Home › Arena › Chiarle Edition – 72ª Edizione – 7ª della 4ª Era › Le ali di sua madre – Giulio Marchese
Questo argomento contiene 3 risposte, ha 2 partecipanti, ed è stato aggiornato da Giulio Marchese 9 anni, 6 mesi fa.
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20 ottobre 2015 alle 0:23 #11950
Una foto su un giornale vecchio di vent’anni, nient’altro. Ma era più che sufficiente. Le persone non cambiano, hanno delle routin che continuano a rispettare, anche dopo molti anni, basta conoscerle.
Katia faceva avanti e indietro da tre quarti d’ora buoni sul solito marciapiede. Ne conosceva tutte le imperfezioni ormai ed era in grado di riconoscere la merda di cane che Piero Grassi, infermiere, non si curava mai di raccogliere.
Quando sentiva il rumore di una macchina in arrivo si spostava sotto il lampione e faceva ciao con la mano. Solita prassi. Fare la prostituta a dicembre può essere una gran seccatura. In quel momento desiderava solo un maglione di pile. Se sua madre sapesse cosa fa per vivere l’avrebbe uccisa con le sue mani. Le somigliava, e parecchio anche, aveva perfino deciso di farsi lo stesso tatuaggio; due ali d’angelo, una per scapola. Forse per sua madre avevano un qualche significato profondo, lei lo aveva fatto solo perché era il tatuaggio di sua madre. Quando ormai stava perdendo le speranze per quella sera, sentì il rimore di un’auto, si spostò sotto il lampione e una Punto rossa rispose al suo saluto avvicinandosi con il finestrino abbassato. Nel vedere l’uomo al volante le si fermo il cuore, forse quella serata dopotutto non era stata sprecata. Mise la testa appena nell’abitacolo, un uomo di mezza età la guardava arrapato.
— Quanto? —
— Di solito faccio 40 ma visto che sei carino 30 —
Lui sorrise, lo aveva in pugno. Si mordicchiava il labro voglioso.
— Sali, forza —
Lei lo baciò con ardore. Poi si pulì le labbra con un fazzoletto senza farsi notare, ingurgito una pasticca e salì nel posto del passeggero.Ci vollero pochi minuti per raggiungere il motel, l’uomo aveva già le chiavi di una stanza. Aprì la porta e la invitò dentro con fare signorile. I mobili sapevano di sporco ma Katia aveva visto di peggio.
— Preferisci il buoio o la luce?—
Mentre lo diceva stava sbottonando la camicetta.
— La luce —
Rispose lui continuando a mordicchiarsi il labro.
— E luce sia—
Aprì la camicetta mostrando il seno sodo di una vent’enne. Poi abbasso le mutandine sotto la mini gonna. L’uomo intanto si era disteso sul letto e aveva tolto rapidamente maglione e cintura per poter godere di quello spettacolo. La ragazza si voltò di spalle e abbassò la camicetta in modo tale da mostrare il tatuaggio.
— Hai mai visto un tatuaggio come questo, stallone?—
— No, non ho mai visto niente di così bello! —
— Mai? —
Lei salì sul letto con aria ammiccante.
— E’ uguale a quello di mia madre sai? Fu aggredita una sera proprio nel punto in cui sono salita sulla tua auto, e nove mesi dopo naqui io. —
Lui senti i muscoli intorpidirsi, non riusciva più a muoversi. La ragazza si alzò e tirò fuori dalla borsetta un coltello.
— In genere rimangono bloccati come te a metà dell’amplesso, ma tu eri così eccitato che deve aver fatto effetto prima, peccato. Mi ero esercitata così tanto per questo momento, papà. —Una foto vecchia di vent’anni, nient’altro. Ma era più che sufficiente.
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20 ottobre 2015 alle 22:52 #12033Ciao Giulio.
L’idea della figlia nata da una violenza che prepara un piano diabolico per vendicarsi non è male e il tema è centrato. Purtroppo però il racconto presenta diversi problemi stilistici e logici.
Per quello che riguarda il primo punto, c’è un errore di consecutio, che con una rilettura avresti potuto evitare (non “Se sua madre sapesse cosa fa per vivere l’avrebbe uccisa con le sue mani”, ma “se sua madre avesse saputo cosa faceva per vivere…”), e alcuni errori di battitura (un routin al posto di routine e un po’ di accenti mancanti). Non è importante da un punto di vista sostanziale, ma ricorda che quando si usa il trattino per il dialogo non va inserito alla fine di una frase, dopo la quale vai a capo (sono dettagli che danno, a un eventuale editore, la sensazione di avere davanti uno che legge poco). Altrimenti usa le virgolette e vai sul sicuro.
Dal punto di vista logico: non si capisce perché ci dovrebbe essere una foto del violentatore sul giornale. O lui era stato arrestato (e in quel caso anche l’identità sarebbe nota) oppure sul giornale ci sarebbe stato solo l’identikit.
Inoltre sul finale, perché lui rimane immobilizzato? La pasticca l’ha presa lei, no? E lei uccide tutti i clienti? Sempre nella stessa zona? E ancora non è stata presa?
In ogni caso, con un po’ di revisione credo tu possa proporlo al laboratorio (se non dovessi qualificarti) perché l’idea è buona.A rileggerci
Angelo21 ottobre 2015 alle 0:29 #12041Ciao Angelo grazie del commento! Rispondo subito ai tuoi dubbi logici. Per quanto riguarda la foto è l’unica cosa che Katia ha ciò non toglie che poteva esserci un nome sull’articolo ma lei era appena nata e appunto ha solo la foto non l’intero articolo. No è improbabile inoltre che una persona associata ad uno stupro (e magari assolta per mancanzadi prove o fai tu) abbia voluto cambiare identità. Per quanto riguarda il “veleno” (in mancanza di termini più adatti) era sulle labbra! La pillola era l’antidoto! Di fatti le si pulisce le labbra prima di prenderlo. Su di lei non aveva effetto perché era necessario che il0cuore pompasse più velocemente come quando si è molto eccitati o durante l’amplesso appunto. Quindi prima di salire con ogni cliente prendeva la pillola/antidoto. Il fatto che non sia stata beccata e dovuto al fatto che evidentemente si sa disfare dei corpi ma questo nel racconto non c’è si può intuire XD il fatto che adeschi sempre nello stesso posto secondo me è irrilevante perché non penso che il cliente medio di una prostituta faccia molta pubblicità al fatto che ci sta andando XD anzi forse dice alla moglie vado a giocare a poker e così facendo depista la polizia giudiziaria
21 ottobre 2015 alle 0:32 #12043Ps scusa ma sono con il telefono è scrive male. No, non abbandono il t9
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