Home › Arena › Ossario › 66ª EDIZIONE – Tonani Edition – 1ª della 4ª Era › [C] Sono qui ( di F.F.F. )
Questo argomento contiene 19 risposte, ha 10 partecipanti, ed è stato aggiornato da L’Antico 10 anni fa.
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13 aprile 2015 alle 23:26 #5111
Era sceso il cielo, colmo di dense nuvole nere, con la sua prepotente mano aveva coperto la vetrata e l’oscurità stava per conquistare la stanza.
Io, bambina, ero dai vicini per un pomeriggio di gioco con i loro figli.
Qualcosa di grave stava per accadere, allarmata smisi di pensare alle colorate tessere del puzzle, mi chiesi dove fosse finito il sole, era lì cinque minuti prima: caldo, come doveva essere a giugno.
Immobile fissavo il tetro spettacolo.
Calò il silenzio che fu rotto dal soffiare inquietante di raffiche di vento.
I miei amici continuavano a giocare per nulla turbati dall’improvvisa tormenta.
Un boato fece tremare le pareti, la vetrata esplose, centinaia di schegge volarono impazzite.
La padrona di casa, gridò – Bambini, toglietevi di lì!
Mentre ci guidava verso la scala, aggiunse – E’ la fine del mondo! Siete feriti? Vi ha colpito un pezzo di vetro?
Nessuno si era fatto male, i frammenti ci avevano sfiorato senza procurare danni.
La donna aprì la porta del sottoscala, ci spinse dentro le tenebre dall’odore di muffa.
Al piano superiore riposava il marito che, svegliato dal botto, urlò:
– E’ un fottutissimo ciclone, porterà via il tetto! Non c’è corrente. Un guasto al contatore, ha fatto fiamme. Cerca la pila!
– L’ho trovata, Augusto, non funziona.
– Candele?
– No!
– I bambini sono al buio.
– La candela di Halloween, nel cassetto!
Eravamo al sicuro? Tastai il muro ruvido, oltre lo strato di mattoni c’era casa mia: mia madre, la nonna, vicine ma impossibili da raggiungere.
– Voglio andare a casa, aprite l’uscio, non voglio morire qui!
Augusto ordinò di non far spegnere la piccola zucca di cera e smettere di agitarmi che seminavo panico, lì nessuno sarebbe morto.
La sua era una bugia. C’era la fine del mondo e sarei dovuta stare buona e calma, come poteva chiederlo? Piansi a dirotto, odiai i due amici senza cuore e i loro genitori che mi tenevano prigioniera.
Un muro mi divideva dagli affetti più cari, l’avrei abbattuto a calci se ne avessi avuto la forza.
Rumore di vetro spaccato, ancora.
Clangore di metallo.
Porte e infissi che sbattevano.
Un ampio buco era ciò che rimaneva della vetrata, entravano fiotti di pioggia, nuvole di foglie, rami e pezzi di tegole.
Inginocchiata, pregai, supplicai il mio angelo di salvarci e di riportarmi da mia madre.
Appoggiai la fronte alla parete, le lacrime non smettevano di scendere, chiamai – Mamma! – convinta di non rivederla.
Percepii delle voci, battiti ovattati: toc, toc, toc.
– Mamma, non lasciarmi, il ciclone mi porterà via, non so volare!
La sua debole voce, concitata, rispose – Sono qui, mi senti? Tranquilla, farfallina, tu puoi volare. Passerà, conta fino a cento e verrò da te.
Era viva.
Scivolai a terra, mi sdraiai e chiusi gli occhi.
Li riaprii solo quando lei, con l’abito e i capelli inzuppati, senza le scarpe dimenticate per la fretta, fu al mio fianco.
E ora, non più bambina, nel turbine della vita, aspetto, stesa sul letto a occhi chiusi: conterò fino a cento e lui, il mio amore, verrà a prendermi.15 aprile 2015 alle 0:00 #5339Ciao Stefania.
