Home › Arena › Ossario › 70ª Edizione – 5ª della Quarta Era – Summer Edition (starring Livio Gambarini) › Ad armi pari – Cristina Danini
Questo argomento contiene 12 risposte, ha 11 partecipanti, ed è stato aggiornato da L’Antico 9 anni, 7 mesi fa.
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24 agosto 2015 alle 23:23 #10002
La prima cosa che l’aveva colpita di lui era stata la voce. Veronica l’aveva sentita nei camerini del teatro. Era serena, trasmetteva tranquillità. Aveva pensato a che musicista associarla, ma non ricordava. Doveva essere un tipo silenzioso.
A dividerla dalla voce c’era una tenda di velluto dei camerini. Allungò la mano per scostarla, ma il direttore fu più veloce.
“Veloci ragazzi, fuori!”
Veronica era uscita schiacciata nella massa. La ragazza si guardò intorno, cercando di rintracciare la voce, ma nel frastuono dell’intonazione non le arrivò nessun suono simile alle orecchie. Stava pensando di averla immaginata, quando la sentì come bisbiglio, durante una pausa. Era un flautista. Le luci erano basse, ma riuscì a vedere il suo sorriso. Era caldo, come la voce. Gli occhi sembravano castani, grandi. Aveva le dita sottili, si muovevano sui tasti del flauto leggere, sfiorandoli.
Alla fine del concerto Veronica avrebbe voluto parlargli, ma le mancò il coraggio. Il suo aspetto era inquietante, non voleva spaventarlo. Strappò un angolo di uno spartito, prese una matita e ci scrisse sopra.
Hai una voce che non si dimentica. Avrei voluto parlarti, ma avevo paura che scappassi. Se vuoi rispondere, lascia un biglietto nell’angolo dello specchio. Veronica.
Scivolò tra i ragazzi nel camerino. Era brava a sparire. Quando arrivò vicino al flautista infilò il biglietto nella custodia, poi tornò a nascondersi e rimase a spiarlo. Lo vide farsi serio mentre leggeva, guardarsi intorno senza capire chi avesse scritto. Le scappò un sorriso amaro. Certo, nessuno poteva ricordarla.
Aspettò che tutti fossero usciti, poi andò allo specchio. Dietro l’angolo in basso a sinistra c’era uno scontrino piegato in quattro.
Avrei voluto sentire anch’io la tua voce. Se vorrai farti vedere ne sarò felice. Alessandro.
Si chiamava Alessandro. Sarebbe tornato il giorno seguente, l’aveva detto il direttore. Veronica rise senza accorgersene. Durante la notte rilesse la risposta fino a farsi passare il sonno.
L’indomani aspettò che le prove fossero quasi finite per appoggiare un altro biglietto nella custodia di Alessandro. Non voleva darsi il tempo di ripensarci.
Aspettami nel camerino, quando saremo soli ti raggiungerò. Ti prego, non scappare. Veronica.
Mentre lo spiava sentì una morsa stringerle lo stomaco. Non avrebbe dovuto farlo. Era sbagliato. Lei era sbagliata. Avrebbe dovuto scappare, ma era come se i piedi fossero ancorati al pavimento. Aspettò tutti uscissero.
Guardò Alessandro ancora un attimo. Muoveva le dita come se stesse suonando una velocissima musica di silenzi. I suoi occhi avevano riflessi color miele. D’improvviso vide Veronica e li spalancò.
“Sei quella Veronica? La ragazza morta cadendo dal palco?”
“Il suo fantasma.”
Alessandro si avvicinò alla sagoma azzurrina.
“Dammi la mano.” disse sorridendo.
Le dita di Alessandro le attraversarono il palmo senza afferrarla.
“Non potrai mai vedermi.”
Lui indietreggiò e spense la luce.
“Si gioca ad armi pari. Ora siamo invisibili in due.”25 agosto 2015 alle 13:14 #10084Avviso: ho ripristinato dei corsivi che si erano persi in fase di post del racconto. Tutto a posto, l’autrice non li ha aggiunti successivamente, è stato proprio un problema tecnico interno al forum.
