Quattro chiacchiere con il Campione dell’Undicesima Era: Luca Fagiolo

Intervista a cura di Matteo Mantoani
 
MATTEO: Luca Fazioli, in arte Luca Fagiolo, emiliano, classe ’85. Ti va di raccontare qualcosa per dirci chi sei, al di là di quello che si può trovare su Facebook? (non dimenticare di consigliarci le tue pubblicazioni)
 
LUCA: Ma come hai scoperto il mio anno di nascita? È un segreto che nascondo con grandissima cura!
 
MATTEO: Ma c’è scritto su Facebook! La cosa difficile è stata capire il tuo vero nome, che ti sei lasciato sfuggire quando ci siamo visti a Stranimondi nel 2022.
 
LUCA: Niente, mi toccherà nascondere meglio le mie tracce la prossima volta. Scherzi a parte, sono nato in provincia di Modena e ora vivo a Modena City. Passo le mie giornate in un noioso lavoro d’ufficio e quando è arrivato il Covid ho sentito la necessità di trovare una valvola di sfogo, così mi sono dato alla scrittura. Il 2024 è stato l’anno più soddisfacente da quel punto di vista: sono riuscito a spuntarla su Minuti Contati dopo fatiche e lotte all’ultimo punto, poi sono arrivato finalista all’Urania Short (non dimenticate di passare in edicola a ottobre) e ho anche pubblicato il mio primo romanzo, Robin Blood, con la Casa Editrice del mio cuore, Acheron Books. E proprio perché Modena è la mia culla d’origine, ci ho ambientato il mio libro: una società governata dai vampiri dove Paride, il nostro protagonista, ruba le tasse di sangue per darle agli ospedali. Solo che un giorno e costretto a salvare una ragazza e… vabbè, non posso raccontarvi proprio tutta la storia, altrimenti che gusto c’è poi a leggerlo?
 
MATTEO: Tanto tra poco, ti chiederò di riparlarne, ma non dimenticare di parlarci dei tuoi racconti!
 
LUCA: Se mi seguite su Instagram li trovate tutti linkati nella Bio! Ma li elenco qui: Pr1nc355, sulla rivista Spore, Maldad su Chiacchiere Letterarie, entrambi racconti di genere cyberpunk, poi c’è qualcosa di mio sulla rivista Sussurri di Lumien n. 11. Inoltre, sono stato tra i 5 finalisti al Termini Book Festival l’anno scorso, sempre grazie alla collaborazione con Minuti Contati.
 
MATTEO: Tanta roba! Ad ogni modo, la prima volta che ho letto qualcosa di tuo è stato nella Livio Gambarini Edition, ottobre 2020, avevi scritto un bellissimo racconto che mostrava una versione dell’inferno molto azzeccata: una discoteca dalla quale non si può uscire! Vuoi dirci come e quando hai iniziato a scrivere, cosa ti ha spinto a farlo per davvero e quali sono gli strumenti che ti sono stati utili lungo il percorso?
 
LUCA: Già dalla post-adolescenza avevo scritto parecchie storie di ispirazione lovecraftiana (robaccia che per fortuna non uscirà mai dal mio pc dell’epoca) e raccontare storie mi era affine fin dai tempi delle serate come master di Giochi di Ruolo, ma ciò che mi ha spinto a scrivere più seriamente, come dicevo, è stato il Covid e la necessità di svagarmi in quel periodo che credo abbia messo a dura prova un po’ tutti. Ho pensato che potesse essere una buona idea mettermi a studiare la materia e dopo parecchi approfondimenti, saggi e tanta, tanta, tanta (ho già detto tanta?) pratica eccomi qui.
 
MATTEO: Hai detto che ti piace Lovecraft? C’è un suo racconto in particolare che ti ha segnato?
 
LUCA: Al tempo mi piaceva tutta la sua produzione, adesso mi rendo conto che ha una scrittura un po’ legnosa. Mi piace sempre il suo mood, l’ansia strisciante che riesce a trasmettere. Se dovessi consigliarne uno, corto corto, alla Minuti Contati, direi Nyarlatothep, ma anche Il Colore Venuto dallo Spazio e Il Richiamo di Cthulhu tra quelli più corposi.
 
