BENVENUTI ALLA DAVIDE DEL POPOLO RIOLO EDITION, LA QUARTA DELL'OTTAVA ERA DI MINUTI CONTATI, LA 148° ALL TIME!
Questo è il gruppo UBERMENSCH della DAVIDE DEL POPOLO RIOLO EDITION con DAVIDE DEL POPOLO RIOLO nelle vesti di Guest Star.
Gli autori del gruppo UBERMENSCH dovranno commentare e classificare i racconti del gruppo NON CI SONO DEI OLTRE IL TEMPO.
I racconti di questo gruppo verranno commentati e classificati dagli autori del gruppo IL PUGNO DELL'UOMO.
Questo è un gruppo da OTTO racconti e saranno i primi TRE ad avere diritto alla pubblicazione immediata sul sito e a entrare tra i finalisti che verranno valutati da DAVIDE DEL POPOLO RIOLO. Altri racconti ritenuti meritevoli da me, l'Antico, verranno a loro volta ammessi alla vetrina del sito, ma non alla finale. Ricordo che per decidere quanti finalisti ogni gruppo debba emettere cerco sempre di rimanere in un rapporto di uno ogni tre approsimandolo all'occorrenza per eccesso.
Per la composizione dei gruppi ho tenuto conto del seguente metodo: per primi ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso di punti RANK D'ERA, a seguire ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso del RANK ALL TIME (il primo nel gruppo A, il secondo nel gruppo B, il terzo nel gruppo C, il quarto nel gruppo A e così via), coloro che non hanno ottenuto punti nel corso dell'Era in corso e che non hanno acquisito punti nel RANK ALL TIME sono stati assegnati a seguire (primo a postare gruppo X, secondo a postare gruppo Y, terzo a postare gruppo BETA, quarto a postare gruppo X e così via). Importante accorgimento: in quest'Era il gruppo con il Leader della classifica non potrà mai essere quello con più racconti, motivo per cui quando ci sarà un numero diverso di racconti per gruppo, come in questa edizione, gli ultimi racconti verranno assegnati saltandolo.
E ora vediamo i racconti ammessi nel gruppo UBERMENSCH:
Considerato il periodo, avrete più tempo del solito, quindi fino alle 23.59 di sabato 2 GENNAIO per commentare i racconti del gruppo NON CI SONO DEI OLTRE IL TEMPO Le vostre classifiche corredate dai commenti andranno postate direttamente sul loro gruppo. Per i ritardatari ci sarà un'ora di tempo in più per postare le classifiche e i commenti, quindi fino alle 00.59 del 3 GENNAIO, ma si prenderanno un malus pari alla metà del numero di autori inseriti nel gruppo approssimato per difetto. Vi avverto che sarò fiscale e non concederò un solo secondo in più. Vi ricordo che le vostre classifiche dovranno essere complete dal primo all'ultimo. Una volta postate tutte le vostre classifiche, posterò la mia e stilerò quella finale dei raggruppamenti. NB: avete DODICI giorni per commentare e classificare i racconti del gruppo NON CI SONO DEI OLTRE IL TEMPO e so bene che sono tanti. Ricordatevi però che Minuti Contati, oltre che una gara, è primariamente un'occasione di confronto. Utilizzate il tempo anche per leggere e commentare gli altri racconti in gara e se la guardate in quest'ottica, ve lo assicuro, DODICI giorni sono anche troppo pochi. E ancora: date diritto di replica, tornate a vedere se hanno risposto ai vostri commenti, argomentate, difendete le vostre tesi e cedete quando vi convinceranno dell'opposto. Questa è la vostra palestra, dateci dentro.
Eventuali vostre pigrizie nei confronti dei commenti ai racconti (che devono avere un limite minimo di 300 caratteri ognuno) verranno penalizzate in questo modo: – 0 punti malus per chi commenta TUTTI i racconti assegnati al suo gruppo con il corretto numero minimo di caratteri. – 13 punti malus per chi commenta tutti i racconti assegnati al suo gruppo, ma senza il numero minimo di caratteri. – ELIMINAZIONE per chi non commenta anche solo un racconto di quelli assegnati al suo gruppo.
Vi ricordo che i racconti non possono essere più modificati. Se avete dubbi su come compilare le classifiche, rivolgetevi a me. Potete commentare i vari racconti nei singoli thread per discutere con gli autori, ma la classifica corredata dai commenti deve obbligatoriamente essere postata nel gruppo NON CI SONO DEI OLTRE IL TEMPO. Altra nota importante: evitate di rispondere qui ai commenti ai vostri lavori, ma fatelo esclusivamente sui vostri tread.
E infine: una volta postate e da me controllate, le classifiche non possono più essere modificate a meno di mia specifica richiesta in seguito a vostre dimenticanze. L'eventuale modifica non verrà contabilizzata nel conteggio finale e sarà passibile di malus pari a SETTE punti.
1) Era, sarà 2) Come la scena priva di sostanza 3) Cambio al vertice 4) Morte aguzza 5) Warpedia 6) Il Gattopardo 2.0 7) L'indagine 8) L'indovinello della sfinge
Era, sarà Ciao Giorgia, piacere di averti letto. Comincio dicendoti che il tuo racconto è fra quelli che mi hanno colpito di più. Perfettamente calzante e per nulla banale la tua interpretazione di un tema tutt'altro che facile. Fra i punti di forza senza dubbio la scena iniziale, vivida e coinvolgente, e l'atmosfera complessiva che riesci a creare. Ho notato anch'io delle dinamiche delineate forse in modo troppo semplicistico (difficile pensare che si possa scegliere completamente la vita successiva, forse era meglio evocare un meccanismo più complesso). Se non ho frainteso volevi richiamare l'eterno dibattito tra determinismo e libero arbitrio (e in questa starebbe anche la frase finale della bambina). Bravissima, a rileggerci presto!
Come la scena priva di sostanza Ciao Debora, piacere di averti letto. Il tuo è un racconto non facile ma che si legge tutto d'un fiato. È vero, lo spazio era poco e la scena iniziale rischiava di apparire confusa, ma mi pare che i dubbi si sciolgano bene procedendo con la lettura. Tema declinato con originalità, nella “finzione” del teatro l'unica verità è davvero il cambiamento di costumi, personaggi e personalità. Ma le molte maschere diventano anche il rifugio del protagonista, un personaggio davvero ben delineato, soprattutto nello scambio di battute finale, quasi ossessivo. Bravissima davvero, a rileggerci presto!
Cambio al vertice Ciao Luca, piacere di averti letto. Un racconto ben scritto che si legge tutto d'un fiato. Pare ricalcare una scena abbastanza stereotipata già vista molte volte, ma il finale assolutamente inaspettato determina a mio avviso il salto di qualità. Tra i punti di debolezza mi sento di ripeterne uno che ti è già stato fatto notare, cioè il cambiamento troppo repentino del protagonista dall'atteggiamento spaccone e di sfida iniziale alla paura e sottomissione. Bravo, spero di rileggerti presto.
Morte aguzza Ciao Emiliano, piacere di averti letto. Un racconto truce fin dalle prime battute, che ci guida verso un finale forse un po' prevedibile, ma comunque ben costruito. O per dirla meglio, mi aspettavo la reazione della ragazza, sicuramente quella che hai ideato ha un forte impatto. Mi pare che il modo con cui ci guidi verso questo finale sia un po' soffocato dai troppi discorsi del padre. Alcuni paiono un po' superflui, altri quasi uno spiegone. Il fatto che siano un monologo invece che un botta e risposta li appesantisce ulteriormente. Mi è piaciuta le declinazione del tema cambiamento come mutazione/adattamento, anche io avevo inizialmente pensato a qualcosa del genere senza riuscire a concretizzarlo. Complimenti, spero di rileggerti presto.
Warpedia Ciao Mauro, piacere di averti letto. Il racconto è scorrevole e ben scritto. Lo stile che usi ci permette di immergerci in questa distopia che pare caratterizzata da una guerra permanente. Tuttavia sono arrivato in fondo abbastanza insoddisfatto. Mi sono chiesto se fossi stato io a non cogliere alcuni dettagli fondamentali per la comprensione. Leggendo i tuoi commenti, invece, mi sono reso conto che molti aspetti della tua ambientazione sono stati taciuti. Sono d'accordo con te, i racconti fantastici, specie quelli così brevi, devono dare delle pennellate di ambientazione, quelle necessarie alla scena, e lasciare che il lettore immagini il resto. Altrimenti si trasformano in saggi brevi di fanta-geografia. Tuttavia mi pare che nel tuo racconto manchi troppo. È vero, bisogna fornire il tutto senza eccedere negli infodump, negli eccessivi flussi di coscienza o negli spiegoni di vario tipo, soprattutto con uno stile immersivo come il tuo; ma per permettere al lettore di godersi al meglio la scena a mio parere, alcune informazioni in più andavano date. Bravissimo, spero di rileggerti presto.
Il Gattopardo 2.0 Ciao Filippo, piacere di averti letto. Con questo racconto ci trasporti in una distopia ben costruita, che appunto estremizza alcuni caratteri e problematiche a noi tragicamente familiari. Lo stile scelto è principalmente il flusso di pensieri del narratore che ci racconta la quotidianità in questo futuro prossimo. Da questo punto di vista, forse, stridono un po' le prime due frasi, che sembrano più un narratore esterno, quasi un incipit, rispetto al resto del testo che mi è parso stilisticamente più omogeneo. Un punto debole del tuo racconto, a mio avviso, è l'assenza di un colpo di scena o tracollo nel finale. Mi spiego meglio: mentre mi descrivi un futuro così asfissiante, mi aspetto una sorta di climax, un crescendo verso una batosta nelle ultime righe, mentre la rivelazione della giornata lavorativa da 12 ore, rispetto alle altre caratteristiche descritte, mi è parsa assolutamente nella media. Mi è rimasto quindi un senso di attesa, di sospensione alla fine del racconto. Spero di essermi fatto capire. Complimenti, spero di rileggerti presto.
L'indagine Ciao Andrea, piacere di averti letto. Il tuo racconto è ben scritto e l'interpretazione del tema come un giallo è senza dubbio originale. Il racconto paga lo scotto di dover costruire in poche righe un background che dia senso alla scena finale. Il riassunto dei furti precedenti mi pare appesantire tutta la prima parte della narrazione. Anche il finale risulta un po' frettoloso e prevedibile. La sensazione è che il racconto avesse bisogno di molto più spazio in cui diluire gli indizi e le ipotesi, di modo che il finale fosse davvero un colpo di scena. Invece, concentrato in così poche battute, lascia un senso di insoddisfazione. Complimenti, spero di rileggerti presto.
