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Questo argomento contiene 6 risposte, ha 3 partecipanti, ed è stato aggiornato da Veronica Cani 9 anni, 6 mesi fa.
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19 ottobre 2015 alle 23:17 #11917
LUNGO UN CORRIDOIO OSCURO
Di Veronica CaniAl Palazzetto dello Sport le attività si erano concluse, per quella giornata, e il guardiano era in procinto di chiudere. Non era rimasto nessuno, a parte Mike, l’allenatore della squadra femminile di atletica leggera. Al termine di ogni gara, quando le ragazze si riversavano negli spogliatoi, lui rimaneva ancora un po’ ai bordi della pista, a rivivere mentalmente la tensione, lo scatto alla partenza, la progressione e le grida di giubilo della vincitrice.
Quando a tagliare il traguardo era Emily anche lui esultava, ma questo avveniva tanto tempo fa. E non si sarebbe più verificato. Il medico era stato chiaro, al riguardo: retinite pigmentosa. Niente più gare, niente più successi, niente di niente.
Man mano che la sua vista si spegneva, come una lampadina difettosa che si illumina a intermittenza, si estingueva anche la sua gioia di vivere. La cecità le aveva chiuso gli occhi e tarpato le ali. Emily, che prima volava sulla pista, era precipitata in una notte oscura.
«Voglio consultare un altro specialista» le aveva detto Mike una sera. «Non voglio lasciare nulla di intentato.» Emily era già a letto e non aveva risposto. Si era girata di lato e si era messa a piangere in silenzio.
«Mister, è ancora qui? Devo chiudere.» Il guardiano lo riscosse bruscamente dai suoi pensieri. La luna era già alta nel cielo.
«Vado via subito, Jack, scusami.»
Al suo rientro a casa, Mike notò subito che qualcosa non andava. Regnava un silenzio insolito, sinistro. Chiamò Emily, ma non ricevette risposta. La cercò in tutte le stanze, ma la ragazza si era come volatilizzata. Dove poteva essersi cacciata, nelle sue condizioni? Il panico stava per prendere il sopravvento, quando Mike vide un bigliettino sul tavolo di cucina. Conteneva poche parole, tristi e laconiche: “Sono stanca di percorrere una notte infinita. Volo via.”
Il panico divenne disperazione. Senza indugiare un secondo, Mike uscì dall’appartamento e si lanciò in una corsa affannata lungo le strade. Corse a perdifiato, come se avesse le ali ai piedi, tutto intorno al circondario. Ma non aveva idea di dove potesse essere finita Emily. Arrivò a lunghe falcate fino al ponte sul canale. Il fiume era impetuoso, in quella stagione, e sembrava ululare.
La stanchezza ebbe la meglio e Mike si accasciò su una panchina, stremato. Un cane randagio gli venne incontro, scodinzolando e stringendo qualcosa tra i denti. Mike lo accarezzò sulla testa e gli tolse delicatamente l’oggetto dalla bocca: era un lembo di tessuto scolorito. Con il cuore che gli martellava nel petto, riconobbe la provenienza della stoffa. Era un brandello della divisa di Emily.
Il turbamento fu così forte da dargli la nausea. Un terribile sospetto prese corpo nella sua mente, ma Mike si rifiutava di accettarlo. Mentre si sporgeva sulla balaustra e lottava contro i conati di vomito, il sospetto divenne certezza. In fondo al canale, il corpo senza vita di Emily giaceva in una posa scomposta. Indossava la sua divisa. La campionessa aveva volato per l’ultima volta.20 ottobre 2015 alle 12:16 #11999Racconto drammatico scritto con la sensibilità a cui Veronica ci ha abituati. Nei commenti agirò come per il laboratorio evidenziando i punti di forza e le cose da migliorare.