MATTEO: Ma torniamo a tempi più recenti, approdare su Minuti Contati ti è servito per dedicarti alla scrittura con più impegno e serietà?
 
LUCA: Senza Minuti Contati probabilmente avrei gettato la spugna e mi sarei ridato ai videogiochi. Avere quell’appuntamento fisso una volta al mese, mettermi alla prova per inventare qualcosa in quelle quattro ore, sfidare gli altri partecipanti e leggere i loro racconti e i loro commenti mi ha spinto a mettercela tutta e a cercare quel continuo miglioramento che poi è l’obbiettivo di MC, ancora più della competizione in sé.
 
MATTEO: Ma per studiare scrittura cosa consigli? Ci sono dei manuali, o altro che ti è stato utile?
 
LUCA: Certamente il manuale gratuito del Duca, poi Rotte Narrative, sia per i suoi corsi sia per ciò che si trova gratuitamente su YouTube, poi naturalmente ci sono i manuali: L’arco di trasformazione del personaggio di Dara Marks, Story di Robert McKee e Save the Cat di Blake Snyder.
 
MATTEO: Ah! Save The Cat, anche a me è piaciuto e non lo sento citare spesso.
 
LUCA: Sì, forse è quello che tra tutti dà i consigli più concreti, anche se nasce come un manuale di sceneggiatura.
 
MATTEO: Dal 2020 a oggi di strada su Minuti Contati ne hai fatta tantissima, nell’ultima Era sei diventato Campione arrivando presto in vetta alla classifica e mantenendo il primato fino alla fine. Minuti Contati è un importante cartina tornasole che identifica i talenti, ma tutti sanno che il talento non esiste: esiste solo il duro lavoro. Vuoi parlarci del tuo percorso? Come sei riuscito a diventare Campione?
 
LUCA: Hai detto bene, è il duro lavoro a fare la differenza. Non voglio lanciare il classico slogan “se vuoi, puoi” che credo faccia più danno che altro, ma penso che la chiave per arrivare da qualche parte sia metterci tutto l’impegno possibile, non mollare neppure quando vorresti solo sbattere il pc contro al muro, rialzarti dopo ogni scivolata e poi avere un pizzico di fortuna. Quella nella vita non guasta mai.
 
MATTEO: Ma quindi ci vuole un po’ di fattore c*?
 
LUCA: Eh, solo un po’? C’è stata l’edizione in cui ha vinto Elisa Belotti, in cui ho perso tutto il vantaggio che avevo su di lei, però l’ultima edizione ho avuto molta fortuna perché sono stato l’unico dei primi sei nella classifica dell’Era a finire in finale e ho potuto tirare un sospiro di sollievo. Partire in testa alla prima edizione ha infatti dei pro e dei contro, hai già un vantaggio che puoi amministrare, ma diventi anche quello da battere, quello che devi superare a ogni costo. Non puoi permetterti di mancare per nessun motivo, perché ogni punto è importante e non a tutte le guest piacerà quello che scrivi… Non è stata una passeggiata e non ho mai avuto un distacco sufficiente da permettermi di sedermi sugli allori, è stata una sfida sempre aperta, insomma, e questo ha reso il risultato finale ancora più gratificante.
 
MATTEO: Come consigli di vivere appieno l’esperienza di Minuti Contati, soprattutto se si è agli inizi e l’impatto dei commenti che si riceve non è proprio positivo?
 
LUCA: I commenti sono la parte più bella di Minuti Contati, anche se sono duri da digerire quanto un peperone crudo a cena (e io sono allergico, quindi lo so bene). Però sono proprio quelli a farci crescere di più. Non dico che ogni commento ricevuto debba essere preso come oro colato. Ci sono partecipanti che magari preferiscono una scrittura molto lontana dalla nostra (e non parlo solo di stile, show don’t tell e roba del genere, ma anche di temi, di metodo espositivo, di genere…), altri che saranno invece più in linea con il nostro essere e ci abbuoneranno qualche svista di troppo. Ma quando riceviamo il medesimo consiglio due o tre volte, beh, forse è meglio riflettere per bene su come possiamo migliorare quella cosa specifica o anche solo smussarla un po’. Non è necessario snaturare il nostro stile scrittura, ma se una cosa che a noi scrittori piace da morire ai lettori fa schifo… forse è meglio valutare se vale la pena continuare a farla.
 