L'indovinello della sfinge Ciao Valerio, piacere di averti letto. L'ambientazione è il punto forte del tuo racconto, con questa sfinge meccanica che evoca un po' la contraddizione antico/moderno. Purtroppo, anche a causa del poco spazio, alcuni aspetti chiave della tua ambientazione (la stagnazione sociale e scientifica) vengono relegati alla spiegazione finale. Di questo ne risente un po' tutto il racconto. I personaggi non mi hanno convinto fino in fondo, come anche la risoluzione finale che pare troppo frettolosa. Leggendo il tuo scritto si ha l'impressione che possa essere la scena apicale di un racconto più lungo, in cui le contraddizioni del futuro e le motivazioni di Rubeus possano essere approfondite in maniera meno didascalica. Complimenti, spero di rileggerti presto!
“Uno scrittore argentino che ama molto la boxe mi diceva che in quella lotta che si instaura fra un testo appassionante e il suo lettore, il romanzo vince sempre ai punti, mentre il racconto deve vincere per knock out.” Julio Cortázar
Ecco la mia classifica. Ho molto sofferto per i primi posti, ero molto indeciso.
1) Cambio al Vertice. Di Luca Fagiolo. 2) Come la scena priva di sostanza. Di Debora Dolci. 3) Era, Sarà. Di Giorgia D’Aversa. 4) Warpedia. Di Mauro Lenzi. 5) Il Gattopardo 2.0. Di Filippo Mammoli. 6) Morte Aguzza. Di Emiliano Maramonte. 7) L’Indagine. Di Andrea J. Leonardi. 8) L’indovinello della Sfinge. Di Valerio Covaia.
Ecco i commenti (già postati altrove)
Cambio al Vertice. Di Luca Fagiolo.
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Ciao Luca, eccomi a commentare un tuo pezzo per la prima volta, anche se leggo sempre con piacere i tuoi racconti. Prime impressioni: Che merda! (Non il racconto ;) sai a cosa alludo!) Se il tuo scopo era farmi vomitare, ce l’hai davvero fatta! Aderenza al tema: Il cambiamento visto come la catena di comando di un’organizzazione criminale, che viene ridimensionata di continuo in funzione delle volontà del bastardone di turno. Direi che il tema c’è. Punti di miglioramento: Qualche minuzia: virgola mancante (riga 2, tra camera e Manuelito); la accendo, magari potevi mettere l’accendo; «La verità è che nessuno ti rispetterà mai. Sei un poppante!» forse qui non è chiaro fin da subito chi sta parlando, l’ultimo personaggio citato non è il pdv, ma Tiberio. Parere soggettivo: non so se è realistico che il pdv si vanti col nuovo capo di sniffare la roba, anche se è una sua abitudine… comunque da uno spacciatore tossico non si pretendono azioni intelligenti. Mi è un po’ difficile, pensandoci su, immaginare uno che riesce a defecare a comando, ma potresti sempre dirmi che gli scappava già… Punti di forza: Sebbene la trama in sé sia una declinazione di scene viste e riviste, il finale è spiazzante e dà quel tocco di follia che posa la ciliegina sulla torta (una torta non diciamo fatta di cosa) a un racconto scorrevole e godibile. Conclusioni: Fino al finale non ho trovato nel pezzo nulla di particolare se non una narrazione scorrevole (tuo marchio di fabbrica), ma alla fine hai premiato la mia pazienza con una scena forte che ha ribaltato il giudizio in tuo favore. Magari altri tuoi pezzi mi sono piaciuti di più, però anche questo non è male.
Era, Sarà. Di Giorgia D’Aversa.
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Ciao Giorgia, piacere di rileggerti. Prime Impressioni: Ho riletto l’ultima frase diverse volte ma ancora non capisco cosa voglia dire la bambina, sarò io che non colgo il succo, però magari qui manca una spiegazione in più. Aderenza al tema: Direi che con la reincarnazione hai declinato il tema del cambiamento in maniera pertinente. Punti di miglioramento: Fai riferimento a un lago, ma dici che l’acqua è salata. C’è qualche ripetizione qua e là, ma ovviamente è l’effetto MC. La reincarnazione è molto suggestiva come idea base di un racconto, però il fatto che chiunque possa scegliere in cosa reincarnarsi rende il tutto un pochino incoerente… direi che se fosse veramente così, allora nessuno sceglierebbe di reincarnarsi in vite sfortunate. Oppure viene permesso di scegliere solo il sesso? Maschio, femmina? Uomo o cavallo? Un piccolo approfondimento non avrebbe guastato. Chi è il pdv? se era famoso avresti potuto accennarmi alla sua identità, dovrei conoscerlo? In cosa andrà a reincarnarsi? In che epoca siamo? Le figure che evochi sono chiaramente le parche o le norne, siamo allora nell’antichità? Come fanno le altre anime a sapere dove si trovano se sono arrivate lì come è successo al pdv? In generale quindi il tuo racconto pone molte domande cui non dai una risoluzione. La frase finale anche non mi è arrivata, non ho proprio capito cosa intendesse la bambina, e quindi purtroppo temo di essermi perso la chiave di lettura di tutto il racconto. Mi spiace. Punti di forza: Senza dubbio evochi le sensazioni corporee con successo, il dolore, il bruciare dell’acqua salmastra sono ben resi (dici che persino le lacrime gli bruciano la pelle: di solito non è così, però il pdv ha la pelle irritata dal sale, quindi qui ci sta eccome!) come anche i dettagli visivi. In genere la tua idea mi è piaciuta, la reincarnazione è un tema molto interessante, e anche il modo in cui hai caratterizzato le parche mi è piaciuto. Conclusioni: Ottima idea, cui però manca qualche spiegazione in più che permetta di comprendere la trama appieno e appassionarcisi. Magari potresti ampliarla e darle un po’ più di respiro, secondo me il limite dei caratteri qui non ha giocato in tuo favore.
Morte Aguzza. Di Emiliano Maramonte.
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Per me è la prima volta a commentare un tuo racconto, Emiliano. Piacere di leggerti! Prime Impressioni: La scena mi è arrivata, la trama mi pare un pochino scontata, ma mi è piaciuto come tu abbia scelto di rivelare lentamente chi sia il mostro: all’inizio mi immaginavo una specie di Quasimodo femmina, invece poi i contorni si sono delineati, e questa rivelazione graduale ha dato i suoi frutti. Aderenza al tema: Il cambiamento (addirittura una metamorfosi) c’è. Manca secondo me l’altro pezzo, ovvero il tema della verità duratura, potrei magari identificarlo con questa maledizione del seme. Punti di Miglioramento: Le battute di dialogo del padre. Non mi hai mai amato sembra più una frase detta da un marito tradito, magari l’avrei cambiata in Non mi hai mai voluto bene. C’è qualche spiegone di troppo che è rivolto palesemente al lettore, non alla ragazza-mostro: sono le piccole intrusioni di As You know Bob che raccontano la metamorfosi improvvisa e tutte le sue conseguenze. L’aculeo che esce dalla vagina è un dettaglio divertente, ma è difficile capire come lo usa per colpire il padre, avresti potuto mostrare un po’ meglio l’acrobazia necessaria a strofinare l’inguine da stesi sull’addome di qualcuno che sta in piedi di fronte. Anche qui: la vagina e il padre, due concetti che sfrigolano se associati, un po’ come la frase non mi hai mai amato. Mi verrebbe da dire che il padre ha una infatuazione incestuosa per la figlia, però se è così non viene spiegato abbastanza e resta un’interpretazione senza appigli. Perché non cambiare la figlia nella moglie o nella fidanzata? Questo andrebbe forse ad aggiustare quegli elementi che stridono un po’. Punti di forza: La metamorfosi è senza dubbio originale e fa il suo lavoro, il linguaggio della tua narrazione è ricercato e mostra una certa dimestichezza col mestiere. Dal punto di vista della narrazione quindi, nulla da dire. Conclusioni: Ho letto altri tuoi pezzi e mi sono piaciuti di più, qui manca quel tuo tocco di megagenialità che hai saputo mostrare da altre parti. Per quanto il racconto si legga volentieri, quelle parti di spiegazione rovinano un poco l’immersione nella scena e i temi figlia/padre che sfrigolano non mi aiutano ad apprezzare la trama. Non fraintendermi, l’incesto in un racconto ci può stare, però qui se c’è è un pochino forzato.
Warpedia. Di Mauro Lenzi.
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Ed eccomi dal grande Mauro! Mi sembra che sia la prima volta in cui sono chiamato a leggere un tuo pezzo, ma come sai non è la prima volta che ti leggo. Prime Impressioni: Mi pare di essere in un videogame, in cui si può morire e ricominciare a giocare, la dinamica ludica del tuo pezzo funziona bene, mi vedo a giocare a Wolfenstein e sparare ai nazisti. Ho un po’ di confusione in testa però, certi dettagli non mi sono arrivati. Aderenza al tema: Il cambiamento dei simboli da svastica a falce e martello identificano sicuramente uno scenario di cambiamento. Nell’ottica dell’altra parte del tema, interpreto questa guerra come una specie di conflitto infinito in cui gli esseri umani combattono in eterno schierandosi in parti avverse, senza che lo schieramento in sé abbia granché di significato. Interpreto bene? Punti di Miglioramento: Più che un racconto, questa potrebbe essere la sinossi di un romanzo a parte. Ci sono troppi interrogativi che restano irrisolti: perché la tizia ricompare dopo che le hanno fatto esplodere la testa e per giunta coi colori dello schieramento opposto? Io la interpreto con la possibilità degli schieramenti di creare cloni infiniti dei soldati, un po’ alla Battlestar Galactica, però mi mancano gli elementi per capire se ho interpretato le cose nel modo corretto. C’è qualche battuta di dialogo che avrei messo giù in modo diverso: i viventi allevati al solo scopo di divorarli mi pare una specie di situazione normale nella realtà in cui viviamo, ma nella loro? Come si nutrono? Forse i cloni non devono mangiare, o forse vivono in una specie di realtà virtuale, però non si capisce. Punti di forza: L’originalità. Il conflitto regolato da questo manuale stile Guida Galattica per Autostoppisti è una grande idea. Anche il world building mi piace molto, questo mondo distopico in cui comunisti e fascisti perpetuano la Seconda Guerra Mondiale arrivando addirittura a combattersi con armi futuristiche. Conclusioni: Idea davvero buona, che soffre per lo spazio ristretto. Forse eliminando qualche battaglia avresti potuto trovare lo spazio per approfondire qualche elemento rimasto in sospeso. Il tuo stile narrativo mi piace, è pieno di elementi sensoriali che permettono una buona immersione, ma sappiamo tutti che ne sei capace. Per me giudizio positivo e l’invito ad ampliare la tua idea in qualcosa di più sostanzioso.