Non mi ha convinto del tutto questo racconto, sebbene rimane un buon racconto, per diverse ragioni: per prima cosa, mi sembra che ci sia una mancanza di armonia stilistica, in quanto la voce della narratrice non è sempre ben udibile, ma si alterna a pezzi che parrebbero scritti quasi in terza persona, senza partecipazione della narratrice. Il finale, poi, mi sembra abbastanza appiccicato, senza una connessione col resto della storia (Immagino a causa della necessità di tagliare per rientrare nello spazio). Aggiungo che il tema non mi sembra del tutto rispettato, perché manca il piano B. Tutto sommato però sono difetti che si possono ridurre, limando un po’ il testo. Quindi, in sostanza un racconto carino anche se perfettibile.
A rileggerci
Angelo15 aprile 2015 alle 9:45 #5350Ciao e grazie per il tuo commento 😉
Il piano B esiste, c’è.
La voce narrante è una sola… quella che parla al presente.
Il racconto non è stato accorciato mi è nato così, l’ho fnito così; il finale ha la connessione con la storia, eccome, prova a rileggerlo
Un abbraccio S.-
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15 aprile 2015 alle 9:47 #5351Ciao e grazie per il tuo commento 😉
Il piano B esiste, c’è.
La voce narrante è una sola… quella che parla al presente.
Il racconto non è stato accorciato, mi è nato così, l’ho fnito così; il finale ha la connessione con la storia, eccome, prova a rileggerlo
Un abbraccio S.-
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16 aprile 2015 alle 21:44 #5552Racconto scorrevole che invoglia la lettura. Mi piace l’immagine della protagonista che pensa a sua madre al di là del muro; vicinissima a ciò che è più importante per lei ma impossibilitata a raggiungerlo a causa di un ostacolo (apparentemente) invalicabile.
Inizialmente il cambio di scena finale mi è sembrato un po’ immotivato, ma, come suggerisce anche il titolo, il racconto parla soprattutto di presenze/assenze, dunque alla fine la conclusione risulta coerente con l’insieme-
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Linda De Santi.
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Linda De Santi.
17 aprile 2015 alle 14:02 #5587Grazie Linda! Apprezzo molto il tuo commento e la tua sensibilità che ti ha portato a volare: oltre quel muro. 😉
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STEFANIA FIORIN.
17 aprile 2015 alle 16:19 #5597Mi piace molto il tuo modo di descrivere una piccola apocalisse locale, sei riuscita a comunicare bene la sensazione di oppressione e paura di una bambina catturata in qualcosa di spaventoso, separata dai suoi punti di riferimento.
Anche io, nel finale, ho avuto qualche perplessità per il repentino cambio di scena, ma il parallelo tra le situazioni negative e gli affetti che, come angeli custodi, si spera giungano in aiuto è diventato più chiaro con la rilettura.
Unico appunto, mi è piaciuto molto il registro quasi epico utilizzato all’inizio per descrivere l’arrivo del ciclone e il cambio di stile narrativo tra l’altisonante narratore e la bambina spaventata a volte stride un pochino.Un bel racconto molto “sensoriale” e sentimentale.
17 aprile 2015 alle 17:50 #5604Grazie di cuore Invernomuto, il tuo commento mi tocca nel vivo! Ti lancio un sorriso, spero che ti arrivi
18 aprile 2015 alle 10:52 #5637a mio avviso ci sono un paio di stonature in questo racconto. una è nella forma, e può essere un aspetto superficiale ma secondo me confonde: i personaggi hanno nomi italiani ma descrivi una scena che sa molto di film americano: l’uragano che scoperchia la casa, la “candela di halloween”. per carità, niente vieta che siano cose che si presentano anche qui (anche se trombe d’aria così devastanti mi sembrano estremamente rare da noi, ma posso sbagliarmi), ma mi sembra attingere a un’immaginario da film catastrofico USA. il secondo punto è che il tema e giusto citato, ma non mi sembra affatto centrale: l’uragano è il vero punto d’inizio della vicenda, e il guasto all’impianto elettrico è giusto accennato e del tutto irrilevante, nel contesto. ciò premesso, devo anche aggiungere che non ho capito il finale. c’è questo dramma iniziale, ma poi, le ultime righe a cosa riferiscono? “vent’anni dopo”? mi sembra che la vicenda non si completi, che manchi un vero collegamento a chiusura della situazione presentata all’inizio.