MATTEO: Ma scusa, ti è mai capitato di ricevere un commento talmente negativo da voler prendere il commentatore e sbatterlo al muro?
 
LUCA: Eh! Molte volte, soprattutto quando il tuo racconto piace a tutti i commentatori tranne a uno, e ti chiedi se questo lo faccia apposta o se sia veramente sincero. Ma fa parte del gioco, e finché non si trova una soluzione alternativa va bene così… (ndr, sono l’Antico: confermo che possono esserci autori o autrici per i quali il tuo stile sta proprio agli antipodi del loro gusto, l’ho vissuto in prima persona con personaggi stranoti e al di sopra di ogni sospetto)
 
MATTEO: Quali suggerimenti ti va di dare a chi, come me, prima di una gara ha l’istinto paranoico di guardare a intermittenza la propria pagina bianca e le lancette dell’orologio che corrono?
 
LUCA: La prima cosa che faccio appena esce il tema di solito è chiudere il pc e fare altro: guardare fuori dalla finestra, mettere su un tè, fare uno spuntino rapido… insomma qualcosa che non mi faccia perdere più di dieci minuti. Poi prendo un foglio enorme e scrivo il tema nel mezzo. A quel punto butto fuori tutte le associazioni mentali che pullulano nella mia testa. Anche le più lontane, mi lascio proprio ispirare. Si fanno così le 21:30 circa, scelgo l’idea più bella o quella che credo di poter rendere meglio nel limite dei caratteri concessi e comincio a buttare giù la mia storia. Di solito ho in mente l’inizio e dove voglio che vada a parare e me lo faccio bastare. L’unica volta che ho abbozzato una scaletta ho rischiato di sforare con i tempi. Perciò meglio di no. E altro consiglio importantissimo a mio avviso! Meglio dover aggiungere che dover togliere. Tagliare con così pochi caratteri è molto più difficile.
 
MATTEO: Ma… quanti fogli A3 hai a casa?
 
LUCA: Qualcuno… Ho “preso in prestito” una risma al lavoro, ma non diciamolo a nessuno!
 
MATTEO: Parlando delle gare di Minuti Contati, spesso è sfidante non saltare gli appuntamenti: mi è capitato di scrivere un racconto allo smartphone fingendo di andare in bagno durante una cena da parenti. Ti è mai capitato un caso estremo come questo? Hai mai scritto sull’autobus, allo smartphone o chiuso in un armadio dell’Ikea?
 
LUCA: Così estremo per fortuna no! Una volta ho dovuto fingere un attacco di… ehm, ci siamo capiti, per rincasare presto e avere il tempo di scrivere un racconto decente.
 
MATTEO: Ah! No, non ho capito, spiegati meglio.
 
LUCA: Dai su, sì che hai capito! Ho simulato che la cena avesse causato improvvisi movimenti de panza. Un’altra volta invece sono sceso in cortile perché in casa non funzionava l’aria condizionata e pensavo di sciogliermi e fondere il computer. Ecco! Forse il caso più eclatante è stata quella volta in cui avevo scritto il mio raccontino e stavo per consegnarlo. Era poco dopo mezzanotte. Solo che non mi convinceva per nulla, quindi ho ritirato fuori l’idea che avevo scartato a inizio serata e in quaranta minuti l’ho scritta e consegnata. Mai più.
 
MATTEO: Ma magari hai vinto anche in quell’occasione!
 
LUCA: Ma no, non sono neanche arrivato alle finali, ma tanto l’altro racconto era ancora peggio.
 