L’Indagine. Di Andrea J. Leonardi.
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Ciao Andrea, mi sembra sia la prima volta che commento un tuo pezzo: piacere di leggerti. Prime Impressioni: Un poliziesco che vira al sentimentale. Un pochino contorto, forse, ho dovuto rileggerlo per capire cosa volevi mostrarmi. Però alla fine mi è piaciuto. Aderenza al tema: Il tema del cambiamento c’è ma è un poco rosicato, manca la verità duratura, il cui riferimento fatico a trovare. Comunque il tema era volutamente molto aperto, quindi per me anche il tuo racconto ci può stare. Punti di Miglioramento: L’effetto MC deve averti un pochino giocato, ho visto che il tuo pezzo era molto più corposo e che all’ultimo hai dovuto sfoltirlo. Questo ha senza dubbio inficiato un pochino la resa finale, perché sebbene l’idea sia buona, purtroppo non ho colto subito la confessione e il movente, ma ho dovuto rileggere tutto un paio di volte per coglierne il significato. Il commissario è di troppo, la sua parte la poteva tranquillamente fare lo stesso De Rosi, oppure avresti potuto sostituirlo con un monologo interiore. Il bambino nella scena finale è solo citato, c’è una lotta in corso ma non dici nulla sul fatto che lui ne sia spaventato o che si svegli di soprassalto urlando. È un elemento che viene perduto, e un pochino mi spiace, anche qui effetto MC. Diciamo che pensandoci non so come l’investigatore abbia potuto capire che il prossimo colpo sarebbe stato il tentato omicidio, un pochino forzata come intuizione, però è un’opinione personale. Punti di Forza: Il caso in apparenza irrisolvibile è il cliché di ogni poliziesco che si rispetti, e la tua declinazione è originale. La componente affettiva e folle di de Rosi, che cerca di ostacolare le proprie azioni disseminando prove per portare l’investigatore (suo amico, forse) a fermarlo prima di compiere l’atto decisivo, mostra un forte conflitto interno che meriterebbe un racconto a parte. Conclusioni: Sei stato coraggioso a portare questa idea a compimento, un poliziesco in così poche righe è molto difficile da rendere, e sinceramente qui si sente un po’ troppa semplificazione nella risoluzione del caso. Però alla fine l’idea non è male. Ti inviterei a svilupparla in un racconto più corposo, magari cercando di caratterizzare un po’ di più il pdv e gli altri personaggi. Purtroppo però, vedo più punti di ampliamento che di forza in questo tuo pezzo, complice l’obbligata brevità e i tagli che sicuramente hai dovuto fare all’ultimo. Mi spiace. Un piccolo consiglio: usa un font con dimensione diversa :D le lettere così sottili mi hanno accecato.
Come la scena priva di sostanza. Di Debora Dolci.
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Ciao Debora, piacere di leggerti. Prime impressioni: Ho dovuto rileggere la prima parte un paio di volte per riuscire a figurarmi la scena. C’è un po’ di confusione che non aiuta a comprendere il contesto e la trama, la seconda è invece a posto e il significato di tutto mi arriva. Aderenza al tema: Tra i racconti di questo girone direi che il tuo è quello che declina meglio il tema. Il mutamento delle identità dovuto ai ruoli teatrali che gli attori impersonano, e il proseguire degli spettacoli identici ma sempre nuovi, è una trovata niente male. Punti di Miglioramento: Come già accennato, ho fatto veramente fatica a seguire la prima scena, e anche dopo diverse riletture alcuni dettagli mi sfuggono. Innanzitutto i nomi e le identità si mescolano in poco spazio e si fatica a capire chi è chi. All’inizio il nome Ariel mi ha portato sott’acqua insieme alla Sirenetta (ci sono anche dei marinai sopra, che chiamano il nostromo o il capitano), poi indichi il pdv come Amedeo, ma poi dici che si chiama Prospero... insomma, ho capito la tua intenzione, però rendere bene questa scena in così poco spazio per me sarebbe un’impresa decisamente ardua, e purtroppo non vedo nel tuo tentativo qualcosa di completamente riuscito. Punti di forza: Visto nel suo insieme il pezzo mi è piaciuto e la personalità del pdv è ben delineata, con la sua ossessione per l’arte a dispetto dei sentimenti di Cecilia. L’idea è molto buona, e se magari ampliata con un po’ più di dettagli e coerenza nella prima scena, potrebbe essere l’inizio per qualcosa di più che un semplice racconto. Anche i riferimenti al teatro mi sono piaciuti, si vede che ne hai interesse oppure che lo conosci. Conclusioni: Non c’è male, peccato per la confusione iniziale, ma lo svolgimento e l’idea sono molto buone. Non ho granché da dirti nemmeno per quanto riguarda l’immersione, riconosco l’impronta dei tuoi maestri ;)
Il Gattopardo 2.0. Di Filippo Mammoli.
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Ciao Filippo, piacere di rileggerti. Prime Impressioni: Mi hai steso. Sul serio, davvero una bella idea, bel racconto, con tutta la forza che attinge dalla nostra attualità. Aderenza al Tema: Uno dei racconti del girone con più aderenza al tema, l’immobilità sociale sostenuta dalla continua evoluzione e aggiornamento dei software. Ci sta in pieno. Punti di Miglioramento: Manca l’azione e la trama. Tutto il racconto è la descrizione di uno scenario futuro probabile evoluzione (o involuzione) dell’epoca difficile che stiamo vivendo. Il personaggio stesso è anonimo e quasi decorativo, il world building attira tutto l’interesse invece di fare da sfondo alle vicende narrate. Lo stile di raccontato esalta questi punti di deboli. Punti forti: Devo spiegarli? Tratteggi un futuro spaventoso ma attuale, e ciò che colpisce di più è che il personaggio effettivamente ne sia così assorbito da non vedere nemmeno necessaria una via d’uscita. Il tuo potrebbe tranquillamente passare per un 1984 2.0, o un Mondo Nuovo 2.0 Conclusioni: Idea molto buona, rafforzata dal legame emotivo che proviamo in questo momento coi fatti di attualità. Forse insufficiente come racconto a sé stante, proprio perché manca tutta la componente di narrativa, però se sviluppassi un romanzo con quest’idea correrei a comprarlo. Pensaci su, prima che te la freghino ;)
L’indovinello della Sfinge. Di Valerio Covaia.
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Ciao Valerio. Piacere di leggerti. Ecco il mio modesto commento al tuo pezzo. Prime impressioni: Ci sono diversi punti di miglioramento, sia nell’idea di base che nel modo in cui l’hai sviluppata. Aderenza al Tema: Il cambia-mento c’è. Mancherebbe a mio avviso la seconda parte del tema, quella sulla verità duratura. Comunque c’è elasticità in quest’edizione di MC riguardo l’interpretazione del tema, quindi no problem. Punti di Miglioramento: I dialoghi peccano di As you know Bob e sinceramente sono un pochino scontati, i personaggi sono dei cliché (il poliziotto e il sapientone puzzone), anche l’indovinello della sfinge, con l’indicazione di come si scrive la parola cambiamento non mi convince granché. Con il primo trafiletto in corsivo descrivi un mondo futuristico che però non trova espressione nel tuo racconto, e si perde purtroppo nel nulla. Il tuo stile mi pare anche un pochino acerbo, secondo me hai dei margini di miglioramento, a iniziare dalla costruzione delle scene, dal movimento dei personaggi (all’inizio il personaggio sbatte la porta, ma non si capisce se per entrare o uscire da una stanza), dalla coerenza delle loro azioni (c’è una sfinge robot che minaccia una città e i poliziotti hanno reazioni indifferenti. Il tuo stile anche è un pochino acerbo per i miei gusti, cercherei di snellire gli avverbi in –ente, i gerundi, e cambiare il tipo di narratore (chi mi conosce sa che sono un pedante detrattore del narratore onnisciente). Punti di Forza:[/i] L’idea di una Sfinge che incombe su una città futuristica a imporre il proprio enigma è a mio avviso una buona intuizione, anche l’indovinello (a parte l’inciampo sull’ortografia della risposta) ha un che di poetico. Anche il cliché del ragazzo che scava negli appunti del nonno (o zio) inventore a riesumare verità dimenticate potrebbe essere rilanciato in maniera positiva, se ben giocato. [b]Conclusioni: Sei sulla strada giusta, ti invito a partecipare ancora alle gare di MC e raccogliere più pareri che puoi, penso che confrontandoti con più persone riuscirai velocemente ad affilare le tue lame e avere molte soddisfazioni. Spero di rileggerti ancora! Alla prossima!
1. Come la scena priva di sostanza, di Debora Dolci 2. Warpedia, di Mauro Lenzi 3. Era, sarà, di Giorgia D’Aversa 5. Cambio al vertice, di Luca Fagiolo 6. Il Gattopardo 2.0, di Filippo Mammoli 7. L’indovinello della sfinge, di Valerio Covaia 8. L’indagine, di Andrea Leonardi 9. Morte aguzza, di Emiliano Maramonte
Commenti
Cambio al vertice, di Luca Fagiolo
Il passaggio generazionale è uno dei problemi delle aziende italiane, ma forse per questa “azienda” porterà maggiore ottimizzazione. L’impressione da lettore che ho avuta è quella di trovarmi in una scena di un serial tipo “Suburra”, con un esito tendente al disgustoso. La sensazione è che sia troppo sbilanciato: all’inizio Corto si presenta in modo molto spavaldo, come se fosse senz’altro più capace e importante del figlio del capo. Non si spaventa nemmeno quando la guardia del corpo prende in mano la pistola. Invece capitola all’istante quando il figlio del capo gli dice che vuole ammazzarlo. Il cambiamento mi sembra troppo repentino, forse bisogna costruirlo più lentamente perché così rimane troppo appeso. Anche alla fine, il comportamento (“striscio sul pavimento fino alla porta”) è veramente troppo lontano dall’arrogante che è entrato nella stanza. Forse i personaggi sono un po’ troppo stereotipati per essere davvero coinvolgenti. Mi sembra poco credibile che lo spacciatore si vanti di “rubare” la droga al capo. Rispetto al tema, mi sembra che ci sia quello del cambiamento, ma non vedo la parte della “verità duratura”. Per renderlo migliore, cercherei di rallentare il cambiamento di Corto. Forse cambierei alcune frasi come “Sei un poppante” che mi riesce difficile in bocca ad un delinquente, o “Capirai che non posso permettere insubordinazioni”, che mi sembra più da manager aziendale che da un giovane delinquente appena assurto al comando. In compenso, si fa leggere bene, mi piace molto l’alternarsi dei dialoghi tra personaggi con quello interiore. In conclusione, racconto che non mi fa impazzire, scritto tecnicamente bene con la necessità di rallentarlo per far meglio apprezzare il cambio psicologico.
