[P] Figlia di nessuno


Questo argomento contiene 12 risposte, ha 10 partecipanti, ed è stato aggiornato da Alberto Della Rossa Alberto Della Rossa 9 anni, 9 mesi fa.

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  • #8976

    Alexia
    Partecipante

    Figlia di nessuno
     
    Mei aveva appena scoperto il suo vero nome.
    Ormai non aveva più importanza, la lettera che dava un senso a ogni cosa era arrivata troppo tardi.
    Aveva organizzato quel giorno nei minimi particolari, in modo tale che nessuno fosse risparmiato.
    Si era tenuta dentro la rabbia, il rancore, e ne aveva fatto un’arma per quel fatidico momento in cui avrebbe avuto la sua vendetta.
    Li odiava. Aveva infierito sui loro corpi fino a quando aveva trovato pace nella sua mente, ma c’erano altre persone che avrebbero dovuto pagare.
    Era stata trovata sul ciglio della strada quando aveva appena due anni, o così era sembrato ai due uomini che l’avevano caricata sul carro.
    Aveva rimosso l’odore della guerra, il dolore della fame che bucava l’addome, aveva scordato i volti dei suoi genitori che scappavano da quella terra dopo l’arrivo dell’Armata Rossa dimenticandosi di lei.
    Era stata accolta in una famiglia, ed era sempre stata convinta di farne parte, sebbene crescendo si sentiva sempre più diversa.
    I suoi fratelli erano così alti, così belli, e quello era uno dei motivi per cui veniva derisa. Ma le botte arrivavano da tutti, e senza nessuna ragione.
    Mei si era abituata a quel dolore alle ossa che non le permetteva di riposare la notte, ma non all’umiliazione che provava quando veniva derisa in pubblico, quando come una cagna veniva presa a calci.
    Nessuno le aveva allungato una mano per aiutarla, e solo grazie a quel desiderio di vendetta la sua anima aveva resistito alla follia.
    Nei suoi abiti lisi e sporchi di sangue si sentiva finalmente libera.
    Li aveva avvelenati tutti, tranne Jian, il fratello maggiore, quello che troppe volte l’aveva presa con la forza.
    A lui aveva dato l’onore di guardare mentre sgozzava i suoi aguzzini.
    Gli aveva appena reciso la gola, quando avevano suonato la campana.
    Mei aveva atteso che il postino se ne andasse, e poi aveva raccolto la lettera per lei lasciata davanti alla porta.
    Era una figlia di nessuno, così c’era scritto, una giapponese abbandonata in terra cinese.
    Era forse questo il motivo per il quale quelle persone l’avevano trattata come un animale?
    Le sue cicatrici pulsavano, dando un senso al suo gesto.
    E quel senso di libertà e giustizia la ripagavano da ogni dolore subito in trentatré anni.
    Ma non aveva finito.
    La lettera la invitava a raggiungere la sua famiglia in Giappone.
    Non sapeva chi avrebbe trovato ad accoglierla, ma una cosa era certa: avrebbero pagato caro per averla abbandonata in quell’inferno.
     
    Alexia Bianchini
     
    p.s.
    Quando l’Armata rossa invase il Manciukuò molti bambini giapponesi rimasti orfani e abbandonati furono adottati da famiglie cinesi. Durante la rivoluzione culturale furono demonizzati e discriminati. Nel 1980 il Giappone ha cominciato a organizzare piani di rimpatrio appositi per gli orfani di guerra giapponesi in Cina.

    #9167
    Angela Catalini
    Angela Catalini
    Partecipante

    Questo è il secondo racconto che leggo e commento ed è veramente curioso notare che sono entrambi ambientati in terre straniere e lontane ( tra l’altro anche il mio lo è). Anche per il tuo mi complimento per l’inizio senza preamboli o descrizioni, si entra subito nel vivo della storia. Sono gli incipit che preferisco. Inizio subito con gli appunti e poi passo al resto.
    Se puoi evita di usare suo/suoi, soprattutto nella stessa frase (“sui loro corpi fino a quando aveva trovato pace nella sua mente”). Attenta alle ripetizioni aveva/aveva (“Aveva rimosso l’odore della guerra, il dolore della fame che bucava l’addome, aveva…”).
    Ora passiamo invece agli apprezzamenti. Testo crudo e realistico, ottime descrizioni, scelta oculata di introdurre la lettera al momento giusto. La perla però la troviamo nel finale che profuma di vendetta. Quasi un horror ma dolente e sofferto. Ottima prova.