MATTEO: Personalmente, i tuoi racconti che più mi sono piaciuti sono quelli di genere pulp, come quello in cui un boss mafioso defeca in bocca a uno spacciatore che gli ha fatto uno sgarro.
Tuttavia, i tuoi maggiori successi sono storie, direi, più “ordinarie”, come quella del ragazzo che, perduta la mamma, si riconcilia con la nonna per affrontare il suo lutto.
Insomma, trovando questi opposti, la domanda viene spontanea: secondo te cosa piace di più al pubblico, e cosa invece piace a te? Come metti insieme le due cose?
 
LUCA: Credo che i racconti più “umani e sentimentali”, passami il termine, siano quelli che possono riscuotere il favore di più persone. All’interno di un girone misto probabilmente ha più possibilità di passare in finale un racconto di quel tipo rispetto a quello che tu hai citato (che rimane uno dei miei preferiti). Perché se anche non riceve il primo posto, magari riesci a finire in alto in quasi tutte le classifiche. Però rileggendo i miei racconti, anche a mio avviso quelli pulp danno 10 a 0 a quelli più “cuorosi”.
 
MATTEO: Eh, ci vuole una certa abilità a scrivere racconti che appartengono a un genere che ti piace poco, io non lo trovo per niente facile.
 
LUCA: Quella è la sfida più grande, scrivere bene anche tematiche che non ti sono proprie. Ma scrivere qualcosa che non è totalmente nelle tue corde ti permette di crescere.
 
MATTEO: E l’hai capito con Minuti Contati?
 
LUCA: Eh sì, assolutamente: i racconti pulp non sono per tutti i palati e nella scrittura è importante anche capire a che target ti stai rivolgendo. Il pulp otterrebbe dei primi posti, ma anche dei settimi o ottavi… Quindi cerco di farmi trascinare dal tema. Se mi viene in mente un racconto che è un pugno allo stomaco lo scrivo e vada come vada… alla fine si dice che l’importante è emozionare, no? Se la vena pulp non mi suggerisce niente di davvero forte (o folle), allora è inutile forzare la mano in quella direzione e meglio scrivere qualcosa di più mainstream. Ma la cosa difficile è appunto riuscire a scriverlo.
 
MATTEO: Adesso vorrei parlare ancora del tuo romanzo: ti va di raccontarci la sua genesi, come l’hai sviluppata ma, soprattutto, come sei riuscito a convincere una casa editrice a darti ascolto?
 
LUCA: Robin Blood nasce da un racconto che ho scritto per Minuti Contati. Si chiamava Tasse, se non ricordo male, e parlava di un esattore che raccoglieva le tasse di sangue per il suo padrone, il Conte Dracula. Il concept prende spunto da lì, anche se tutta la società vampirica è molto più particolare e approfondita rispetto a un semplice Dracula (che nel mio mondo non esiste, forse). Volevo un setting italiano, perché quella è una caratteristica peculiare di Acheron e cosa meglio della mia città? Arrivare a pubblicare non è stato facile. Avevo partecipato alla seconda edizione di Pitchnado, non avevo vinto e la storia che avevo portato non era abbastanza. Però questo mi ha messo in contatto con la redazione della Casa Editrice e ho avuto la possibilità di mandargli altre idee che avevo nel cassetto per trovarne magari una pubblicabile. Tra queste c’era appunto Robin Blood, un tizio che ruba le tasse di sangue in un mondo governato dai Vampiri. L’idea è piaciuta! Ho sviluppato per bene la trama, consegnato una sinossi approfondita e le cose sono andate nel verso giusto! A settembre dell’anno scorso più o meno mi sono messo di buona lena a scriverlo e il 26 di luglio ha visto la luce.
 
MATTEO: Posso essere sincero? Io a fare Pitchnado starei male, mi sentirei come di nuovo alle interrogazioni del liceo.
 
LUCA: Eh sì, fare Pitchnado è stata dura, ma era comunque agli inizi della mia esperienza sui social, che appunto è partita da lì. Ho preso il coraggio in mano e mi sono buttato di fronte alla telecamera!
 
MATTEO: Hai già in mente un seguito per Robin Blood, vuoi parlarcene o preferisci toccare ferro?
 