Era, sarà, di Giorgia D’Aversa
Le Parche incontrano la reincarnazione. Alla lettura, sia la prima che la seconda, ho fatto fatica ad andare oltre l’inizio con questa lunga sequenza di fotografie, racconto quasi di telecronaca sportiva. A spezzare la lettura, ci sono diversi aspetti, come la metafora dell’aggrapparsi come un rapace (forse bastava l’immagine di una persona che stava affogando per far intuire la forze dell’aggrappo - così c’è un’altra immagine, quella del rapace, non funzionale, che si intromette), o stranezze come citare un coltello nel corpo dopo che si fatto capire che il personaggio si era suicidato impiccandosi. Se è vero che ricorda di essersi ucciso, l’accettazione subitanea della situazione davvero strana sembra un po’ troppo veloce. Anche le considerazioni nel testo come “l’uomo è condannato a soffrire sempre” sembrano un po’ troppo filosofiche e un po’ troppo ampollose, col risultato che non fanno empatizzare con il personaggio. Un po’ lo stesso problema anche con la chiusa tra domanda di senso della vita e risposta della bambina, che risponde indicando la libera scelta quando forse la domanda era (sembra) più complessa; ad esempio, mi verrebbe in mente che chi domanda possa sentire la vita mortale come inutile rispetto a quella divina. Così come non si sa come il personaggio sappia che bevendo la scodella si dimenticherà la vita precedente. Come sensazioni, passato l’inizio, il racconto l’ho trovato interessante come idea, ma troppo a scatti per apprezzarlo davvero. Ad esempio, è un peccato non sapere quale sarà la prossima vita del nostro personaggio. Mi ha trasmesso un senso di angoscia per questa rinascita senza un miglioramento (com’è ad esempio nella religione induista), ma questo credo che fosse voluto e lo vedo come un pregio.
Il tema è senz’altro del tutto centrato.
Mi piacerebbe rileggere il racconto togliendo molte delle cose iniziali, tutto sommato non così importanti per quello che segue, e facendo diventare esperienza viva raccontata la parte che ora è intellettuale. Senz’altro il racconto ha un bel potenziale. Ho sempre apprezzato i tuoi racconti, questo mi ha preso un po’ meno.
Morte aguzza, di Emiliano Maramonte
Veramente molto, molto splatter. Mi sembra che il gusto del sangue, del gore, abbia preso il sopravvento, fagocitando tutto il resto. Il racconto è la scena finale di una lunga storia di cui apprendiamo qualcosa (la ragazza che si trasforma, la madre che va via), ma non sappiamo nulla del come sia avvenuta questa trasformazione. Sembrerebbe una famiglia molto religiosa, condizionata da temi come il diavolo, ma anche per persone così è difficile pensare che una figlia che comincia a mutare sia vista come “seme maledetto” e non una malattia, a meno che, ma questo la storia non ce lo dice, ci sia un’epidemia di queste trasformazioni, che sarebbero ben note. Senza questo background sembra veramente troppo folle. Le frasi sembrano troppo strane. “Accetta il tuo destino” o “La tua morte sarà la purificazione finale” mi sembrano così improbabile per un padre che sta torturando e uccidendo la figlia. Altri elementi mi rendono la sospensione dell’incredulità difficile, come il fatto che la ragazza alla fine rompa le catene ma prima non lo aveva fatto per scappare, o che si stacchi con facilità un corno che, se fosse simile a quello degli animali, sarebbe tutt’uno con il cranio. Ridurrei al minimo aggettivi come “strumento digrignante” (come fa uno strumento a digrignare?) o “rastrello avido e affilato”.
Non saprei dire se il tema è rispettato. C’è un cambiamento, ma mi manca la “verità duratura”.
Temo che per me, che non sono appassionato di splatter, lo sia un po’ troppo.
Warpedia, di Mauro Lenzi
Idea interessante, ma non ti nascondo che mi sono perso. All’inizio c’è una scena interessante di guerriglia. Dopo capiamo che Alexander e Sophia si amano. L’attacco al carro armato non ho capito come funziona, ma poco male, è solo un passaggio per creare l’incidente che porta al punto critico: l’accesso al manuale, che con la piastra rotta non sa di quale fazione fornire i contenuti. Un po’ misterioso perché ci debba essere un manuale con entrambe le versioni, mi dà la sensazione di gioco di ruolo, che si amplifica quando Sophia torna dalla morte. Qui ho pensato che siano personaggi di un gioco, di una simulazione, delle intelligenze artificiali coscienti non umane, altrimenti non capisco come possa succedere che una persona con la testa esplosa possa tornare con un nuovo taglio ai capelli! La sensazione di straniamento c’è anche quando Sophia fa riferimento ai nazisti che mangiano le persone, non credo che sia mai girata e sembra distopica. Ma lo è molto di più questa frase:
Mauro Lenzi ha scritto:Scorro immagini di uomini e donne assurdi, con la pelle bianchissima o giallastra, capelli lisci, talvolta gialli o rossi. Per perseguire il loro scopo di miscelare le razze in una unica, i comunisti hanno attuato deportazioni di massa...
Allora Alexander e Sophia sono fatti diversi? Difficile credere che Alexander cambi fazione così facilmente, a meno che non sia un gioco, ma in un gioco vero normalmente non si muore e sicuramente non ci si uccide con carri armati e aerei. Il racconto mi è piaciuto, ma mi piacerebbe avere qualche risposta in più a queste domande. Direi che il tema è centrato, visto che rimane immutato il gioco/guerra pur cambiando i personaggi di esso.
L’indagine, di Andrea Leonardi
Giallo con personaggio doppio. Racconto che si legge bene, ma che non riesce a esplorare tutto il suo potenziale. Poco dopo l’inizio ho capito come sarebbe andato a finire e questo me lo ha reso meno intrigante. I dialoghi sono talvolta strani. “Non mi dica che l’ha notato ora?” sembra un po’ incongruo rispetto alle affermazioni precedenti, e lo è ancora di più come continua, sembra come se la frase fosse rimasta là da una versione precedente. La parte sul termine ricorrente (ma quale sarebbe?), con la risposta che non c’è e la contro risposta “Esattamente!” mi ha mandato in tilt - probabilmente intendeva dire che non c’era nulla in comune, ma sembra strano dirlo partendo dal fatto che c’è un “termine” ricorrente. La conclusione sembra debole, con la giustificazione che serve più che altro a dirci che ha una personalità sdoppiata. Non ho capito perché De Rosi ringrazi l’ispettore quando gli dice che è un pazzo. Il tema non mi sembra esserci. Credo che con un buon editing e ampliando i dialoghi finali potrebbe uscire un racconto piacevole.
Come la scena priva di sostanza, di Debora Dolci
Il racconto mi è piaciuto molto. Mi piace questo intreccio tra l’arte e la vita, fino a non sapere più quale sia la verità, dove si stiano basando i personaggi. Ci sono un paio di cose che mi piacciono meno. Specie all’inizio, le frasi al presente così spezzate, senza una legatura tra loro, mi rende difficile la lettura, mi fa un po’ l’effetto di una telecronaca. Ad esempio, la frase “Una mano mi tocca il braccio, sussulto“ la sento fredda, non riesce davvero a passarmi un’emozione, sembra quasi un ricordo di chi la sta pensando. Quella successiva, “Mi spezza il fiato, sta rovinando il momento e il calore della rabbia mi raggiunge il collo e le orecchie.”, funziona di più, ma visto che è il punto di vista dell’attore, questa visione dall’esterno del calore della rabbia non mi convince molto, forse potrebbe essere più efficace qualcosa come “sta rovinando il momento, mi tremano le mani, ho voglia di cacciarla” (tanto per fare un esempio). Alla fine ho molto apprezzato lo stacco di Cecilia, con il suo prosaico “io non ce la faccio più”. Mi sarebbe piaciuto che fosse evidenziato di più, il desiderio concreto di Cecilia contro l’assoluta indisponibilità a legarsi (questa molto ben chiarita) di Amedeo. Tema assolutamente centrato. Lavorandoci un poco secondo me è veramente un racconto eccellente, grazie!
Il Gattopardo 2.0, di Filippo Mammoli
Racconto scritto bene, ma sembra quasi un documentario del tempo che verrà. Il protagonista racconta un po’ lo stato del mondo, con qualche leggera punta personale, come il fatto che gli piacerebbe andare a mare, ma senza che farmi riuscire a empatizzare con il personaggio e la sua situazione, che poi non è molto diversa da quella di molti di noi. Ci sono alcuni punti che credo interrompano la sospensione dell’incredulità. Uno è questo: “Come poteva suo padre non apprezzare il fatto che il traffico fosse quasi azzerato”. Difficile che si possa fare un paragone del genere da parte di chi non lo ha vissuto. Dall’altro lato abbiamo questo spezzone:
filippo.mammoli ha scritto:«Chi non ha visto e vissuto il mondo prima del 2020 non saprà mai davvero cos'è la libertà.» Ma che diavolo aveva voluto dire con quella frase che non si stancava mai di ripetere? E soprattutto, cosa poteva desiderare di diverso Sandro da quello che la vita gli offriva ogni giorno?
Possibile che il padre non gli abbia mai dato una spiegazione, un racconto di com’era? Evidentemente sono mutuamente escludentesi: o il padre ha raccontato o no, ma sembra strano che non abbia raccontato nulla al figlio. Penso che possa migliorare molto scendendo più nell’intimo del personaggio. Tema centrato per la parte del cambiamento, meno per quello della verità.
L’indovinello della sfinge, di Valerio Covaia
Un genio che dopo aver fatto il bene dell’umanità la pungola in modo disastroso per cambiare. Il tema è interessante, ma credo di non poterlo credere davvero: aver messo in piedi macchine distruttive estremamente complicate che verranno fermate da una singola persona che risponde all’indovinello: e dov’è il cambio dell’umanità? In che modo rispondere così sarebbe trasformativo? Il racconto in sé è movimentato, c’è azione. C’è forse un po’ troppo spinta da parte dell’autore, con il nipote così agitato (ma se questa cosa sta andando avanti da tempo, che fretta ha?), la sfinge meccanica che dà molte indicazioni, per poi scomparire, inspiegabilmente, nel nulla. L’impressione è che come la sfinge pone indovinelli, così vada letto questo racconto, come un indovinello. Lo vedo bene come il seme di un racconto di molto più lungo in cui raccontare la storia di questo decadimento e motivare meglio perché le sfingi e che azioni vanno ad eseguire. Il tema è senz’altro ben centrato.