18 aprile 2015 alle 12:25 #5657Ciao Andrea e grazie per il tuo commento.
Trovo strano non emerga che il ciclone serve come metafora. Che il muro non è solo un muro inteso mattoni uno sull’altro bensì…
Vedo storie completamente inventate, fantasie, apprezzate e comprese nell’incomprensibile. Ci sono invece racconti dove si parla di sentimenti, del profondo sentire che ci distingue e ci personalizza… dove va letto oltre le parole, mi rendo conto che a volte è un viaggio difficile.
Vorrei precisare alcuni punti :
– non descrivo una scena da film americano ma fatti realmente accaduti da noi. In Italia ci sono frequenti cicloni ( o trombe d’aria… è la stessa cosa) che colpiscono in prevalenza le zone vicine al mare ( ma anche se fosse attinto non vedrei alcun problema…).
– Halloween è una ricorrenza che da decenni viene riproposta anche da noi.
-Il guasto e il piano B, c’è, anzi, ci sono. In ben due punti del racconto c’è guasto e piano B per risolvere. Uno è il contatore col piano B candela di Halloween per rincuorare i bambini al buio ( prego di notare il contrasto dell’accostamento, dettagli importanti ) : una zucca di cera che con la sua simpatica forma e fiammella porta sollievo a dei bambini in un momento di tenebre e sconforto. Il secondo guasto ( più ampio, talmente ampio da riempire metà racconto…) è alla vetrata che esplode, il piano B è l’evacuazione della stanza con riparo nel sottoscala.
– La narratrice è la donna che parla al presente, distesa sul letto rivive momenti del suo vissuto, la paura, l’abbandono, l’assenza e presenza di affetti. Il racconto è una metafora della vita. Il turbine che lei cita non è altro che la vita con i suoi dolori, i suoi cicloni, le sue distruzioni e la salvezza, l’arrivo degli affetti a salvare, a rincuorare. 😉
E’ tutto collegato nel racconto, credo che per entrarci si debba collegare il cuore. Comprendo che non si può piacere a tutti. Un abbraccio-
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20 aprile 2015 alle 11:31 #5816Ciao Stefania,
racconto che tiene col fiato sospeso, buono il ritmo.
Nella prima parte c’è un uso eccessivo di aggettivi che “condisce” troppo le scene già molto movimentate.
Il padre che si sveglia di botto e spara una frase così articolata mi è sembrato poco credibile, ma nel complesso è una storia che si legge volentieri.
Nel finale compare una figura che viene chiamata “amore” e non so bene come collocare: la madre? Un uomo? Comunque godibile, brava!-
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willy.
20 aprile 2015 alle 12:23 #5828Grazie per il tuo commento Willy! Smack smack smack.
ll signor Augusto parlava così 😉
La donna dice: lui, il mio amore. Non è la madre, è un lui, il suo amore.-
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20 aprile 2015 alle 21:14 #5861<p class=”MsoNormal” style=”text-align: justify;”>Questo è un racconto che lascia decisamente il segno. Ciò che rimane, in particolare, è il senso di panico vissuto dalla protagonista ed espresso con un tono che trovo agghiacciante nella sua spontaneità e nel sapore vagamente (e saggiamente) infantile. In altre parole, il testo è capace di coinvolgere il lettore nel terrore della protagonista andando a pescare nelle paure recondite che ognuno ha, nonostante si illuda di averle allontanate con la razionalità e la maturità.</p>
21 aprile 2015 alle 13:59 #5910Ciao Stefania.Non mi ha convinto il tuo racconto.E’ scritto bene, solo che secondo me è fuori tema.Il guasto mi è sembrato limitato alla rottura di un apparecchio elettrico e non ad una situazione vera e propria situazione.Il finale mi è sembrato un po criptico e poco legato al resto della storia.