LUCA: Allora rispondo toccando un ferro di cavallo rosso a forma di cornetto e zampa di coniglio allo stesso tempo. Diciamo che se Robin Blood sarà un buon esordio, ho già pronta la scaletta per il suo seguito. Inoltre ho tantissime idee per altri romanzi con worldbuilding molto differenti, ma qui sono davvero in altissimo mare. In pratica se volete più Fagiolo in libreria (o in edicola), dovete supportare le sue pubblicazioni. E questo credo vale per tutti gli autori italiani, visto che il mercato è molto ristretto. Magari altri non lo diranno apertamente, ma io non mi sono mai nascosto dietro un dito. Per avere più roba di qualità pubblicata, bisogna cominciare a dare una possibilità ai nuovi autori e qui mi ripeto volontariamente: gli scrittori italiani non hanno nulla da invidiare a quelli stranieri!
 
MATTEO: Visto che prima hai citato i social, ne approfitto per parlarne: sei molto attivo su Instagram, dove hai un profilo molto seguito, e intervieni anche su YouTube. Secondo te, un aspirante scrittore deve riuscire a padroneggiare questi strumenti? In che modo possono essere utili a chi vuole usarli?
 
LUCA: Non credo che sia una condizione sine qua non, ma aiuta molto. Creare una propria identità sociale aiuta a farsi conoscere in quanto Lettore, prima ancora che come Scrittore. La prima regola universale per scrivere bene è leggere tanto. Una persona che mi segue sui social e apprezza le opere di cui parlo quando suggerirò un libro saprà di poterlo acquistare senza troppi rischi, visto che parlo solo di ciò che amo. È una specie di patto di fiducia, diciamo. Se aprisse un nuovo ristorante nella tua città e vedessi il proprietario acquistare le materie prime dal tuo stesso macellaio e dal tuo stesso fruttivendolo saresti più curioso di provarlo. Può sempre bruciarti la bistecca e le patate al forno, ma parti con un grado di fiducia più alta perché ti aspetti una certa qualità di base. Ecco, il lavoro che faccio sui social, oltre a spingere il fantastico italiano che non ha niente da invidiare a quello straniero, è un po’ questo. Se vi piace quello che leggo potrebbe piacervi quello che scrivo. Provare per credere.
 
MATTEO: Un altro importante e prestigioso traguardo che hai raggiunto è la pubblicazione su Urania nel numero di ottobre 2024 grazie al fatto che sei finalista all’omonimo premio, cosa vuoi raccontarci di questo successo? Puoi dirci qualcosa in più del racconto?
 
LUCA: Arrivare tra i finalisti dell’Urania Short è stato veramente incredibile. Quando ho ricevuto la telefonata di Franco Forte che mi ha comunicato che ero tra i tre finalisti non ci credevo. Continuavo a ripetermi in testa il titolo del racconto e pensavo “Non è il mio. Si sono sbagliati. Adesso mi diranno che c’è stato un errore.” E invece era proprio il mio pargoletto! Altro gossip, anche quell’idea è nata da una serata di Minuti Contati. In cui tra l’altro non ero neppure arrivato in finale. Larissa 2.0 parla di una ragazza che subisce svariati interventi solo perché vuole piacere a un ragazzo che di lei non vuole saperne nulla. Questo ha proprio il taglio pulp “alla Fagiolo”, credo ti piacerà anche se calato in un contesto Sci-Fi. Anzi forse ancora di più per il suo setting.
 
MATTEO: Eh ma io mi ricordo quel racconto, era Capricci!
 
LUCA: Sì, giusto! Era per la Mosca Bianca Edition, il tema era qualcosa di inerente alla “metamorfosi”, avevo pensato a una donna che si modifica per piacere a un uomo, ma questo non è stato molto apprezzato perché il messaggio è stato interpretato male, e qualche commento negativo ha polarizzato i commenti successivi impedendo al racconto di arrivare in finale… ma poi ho sfruttato l’idea di base per arrivare finalista a Urania, quindi, alla fine, non era proprio da buttare!
 
