Home › Arena › Ossario › 69ª Edizione – 4ª della 4ª Era – Two Days Edition Starring Roberto Bommarito – › [V] Ogni ultima volta
Questo argomento contiene 10 risposte, ha 11 partecipanti, ed è stato aggiornato da L’Antico 9 anni, 9 mesi fa.
-
AutoreArticoli
-
21 luglio 2015 alle 1:03 #9041
Ogni ultima volta
Per un innato automatismo, le mie mani pelano patate e affettano cipolle, alla velocità della luce. Nella frenesia della cucina di un ristorante rinomato, la rapidità mi ha permesso di guadagnare il rispetto dello chef stellato Vito Lipari. Allo scadere dei tre mesi del mio periodo di prova, mi avrebbero comunicato l’eventuale assunzione. Mi ritrovavo seduto sul solito sgabello di legno tarlato, il bordo di un grande secchio pieno di patate pigiava sulle mie ginocchia, Sudesh, poco distante da me, si lamentava in bengalese. Poteva essere il mio ultimo giorno al ristorante. Questo mi coinvolse talmente tanto che, quasi sentivo in bocca il sapore della terra tirata via con la buccia delle patate. L’ultima volta di un qualcosa è sempre indimenticabile. L’ultimo giorno di scuola. L’ultimo abbraccio del nonno. L’ultimo bacio. Nonostante il magone, diedi il massimo. A mezzanotte e trenta tolsi il grembiule. Attraversai il corridoio, fino al camerino, dove potei cambiarmi e credermi disoccupato per circa quindici minuti. Mentre davo una passata di cera ai capelli, sentii bussare in maniera decisa alla porta:
“ Luca! Ci sei?” era lo chef.
“ Esco subito! è lei chef?” dissi con affanno mentre sfregavo le mani sotto il rubinetto, per togliere la cera.
“Eccomi. Tutto bene chef?”.
“Non hai mai visto un grassone pallido?” sorrise, e si guardò intorno.
“Il posto è tuo, te lo sei meritato. Domani alla solita ora, ma sarai il mio aiutante.”
“Sta scherzando chef? il suo aiutante? ma è incredibile chef, è incredibile!” allargai le braccia per abbracciarlo, ma un tonfo mi precedette. Era steso.
“Chef! Aiuto! Aiuto cazzo!” nel frattempo cercavo di sollevarlo.
“Zitto ragazzo! Non ho bisogno di aiuto, anzi, solo del tuo. Prendi la mia borsa, ci sono delle siringhe nella mia borsa, e delle fiale di insulina. Portale qui. E non aprire bocca con nessuno.” Corsi in camerino e presi la borsa.
“ Dammi una mano ragazzo, tiriamoci su.”
L’operazione dello chef mi tenne col fiato sospeso. Minuti interminabili scaddero al momento dell’iniezione. Dritta in pancia.
“ Va bene ragazzo, va bene. Dimmi un po’, invece il tuo amico come sta?” disse riportando la maglia sull’addome.
“Il mio amico, chef? ” in quell’istante mi sorpresi a casa di Elio, tre giorni prima di quel momento. Elio è un mio carissimo amico, passiamo troppo tempo a giocare ai videogiochi e, poco a parlare di noi. Stavolta, però, Elio mi dice di aver iniziato da due settimane il tirocinio in ospedale. Mi racconta delle dozzine di iniezioni fatte, per la glicemia.
“Elio..” disse.
“Elio Lipari” ripetei.
“Non ci vediamo da quindici anni.” , nei suoi occhi vidi “un’ultima volta”, e quell’abisso di occasioni mancate. Allungò la mano sulla mia spalla. “Avete la stessa età”, disse.
“é un tirocinante di infermeria molto diligente.”
Dopo qualche minuto di imbarazzo, ringraziai per il posto di lavoro e me ne andai.Christian Magrì
23 luglio 2015 alle 20:34 #9149OGNI ULTIMA VOLTA di Christian Magrì.
Come racconto è sicuramente interessante; si vede la vita di oggi scorrere nella fretta del protagonista Luca, deciso a diventare chef e dunque impegnatissimo nella prova davanti al grande Vito Lipari. Questo, pur con la mente costellata di separazioni (l’ultimo bacio, l’ultimo giorno di scuola, l’ultimo abbraccio del nonno). La prova gli va bene ma c’è l’incidente allo chef, che fa emergere la verità sull’amico del protagonista. Elio Lipari, infermiere tirocinante, dopo quindici anni di assenza rivedrà il padre, chef diabetico messo piuttosto male. Il finale andrebbe spiegato meglio: il protagonista, malore di Vito a parte, avrà il lavoro? (Lo hai fatto scappare dal ristorante senza specificarlo). Darei un’aggiustata ai dialoghi della prima parte (togliendo i punti esclamativi e mettendo delle virgole. Rileggi le frasi e vedrai che ci vogliono, anche nell’invocazione di aiuto).24 luglio 2015 alle 21:47 #9214Ciao, ho apprezzato il richiamo alle “ultime volte” come momento cardine nella vita. Avrei preferito però una maggiore chiarezza nel finale.
Voluta o meno c’è l’allusione alla possibilità che il lavoro gli sia stato concesso solo per poter avere notizie del figlio che non vede da quindici anni e questo aggiunge un ulteriore tono “depresso” al racconto.
