Home › Arena › Ossario › 68ª EDIZIONE – Baraldi Edition – 3ª della 4ª Era › [V] Quinto piano, scala B.
Questo argomento contiene 10 risposte, ha 10 partecipanti, ed è stato aggiornato da Alessandra Corrà 9 anni, 10 mesi fa.
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15 giugno 2015 alle 23:29 #7760
Di fronte alla finestra della camera di Irene, nel grosso palazzone di cemento identico a quello in cui abitava lei, c’era una stanza la cui luce non veniva mai spenta. A volte a Irene capitava di svegliarsi nel cuore della notte, magari dopo un brutto sogno, e allora andava ad alzare un po’ le tapparelle e guardava fuori. E, ogni volta, la luce del palazzo di fronte era lì. Non una luce fredda e malaticcia come quelle dei lampioni, no, una luce calda, che faceva bene al cuore.
Civico 47, quinto piano, scala B. Tutti nel quartiere sapevano che eri lì che abitava la signora Emilia. Signorina, a dir la verità, perché non si era mai sposata. Conosciuta da tutti per la sua gentilezza e disponibilità ad aiutare il prossimo. E perché la luce del suo salotto rimaneva sempre accesa tutta la notte.
La nonna di Irene, Rosa, la conosceva bene la signorina Emilia. Si erano trasferite nel quartiere grosso modo nello stesso periodo, Rosa appena sposata, Emilia in cerca di una nuova vita dopo una lite con la famiglia. Entrambe avevano lasciato i rispettivi paesini per le fabbriche della città, entrambe non conoscevano nessuno in quell’ambiente nuovo e grigio, e presto avevano fatto amicizia.
Rosa era forse l’unica persona, oltre a Emilia stessa, a sapere cosa fosse successo di preciso la notte che diede origine a tutto. Irene aveva provato più volte a farselo raccontare, ma sempre invano.
“Non ha importanza” diceva la nonna. “Quella notte, a Emilia successe una cosa molto brutta. Dire cosa di preciso toglierebbe solo significato alla sua storia. E da quella notte Emilia cominciò ad avere paura del buio. Per questo prese a lasciare accesa la luce del salotto. Ci vollero quindici anni, perché tutto cambiasse di nuovo.”
Anche quella era una storia nota. La storia di un’altra ragazza, che era arrivata nel quartiere per caso, vagando senza meta nella notte. E quella notte, così come molte di quelle precedenti, l’animo della ragazza era più buio del cielo senza stelle. Non voleva tornare a casa, perché aveva paura del suo balcone al decimo piano, paura che potesse essere la notte in cui non si sarebbe limitata a sporgersi e guardare giù. Avrebbe voluto chiedere aiuto a qualcuno, ma era così tardi e le strade erano così deserte…
E poi, aveva visto la luce al quinto piano del palazzo all’angolo; a quel punto, era stato l’istinto a guidarla.
Emilia stava dormendo, ma si svegliò al suono del campanello. Esitò davanti alle parole sconnesse che arrivavano dal citofono, poi aprì. Appena arrivata nel salotto, la ragazza scoppiò a piangere, confidò a quella sconosciuta tutti i suoi tormenti. Passarono la notte a parlare. Quando giunse l’alba, Emilia si accorse che la ragazza stava un po’ meglio. Per lo meno, ora non provava più l’impulso di saltare giù dal balcone al decimo piano.
Dopo quella notte, Emilia continuò a tenere la luce accesa, ma qualcosa in lei era cambiato. Ora, quella luce non era più un segno di paura, ma di speranza.16 giugno 2015 alle 9:58 #7865Ciao Viviana, ben ritrovata.
Racconto lirico il tuo, delicato, con una struttura impeccabile e un finale che strappa la lacrima di commozione.
Tuttavia ho da segnalarti che c’è qualcosa che non gira nel “non detto” del racconto. È una buona idea, spesso, lasciare immaginare al lettore quali siano i “casi di paura” delle due donne della storia, ma la narrazione ha molti gradi di separazione da loro: la nonna racconta la storia per sentito dire alla nipote che la riporta e nessuna ipotesi su questi fatti. Rimangono lontani, da storia sentita al bar, poco partecipata.
Forse anche la scelta della terza persona, dedicata poi a Irene, e non alla signorina Emilia, allontana troppo il lettore dalla storia.
Ciao, alla prossima!
16 giugno 2015 alle 18:27 #7999Ciao Beppe!
