è stato aggiornato da Alberto Della Rossa 10 anni fa.
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14 aprile 2015 alle 0:02 #5132
«Si è rotto!».
L’uomo tirò un lungo sospiro. In quella casa non c’era mai pace. Finse di non sentire.
«Papà! Papà! Si è rotto! Non funziona più!».
Arrivò una voce dall’altra stanza. «Ci pensi tu, caro?».
Come sempre. Anzi, stavolta sembrava peggio del solito. Il bambino piangeva disperato. Presto avrebbe compiuto quattro anni e già li stava facendo dannare.
«Che c’è questa volta?».
«Si è rotto! Ti prego, papà, aggiustalo!».
«Cosa si è rotto?», gridò la moglie.
Il bambino tendeva le mani, i palmi all’insù, per mostrarlo.
«Papà, tu sai aggiustare tutto. Ti prego!».
Quello no, era impossibile. L’uomo alzò la voce. «Niente, cara. Non preoccuparti, ci penso io».
Poi guardò il figlio con espressione seria. «Noi due dobbiamo fare un discorso. È importante».
«Ma lo aggiusti, vero? Lo aggiusti, papà?».
Non era facile ammetterlo. «Certe cose non possono essere aggiustate».
«Ma tu ci riesci sempre!».
«Con le cose. Quella non è una cosa».
«È più importante!».
Lo era, per questo la lezione era necessaria. «Certe cose non si aggiustano. Quando si rompono non funzionano più».
«Che cose?».
«Cose vive, caro. Gli esseri viventi, come io e la mamma. Come le mucche, i cani, e…».
«Cos’è questo, papà?».
«Una farfalla. Sono creature fragili, si… rompono con facilità. E quando si rompono non si possono più aggiustare».
«Che gli succede, allora?».
«Quando si rompono vanno seppelliti».
«Perché?».
«Perché così possono andare oltre, in un mondo migliore».
«Che mondo?».
«Un giorno lo saprai».
Non l’aveva accontentato, del resto era troppo giovane per capire certi misteri della vita. «Posso provare ad aggiustarlo io?».
«Certo che puoi, ma non basta riattaccargli le ali. Continuerà a non funzionare lo stesso».
«Voglio provarci!».
«Fallo, se ti fa stare meglio. Ma non soffrire, se non dovessi riuscirci».
Il bambino si mise d’impegno. Seduto in un angolo tentò ogni cosa. Le riattaccò le ali e pure una zampa che aveva perso. Giacché sembrava finalmente calmo, il padre lo lasciò fare e tornò al suo lavoro.
Alla fine il bambino urlò: «Ce l’ho fatta!».
«Che hai fatto, caro?».
«L’ho aggiustato!».
L’uomo inarcò un sopracciglio. «Fammi vedere».
Il bambino provò, ma appena aprì le mani la farfalla volò via. Trovò la finestra aperta e in un attimo scomparve.
«No, no, non scappare!», urlò disperato il piccolo, e le corse dietro.
«Che sta succedendo, Giuseppe?», chiese la moglie entrando nel laboratorio.
Se lo stava chiedendo pure lui. Cos’era successo?
«Niente, niente, Maria. È Gesù che… oddio, certe volte è così strano che non sembra neppure figlio mio».-
Questo argomento è stato modificato 10 anni fa da
Stefano Pastor.
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L'Antico.
14 aprile 2015 alle 17:52 #5294Benvenuto Stefano, è un onore averti nella nostra Arena. Detto questo: sei un gladiatore e io colui che dagli spalti, dal posto d’onore, decide per il pollice su o giù. Il tuo è un raggruppamento interessante, gli sopravvivrai?
Mi hai divertito, sì. Godibile, molto. Uno stile pulito, sicuro, deciso, senza fronzoli. Mi hai però deluso nel finale. Mi aspettavo una virata sul magico, ero pronto a godermi il trick conclusivo, l’invenzione con cui avresti coronato una si tal mirabile fondamenta e d’improvviso mi s’è palesato Gesù e non solo, pure Giuseppe e Maria. Inutile dire che ho perso un pelo di sprint e mi s’è afflosciato l’entusiasmo. Lo stile era moderno, l’immaginazione volava verso una situazione da famigliola dei giorni nostri, il ritrovarmi catapultato a duemila e passa anni prima mi ha destabilizzato. Un pollice su di tre quarti di racconto va dunque a fare media col pollice verso del finale e il risultato è un pollice ni con uff allegato per la delusione generata da uno stile così aggraziato quale possiedi che però in questo caso, a mio giudizio, non ha trovato adeguato finale.16 aprile 2015 alle 14:47 #5521Ciao Stefano!