25 agosto 2015 alle 15:15 #10097Racconto che denota una bella sensibilità e una mano decisamente femminile capace di cogliere sfumature e di rappresentarle con delicatezza. L’incipit mi è piaciuto molto e l’atmosfera che ci coglie in tutto il racconto che è un attesa vissuta con angoscia e trovo che tu abbia saputo giocare molto bene su questo punto introducendo tanti elementi. Apprezzabile in particolare la scelta dei bigliettini nello specchio che personalmente ho trovato molto romantica. Ti ho segnalato degli appunti, come faccio spesso. Aiutano in caso di revisione. Unico appunto che mi sento di fare è nel finale quando lei dice che non potrà mai vederla. Però poco prima scrivi che “d’improvviso vide Veronica”.
Veronica era uscita schiacciata nella massa. La ragazza si guardò intorno,
Il soggetto è chiaro (Veronica), perché ripetere “la ragazza”? Basta “Si guardò attorno”.ma nel frastuono dell’intonazione non le arrivò nessun suono
frastuono/suono sembra una ripetizione.Gli occhi sembravano castani, grandi.
Perché sembravano? Gli occhi erano.Il suo aspetto era inquietante, non voleva spaventarlo.
Perché definisci il suo aspetto inquietante? Al lettore non arriva nessuna immagine, devi fornire dei dettagli ed evitare aggettivi.Certo, nessuno poteva ricordarla.
Perché non possono ricordarla? Spargi indizi che certamente porteranno da qualche parte ma in questo modo disorienti il lettore. Meno giudizi.“Dammi la mano.” disse sorridendo.
Via il punto.Mi ero ripromessa di dare i voti. Un bel sette e mezzo anche a te che fino ad ora è il punteggio più alto che ho attribuito (avaraccia!).
25 agosto 2015 alle 21:10 #10128Ciao, Cristina!
Molto bello e delicato lo svolgimento del tuo racconto, che ho apprezzato moltissimo anche perché è ambientato in teatro.
Sei stata molto abile a non rivelare al lettore, fino alla fine, che la ragazza è un fantasma.
Non ho particolari osservazioni da fare, lo stile è scorrevole e la storia accattivante. Complimenti!27 agosto 2015 alle 0:10 #10229Il mio genere di riferimento – da lettore – sono i racconti sul soprannaturale, quindi non mi ritengo completamente imparziale.
Mi piace molto il ritmo del tuo racconto, scandito dai biglietti che fermano di colpo la scena, come se ci fermassimo insieme ai personaggi per leggerli.
L’atmosfera è molto adolescenziale, i bigliettini, la timidezza, quindi arriva tardi il sospetto che qualcosa non stia andando come dovrebbe, che c’è qualcosa che non ci stai dicendo e che ci nega il lieto fine (fingendo di non conoscere il tema di Agosto, ovviamente).
L’unico aspetto che penso si potrebbe limare è il linguaggio dei messaggi che Veronica e Alessandro si scambiano, forse con delle frasi più spontanee, più leggere e ingenue, potrebbe funzionare meglio. Non sembrano quel che scriveresti in preda alla timidezza per aprirti ad uno sconosciuto.
Andrò a spilluzzicare con piacere i tuoi racconti passati!27 agosto 2015 alle 11:00 #10249Grazie a tutti per i commenti, i complimenti e soprattutto gli appunti, sempre utili per migliorare
Andrea, spero che ti piacciano anche i passati, anche se di soprannaturale temo non troverai nulla!30 agosto 2015 alle 7:25 #10317Ciao Cristina, è un piacere incontrarti per la prima volta nello stesso gruppo dell’arena di Minuti Contati.
Ad armi pari è un racconto che scorre bene, dotato di un ottima sensibilità e una leggerezza quasi adolescenziale nell’esposizione.
Alcuni piccoli singhiozzi nello stile, probabilmente dovuti a una rilettura frettolosa, indeboliscono lievemente lo stile complessivo del racconto pur non compromettendolo definitivamente.
Certi elementi sembrano invece poco coerenti tra loro: sebbene sia uno stratagemma per farci empatizzare con la sensibile e insicura Veronica, ma il suo pensiero sull’avere un aspetto inquietante e la sua fretta di sparire non legano bene con la reazione di Alessandro che si dimostra invece incuriosito e lucido come un ghost hunter professionista.
Nonostante le piccole osservazioni la considero una prova ben riuscita, hai un bello stile fresco che rende la lettura molto piacevole, complimenti.
1 settembre 2015 alle 10:53 #10368Ciao, una buona idea per un bella frase finale che però perde pezzi lungo la strada. Riesci a trovare delle ottime soluzioni per ingannare il lettore sulla natura di Veronica (“schiacciata dalla massa”, il gioco dei bigliettini, la vergogna, ecc) per poi bruciarle con altre frasi meno ispirate (“Il suo aspetto era inquietante, non voleva spaventarlo”, “lei era sbagliata”) che ti mettono subito sul chi vive.