MATTEO: Il traguardo di Urania è stato raggiunto anche qualche anno fa dal nostro Emiliano Maramonte, mi ricordo che avevo votato per lui… a questo proposito, ti va di ricordare a me e agli amici di Minuti Contati come si fa a votarti?
 
LUCA: Eccome! Si deve comprare il volume, leggere il racconto e spedire via posta cartacea la cartolina che si trova in coda al numero, ovviamente dopo aver barrato la preferenza per il miglior racconto!
 
MATTEO: Il tormentone di un noto film Disney è “Chiunque può cucinare”, secondo te vale anche per il raccontare e scrivere storie? La creatività è un muscolo che si può allenare?
 
LUCA: Snì. Argomento meglio: chiunque può studiare narratologia, leggere tanto, seguire workshop e lezioni online, partecipare a gruppi di scrittura e applicare quello che ha imparato per creare opere abbastanza interessanti. Così come chiunque può imparare a suonare la chitarra, o giocare a basket o, appunto, cucinare. Però ci sono cose che non si imparano. Nello sport lo chiameremmo talento, ma io non credo tanto al talento nella scrittura. Chiaro che se giochi a basket e sei alto due metri sicuramente questa predisposizione fisica ti dà una bella mano. E questo “pseudo-talento” applicato alla scrittura per me è proprio la creatività e l’immaginazione. Puoi studiare tutte le regole che vuoi e scrivere in maniera eccelsa, ma se non hai nulla da dire, questo da solo serve il giusto… Aggiungo però una postilla molto importante: tra un’idea meravigliosa scritta con le competenze di un bambino delle elementari che sbaglia pure i verbi e un’idea già sentita e già vista, ma scritta con cognizione di causa io sceglierò sempre la seconda. Perché un buon narratore saprà tenermi incollato anche alla storia più trita e ritrita. E questa parte della scrittura, a mio avviso, si può imparare. Perciò la mia risposta definitiva è sì, chiunque può scrivere bene, ma di fottuti geni (voglio citare come esempio China Miéville) ce ne sono davvero pochi.
 
MATTEO: Ah, anche a te piace China Miéville, qualcosa in particolare?
 
LUCA: Di quello che scrive mi piace qualsiasi cosa, anche la lista della spesa. Partendo da Perdido Street Station, La Città e la Città, Un Lun Dun, Embassytown… Tutti capolavori.
 
MATTEO: Anche a me piace molto, ma mi trovo in difficoltà a empatizzare con i suoi protagonisti.
 
LUCA: Sì, lui è uno di quelli che sono più plot-driven, piuttosto che character-driven, cioè quelli che sono più bravi con trame e ambientazioni, piuttosto che coi personaggi. Poi, ammetto che gli scrittori più character-driven mi piacciono di più, per esempio Joe Abercrombie, i cui personaggi sono stupendi anche se le trame sono più classiche. Pensa a un personaggio come Glokta, che è negativo e sgradevole, ma è un personaggio verosimile perché ha un background credibile e coinvolgente, non è il solito orfano predestinato, ma un personaggio vero. Questo fa di Joe Abercrombie un autore da scoprire assolutamente.
 
MATTEO: A questo punto, gli amici di Minuti Contati non aspettano altro che questa domanda: ci dai qualche suggerimento per il tema che hai scelto? (ndr: Matteo, hai dimenticato di contestualizzare con il PER COSA, in questo caso l’Edition del Campione che si svolgerà a novembre e per l’occasione rifaremo qualche domanda al buonn Fagiolo)
 
LUCA: Domandona questa. Riguarderà qualcosa che mi sta molto a cuore. E sarà un tema declinabile in svariate sfaccettature. Più di così finisco nello spoiler!
 
MATTEO: Grazie Luca, per salutarci vorrei chiederti di augurare buona fortuna a tutti i partecipanti della nuova Era: possibilmente in emiliano.
 
LUCA: Ragazol, in bocca al lupo per questa prima edizione della nuova Era. E, mi raccomando, non si molla un caxxo! A val deg!
 
Qui sotto i link ai racconti di Luca citati per questo articolo:
Disco inferno
Cambio al Vertice
Chi Resta
Tasse
Capricci

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