    #9172
    Angelo Frascella
    Angelo Frascella
    Partecipante

    Ciao Alexia.
    Alla prima lettura del tuo racconto, ho avuto la sensazione che qualcosa non funzionasse nel ritmo. Rileggendolo ho capito il problema: il tuo racconto è scritto quasi tutto all’imperfetto, tempo che narrativamente è appunto “imperfetto”. Mi spiego meglio: si tratta di un tempo che va bene per rappresentare delle azioni abitudinarie oppure azioni avvenute in passato ma che continuano a protrarre il loro effetto nel presente. L’effetto, come si vede dal tuo racconto, è quello di attutire la drammaticità e allontanare il lettore. Per questa ragione andrebbe usato in maniera limitata. Insomma, qui hai una storia forte, ma la smorzi con l’uso di questo tempo. Prova a volgere buona parte del testo al passato remoto o al presente (al limite anche il passato prossimo va bene, anche se aggiunge delle sensazioni particolari al testo e quindi non è molto utilizzato). Tirando le somme ho trovato il tuo un racconto con delle buone idee ma “perfettibile” nella forma.

    A rileggerci (magari ai bordi di un sentiero di montagna, guardando da lontano picchi innevati)
    Angelo

    #9313
    Ambra Stancampiano
    Ambra Stancampiano
    Partecipante

    Ciao Alexia,
    Parti, come me, da un fatto reale e poco conosciuto. Apprezzo molto le narrazioni che, seppur di fantasia, stimolano il lettore ad informarsi meglio, ad essere curioso.
    La storia è affascinante, molto filmica, e segue una sterminata tradizione di “lady vendetta” orientali, ciònonostante non risulta per nulla banale. Tuttavia, è tutto troppo raccontato e poco visivo; una lama che luccica, un urlo, uno schizzo di sangue (tutti elementi molto comuni nella letteratura e nella cinematografia orientali) avrebbero arricchito molto un racconto che, scritto così, gira un po’ male. Ci ho riflettuto, ne ho riletto più volte alcuni brani, e forse oltre alla questione dell’imperfetto che già ti ha evidenziato Angelo, io avrei gestito in maniera molto diversa la punteggiatura. Ti faccio un esempio: prova ad unire le due frasi dell’incipit con una virgola, e là dove hai messo la virgola metti un punto (Mei aveva appena scoperto il suo vero nome, ma ormai non aveva più importanza. la lettera che dava un senso ad ogni cosa era arrivata troppo tardi.). Secondo me, in questa maniera acquista un sacco di forza 😉
    Alla prossima!

    #9324

    Alexia
    Partecipante

    Grazie a tutti per i commenti e i suggerimenti 😀
    In merito all’imperfetto credo sia un gusto personale, e non discriminatorio per un racconto.
    Se la consecutio è corretta non lo si può definire errato. Io per esempio non amo la narrazione al presente.
    Nei miei romanzi uso la terza persona e l’imperfetto, mentre nei racconti uso spesso la prima persona e i tempi variano a seconda dell’ambientazione…
    Alcuni tempi possono risultare più coinvolgenti, ma in questo caso era voluto un tempo che lasciasse meditare il lettore e non che lo catapultasse nell’azione.
    Il suggerimento di Ambra presuppone che io trasformi in un inciso una frase rilevante. Il primo “a capo” è voluto per una questione di tempi di lettura.

    A. B.

    #9334
    Ambra Stancampiano
    Ambra Stancampiano
    Partecipante

    Ti chiedo scusa, il mio non voleva essere un suggerimento ma un esempio di ciò che intendevo dire per “io avrei gestito in maniera molto diversa la punteggiatura”.
    Ognuno scrive a modo suo, non mi permetterei mai di “suggerire” uno stile diverso; del resto, non è mi abitudine fare analisi logiche e del periodo quando scrivo, mi concentro più sulla forza narrativa delle parole e del contesto, stessa cosa quando leggo.
    Spero di non averti offesa.
    Ambra.

    #9338

    Alexia
    Partecipante

    Ciao Ambra,
    non sono assolutamente offesa 😀 Scrivo da anni e adoro partecipare a contest seri come questi.
    Ho semplicemente motivato la scelta stilistica.
    Anche io se dovessi analizzare nel dettaglio certi racconti direi che “io” li avrei scritti diversamente, ma ognuno di noi ha una sua personalità e un proprio gusto :) Quindi non mi offendo se qualcuno dice la sua.
    Da editor posso anche suggerire a un autore di provare a scrivere un racconto con un tempo diverso, magari per dare più grinta se c’è azione,,, ma qui la protagonista ha finito di sfogare la sua rabbia, ed è come un narrare cos’è accaduto… e a mio avviso era il tempo migliore 😀
    Ma come puoi vedere ognuno ha la sua percezione, infatti prima di te ho ricevuto due commenti molto diversi fra loro… e la cosa buffa è che uno mi ha messo prima in classifica e l’altro ultima.
    Probabilmente con la prima sono entrata in sintonia e con il secondo non ho toccato le “sue” corde”.
    Non c’è nulla di male, è la vita da scrittore 😀