Grazie del commento. In effetti, un po’ era quello che mi preoccupava, di aver ingarbugliato troppo le cose (per lo meno rispetto ai caratteri disponibile, avrei voluto dare un po’ più di spazio a tutti i personaggi, ma mi sono dovuta arrangiare). Un po’ di distanza tra il lettore e la storia era voluta, la prossima volta tarerò con più attenzione.17 giugno 2015 alle 8:25 #8048QUINTO PIANO, SCALA B di Viviana Tenga. Ben ritrovata. C’è una nota poetica nel tuo racconto, costituita dalla luce che fa bene al cuore. Io l’ho vista come la metafora dell’altruismo di Emilia, la quale salva la vita a una ragazza con propositi suicidi (volo dal decimo piano), pur avendo lei stessa una voragine di buio nell’anima, che la spinge a tenere la luce sempre accesa (non specifichi quale, ma dici che è nubile, forse una violenza carnale?). Mi piace il collegamento fra i personaggi (Emilia è amica di Rosa, nonna della voce narrante Irene); unica nota, ma è un mio parere, dovresti scegliere un sinonimo per succedere nella seconda frase (il racconto ne acquisterebbe).
18 giugno 2015 alle 22:47 #8203Ciao, storia che scorre liscia senza grandi problemi di comprensione. Anche la scelta di non rivelare i particolari che hanno causato il trauma non pesa perché il punto cardine sono le conseguenze di quell’evento. Perché è grazie a quello se la ragazza aspirante suicida si salva. Quello che forse trovo un po’ troppo affrettato è la perdita della voglia di butatrsi giù già l’indomani. Forse qualche altra notte a chiacchierar eavrebbe reso la “guarigione” più realistica. Mi piace soprattutto che, nonostante anche Emilia sia “guarita”, la luce continui a rimanere accesa.
21 giugno 2015 alle 12:18 #8370Ciao,
ho trovato il tuo racconto molto delicato, con un lieto fine che si fa apprezzare.
E’ scorrevole e piacevole alla lettura, anche se ho trovato fastidioso l’eccessivo “non detto” o “detto per sentito dire”, che ingarbuglia la lettura e porta a perdere il focus ogni tanto. In questo senso, forse ti aiuterebbe eliminare il personaggio di Irene, che non compie nessuna azione attiva, svolgendo la funzione di un filtro che forse è superfluo per questa storia.
21 giugno 2015 alle 14:42 #8378Troppo raccontato. Lo spunto è ottimo e l’utilizzo del tema davvero ben riuscito, ma manca qualcosa. Sembra quasi che la bambina si faccia raccontare la storia di Emilia come una storia della buonanotte e allora perché non aumentare il dialogo, ammantare il tutto di un pizzico di magia e farla diventare una fiaba moderna in cui, senza il preambolo in cui la finestra reale è da subito mostrata, alla fine la bambina si volta verso la finestra, osserva la lucina accesa e, con un sorriso, chiude gli occhi rassicurata, facendo capire solo in quel momento che la favola raccontata dalla nonna non era così tanto inventata? Pollice NI tendente verso l’alto, ma allo stato attuale percepisco più l’occasione mancata che non un racconto concluso.
22 giugno 2015 alle 12:11 #8414Trovo che il racconto sia scritto bene e procede alla fine senza intoppi: Anche nel tuo caso ,dal punto di vista stilistico trovo che sia tutto molto buono. Forse quello che mi piace di meno, è che la vicenda, come ho fatto notare in altri raccontoi, è tutta raccontata. Comunque è un raccontato che non da l’idea di essere stato compresso per entrare nei 3k. Quello che mi fa storcere un po’ il naso è il fatto che non dici niente sul perchè Emilia abbia così tanta paura del buio. Forse come dici non ha davvero importanza. Mi è piaciuta l’evoluzione della protagonista che si respira nel finale.
24 giugno 2015 alle 10:52 #8603Ciao Viviana e ben ritrovata!
Che poesia! Il tuo racconto è sussurrato, delicato e sarebbe bellissimo se ci dicessi qualcosa in più! Sembra quasi una favola moderna, se non fosse per l’ambientazione precisa e ben delineata.
Un Dubbio: Emilia ha subito un trauma profondo che la porta a lasciare la luce accesa e, nonostante questo, quando sente suonare il citofono in piena notte e le “parole sconnesse” della sconosciuta, si limita a esitare e poi apre la porta? Va bene che sia gentile e disposta ad aiutare il prossimo, ma questo non mi quadra.
Quindi, racconto scritto molto bene, di una poesia rara, ma che non mi convince appieno!
Alla prossima!
25 giugno 2015 alle 10:00 #8632Ben trovata Viviana. Racconto molto delicato su un argomento particolarmente spinoso come la depressione. Il tema è centrato pienamente, anche su più chiavi di lettura. La tecnica c’è e si vede per come è scritto poiché tutto scorre ed è di facile comprensione. Mi è piaciuta particolarmente la chiusa, semplice ed efficace.
25 giugno 2015 alle 12:24 #8655Ciao Viviana,
Mi è piaciuta il racconto per la profondità racchiusa in ciò che non viene detto e nella leggerezza con cui viene raccontato.
La solitudine e l’angoscia che prova la ragazza nel cuore della notte e che la indirizzano da Emilia è credibile ed è tecnicamente descritta molto bene. Su questo niente da dire. Ma ci sono troppi personali. Sono anche io d’accordo che il personaggio di Irene poteva essere omesso, perché depista il lettore dalla vicenda centrare, quella davvero importante.
Alla Prossima! -
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