[P] Tabula rasa


Questo argomento contiene 10 risposte, ha 10 partecipanti, ed è stato aggiornato da L'Antico L’Antico 9 anni, 9 mesi fa.

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  • #9002
    Alberto Della Rossa
    Alberto Della Rossa
    Partecipante

    Mia madre aprì gli occhi. Una ragnatela di rughe che guardava il mondo per la prima volta, come un neonato partorito già decrepito. Il cielo racchiuso negli occhi azzurri che osservavano la stessa stanza di sempre, con lo smarrimento di chi si sveglia in un luogo sconosciuto.
    Era una di quelle mattine in cui non riconosceva né ricordava nulla del mondo che la circondava da quasi novant’anni. Si guardò le mani, sgranando gli occhi.
    “I miei anelli! Dove sono i miei anelli!”. Trovavo formidabile come l’aggressività di sempre riuscisse a farsi strada nella tabula rasa della malattia.
    “Mamma, gli anelli sono al sicuro”, sospirai. “Li abbiamo tolti perché ti davano fastidio, non ricordi?”
    Mi sentii stupido. No che non ricordava. L’alzheimer si era portato via tutti i ricordi recenti e li avrebbe restituiti solo in capo a qualche ora, nel migliore dei casi.
    Claire entrò in quel momento, bussando appena prima di aprire la porta della stanza. Portava il vestito bianco a fiorellini rossi che mi piaceva tanto. Le guardai le gambe nude. Era splendida.
    Le labbra carnose accennarono solo un “ciao amore” verso di me, prima di aprirsi in un candido sorriso rivolto a mia madre.
    “Buongiorno Margaret.”
    Non ebbi il tempo di avvisarla che era una di quelle mattine.
    Mia madre si voltò verso di me, la linea sottile delle labbra tremava leggermente.
    “Adam. Una negra è entrata in casa nostra. Sarà stata lei a rubare i miei anelli.”
    Puro Texas orientale anni quaranta.
    Chiusi gli occhi. Mi vergognai per lei.
    Guardai Claire mortificato, implorando perdono con lo sguardo. Sorrise ancora di rimando e poggiò la tazza di the sul comodino sotto lo sguardo di fuoco di mia madre, incapace di riconoscere sua nuora.
    Senza dire una parola, si girò con un fruscìo di seta . Mi sfiorò le labbra con un bacio, mettendo a segno in un colpo solo la mia resa e la sua piccola vendetta nei confronti della vecchia insopportabile distesa a letto.
    Uscì dalla stanza, facendomi l’occhiolino, appena prima che mia madre iniziasse a urlare insulti da Ku Klux Klan.

    Quando scesi da basso, qualche ora più tardi, trovai Claire seduta sulla vecchia poltrona di mio padre, intenta a sfogliare una vecchia rivista di caccia. Abbracciai con lo sguardo la casa nella quale ero cresciuto. Dalle pareti mi guardavano stralunate le teste di due cervi impagliati. Un piccolo alligatore faceva bella mostra di sé sopra il camino, appena sotto i fucili da caccia.
    Una perla nera in casa di bianchi del sud. Dal nulla affiorò il ricordo di mio padre, sul letto d’ospedale, intento a stringerle la mano, abbattendo nei suoi ultimi minuti una vita di pregiudizi. Mio padre adorava Claire, era solo troppo texano per ammetterlo.

    Si alzò dalla poltrona, lasciandomi il posto per tornare con due birre.
    “Toglimi una curiosità” chiesi, “come fai a non odiarla?”
    Si fermò un istante, poi sorrise.
    “Sciocco. Io ti posso avere tutti i giorni. A lei, a volte, di te non rimane neppure il ricordo”.

    #9177
    Angelo Frascella
    Angelo Frascella
    Partecipante

    Ciao Alberto.

    Bel racconto, scritto con uno stile efficace e coinvolgente che sfrutta molto bene la prima persona e riesce a toccare almeno due temi importanti come la malattia (e l’importanza della memoria) e la tolleranza (e la sua evoluzione), raccordandoli in modo che risulti evidente come cancellando il ricordi di certe evoluzioni della civiltà il mondo peggiori di colpo.

    A rileggerci (magari durante un viaggio nel Texas orientale)

    #9198
    Angela Catalini
    Angela Catalini
    Partecipante

    Racconto di gran pregio, scritto molto bene, tra l’altro. Unico appunto che mi sento di fare è l’uso del maiuscolo per la malattia (Alzheimer), almeno io l’ho sempre trovata in maiuscolo. Per il resto mi sembra una testimonianza preziosa che non scade in facili pietismi. Complimenti per lo stile; uno dei migliori racconti che ho letto fino ad ora e che spero di ritrovare in finale. Molto bravo.

    #9329

    Alexia
    Partecipante

    Bello stile, incalzante, elegante, senza sbavature. Si legge lasciandosi andare in un abbraccio, grazie alla tua capacità di raccontare in poche righe un mondo intero. Percorri la vita dei tuoi protagonisti con maestria, e ci si allieta dei loro ricordi comprendendo il testo senza indugi.
    Bella la storia, l’ambientazione e la forma elegante che sei riuscito a dare a un argomento ostico.
    La malattia non è protagonista, ma è solo una piccola parte della vita.
    Complimenti!