Inoltre, quando mi trovo davanti a un finale che stravolge un personaggio, tendo a tornare indietro a rileggermi i passaggi per capire se l’autore ha “fatto il furbo”, omettendo certi particolari, o se ha “giocato sporco”. Ecco, associare troppi stati “fisici” a un fantasma un po’ mi sembra giocare sporco (“farsi passare il sonno”, “stringere lo stomaco”).2 settembre 2015 alle 12:20 #10414Ciao Cristina,
hai avuto una ottima idea e anche il risultato mi sembra buono. Riesci a portare il lettore sulla “cattiva strada” e a fuorviarlo dal finale che rimane a sorpresa. Anche io ravviso alcune sbavature nello stile e ritengo che la scelta associare stati corporei a un fantasma (come dice Vastatio qui sopra) sia un trucchetto da evitare. Però sono sicuro che con qualche ritocco il tutto possa funzionare alla perfezione e, in ogni caso, le criticità evidenziate le ho percepite come lievi e non fastidiose. Il tema lo affronti in maniera didascalica e quindi niente da eccepire. Il titolo è molto azzeccato e la splendida conclusione mi ha ricordato “Occhio di lupo” di Daniel Pennac..2 settembre 2015 alle 17:51 #10431Concordo con Ozbo: alcune sbavature di stile non inficiano la delicatezza,la semplicità e il fascino di un racconto davvero piacevole! Forse è vero che siamo abituati a considerare puramente esistenziali i dolori di un fantasma e mai fisici…ma potrebbe pur essere il contrario. Perciò tra esseri invisibili e amori impossibili, Resta davvero v bel contributo. Complimenti Cristina! !
3 settembre 2015 alle 12:35 #10471Ciao Cristina, ecco qui il mio commento
Il racconto è piacevole e scorrevole da leggere, in tema (anche se avrei preferito Veronica completamente invisibile), e il finale a sorpresa è carino.
Non mi piace molto la parte in cui Veronica pensa di essere ‘sbagliata’. Non è un avvertimento sufficiente a far sospettare al lettore la natura di Veronica perciò narrativamente non è utile. Ci aspettiamo che sia emozionata ma non ‘sbagliata’, a meno che questa caratteristica ci venga spiegata successivamente. Dopo si capisce che è perché è un fantasma… ma non mi convince come unica spiegazione. Io se fossi un fantasma non avrei grossi scrupoli a farmi vedere. Magari ci sono delle motivazioni, una storia dietro, qualche regola dei fantasmi… insomma da quelle due frasi mi aspetto di scoprire di più, e in definitiva mi creano un po’ di insoddisfazione per quanto riguarda il racconto nel suo complesso, come se mancasse qualcosa.
Questo è anche il motivo per cui penso che lo apprezzerei più come inizio di qualcosa di più lungo che come racconto finito.Anche alcuni aspetti della descrizione del flautista non mi piacciono moltissimo, come il “sorriso caldo”, le mani che suonano “una musica di silenzi” o i “riflessi color miele” nei suoi occhi: mi sembra che banalizzino un po’ il racconto con un tocco eccessivo di romanticismo. Ma è tutta questione di gusto personale qui!
4 settembre 2015 alle 16:55 #10549Ciao Cristina,
nonostante tu abbia scelto di scrivere di un fantasma, e quindi niente di particolarmente innovativo in un tema così, devo dire che lo hai declinato alla perfezione. Bellissimo il modo in cui l’hai scritto, molto caldo e armonico, e devo dire che fino alla rivelazione non avevo nemmeno capito che la ragazza fosse un fantasma, quindi mi hai anche sorpreso. Anche il finale mi è piaciuto molto.
Brava6 settembre 2015 alle 21:50 #10592Un racconto molto delicato che regge bene fino alla sua conclusione. Forse alcuni stati fisici associati a Veronica andrebbero limati, un po’ sviante anche la sua ultima frase “Non potrai mai vedermi” perché in quel momento si suppone la stia proprio vedendo, quindi semmai sarà un “Non potrai mai toccarmi”. Detto questo, i caratteri dei tuoi protagonisti sono tratteggiati bene e senza incertezze. Un pollice quasi su non fosse per quei particolari che ti ho sottolineato e che vanno sistemati.
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