PUNTI DI FORZA: Il primo che balza subito all’occhio è l’aderenza alla trama che ritroviamo in almeno due parti del racconto: nella corsa a perdifiato di Mike “come se avesse le ali ai piedi” e nel finale (il volo dal parapetto). Ho apprezzato moltissimo le metafore che hai usato come ad esempio “il fiume che ululava” (bravissima), inoltre trovo che tu abbia la capacità di rendere vive le scene. La descrizione dello stato d’animo dell’allenatore arriva chiara e forte. Finale tragico ma dovuto e a cui comunque ci avevi preparato strada facendo. Brava.
PUNTI DEBOLI: il racconto è scritto bene e ha una trama lineare, forse l’unica cosa che avrei modificato è la scena del cane che si avvicina con il pezzetto di stoffa tra i denti. Se fosse stato il suo cane, non avrei avuto nulla da dire perché è chiaro che voleva comunicargli la disgrazia, invece è un cane randagio e si ha l’impressone che sia una scena costruita.
CONCLUSIONE: Ottima prova, brava Veronica.20 ottobre 2015 alle 15:11 #12002Ciao, Angela, grazie per le osservazioni!
La scena del cagnolino si è palesata nella mia testa proprio mentre stavo scrivendo le battute finali, e si è inserita con prepotenza nella narrazione…bisogna che mi decida una buona volta a fare una cernita delle mie visioni! 😀 Sono contenta che comunque il racconto ti sia piaciuto. In bocca al lupo per la gara, a presto!
20 ottobre 2015 alle 23:44 #12038Ciao Veronica, ben trovata.
Purtroppo trovo il racconto lacunoso. Mancano gli elementi per farmi intuire la psicosi di base che ha colpito Emily. Non mi basta la Retinite per giustificare un suicidio.
Non capisco come sia possibile che lei abbia scritto il biglietto e sia uscita di casa sola per arrivare al ponte da cui si butta. L’unico momento in cui ce la presenti lei rifiuta la malattia, quindi non sarebbe stata in grado di fare nulla di tutto ciò.
La scena del cane è improbabile. È un randagio che ha in bocca un brandello del pigiama di lei. Quantomeno deve ringhiare a Mike che, per avere quel brandello, dovrà lasciarci una mano.
Lato positivo è il sentimento che è reso molto bene.
Ciao e alla prossima21 ottobre 2015 alle 0:28 #12040Ciao, Francesco!
Perdere la vista quando si hanno ancora tanti obiettivi da realizzare nella vita, e in questo caso quando si è un’atleta affermata, purtroppo è spesso un motivo sufficiente per indurre una persona al suicidio. Ho avuto una collega che purtroppo ha commesso l’insano gesto proprio perché aveva perso la vista. La protagonista del mio racconto è diventata cieca progressivamente, quindi è in grado di scrivere un biglietto e anche di uscire da sola di casa. So che ci sono persone affette da retinite pigmentosa che non sono completamente cieche, ma riescono a percepire luci e ombre. Quanto al cane…be’, questa è effettivamente una mia lacuna, perché ho poca dimestichezza con i cani e non conosco bene il loro comportamento 😛 Grazie per le osservazioni!
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 6 mesi fa da
Veronica Cani.
21 ottobre 2015 alle 7:56 #12046Sono stanca di percorrere una notte infinita. Volo via.
Questa è una bella frase a effetto, ma fa pensare alla cecità completa, non a una che vede le ombre. Ricorda sempre che il lettore sa le cose attraverso quello che scrivi, quindi mantieni la coerenza del racconto. Quindi tratta la tua protagonista come non vedente, altrimenti cambia quelle frasi.
Sull’argomento suicidio lascio correre, anche se credo che alla base ci siano sempre patologie psichiatriche non rilevate.21 ottobre 2015 alle 8:09 #12048Ho provato io stessa a scrivere quella frase con gli occhi chiusi, proprio per sperimentare le difficoltà: il risultato non è stato ottimale, ovviamente, ma è perfettamente leggibile. Comunque capisco le perplessità
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Questa risposta è stata modificata 9 anni, 6 mesi fa da
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