    #9354
    Beppe Roncari
    Beppe Roncari
    Partecipante

    Ciao Alexia, ben trovata.
    La storia è bella e mi ha fatto piacere scoprirla. Il piacere è un po’ più intellettuale che estetico, perché narri molti eventi dall’esterno, dicendoci che la protagonista provava rabbia, umiliazione, voglia di vendetta etc. ma affidando questi sentimenti a una dicitura esplicita, invece che usare la tecnica che amo di più, cioè quella del non detto, del sottinteso. Non dirmi che provava rabbia, scrivimi quello che fa e sentirò io che prova rabbia. Rendo l’idea?
    Comunque brava, ciao!
    Beppe :-)

    #9365
    Ozbo
    Ozbo
    Partecipante

    Ciao Alexia,
    come già altri ti hanno fatto notare il tuo racconto ha dell’ottimo materiale ma un ritmo e una voce che impediscono agli eventi di rendere al massimo. La nota a fine racconto, come ho già commentato altrove, è un espediente che trovo limitante e che non aggiunge niente al narrato (in quanto spiegazione non richiesta di un racconto che dovrebbe farsi leggere da solo). Per il resto hai una buona traccia. Mei appena finito di trucidare la sua famiglia adottiva riceve una lettera che le restituisce la sua identità e un lasciapassare per il Giappone. Sembra qualcosa di molto buono su cui, a mio avviso, puoi ancora lavorare.

    • Questa risposta è stata modificata 9 anni, 9 mesi fa da Ozbo Ozbo.
    #9540
    L'Antico
    L’Antico
    Keymaster

    Per gusto personale non apprezzo mai troppo due eventi straordinari che tendono a combaciare: in questo caso abbiamo la decisione di Mei di sterminare la propria famiglia adottiva che coincide con l’arrivo della lettera che le svela la sua vera identità dopo 33 anni. Troppa casualità, meglio sarebbe stato se proprio l’arrivo della lettera avesse sbloccato in lei la voglia di vendetta fino a portarla alla strage, prima tappa del suo piano. Per il resto la lettura è piacevole e di sicuro impatto. Come ha sottolineato Beppe, forse fornisci troppo agratis le emozioni di Mei, entri poco in lei. Ma sono scelte, non mi soffermo. Nulla da dire sulla nota finale, ci può stare come no, tanto il racconto ormai è concluso e non mi cambia nulla. Il tema è centrato in pieno. Sicuramente un pollice tendente all’alto, ma il mio consiglio è di eliminare la casualità della coincidenza in favore della causalità di eventi alla fine connessi.

    #9544
    Serena
    Serena
    Partecipante

    Ciao Alexia! Per un gusto prettamente personale, come detto anche da te, io ho molto apprezzato la tua scelta narrativa. E’ molto vicina al mio tipo di scrittura e quindi ho provato da subito una forte empatia con la storia. Cruda e spietata la vendetta di Mei, descritta come se NOI non fossimo in grado di comprendere pienamente il suo dolore e la sua solitudine. Mi piace la forza che hai impresso a questa piccola figlia di nessuno…

    #9550
    Luigi_Locatelli
    Luigi_Locatelli
    Partecipante

    – (FD) Figlia di nessuno, di Alexia, ore 22.17, 2450 caratteri

    La storia che c’è alla base del tuo racconto mi sembra buona. Lei che uccide la famiglia adottiva che la odia e, alla fine quando una letetra le indica dove trovare la sua famiglia originale, lei che decide di uccidere tutti. Il problema di fondo, secondo me è che è troppo raccontato. Io avrei mostrato la mattanza. Il postino che arriva. Lei che apre come se niente fosse. Lei che legge la lettera e sorride. Torna a finire il lavoro e pensa che andrà ad uccidere anche la sua vera famiglia. Ecco, una cosa tipo questa.

    #9582
    Alberto Della Rossa
    Alberto Della Rossa
    Partecipante

    Figlia di nessuno di Alexia
    Ciao Alexia. Una storia forte, cruda e dai toni scuri. Descrivi molto bene il dolore e la rabbia della protagonista, le vessazioni subite. Tutto è al proprio posto, anche se devo ammettere di non aver apprezzato l’escalation finale decisamente troppo horror. Mi spiego: il vero orrore è ciò che la ragazza ha subito. Avrei lavorato su questo e su una reazione più sublimata, magari una vendetta più trasversale. La tua vendetta è così feroce che offusca l’orrore di fondo che invece dovrebbe essere protagonista. Rivedrei un poco gli equilibri di questi elementi. Altro appuntoche mi sento di fare: sembra quasi che la ragazza aspetti la lettera del postino. È così? Perché a seconda della risposta cambiano anche gli equilibri della chiosa che, al momento, appare forse frettolosa e aggiunta con il solo scopo di aggiungere shock all’orrore (alterando gli equilibri già precari di cui sopra)

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