Salve a tutti. Ecco i miei commenti e la classifica finale:
1. Morte aguzza (Emiliano Maramonte) 2. Il gattopardo 2.0 (Filippo Mammoli) 3. Era, sarà (Giorgia Aversa) 4. Come la scena priva di sostanza (Debora Dolci) 5. Warpedia (Mauro Lenzi) 6. Cambio al vertice (Luca fagiolo) 7. L’indovinello della Sfinge (Valerio Covaia) 8. L’indagine (Andrea Leonardi)
Ho fatto le seguenti considerazioni: tutti i racconti hanno delle qualità distintive (chi la vicenda, chi lo stile, chi il nocciolo narrativo). Ho però privilegiato le vicende complete (in cui vedo l'arco di trasformazione del personaggio), e le scene in cui, seppur staticamente, viene reso il sentire dei personaggi.
Cambio al vertice (Luca fagiolo) Allora: il racconto secondo me presenta una grossa pecca di fondo. Non vedo l'arco di trasformazione del personaggio. Vedo il protagonista entrare sicuro di sé nell'ufficio di Tiberio, in cui da lettore apprendo che è molto rispettato e temuto dagli altri della banda. Poi però, viene semplicemente atterrato dal "gorilla" e costretto alla sottomissione finale, senza alcuna reazione. Reazione che ci si aspetta, data la semina iniziale. Semina iniziale, che ci dà anche un'altra informazione: il protagonista non teme di essere sentito dal nuovo capo, Tiberio, che considera un "poppante". Insomma, ci leggo un'incoerenza di fondo, che mi dà l'impressione di una serie di azioni calate dall'alto e non vissute dall'interno. Attenzione anche al passaggio: «Come ti permet–». Che sappia, al posto del trattino ci vogliono i puntini di sospensione. Il racconto è molto interessante, ma a mio avviso necessiterebbe di più spazio e maggiore coerenza.
Era, sarà (Giorgia Aversa) Il racconto è molto profondo. Ho apprezzato molto l'ambientazione mitologica nell'antro delle parche. Il filo narrativo funziona: un uomo, morto in maniera violenta, si risveglia nell'antro antico in cui tre divinità primordiali tessono i destini degli uomini, e i suoi interrogativi, il suo spaesamento, l'incontro con le divinità costituiscono la vicenda. Il finale si presta a significati vari; mi piacciono le battute finali, il contrasto che creano tra il compito delle divinità e la scelta (sempre libera) del protagonista. Occhio solo a chiudere tutte le domande che emergono dalla narrazione: ad esempio non è chiarissimo perché le tre donne siano una anziana, una ragazza e una bimba. Attenzione anche alla punteggiatura, come in: «Un’altra vita?! Me ne è bastata una». Complessivamente una prova molto buona, che spinge alla riflessione (e non è poco).
Morte aguzza (Emiliano Maramonte) Il mio parere: la vicenda c'è, e secondo me funziona. Ho letto sino alla fine aspettandomi il solito finale, in cui qualcuno salva la ragazza-mostro, oppure il padre si uccide lasciando la ragazza al suo destino. Invece, mi ha sorpreso la chiusura proposta: il completamento della metamorfosi della ragazza, che uccide il suo torturatore, e prende coscienza di un nuovo inizio della sua vita. Un paio di punti a cui fare attenzione: - il pdv. All'inizio siamo immersi nel pdv della ragazza, poi mi sembra che il racconto vada più su un narratore esterno. Narratore esterno che funziona alla grande quando descrivi il momento di sospensione tra i due nel finale. Però, ecco, una maggiore uniformità faciliterebbe la lettura. - gli aggettivi Il tema secondo me è centrato: la metamorfosi si compie (e così l'arco di trasformazione del personaggio), e la natura della ragazza emerge in tutto e per tutto: quella è la sua verità.
Warpedia (Mauro Lenzi) Devo dirti che il tuo racconto mi ha spiazzato: una distopia (si fa per dire) in cui le due opposte fazioni della seconda guerra mondiale si combattono per difendere il popolo. Non è chiarissimo chi sia il nemico: se i fascisti, gli "unificatori" delle razze e fautori del pensiero unico, o i comunisti, fautori delle deportazioni di massa (che ricordano da vicino le attuali politiche di immigrazione di massa). Molto importanti i significati legati alla ricerca da parte del protagonista delle informazioni storiche. Non è spiegato perché Sophia ricompaia con la svastica, né perché il protagonista abbia necessità di recuperare la propria storia. Quindi ecco, i vari fili narrativi andrebbero dipanati e chiusi del tutto. Il mio invito: focalizzarsi su un centro ben definito (la ricostruzione della Storia da parte del protagonista? la risoluzione del conflitto tra comunisti e nazisti?) e allargare la descrizione del mondo distopico che racchiude quel centro. Gli accenni storici inseriti risultano originali (e attuali).
L’indagine (Andrea Leonardi) Allora, il racconto si legge dall'inizio alla fine, e la curiosità mi ha spinto sino in fondo, il che non è scontato. La semina iniziale, forse da restringere agli elementi essenziali, porta in effetti all'unica soluzione possibile: il De Rosi come autore dei furti. Però, bisogna limare bene i dettagli della semina e costruire dall'inizio il movente. Ad esempio: «Una domestica ha visto un maggiordomo non identificato uscire dalla stanza del vaso. Nessuno è entrato dopo di lui, eccetto che per il De Rosi che ha scoperto il furto. Deve essere lui il ladro.» non mi sembra molto credibile, perché in un ambiente ristretto o l'autore dell'episodio viene identificato oppure vengono interrogati tutti i "maggiordomi" del caso. Anche il dettaglio: «Ben due uomini scelti dal Signor De Rosi in persona. Ma non hanno visto niente, dicono di essere stati distratti entrambi da un rumore proveniente dal balcone esterno» mi sembra debole (due guardiani che si distraggono? allora erano d'accordo con De Rosi?). Il movente finale mi pare un po' affrettato. Interessante però che il colpevole abbia costruito tutto per essere fermato da Caserti, come se non potesse fermarsi da solo, ma avesse bisogno di qualcuno per farlo (quindi, ci leggo un principio di schizofrenia nel protagonista, di sdoppiamento della personalità). Il racconto andrebbe sviluppato e i personaggi mostrati a tutto tondo per mostrare tutta la forza dell'idea alla base del racconto.
Come la scena priva di sostanza (Debora Dolci) Ciao Debora, premetto che il tuo racconto mi è piaciuto. Si respira l'atmosfera del teatro, del sogno, e della realtà dopo lo spettacolo. All'inizio la scena dovrebbe essere maggiormente focalizzata: il lettore è colpito da una serie di sensazioni (ad es. i tonfi, la musica, l'abito argentato di Ariel) che inebriano senza lasciar capire chi siamo e dove ci troviamo. Poi il tutto procede in maniera abbastanza scorrevole. Nel finale, però, il messaggio è più raccontato che vissuto. Amedeo dovrebbe essere mostrato in scene apposite per far vivere al lettore la sua verità di trovarsi sempre dentro a uno spettacolo. E lo stesso per Cecilia. Quindi credo che il tuo racconto meriti maggiore spazio per mostrare i personaggi e la loro filosofia di vita. Mi piace comunque l'ambientazione: si vede che hai ambientato il racconto in uno spazio che ti appartiene.
Il gattopardo 2.0 (Filippo Mammoli) A parte l'inquietudine nel leggere il racconto, molto ben scritto; a parte le immagini che si riallacciano al presente, e che fanno capire quanto la narrazione distopica (sempre per modo di dire) sia un modo per rappresentare la realtà; a parte le riflessioni sull'evoluzione, a me sembra che il pezzo sia l'inizio di un racconto. Uno di quegli inizi in cui il personaggio protagonista, rassegnato, attende un evento che funga da innesco del dramma. Fa anche riflettere che tu leghi quel minimo conflitto del protagonista al concetto di libertà personale. Forse, sarebbe bastato un gesto, un lampo d'azione per dare il conflitto. Anche considerando il pezzo come una trama non classica manca quell'elemento irrazionale e inusuale nel contesto, che faccia propendere verso quel tipo di narrazione. Quindi, secondo me, non ti resta che scrivere il racconto intero :) e in bocca al lupo. A rileggerci.
Aggiungo che ad ogni modo lo stile è impeccabile e nella narrativa breve può starci anche solo dare uno "spaccato" di un mondo, lasciando trasparire inquietudine o suggestioni "sottili" da parte dei personaggi.
L’indovinello della Sfinge (Valerio Covaia) Allora, il racconto ha un centro molto interessante, e il climax finale dell'indovinello alla sfinge robotica è valido. In più, l'ambientazione costruita aiuta. Però, lo stile va ripulito delle informazioni in eccesso, e bisognerebbe creare un crescendo verso quel climax che faccia un po' tremare il lettore, dandogli un finale non immediato. Nei dialoghi, dovresti proprio limitarti all'essenziale. Faccio un esempio (sempre a titolo personale):
«Signor Vale, le ho già detto che sono molto impegnato!», sbraitò Albert Patrick, una volta chiusa violentemente dietro di sé la porta a vetri della centrale di polizia. «Mi ascolti soltanto per un secondo soltanto, capitano!».
Potrebbe diventare:
«Signor Vale, sono molto impegnato!», sbraitò Albert Patrick. «Mi ascolti, capitano».
Poi, occhio ai particolari: se nell'incipit Albert Patrick sbatte la porta, non sappiamo se il ragazzo (che viene introdotto dopo) resta nel suo ufficio o rimane fuori. Il mio consiglio è di mantenere il centro della narrazione e di riscrivere il racconto limandolo all'essenziale.
Spero di aver dato qualche consiglio utile, e vi ringrazio per i vostri racconti.
Ultima modifica di giulio.palmieri il mercoledì 30 dicembre 2020, 14:12, modificato 1 volta in totale.
Cambio al vertice Il tuo è un buon racconto, scritto con grande capacità, che ha però il problema di non spiccare per originalità fino al finale. La disgustosa chiusura è efficace ed è una variante molto Pulp al classico "ammazziamolo di botte per dargli una lezione". L'ho apprezzata. I personaggi purtroppo non si discostano molto dallo stereotipo del "criminale medio". Data la storia molto classica avresti potuto giocare sull'inserire personaggi un po' meno comuni, con qualche guizzo di particolarità. Ma capisco e so perfettamente che tempo e caratteri siano tiranni. Il tema è centrato: il "cambiare tutto per non cambiare niente" tipico del mondo della criminalità si sente bene. Un trip mio che non c'entra nulla con il commento: il nome Tiberio, poco comune, mi ha fatto saltare in mente un'ucronia tipo "Camorra nell'antica Roma". Secondo me è da tenere a mente!
