Home › Arena › Ossario › 69ª Edizione – 4ª della 4ª Era – Two Days Edition Starring Roberto Bommarito – › [S] Philip Morris
Questo argomento contiene 8 risposte, ha 9 partecipanti, ed è stato aggiornato da L’Antico 9 anni, 9 mesi fa.
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22 luglio 2015 alle 22:02 #9056
“Stupida!”, diceva ridendo, e a dire il vero bastava solo quello per sciogliermi. Sapete, ero innamorata pazza di lui, allora non conoscevo le infatuazioni, e pensavo che quello fosse il solo sentimento possibile. E lui era così misterioso, coi suoi capelli neri, gli occhi neri, i tatuaggi neri sul bicipite destro e le maniche arrotolate alla spalla. E poi, poi fumava Philip Morris, i ragazzi della mia età non sapevano neppure pronunciare il nome di quelle sigarette, mentre lui sapeva cosa stava facendo. Aveva ventuno anni, io quindici, be’ era stato semplice, credo. Era iniziata per caso, una sera in discoteca. Stavo ballando e lui mi aveva presa da dietro e aveva cominciato a muoversi. Dopo poco ci baciammo, sapeva di gin tonic e fumo. il giorno dopo mi scrisse un messaggio dicendo che gli sarebbe piaciuto rivedermi, anche a me sarebbe piaciuto rivederlo, ovvio. Così ci rivedemmo nei giorni a venire.
Veniva a prendermi sotto casa con la sua auto, una Volkswagen bianca di qualche anno prima, e partivamo insieme. Andavamo in un bar a bere qualcosa oppure capitava di fumare un paio di spinelli e parlare per delle ore intere.
Un giorno avevo casa libera e anziché scendere io lo invitai a salire. Ci mettemmo a sedere sul divano.
“Allora?” Disse.
“Cosa?”
“No, dicevo, mi hai invitato a salire …”
“Sì.”
“Quindi?”
Ero ancora vergine a differenza sua e avevo una paura folle di fare l’amore. Ma lui era lì, così bello, con quella t shirt attillata e tutte le cose al posto giusto. Prese a baciarmi sul collo, con la barba leggera a solleticarmi la pelle. Poi infilò la mano sotto. Si muoveva delicatamente, come se stesse toccando un fiore sul punto di sbocciare. E mi lasciai andare, in culo alle paranoie e ai dubbi. Lo facemmo sul divano, e anche se durò dieci minuti appena fu un’esperienza magica. Una volta finito mi abbracciai a lui.
“Abbiamo fatto l’amore, Stefano?”
“Così pare.”
“Quindi vuol dire che mi ami?”
“Sì, stupida!”
E mi baciò.
Da quel pomeriggio si faceva praticamente tutti i giorni. Il più delle volte ci appartavamo con la macchina e restavamo lì, nel buio, chiusi a chiave e con lo stereo basso basso in sottofondo.
Non usavamo mai il preservativo, diceva che gli dava fastidio, che tanto sarebbe venuto fuori, di stare tranquilla. Capite, ero innamorata e lo assecondavo soltanto.
Oggi avrebbe avuto sei anni. Credo che se lui non mi avesse piantata lì, da sola, con un cazzo di feto nella pancia, e fosse rimasto con me senza lasciarmi di punto in bianco, a quest’ora lo avrei tenuto, il bambino. Però dai, è meglio che sia andata così, no? Sai che impegno sarebbe stato. Invece ora mi limito a comprargli un cup cake nel giorno del suo ipotetico compleanno, ci ficco sopra una bella candelina e me lo mangio da sola in camera.
Ogni anno è più dura però. E mi capita sempre più spesso di piangere. Forse è perché sono convinta che sarebbe stato un bellissimo maschietto, grassoccio e con i ricci neri, come suo padre che fuma Philip Morris e scopa con chi sa chi.-
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Enrico Nottoli.
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L'Antico.
23 luglio 2015 alle 9:57 #9131Ciao Enrico!
Ho trovato il tuo racconto una buona storia, scorrevole, toccante. Lo stile è leggero, con un buon uso del punto di vista della ragazzina protagonista, scorrevole, nonostante il tema sia poi pesante. Mi ero dimenticata che fossi un autore uomo mentre leggevo, il che è un ottimo segnale! Il finale si presagisce quando parli delle precauzioni, peccato perché smorza un po’ la “batosta” che poi ti arriva sul finale, comunque d’impatto.
Per essere pignoli (siamo qui per questo no? :P) avrei evitato il “suoi” in “con i suoi occhi neri” e “a differenza sua” rispetto alla verginità. Invece mi è piaciuta molto la frase “e tutte le cose al posto giusto”: originale, esprime a perfezione la dimensione adolescenziale e il punto di vista.
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 9 mesi fa da
Flavia Imperi.
24 luglio 2015 alle 18:01 #9200Una storia che mette una tristezza infinita, almeno a me. Se questo era il tuo scopo – la tristezza, non il fatto di farla provare a me, chiaramente
– allora ottimo lavoro.
Personaggi sordidamente reali, inutili e banali, che non hanno niente da raccontare o da dire nemmeno a se stessi, che vivono di frasi fatte e immagini stereotipate: la philip morris, il volkswagen, la casa libera e infine – ottimo – il cup cake con la candelina.
Il tono mi sembra adeguato al tipo di racconto, così come alcune costruzioni che echeggiano il dialetto. Verso il fondo, il linguaggio di lei mi sembra diventi più duro, delineando un personaggio femminile un poco diverso, forse anche peggiore, rispetto all’inizio.