La resa stilistica è efficace, i dialoghi sono credibili e non scadono nel banale. Il tema è centrato. Ciò che mi guasta (ecco XD) il giudizio complessivo – e che l’Antico prima di me ti hanno fatto notare – è la rivelazione finale che guasta un po’ di cose, mi lascia un “meh” che toglie sapore all’intera storia narrata, specie l’apparizione di Giuseppe e Maria così improvvisa, senza lasciarmi intendere nulla prima, anche solo qualche dettaglio misterioso che, alla fine, mi avrebbe fatto pensare “ah ecco, in effetti, non ci ho pensato prima”.
16 aprile 2015 alle 21:53 #5556Ciao Stefano, gran bel racconto: scarno, efficace, ottimi dialoghi, però il finale non mi è piaciuto.
Il racconto sarebbe perfetto se terminasse così:
“Che sta succedendo, Giuseppe?” chiese la moglie entrando nel laboratorio.
Se lo stava chiedendo pure lui. Cos’era successo?
Quindi evitando riferimenti biblici che a mio modesto parere “guastano” l’atmosfera che hai creato. Resta comunque la buonissima prova e la mano salda nei dialoghi che non è mai facile da trovare soprattutto quando per scrivere si hanno i minuti contati, ancora complimenti!19 aprile 2015 alle 0:35 #5726Ciao Stefano, è un vero piacere concorrere con te.
Mi hai spiazzato, fino a trequarti del racconto andava tutto bene. Il dialogo tra il bambino e il padre è perfetto, l’ambientazione è minimale, ma sufficiente. Poi cambia tutto. I protagonisti diventano Gesù, Giuseppe e Maria, e una storia leggera diventa una montagna da scalare. Personalmente credo troppo per le premesse. Alcune frasi cambiano completamente significato e a mio avviso complicano la storia. In una sola riga hai messo in discussione tutte le credenze sulla Natività. La verginità della Madonna, la consapevolezza di Cristo e di Giuseppe, persino la fuga dalla Palestina viene negata.
Questo è un racconto che merita qualche riflessione in più.
Ciao, spero vivamente di incontrarti ancora.21 aprile 2015 alle 18:25 #5935Ciao Stefano, il ritmo del racconto è scandito dallo scambio di battute tra i protagonisti, con brevi ma efficaci descrizioni delle azioni. Manca totalmente la caratterizzazione dei personaggi, ma si scopre alla fine che è proprio questo l’aspetto su cui hai puntato per creare l’effetto sorpresa e risolvere il tema proposto. Secondo me il deus ex machina che hai introdotto fa cadere il racconto nella categoria delle barzellette, invece che in quella dei racconti umoristici. Per questo lo considero un esperimento riuscito soltanto a metà. Peccato, perché mi è piaciuto il tuo stile giornalistico, pulito ed efficace.
22 aprile 2015 alle 9:54 #5962Come non amare questo nucleo famigliare qualunque, alle prese con i piccoli problemi di ogni giorno e che, alla fine, si rivela essere la cosiddetta Sacra Famiglia?
Una storia tenerissima, scritta in modo magistrale e capace di immergere il lettore in un’atmosfera, per l’appunto, famigliare!
Anche nel tuo racconto manca la componente del panico da guasto e il piano B, ma ammetto che questo breve racconto mi è talmente entrato nel cuore per la sua dolcezza che… Non me ne frega niente!
22 aprile 2015 alle 12:28 #5981La prima parte di questo racconto mi è piaciuta moltissimo, la grazia della scrittura fa il paio con la tenerezza del quadretto descritto e la profondità dell’insegnamento che il padre vuole impartire al figlio. Mi aspettavo un colpo di scena, ma quello che ho trovato non mi ha convinta. Le premesse erano volutamente “neutre” in modo da poter rivelare alla fine qualunque nucleo famigliare (tranne forse le mucche, non così diffuse nella Palestina dell’epoca da poter essere il primo animale enumerato in un elenco di esempi generali), ma avrei preferito qualche indizio in più…così ho la sensazione che l’identità dei personaggi sia solo uno scherzetto al lettore, non un’esigenza della storia che sarebbe stata deliziosa anche senza il colpo di scena.
22 aprile 2015 alle 14:04 #5987Ciao Stefano. Racconto magistralmente scritto, non c’è che dire. Ho apprezzato molto anche il fatto che non esiste alcuna connotazione di carattere temporale del setting. Detto questo, il fatto di scendere in ambito teologico l’ho trovato quasi scontato – di certo non per una questione di rispetto, grazie al cielo la scrittura è prima di tutto espressione di libertà – e avrei preferito una soluzione più fantasiosa. Insomma, bellissimo racconto, peccato per il finale che a mio avviso poteva essere gestito meglio.
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