Era, sarà Tra tutti i racconti del girone credo che il tuo sia quello che meglio aderisce al difficile tema proposto. Si lascia leggere con piacere, come da tua tradizione si rifà a una versione modernizzata del mito greco e la domanda finale della bambina crea un finale aperto che lascia il lettore con un piacevole senso di dubbio. Molto ben giocato! Le sensazioni sono ben descritte nel pdv del protagonista. Se proprio volessi andare a cercare il pelo nell'uovo ti direi che avrei voluto sapere qualcosa di più sulla vita del protagonista, ma alla fine non è nemmeno così importante e gli indizi che hai seminato sono più che sufficienti. Non so ancora bene come piazzarti, ma credo che il tuo sia uno dei migliori (se non il migliore) del girone.
Morte aguzza Ormai ci leggiamo a vicenda da parecchio, quindi lasciatelo dire: con tutti questi aggettivi mi hai ammazzato! "umide e maleodoranti", "avido e affilato", "storpia e atrofizzata", "ruvido e nauseabondo", solo per citarne alcuni. Rallentano la narrazione e poco aggiungono alla storia. Una volta in un manuale di scrittura lessi che per descrivere qualcosa è sufficiente un aggettivo, per permetterti di metterne due devi essere un maestro. Ora, questo non è sempre vero e ci sono casi in cui due aggettivi stanno benissimo, ma in una narrazione improntata sulla violenza credo che le frasi debbano essere brevi, concise, una sorta di martello pneumatico che scava nella testa del lettore. Non voglio però massacrarti, quindi passiamo ai lati positivi: la scena funziona, amo le storie violente e il genere body horror, quindi l'idea su di me ha fatto colpo. Mi piace la metamorfosi subita dalla ragazza torturata, il richiamo sessuale finale in cui è lei a penetrare il suo torturatore. Buona idea, a cui però mancano un po' di informazioni di base: non sappiamo se le credenze di sue padre, sul sangue "maledetto", siano vere o se Clarissa si stia trasformando per qualche altro motivo. Mi sembra un buon inizio per un bel B-movie horror, ma appunto è un inizio. Manca qualcosa, e si vede. Per quanto riguarda l'aderenza al tema, è parziale: c'è il cambiamento, ma perché dovrebbe essere l'unica verità duratura? Forse perché non è chiaro cosa l'abbia innescato, e le credenze sulla metamorfosi diabolica siano, appunto, credenze? Ci potremmo essere, ma è proprio sfiorato.
Warpedia Il tuo racconto è scorrevole e si legge bene, ma, come tu stesso hai confermato, mancano delle spiegazioni che facciano comprendere del tutto la trama. Non fraintendetemi, è un bell'affresco di un mondo distopico in cui la guerra tra due fazioni opposte viene regolata fornendo loro informazioni contraddittorie tramite questa Warpedia (e fin qui è tutto chiaro), ma il vero fulcro della vicenda, ovvero il ritorno di Sophia dopo la sua uccisione, non viene minimamente spiegato. L'unica spiegazione che ho saputo darmi senza andare a leggere tutte le tue precisazioni (che sono un "più" che non deve influenzare il giudizio del racconto in sé) è che l'ambientazione che proponi sia una sorta di grande videogioco in cui, chi muore, "respawna" nella fazione opposta (meccanica tipica dei Battle royale). Ambientazione a parte, la scrittura è solida, si lascia leggere con piacere e il pdv è ben mantenuto. L'idea della Warpedia è azzeccata e ben condotta. Tema centrato, e direi anche in maniera eccellente.
Un'indagine Ho avuto l'impressione che al tuo racconto mancassero dei pezzi. È evidente che tu abbia dovuto accorciarlo di molto per farlo rientrare nei termini del contest, con l'effetto che l'intera trama risulta risicata, in particolare nella seconda parte. A proposito della trama, ho avuto difficoltà a capirne il senso, tanto che ho dovuto leggerla tre volte per essere sicuro di non essermi perso niente. Alla fine mi rimangono comunque parecchi interrogativi. Il signor De Rosi compie i furti da solo e poi tenta di uccidere suo figlio... Il punto è: perché? Le due cose non sono minimamente collegate e viene fornita una motivazione solo alla seconda delle due, tanto che non capisco come il commissario abbia potuto collegare i fatti e trovare la soluzione. Nella seconda parte non ho capito che il detective era nascosto nell'armadio finché non è uscito, e visto che il pdv è il suo non è una buona cosa. Insomma, ho in generale fatto molta fatica a orientarmi e anche alla fine non riesco a trovare un grande senso nella vicenda... Tra i lati positivi ti posso dire che la scrittura è buona, il pdv è generalmente ben mantenuto (tranne quel dettaglio sull'armadio della seconda parte), ma gli evidenti tagli non hanno giocato a favore della storia. C'è il cambiamento, che si rivela anche essere la soluzione del caso, quindi direi che il tema è centrato
Come la scena priva di sostanza Ho trovato il tuo racconto di difficile lettura (ma non è necessariamente un difetto) e piuttosto confusionario nella prima parte. Ho capito quasi subito che si parlava di teatro, ma ho faticato molto a capire dove si trovassero i protagonisti fino a che, alla fine, non dici chiaramente che vanno in scena. L'incipit "la penombra è satura di respiri, ecc." non contiene descrizioni concrete e non aiuta per niente a capire dove si stia svolgendo la scena e chi sia presente, particolari che vengono svelati man mano ma che rendono difficile immaginarsi coerentemente la situazione. Nella seconda parte il testo migliora, diventando molto più concreto e semplice da figurare. Anche se alcune figure che proponi mi hanno fatto salire dei dubbi ("facchini fantasma" in primis) mi sembra decisamente meglio descritto. Ti suggerirei di cercare più concretezza in quello che descrivi, la narrazione ne gioverà. Il tema è centrato in maniera interessante. La mutabilità dei personaggi del teatro si focalizza bene in Amedeo, tanto preso dai suoi molti ruoli da iniziare a perdere sé stesso.
Il Gattopardo 2.0 Sinceramente parlando: giocare sui temi d'attualità per imbastire una storia lo trovo sempre un metodo un po' pigro per approcciarsi al contest, tento sempre di evitarlo. Ma capisco anche che si tratti di un mio gusto personale, per cui non inficierà il giudizio nei confronti del tuo racconto. L'ambientazione distopica che ci descrivi è tratteggiata con maestria. Le misure di contenimento messe in atto sono perfettamente coerenti con uno sviluppo estremo di quelle che stiamo vivendo, da questo punto di vista ti faccio i complimenti per l'organicità della tua visione. Purtroppo, causa spazio e necessità di dilungarsi con i dettagli, il racconto si ferma lì. È una storia non-storia, che gioca sulla presenza di un protagonista anonimo per dare informazioni sul mondo che lo circonda, senza che ci sia alcuna concretezza nella vicenda. È quello che volevi fare e l'hai saputo fare bene. Però trovo che manchi un quid, un qualcosa che mi faccia prendere bene alla vicenda. Ti segnalo un errore di PdV: hai mantenuto quello di Sandro per tutto il racconto, sebbene limitato al suo pensiero, ma sei scivolato sul narratore esterno in questa frase: "E soprattutto, cosa poteva desiderare di diverso Sandro da quello che la vita gli offriva ogni giorno?". Fosse stata pensata da Sandro, in prima persona, sarebbe risultata più efficace. Il tema è centrato.
L'indovinello della Sfinge Il tuo racconto non mi ha convinto del tutto. L'idea è interessante, le versioni futuristiche dei miti antichi mi hanno sempre affascinato (adoro Stargate), ma il modo in cui l'hai impostato fa sorgere più di una problema. C'è tanto da dire, e lo spazio è poco. Ciò fa saltare all'occhio la criticità principale, ovvero che il dialogo tra lo scienziato e il poliziotto risulta troppo impostato e colmo di informazioni che escono fuori in maniera forzata, essendo rivolte più che altro al lettore. Mi è piaciuto l'indovinello della sfinge, si rifà al mito e sta bene nel contesto, ma credo che l'essere fornisca troppe informazioni per trovare la risposta. "L'angolo della testa" è molto rivelatorio, e trovo tanto difficile da credere che il protagonista sia stato l'unico in grado di risolverlo. Il tema è centrato.
CLASSIFICA 1. Era, sarà di Giorgia D'Aversa 2. Il Gattopardo 2.0 di Filippo Mammoli 3. Cambio al vertice di Luca Fagiolo 4. Come la scena priva di sostanza di Debora Dolci 5. Warpedia di Mauro Lenzi 6. Morte aguzza di Emiliano Maramonte 7. L'indovinello della Sfinge di Valerio Covaia 8. L'indagine di Andrea Leonardi
Il racconto mi ha divertito molto. Stilisticamente valido, direi. Mi pare che sul punto tu vada in scioltezza, si vede che padroneggi lo stile immersivo.
Da un punto di visto narrativo hai centrato il segno. Mckee (quanto mi piace!) direbbe che qui c´é un rovesciamento di valore (sicurezza in se stessi + /insicurezza in se stessi -, insobordinazione+ / sottomissione -); troviamo il conflitto naturalmente e, se vogliamo, un pizzico di difetto fatale del protagonista che non riesce a vedere lucidamente la situazione, accecato dalla sua arroganza. Questo peró non impedisce il lettore di empatizzare con lui perché in fondo il suo antagonista é evidentemente un uomo senza qualitá, e questo basta a individuare nel protagonista stesso "il fulcro del bene". Magistrale, direi.
Veniamo ai (pochi) difetti. I dialoghi. Quelli dell´antagonista sono a tratti senza carattere. Ne cito uno su tutti: «Comando io adesso e non ho intenzione di tollerare certi comportamenti»; mi é parso un po' impostato. Avrei inserito un invettiva piú corta e molto piú diretta.
Il finale: un po' affrettato. Il passaggio dall´arroganza alla totale sottomossione. Avrei scelto una chiosa meno repentina, avrei caricato di piú il "sottotesto" del dialogo, senza che il protagonista declami cosí platealmente al mondo la sua sottomissione.
Ma sono minuzie. Per una prima stesura hai condotto il gioco ottimamente. I difetti che ho riscontrati si possono tranquillamente neutralizzare con una revisione.
Per me é promozione assoluta. Aspetto la finale di Champions legue!
2) Come la scena priva di sostanza
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Piacere di leggerti. Ho trovato il tuo racconto molto delicato e ben scritto. Dimostri padronanza nella gestione del mostrato e delle coordinate sensoriali. Un finale tragico, a mio avviso, in cui il protagonista rinuncia alla vita per il teatro che considera la sua vera realtà. Un tema forse nemmeno troppo originale, ma declinato con perizia stilistica. Visto che il racconto mi è piaciuto molto, permettimi di indicarti una nota stonata, che non inficia il buon lavoro fatto. Quando scrivi "ruoto il busto di tre quarti" mi sembra una descrizione anatomica. È un movimento così consapevole da dedicargli una descrizione così dettagliata? In fondo il Pdv è quello di chi parla. Magari lo hai scritto con cognizione, ma mi è balzato agli occhi è mi è parso in po' troppo. Comunque complimenti e a rileggerci!