Tuttavia non si capisce bene come il padre abbia saputo che il figlio fosse amico del protagonista né, come mai, a lui non sia mai venuto il dubbio di una qualche parentela visto il cognome. Inoltre, al riguardo, è il padre che chiede notizie, quindi non si può propriamente dire che abbia “dimenticato” il figlio. Non dici se è stato abbandonato, hanno litigato o cosa. Anche inquadrare i vari eventi nella linea temporale mi è risultato difficile.24 luglio 2015 alle 22:13 #9232Ciao. All’inizio mi aveva lasciato un po’ perplesso, ma la seconda lettura mi ha permesso di capire i collegamenti che avevi preparato nella prima parte e che mi erano parsi all’inizio troppo sospesi. Il tema c’è ed è indovinato, anche se il velo di malinconia finale tende a perdersi ed è troppo coperto dal malore (problema comune di preparare molto nella parte iniziale e centrale e avere poco spazio alla fine; un po’ si vede) . Unico dubbio: da come il personaggio narrante cita il nome dell’amico sembra che non abbia mai fatto il collegamento. OK, che è un cognome comune, ma non ci ha mai pensato?
Devi però rivedere il modo di usare la punteggiatura, con quelle virgole messe (oppure omesse) un poco a casaccio. Ad esempio in “e affettano cipolle, alla velocità della luce.” Non ci deve stare e manca in “disse riportando la maglia sull’addome”. Da sistemare anche le maiuscole dopo il discorso diretto.
Orrendo o perlomeno pesantissimo (anche se corretto, ma ho dovuto controllare) quel “Minuti interminabili scaddero al momento dell’iniezione”, anche perché mescola un esaurirsi dei minuti, quindi qualcosa che è trascorso, con il presente del “al momento”.
Racconto da perfezionare, ma comunque con una bella botta di riflessione.27 luglio 2015 alle 10:41 #9349Ciao Christian. Il tema è rispettato, anche se solo in parte, perché il figlio qui non è dimenticato, quanto più “lontano dalla vista” ma di certo, da come ne parla il padre, non lontano dal cuore, tanto è (o meglio, è questo il sospetto che sovviene al lettore) che nomina assistente il protagonista forse per avere notizie del figlio, anche se di seconda mano. Sul finale avrei preferito anche io una maggiore incisività, o qualcosa che desse maggiore concretezza o risposte a questo dubbio.
Attenzione ai maiuscoli e alla punteggiatura, più volte ho fatto fatica a leggere in scioltezza.
28 luglio 2015 alle 19:05 #9417Ciao, Christian.
L’idea di “ultima volta” mi ha colpito positivamente. Quello che non mi è piaciuto molto di questo racconto è stato il finale un po’ freddo, quasi monco. Avrei avuto piacere di sapere qualcosa di più di questo padre e di questo figlio “dimenticato” anche se mi rendo conto che tremila battute sono poche per poter esaudire la curiosità insaziabile di noi lettori.
Ho trovato stridente anche l’uso di alcuni tempi verbali all’inizio.
Per esempio: “mi ritrovavo seduto […] Poteva essere il mio ultimo giorno […]” e poi passi al passato remoto: “Questo mi coinvolse talmente”.
Avrei usato: “Questo mi coinvolgeva coì tanto che […]”.
In bocca al lupo!30 luglio 2015 alle 8:52 #9467Incuriosisce molto durante lo sviluppo della vicenda, probabilmente perché sia come ambientazione che come trama risulta essere piuttosto originale e per nulla prevedibile. Ho dei dubbi sullo stile, un po’ “indefinito”, caratterizzato da una punteggiatura e da tempi verbali che, a mio parere, non favoriscono né lo scorrere del testo né la completa partecipazione emotiva del lettore con quanto accade al protagonista.
30 luglio 2015 alle 17:25 #9504Il tema è centrato, ma l’ho trovato un po’ difficile da seguire anche perché il protagonista del racconto nel finale finisce in secondo piano cedendo la scena allo chef. La scena tra l’altro fa nascere il sospetto che l’assunzione di Luca sia subordinata al desiderio dell’uomo di utilizzarlo come informatore riguardo al figlio.
Qualche problema con la punteggiatura e i dialoghi che ti hanno già sgnalato.30 luglio 2015 alle 22:36 #9526Ciao Christian, benvenuto a Minuti Contati.
C’è qualche sbavatura sui dialoghi, fai attenzione alle maiuscole nel virgolettato. Ricorda che i tre punti sono appunto tre, né due né quattro. Ma lo stile è buono e corretto.
La trama mi lascia un po’ perplesso; passi il fatto che non sapesse che quello per cui lavorava era il padre del suo amico, ma non può non aver mai associato i due cognomi. Facci capire che l’aveva pensato decine di volte, ma che si sentiva uno stupido nel pensarlo. Non ho nemmeno capito come lo chef potesse sapere della loro “superficiale” amicizia.
Non lo so, nel complesso il racconto non mi convince.
Ciao e alla prossima.31 luglio 2015 alle 19:48 #9597Ciao Christian. Il tuo racconto è abbastanza attinente al tema, anche se non pienamente, in quanto il figlio non è stato completamente dimenticato dal padre.
Hai utilizzato uno stile un po’ indefinito, forse frettoloso. (soprattutto per quanto riguarda la punteggiatura e i dialoghi) E di conseguenza il racconto è risultato poco scorrevole. La prima parte è comunque risultata molto avvincente.2 agosto 2015 alle 17:58 #9668Benvenuto a Minuti Contati! Tema che non mi convince appieno: questo padre non ha dimenticato il figlio, tutt’altro. Occhio alla forma, alcuni passaggi mi hanno lasciato un po’ incerto, soprattutto nella parte centrale, necessita una revisione. Non troppo convinto dal malore, mero mezzo per arrivare al finale, un po’ forzato. Dacci un occhio sulla base dei commenti ricevuti e ripresentalo nel Laboratorio, se ti va. Per il momento il pollice sta sul NI.
-
AutoreArticoli
Devi aver eseguito l’accesso per poter rispondere a questa discussione.