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19 ottobre 2015 alle 23:50 #11937
Le gambe di Titti
di M.R. Del CielloPaolo passò il badge nel lettore e digitò il codice in uscita. Le venti e trenta. Anche questa sera aveva fatto tardi.
Sua moglie non l’avrebbe presa bene. Ma lui non aveva la minima intenzione di tornare a casa. Pensò al suo piccolo di pochi mesi e un moto di orgoglio lo attraversò, ma fu solo un attimo.
Subito fu invaso dal pensiero angosciante del pianto di neonato che anche quella notte lo avrebbe perseguitato, dai pannolini puzzolenti da cambiare e da sua moglie oramai diventata l’ombra di se stessa.
No. Non sarebbe tornato a casa.
Sfilò il telefonino dalla tasca e compose il numero.
– Scusa Stefy. Devo rimanere un altro paio d’ore in ufficio.
Dall’altra parte un sospiro. – Anche stasera? Ti sfruttano, lo sai?
– Ma no, è solo un imprevisto. Un paio d’ore al massimo e sono da te. Da voi.
– Ti aspetto per cenare?
– No, mangia. Poi, quando arrivo, faccio addormentare io Michele. Promesso.
– Va bene. Ma fa’ presto.
Paolo fece pochi passi sul selciato umido, saltò un paio di pozzanghere. Il bip del telecomando fu seguito dal rumore secco d’apertura della portiera. Entrò in auto e mise in moto.– Dove te ne vai, puttanella?
L’uomo, gambe larghe sul marciapiede, la guardava con un ghigno malefico che dalla bocca saliva fino agli occhi.
– Volevi filartela con i miei soldi?
Titti lo vide scuotere da una mano all’altra uno sfollagente. Strizzò gli occhi e ammiccò un sorriso, il più candido che le riuscì.
– Ma no, te li avrei dati, che pensi…
L’omone avanzò piano verso di lei, continuando a sballottare lo sfollagente da una mano all’altra.Le gambe di Titti sembravano infinite come lo spazio in cui perdersi dei suoi occhi azzurri.
Paolo la vedeva una volta la settimana, da quando il suo matrimonio era andato a puttane, da quando aveva provato il brivido del sesso a pagamento.
Quelle notti erano diventate un’ossessione. Colpa di Titti. Di come lo stringeva tra le gambe, di come sapeva fargli dimenticare, anche solo per poche ore, quelle giornate tutte uguali, frenetiche e frustranti.L’omone era addosso a Titti. Passò lo sfollagente sul viso della donna che chiuse gli occhi.
Lo sfollagente disegnò il profilo del corpo di Titti e si fermò all’altezza dell’inguine.
– Adesso fai la buona con me – era un ordine travestito da sussurro. Il balordo fece cadere a terra lo sfollagente, poi mentre con una mano stringeva il collo della donna con l’altra si sbottonava i pantaloni.– Adesso fai il buono tu!
Paolo era sbucato da un angolo nascosto. Chissà da quanto tempo era lì. Titti lo vide raccogliere lo sfollagente da terra e colpire alla nuca l’omone. Appena quello fu a terra, la prese per un braccio e la trascinò verso l’automobile.
Aveva ricominciato a piovere e i riflessi dell’asfalto bagnato si mescolavano alle luci dei fari delle altre automobili.
L’auto sfrecciava in una direzione che Titti ancora non conosceva.
Però si sentiva libera, accanto a Paolo, avvolta insieme a lui da quella notte coraggiosa e umida.-
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Maria Rosaria Del Ciello.
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