3) Era, sarà
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Piacere di leggerti! Dico subito che il racconto è stilisticamente molto valido. Sono arrivato in fondo senza particolari intoppi. Buono l'uso del flashback per creare suspance e seminare così il finale. Mi pare tu ti sia richiamata ad un mito dell'antichità greca, quello della fonte dell'amnesia per le anime che si rincarnano, un dettaglio raffinato che però rischia di diventare un difetto nel world building. È inevitabile infatti che per coerenza con lo stile Tu non abbia indugiato troppo nelle spiegazioni. Forse il finale resta non del tutto chiaro. Mi sono dato una spiegazione. La donna rifugge dai rischi di una scelta per timore di soffrire ma la scelta che viene fatta da qualche altro le porte comunque sofferenza perché in fondo la vita è così. Una lettura simbolica (ne è evidente il richiamo con le tre figure femminili anagraficamente diverse) che è il pregio e il difetto di questo racconto. Per me una buona prova.
4) Morte aguzza
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Piacere di leggerti! Facendo violenza alle mie convinzioni, posso dire che nel caso del tuo racconto un narratore onnisciente non mi è parso del tutto dissennato. Forse, per come hai costruito la scena era l'unica soluzione. In alternativa avresti potuto utilizzare il pdv del padre, per investigare le sensazioni di un genitore che ha perso tutto. Il problema più rilevante di questo racconto è l'indugiare in un uso spropositato di avverbi e aggettivi. In alcuni casi questo ha creato effetti grotteschi perché eccessivamente lirici. Il finale mi è apparso raccontato e frettoloso. La ragazza si libera dalle catene senza grossi intoppi e mi chiedo perché non lo ha fatto prima? A presto!
5) Warpedia
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Stilisticamente valido, credo però che il tuo racconto pecchi un po' di chiarezza. Ci sta che abbia perso qualche neurone per strada, ma ho riletto il tuo racconto un paio di volte e non ci ho capito molto. Credo si tratti di un ucronia, ma il world building manca di qualche dettaglio per farmi immergere nella situazione. Difficile rappresentare un mondo non nuovo in poco più di 4000 caratteri. Non ho capito l'obiettivo dei due protagonisti. Insomma, questo racconto mi ha lasciato con molti dubbi.
6) L'indagine
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Piacere di leggerti. Nella prima parte utilizzi uno stile focalizzato sul personaggio narrante. Nella seconda invece passi ad una sorta di onnisciente camuffato. È un incoerenza che balza agli occhi.
”«Questo è il terzo furto ai danni del signor De Rosi, se ricordo bene. Il primo è stato quasi sei mesi fa. È entrato di notte nell’appartamento cittadino e ha preso tutti i soldi della cassaforte. Uno furto classico, se mi permettete il termine, eccetto per il fatto che ha lasciato al loro posto tutte le gemme preziose della cassaforte.»"
Questo dialogo puzza di infodump. Perché glielo sta dicendo a qualcuno che dovrebbe già saperlo? Forse per farlo sapere al lettore? Mi sembra una soluzione un po' pigra.
Il dialogo finale mi è parso un po' confuso e ci sono elementi che mi restano poco chiari su tutta la vicenda.
A rileggerci!
7) L'indovinello della sfinge
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Ciao Valerio Devo ammettere che la tua storia non mi ha colpito particolarmente. La narrazione si ispira alla sfinge di Edipo, in una sorta di versione moderna. Credo che il limite più rilevante sia uno stile un po' viscoso, fatto di lunghi periodi, subordinate e un uso importante di aggettivi e avverbi. Evidente è anche l'abuso dell'infodump
A rileggerci
8) Il Gattopardo 2.0
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Piacere di leggerti. Allora, da dove cominciare... Direi che il tuo non può definirsi un racconto in senso stretto. Mi spiego meglio. Manca un evento, cioè un atto del protagonista o una situazione di cambiamento dello status iniziale della vicenda raccontata. Dipingi con dovizia di particolari il mondo di un futuro possibile e lo fai in modo quasi didascalico. Il pretesto è un ricordo del protagonista, e infatti tutta la narrazione è una sorta di flusso di coscienza. Ma non c'è conflitto interiore, nemmeno in prospettiva. Il protagonista rimane della sua idea alla fine, come lo era all'inizio. Non c'è un cambio di valore, insomma dipingi un quadro del tutto statico. Purtroppo dovrò metterti in fondo alla classifica. Alla prossima!
CLASSIFICA: 1. Cambio al vertice, di Luca Fagiolo 2. Warpedia, di Mauro Lenzi 3. Era, sarà, di Giorgia D’Aversa 4. Come la scena priva di sostanza, di Debora Dolci 5. Morte aguzza, di Emiliano Maramonte 6. Il Gattopardo 2.0, di Filippo Mammoli 7. L'indagine, di Andrea Leonardi 8. L’indovinello della sfinge, di Valerio Covaia
Cambio al vertice, di Luca Fagiolo
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Buonasera Luca, ti avevo anticipato che in prima lettura i nomi all’inizio mi erano sembrati troppi, e invece alla seconda è filato tutto liscio. Cadi sempre in piedi, che vuoi che ti dica. Racconto dal ritmo ben controllato, valida alternanza di dialoghi con azioni e pensieri, bel finalone inaspettato, da pugno nello stomaco. Avanti così.
Warpedia, di Mauro Lenzi
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Un bel pezzo, Mauro, un contesto bellico che mi ha colpito per la vividezza e il realismo. Anche l’uso di termini tecnici mi ha colpito, continuo a pensare che tu abbia un futuro nel genere storico. Nel terzo paragrafo la storia comincia a prendere tratti distopici, e la cosa si fa interessante. Anche la scena del carro armato mi catapulta nell’azione. Nel terzo paragrafo di questa corsa in cui sei il favorito inciampi a cinque metri dal traguardo, ruzzoli e ti insacchi come il tuo plot e ti fai passare davanti. E l’allenatore urla e sbraita dalla panchina e ti dà dello stronzo. Che bisogno c’era di complicare ulteriormente, ti chiede. Ci va giù duro, ma in fondo ti vuol bene.
Era, sarà, di Giorgia D’Aversa
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Ciao Giorgia, vado dritto sullo stile. Anzi no, visto che il commento è venuto lungo (umorismo da rilettura), anticipo che mi è piaciuto ed è scritto bene. Continuiamo.
Cerco di stare molto attento a quello che ti sto per segnalare, cammino in punta di piedi perché non vorrei essere frainteso. Dunque: l’immersione è buona, la tecnica c’è. Il next step (e te lo scrivo perché ci sto lavorando) è di focalizzare quali gestualità siano appropriate per la caratterizzazione. Mi spiego: certe gestualità sono asettiche (es. faccio un passo avanti, incrocio le braccia, gratto la testa, scrollo le spalle) e adatte a qualsiasi personaggio (che funge quindi da semplice placeholder). E nella resa comunica quel senso di freddezza a cui si attaccano i detrattori dello stile. Quelle azioni, ora che le sai inserire, puoi cominciare a toglierle. BOOM. Scova quelle che sono perfette per quel singolo personaggio che hai in mente, quelle così appropriate che un altro non potrebbe farle.
Altro discorso: ci sono dei dettagli che non quadrano appieno. Non sbagliati, ma che tolgono un po’ la magia che sei riuscita a creare (e va da sé, tolgono dall’immersione): le lacrime mi inumidiscono le gambe: è appena uscito dall’acqua, nel tempo (sincrono) della narrazione non possono essersi asciugate; un paio di persone: mi son detto, un po’ vago, ma di fatto se sono due non è un problema. avrei usato “due”, ma comunque è formalmente corretto. Poi però trovo “mi avvicino all’ultimo della fila”. Fila mi fa pensare a qualcosa di più di un paio. Tutto questo popò di annotazioni, fermo restando quanto detto sopra: mi è piaciuto ed è scritto bene.
Come la scena priva di sostanza, di Debora Dolci
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Ciao Debora, se il racconto fosse cominciato dal secondo paragrafo avrei contestualizzato subito tutto. La scena mi sarebbe stata chiara, i personaggi e il loro rapporto conflittuale pure. Il problema di aver cominciato così, invece, è la carica di lirismo che trasmetti e che blocca l’immersione. “La penombra è satura di respiri. Assaporo la tensione, gli angoli della bocca tirano. Ogni brusio è scomparso, nello spazio stretto scorgo un brillio, l’abito di veli argentati di Ariel.” Non contestualizziamo, dopo tre righe non ho ancora avuto un riferimento chiaro dell’ambiente. Al punto che mi sono detto, ok, siamo in una nave. Ah, no, siamo in un teatro. Ah no, siamo delle divinità shakespeariane nella dimensione del mito.
Dal secondo invece è stato tutto più chiaro. Con un buono stile, tra l’altro, mentre nel primo salta all’occhio l’uso di tre percettivi (assaporo la tensione, scorgo un brillio, ascolto Miranda). Come se l’aveste scritto in due, questo racconto! Un buon escamotage, già trovato in altri testi, poteva essere partire con il secondo paragrafo, e inframmezzare brandelli del primo in forma di flashback (magari in forma grafica differente, che ne so, usando un corsivo). [//spoil] Morte aguzza, di Emiliano Maramonte [spoil]Ciao Emiliano, purtroppo a questo giro il racconto mi è piaciuto proprio poco. Eh, vabbè, che ci vuoi fare, mica ci si scandalizza per una defiance. L’impressione che ho avuto è che sei uscito dalla tua comfort zone (e questo è sempre un bene) per entrare nel magico mondo di Ferrero, e nel far questo hai cercato di compensare utilizzando scelte narrative che alla fine ti hanno penalizzato. Vado al sodo:
Nelle prime 154 parole ti elenco gli aggettivi ridondanti o di difficile associazione che ho trovato: lugubre tintinnio, strofinio crudele, piaghe umide e maleodoranti, collera repressa, ondata stordente di sofferenza, istinti fiammeggianti, freddo pavimento, tocco ruvido e nauseabondo, stolido ghigno. E stiamo parlando di 21 parole su 154 (14%). Sei d’accordo che in un incipit è un surplus che appesantisce?
Altra cosa che volevo segnalarti: la gestione del climax. All’improvviso la ragazza aveva smesso di agitarsi, non prima d’aver vibrato a suo padre un unico, violento colpo mortale. Un pungiglione eburneo, sorprendentemente levigato e aguzzo, s’era snudato silenzioso dall’interno della vagina, e aveva trafitto l’uomo all’addome.