Il fatto che ‘lui’ aspetti così tanto per arrivare al dunque – addirittura un esplicito invito di lei – mi sembra un poco ‘fuori personaggio’, gli dona una parvenza di nobiltà e buone maniere che ovviamente non ha, e in fondo lei è soltanto una preda fra le tante, forse una delle più stupide e con meno autocoscienza, che non merita l’investimento di così tanto tempo.
Dal punto di vista del testo, qualche piccola ripetizione dovuta probabilmente al poco tempo, sia dal punto di vista lessicale che con costruzioni un poco involute e ridondanti.
Il finale non è ‘a sorpresa’, si intuisce già alla terza riga che finirà più o meno così (complice anche il tema assegnato) e questo per certi versi potrebbe essere un difetto, almeno per chi pensa che un racconto breve debba per forza finire ‘a sorpresa’. In questo caso, non mi sembra un difetto ma l’inevitabile risultato, in senso quasi deterministico, dati i personaggi.24 luglio 2015 alle 21:56 #9221Ciao Enrico,
la lettura del tuo racconto è scorrevole e coinvolgente. Come è capitato anche a Flavia, anche io ho dimenticato che fosse un ragazzo a scrivere il che va a favore di un punto di vista e un lessico verosimili e godibili.
Devo dirti però che, se anche è vero che si può trascrivere ogni storia, si dovrebbe scegliere di raccontare quelle che hanno qualcosa in più da dire. La tua appartiene a quelle tristemente “citofonate”. I personaggi sono scontati e banali e, appena inquadrati, si sa già dove si andrà a parare.
C’erano tante strade con cui avresti potuto stupire il lettore, ma, purtroppo, hai scelto la più scontata.
Il tema è ovviamente centrato e lo stile e buono, a parte qualche ammaccatura qua e la che un po’ di labor limae può facilmente sistemare ( non se ne ha mai il tempo di fare qui a MC), peccato l’originalità.
Il mio giudizio è “sei bravo ma non ti impegni” 😛25 luglio 2015 alle 0:14 #9260Il testo aderisce pienamente al tema “Genitori sbagliati”. Lo stile rispecchia bene il linguaggio di un’adolescente ma ho trovato la descrizione del personaggio maschile un po’ troppo stereotipata (alcol, fumo, tatuaggi, tratti scuri, “misterioso”). Il bello e dannato di cui abbiamo già sentito parlare tanto. Il tema è decisamente un tema importante (gravidanza e aborto in giovane età) ma la conclusione si intuisce troppo presto per poter essere d’impatto. Inoltre, nella trama non ho riscontrato molti elementi di originalità (il bello e dannato che abbandona la ragazza, la prima volta con una persona sbagliata, il conseguente aborto).
27 luglio 2015 alle 2:47 #9336Ciao Enrico, ben ritrovato!
Genitori più sbagliati dei tuoi due protagonisti non ce ne sarebbero potuti essere, il tema è perfettamente centrato.
Sebbene siano effettivamente personaggi lievemente stereotipati, è doveroso notare come siano stereotipi più che comuni nella realtà e come la tua storia si ripeta nel mondo reale ogni giorno dall’inizio dei tempi.
Hai usato un registro crudo e un lessico decisamente credibile, elementi che contribuiscono a far calare il lettore nella realtà (effettivamente un po’ squallida) del tuo racconto.
Purtroppo condivido parte delle osservazioni negativi dei commentatori precedenti, la storia è effettivamente una storia di tutti i giorni per cui non risulta di forte impatto come invece dovrebbe.
In definitiva ti faccio i complimenti per la credibilità dei personaggi e lo svolgimento tecnico del racconto, un po’ meno per la scelta del soggetto; in ogni caso si tratta di un buon racconto che è stato piacevole da leggere, a presto.30 luglio 2015 alle 16:36 #9478Ciao Enrico!
Più che di genitori sbagliati, mi pare che in questo racconto di sbagliato ci sia il partner. A parte questo direi che la narrazione scorre dritta senza intoppi fino alla conclusione, anche troppo senza intoppi. L’incontro, la seduzione, l’amplesso, la gravidanza, l’abbandono, l’aborto… tutto troppo scontato. In definitiva il racconto è scritto molto bene, ma è davvero troppo semplice, sia come trama che come sviluppo, come la foto scattata ad arte di un paesaggio stra-conosciuto, bella ma il paesaggio resta sempre quello. Il pdv della protagonista è stato reso bene, ma la trama o la narrazione avrebbe bisogno di qualche “scatto” in più (tipo la “Volkswagen bianca di qualche anno prima”) e molti stereotipi di meno (il bello coi riccioli e i tatuaggi, per dire).
Alla prossima!
30 luglio 2015 alle 17:07 #9489Ciao Enrico,
il racconto tratta un argomento pesante com’è giusto che sia, forte, che lascia quel giusto senso di amarezza. Duro e castigante un certo tipo di fenomeno sociale.La scelta del soggetto però lascia un senso di insoddisfazione, probabilmente perché non vi è una reale maturità in chi racconta l’avvenimento a distanza di anni, il che rende il racconto una testimonianza didascalica, che non dice più di quel che sono i fatti stessi. Il tema è centrato.
Scavi a fondo, ma meno di quanto avresti potuto. Comunque coraggioso.
1 agosto 2015 alle 23:25 #9640Confermo le mie impressioni sui tuoi testi: hai una voce ben definita, schetta e originale. Forse qui lo sguardo è meno obliquo e più diretto, ma va bene lo stesso. Il tema è perfettamente centrato: i genitori sbagliati, oltre ai due ragazzi, sono anche quelli mai presenti in scena, quelli che permettono a una ragazzina di 15 anni di uscire tutte le sere. Pollice su senza grosse riserve.
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