21 aprile 2015 alle 21:28 #5942Alessandro, grazie per il tuo commento. 😉
Il guasto non è solo quello del contatore, l’ho già spiegato sopra. Come ho già spiegato il finale ecc. ecc. basterebbe dare una lettura un poco più attenta. I guasti nel mio racconto sono ben 2 ( due), uno occupa metà storia : la vetrata esplode, buuuum, schizza vetri impazziti, resta un buco da dove entra di tutto… ecc ecc. Pano B: evacuare la stanza allontanando i bambini dal pericolo proteggendoli dentro un sottoscala… ecc ecc
Tornando al guasto, non mi sembra di aver letto che doveva dare origine a una situazone vera e propria, non mi pare che sia stato specificato che la storia si deve basare sul guasto, è stata data una traccia che poteva essere sviluppata in libertà, Riporto “Considera anche che un’interpretazione può essere personale e sta all’autore in quel caso convincere il lettore della bontà della stessa. ”
I giudizi sono espressi sui racconti , sul loro contenuto, sul loro messaggio, sulla tecnica e fantasia o sul guasto quante righe occupa?
Mi scuso ma fatico a comprendere alcuni giudizi, nonostante abbia scritto parecchi chiarimenti mi pare che non vengano neanche letti… forse sbaglio qualcosa dato che sono nuova? Non appaiono le mie risposte? Io le vedo…
Cari saluti-
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22 aprile 2015 alle 11:31 #5970Raffaele: grazie! Le parole del tuo commento mi accarezzano 😉
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22 aprile 2015 alle 14:11 #5988Ciao Stefania.
Mi piace l’immagine che hai scelto di raccontare: un ciclone che agli occhi di una bambina sembra la fine del mondo, la fine di tutto. Una lettura piacevole e scorrevole, mi ha tenuta incollata allo schermo sopratutto perché sono riuscita a calarmi nei panni della bambina. Belle le descrizioni e bella la figura della madre e la frase che le dice aldilà del muro.
L’unica cosa che mi ha lasciato la gola un pochino secca è la fine, non so, vorrei sapere che le succede adesso e vorrei sapere chi è questo amore che deve andare a prenderla, è quello che mi resta dopo aver letto le ultime due righe.
Comunque sia, brava!22 aprile 2015 alle 17:34 #6023Grazie Carolina! smack! Questo amore che andrà a prenderla, potrebbe avere un cavallo bianco… oppure … 😉
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22 aprile 2015 alle 18:44 #6035Ciao Andry666, grazie per il commento.
Vorrei chiedere a te una cosa, dici che le frasi sono frammentate ( non ti è venuto in mente che siano state scritte così apposta perchè dette da uno in stato di estrema tensione in un momento di pericolo? ) ma tu, durante un devastante ciclone, pieno di paura per te e per gli altri, come parleresti? così forse – Scusa, cara, vorrei informarti che il gentil contatore ha emesso delle fiammate pericolose che mi hanno fatto preoccupare molto –-
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23 aprile 2015 alle 19:35 #6090Stefania, benvenuta nella mia Arena. Vedo che ti segue una tempesta di sabbia, sei in un turbine di vento, utilizzi gli elementi nella pugna, novella Tempesta degli X-Writers. Sì, mi sollazzi, continua così.
Occhio al messaggio, a livello metaforico la tua storia potrebbe essere anche intesa come una fuga nello scantinato dal turbinio della vita in attesa di qualcuno che venga a salvarci, in pratica la teoria dello struzzo. Che è poi la sensazione che mi ha trasmesso il finale con questa protagonista che, segnata da quell’esperienza, chiude gli occhi quando viene toccata dai problemi della vita e aspetta. Diverso sarebbe stato se tu avessi concentrato anche il finale sul rapporto con la madre e lei, ormai anziana, ormai alla fine, chiudesse gli occhi e attendendo il momento, rimembrasse quell’antico evento e, con il sorriso sulle labbra, si aspettasse di rivederla.
Belle le immagini che evochi, molto forte quella del muro a dividere. Ho notato qualche problema in più nell’uso dei dialoghi, sempre annunciati, ma prima di inoltrarmi oltre attendo di rileggerti per capire se è una tua cifra stilistica o qualcosa su cui lavorare. Un pollice timidamente innalzato verso l’alto, ci vediamo al lab (che annuncerò a breve). -
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