    #9331
    Ambra Stancampiano
    Ambra Stancampiano
    Partecipante

    Ciao Alberto,

    Il tuo racconto è scritto molto bene; descrivi alla perfezione una crisi di aggressività tipica del malato di Alzheimer, ma riesci a farci passare subito l’empatia e la pena che proviamo per la madre del protagonista attraverso la sua battuta razzista. Tocchi temi importanti come la memoria, il razzismo, l’affetto ed i tempi che cambiano, dipingendo con poche parole un bel quadro di umane contraddizioni. Bravo!

    Alla prossima!

    #9368
    Ozbo
    Ozbo
    Partecipante

    Ciao Alberto,
    il tuo racconto è scritto molto bene e affronta in modo non scontato il tema della malattia e quello del razzismo. Ho però alcuni dubbi. Perché un’ambientazione texana, per degli eventi che potrebbero benissimo accadere a Roma, Milano, Napoli? Del Texas ne so troppo poco per potere giudicare, ma mi sembra che il quadro che ne esce soffra un po’ degli stereotipi. Se i texani sono in media razzisti, che impatto ha la battuta della vecchia madre? Pensala in bocca a una benpensante di sinistra milanese, romana o napoletana. Sarebbe interessante anche in contrasto col padre conservatore ma che in fin di vita accetta Claire.
    Anche il finale non mi ha convinto molto. Queste perplessità e critiche non mi impediscono, in ogni caso, di apprezzare la tua scrittura in generale e questa prova in particolare.

    #9384
    Alberto Della Rossa
    Alberto Della Rossa
    Partecipante

    Ciao Ozbo. Perché texana? e perché no? La sciura milanese è per noi uno stereotipo culturale tanto quanto il razzismo texano, con la sola differenza che la controparte italiana non è famosa all’estero. Il vero punto della questione è che il racconto nella mia testa è nato in texas, forse perché avevo parlato a un amico del ciclo di Hap e Leonard il pomeriggio stesso.
    Genericamente la scrittura vive di stereotipi culturali. Solo che facciamo i fighetti e li chiamiamo topoi ma, stringi stringi, la differenza è spesso davvero minuscola.

    Un’aggiunta a quanto detto: a ripensare alle tue parole, anche mi fossi posto il problema, avrei scelto comunque il setting estero. Perché, come hai detto tu, l’obiettivo è di legare una forma comportamentale a un soggetto adeguato, ed è vero: il pregiudizio della signora milanese spesso non ha nulla da invidiare a quello del profondo sud americano, forse è solo un più radical chic. Ma la signora milanese non mi avrebbe permesso la potenza di una frase “C’è una negra in casa nostra”. Avrei dovuto usare una locuzione più blanda, non meno priva di disprezzo ma sicuramente più sublimata. Usare il texas mi ha permesso di contrarre tutto questo, senza dovermi perdere in spieghini o giri di parole per giustificare la realtà dello scambio di battute.

    Quanto al finale, beh, può piacere o non piacere :)

    grazie comunque per lo spunto di riflessione, sicuramente da tener presente in altri contesti!

    #9556
    Luigi_Locatelli
    Luigi_Locatelli
    Partecipante

    – (FD) Tabula rasa, di Alberto Della Rossa, ore 0.03, 2932 caratteri

    Ciao Alberto, ben trovato. Il racconto è scritto molto bene. Dal punto di vista tecnico, posso solo farti i miei complimenti. Le cose che mi sono piaciute di più sono state:
    La battuta della madre quando vede la nuora. (non tanto per la battuta in sè, ma perchè si inserisce in modo naturale nel contesto della malattia della donna).
    La frase: si girò con un fruscio di seta.
    Il padre che, sul punto di morte, le da la mano.
    Forse la cosa che ho apprezzato meno è il finale. Però ci sta. Complimenti.
    PS: mi ha incuriosito il  ciclo di Hap e Leonard , lo leggerò quest’estate.

    #9562
    Beppe Roncari
    Beppe Roncari
    Partecipante

    Ciao Alberto,
    Bel racconto, delicato, stile impeccabile.
    Mi sarebbe piaciuto che anche nel titolo avessi giocato sui pregiudizi di colore, per esempio ci vedrei più adatto il titolo “Pagina bianca” o “Punto nero”, che alludo ugualmente all’Alzheimer come “Tabula rasa” ma introducono già il tema del conflitto sotteso alla storia. Che ne pensi?
    Ciao, a rileggerci!

    #9570
    Serena
    Serena
    Partecipante

    Ciao Alberto! La scelta Texana? Con me sfondi una porta aperta! Adoro viaggiare quando scrivo e non posso farci nulla se spesso ambiento i miei racconti oltre oceano, perciò l’ambientazione della tua storia a me va a genio! Detto questo, il tuo è il racconto che più mi è piaciuto. Bello, elegante e semplice arriva senza troppi giri di parole a destinazione. Caro vecchio Sud!

    A rileggerci presto!!!

     

    #9579
    L'Antico
    L’Antico
    Keymaster

    Ineccepibile. Un racconto cui si può semmai contestare l’utilizzo di un contesto non italiano, ma ho letto il botta e risposta e alla fine concordo con Alberto sul fatto che in questo caso era giustificato. Non necessario, ma non mi fa arricciare il naso come in altre occasioni. Ottimo l’inserimento del tema e davvero ricco il piatto complessivo, condito di relazioni intergenerazionali, di rapporti tra razze, di malattie degenerative… E il tutto dosato e narrato con maestria. Per me pollice SU.

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