In questo due periodi dovresti concentrare l’azione. Il conflitto è arrivato al nocciolo, la scena esplode. La prosa DEVE cambiare, sia per distinguersi dal resto del racconto sia per rendere il senso di urgenza. Ma sono cose che sai, Emiliano! è per questo che mi stupisco. Comunque sia: via tutto, aggettivi comuni (violento, levigato, aguzzo), peggio ancora aggettivi aulici (eburneo), avverbi (all’improvviso, sorprendentemente), subordinate (non prima di aver). Il lettore deve correre con te, non può fermarsi.
Insomma, non so bene cosa sia successo a questo giro, ma qualcosa è andato storto. Che male c’è, qui ci si confronta apposta, no?
Il Gattopardo 2.0, di Filippo Mammoli
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Ciao Filippo, il tuo racconto è un’unica, lunga digressione che esplora considerazioni su un futuro prossimo. Il worldbuilding è ben costruito e realistico. Anche il clima nostalgico è ben reso. Il problema è che il tutto si ferma a questa lunga digressione, e l’effetto finale è di un appesantimento del testo. Voglio spiegarmi meglio ed evitare di essere frainteso: l’efficacia di un buon racconto dovrebbe basarsi sull’uso calcolato di sequenze interiori, dialoghi, azioni. Capiamoci, non mi sto inventando niente: la storia deve procedere ma dobbiamo avere un riscontro dalla caratterizzazione dei personaggi. Combini queste tre, e ottieni lo scopo. Si possono tentare sperimentazioni, certo. Levare uno dei tre elementi, giocare ad alterare il tempo narrativo. Ma il tuo testo è tutta una sequenza interiore. Ho provato a fare l’esperimento, ho evidenziato le azioni compiute dal protagonista: “Sandro lasciò spaziare lo sguardo sul mare” (all’inizio) “sospirò davanti al mare” (alla fine) Non c’è altro. Il protagonista è davanti al mare ed esprime considerazioni. Non fuma un pacchetto di sigarette, non rimuove le foglie cadute da un vaso. Senza azioni, la storia non procede. Spero che l’argomentazione ti sia sembrata valida, intanto grazie per la lettura e buona edition!
L’indovinello della sfinge, di Valerio Covaia
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Ciao Valerio. L’incipit iniziale mi ha ricordato molti sci-fi della golden age. Un tocco retrò che secondo me non guasta. Il problema è gestire la prosa con cui hai sviluppato il resto del racconto. Mi fermo a farti un po’ di line editing, così ti porto al centro del problema e trai le tue considerazioni. Se cominci con l’adottare questi piccoli accorgimenti, la tua prosa subirà un miglioramento immediato.
«Signor Vale, le ho già detto che sono molto impegnato!», sbraitò Albert Patrick, una volta chiusa violentemente dietro di sé la porta a vetri della centrale di polizia. Il dialogue tag “sbraitò” può essere eliminato, la porta “chiusa violentemente” è sbattuta. Una rimodulazione del periodo potrebbe essere: «Signor Vale, le ho già detto che sono molto impegnato!» Albert Patrick sbattè la porta dell’ufficio. «Mi ascolti [soltanto] per un secondo soltanto, capitano!». L’altro uomo si voltò. Di fronte a sé aveva un ragazzo impacciato, dai vestiti consunti e diverse mancanze nella cura del corpo; “diverse mancanze nella cura del corpo” è un riferimento pigro, servono dettagli che mostrino la sua trascuratezza. i capelli castani si contorcevano orribilmente sul capo : orribilmente? prova a togliere l’avverbio e vedrai come suona più incisiva. gli avverbi in -mente tolgono immediatezza e forza alla frase. provare per credere. e i grossi occhiali lasciavano due profondi solchi tra il naso e gli zigomi: questo lo noti solo se gli occhiali se li toglie, corretto? Il primo istinto di molti sarebbe stato quello di considerarlo un disadattato; pochi avrebbero poi pensato che fosse un genio. qui entra a gamba tesa il narratore onnisciente. spezza l’immersione, dai al lettore un giudizio che potrebbe desumere e dall’andamento del racconto. mettiamola così: se il lettore non è in grado di capirlo senza questa tua voce fuori campo, allora hai sbagliato qualcosa. A meno che tu non stia scrivendo un racconto umoristico, evita come la peste i giudizi esterni. Giudizi esterni = brutti e cattivi, senza appello.
L'indagine, di Andrea Leonardi
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Ciao Andrea, un racconto giallo che soffre purtroppo di alcuni errori nella resa. Te li segnalo, sono abbastanza semplici e quindi attuabili nel tuo prossimo testo. La descrizione iniziale della stanza è un blocco ridondante che il lettore tende a skippare. Capisco l’atteggiamento mentale dell’autorità che entra e viviseziona la scena del crimine. Ma avresti potuto inserire gli elementi dosandoli con il dialogo. es.: Il commissario parla. Esce in terrazzo. “Nessun albero su cui arrampicarsi”. Risposta di Caserti: “quindi era tra gli invitati.” Butto lì, eh. “Un(o) furto classico, se mi permettete il termine, eccetto per il fatto che ha lasciato al loro posto tutte le gemme preziose della cassaforte.” Poteva essere gestito con uno scambio di dialoghi in più, avrebbe attenuato l’effetto infodump (il commissario sta cercando di ricordare quello che è successo, ma risulta un pizzico artefatto). Ma questa è una piccolezza, puoi anche soprassedere. Quello che salta all’occhio è nel pezzo subito successivo: non sempre è chiaro chi sta parlando, sono dovuto tornare indietro e riprendere la lettura. Penso che il problema sia questo: stanno entrambi descrivendo la scena, ma si esprimono in modo simile e senza qualcosa che li faccia distinguere. Caserti dovrebbe essere quello che rendiconta al commissario, e il commissario dovrebbe dedurre, ma i ruoli sono spesso invertiti. Artifici che potresti utilizzare: linguaggio diverso. Botta e risposta secchi. Action tag efficaci (“il commissario mi si affianca” lascia desumere che è il commissario a parlare, ma non ne sono sicuro). Insomma, c’è stato un attimo di smarrimento. Nella seconda parte sembra esserci un cambio di PdV. Sarebbe legittimato dal salto paragrafo, e il lettore se lo potrebbe aspettare. Quindi sta in guardia sul primo soggetto che trova. Ed ecco che arriva quel “È l’ora perfetta per il Leone” e il lettore si chiede: è un narratore onnisciente? Finalmente il dubbio viene chiarito con quel “Salto fuori dall’armadio”. Ma sono già passate 83 parole, mi spiego? Avresti potuto evitare tutta questa incomprensione con l’indicazione che lui è nell’armadio già a inizio paragrafo.
1. Era, sarà 2. Cambio al vertice 3. Come la scena priva di sostanza 4. Warpedia 5. Morte aguzza 6. L'indagine 7. L’indovinello della sfinge 8. Il Gattopardo 2.0
I Commenti: 1. Era, sarà
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Ciao Giorgia, eccomi a commentare il tuo racconto.
Tema Tematicamente è uno dei racconti più densi del girone. Pescare dal mito, per chi ha queste conoscenze, garantisce sempre un bacino ricco di riflessioni. Sul finale mi è sembrato vi sia stato qualche deragliamento. Provo a spiegarmi: 1. Ricorda che ogni vita è un’esperienza, tutto deve cambiare affinché resti come prima. Questa frase è abbastanza criptica, e va bene, ma l'ho trovata forse superflua. Fino a quel momento il racconto incarnava bene la tematica, esplicitarla in questo modo mi è parsa una scelta un po' goffa, quasi avessi avuto paura che i lettori non cogliessero il tema.
2. Le battute finali vanno a produrre una sterzata: invece di andare a condensare il tuo punto di vista tematico, ne hai praticamente introdotto uno nuovo. Il tema dell'arbitrio è certamente profondo e interessante da affrontare, ma è appunto un altro tema, e tende un po' a cozzare con quello del cambiamento.
Stile La storia si segue bene, lo stile è pulito, chiaro, immersivo, le scene ben mostrate.
Se dovessi farti qualche pulce direi che ho sentito la mancanza di una componente uditiva: una grotta con un lago ha un'acustica particolarissima, fatta di suoni echeggianti, dello sciabordare e dello sciaguattare...
La sequenza iniziale ha un po' la struttura "telecronaca", probabilmente si evita quest'effetto anche solo accorciandolo un po'.
attendono il loro turno davanti a tre alti troni È ai limiti dello scioglilingua.
Considera queste annotazioni sullo stile come marginali... però siamo qui per scannarci migliorarci, e quindi beccatele XD
Una cosa che ho molto apprezzato è il simbolismo, la grotta piena d'acqua come metafora del sacco amniotico e quindi della rinascita. Veramente molto suggestivo.
Trama Sulla trama non ho molto da dire, si capisce e gira bene. Il fatto che molti elementi restino nell'ombra è assolutamente idoneo alla situazione: siamo morti e siamo in un misterioso aldilà... lasci al lettore solo le info minime per capire il contesto e non ingolfi il racconto con fatti che toglierebbero la sensazione di mistero.
Una cosa che non sono riuscito a cogliere è l'accenno al coltello nello sterno. Ci si sta riferendo a un coltello fisico che l'avrebbe trafitto, o è una metafora del respiro doloroso?
Valutazione finale Tolto il deragliamento tematico sul finale, direi che è un racconto molto solido e suggestivo. Sicuramente nel mio podio.
Per qualsiasi cosa, scrivi pure. A rileggerci! Giacomo
2. Cambio al vertice
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Ciao Luca, eccomi a commentarti.
Tema Il tema del cambiamento c'è, anche se la trattazione non mi è parsa particolarmente brillante da questo punto di vista. Grossomodo ci racconti di UN cambiamento, non della verità duratura del cambiamento.
Stile Non ho molto da dire sullo stile, la storia si segue ed è ben scritta. Forse il neo sono i dialoghi, un po' piatti e poco caratterizzati. Per esempio Manuelito parla così: «Corto, dove ti eri cacciato? Tiberio aspetta da un’ora.» «Il capo è stato arrestato. Ora tira i fili Tiberio.»
Insomma, sembrano proprio quei dialoghi da libro stampato che mai potrei credere reali in bocca a uno scagnozzo.
Un altro appunto è sul finale. La questione "merda" viene liquidata troppo in fretta. Avrei preferito una parte iniziale con qualche carattere in meno, per sviluppare meglio il finale. Insomma il concetto di "going on the body" esposto da Palahniuk... Se la cagata in bocca è il climax del tuo racconto, devi essere in grado di far percepire al lettore la stessa sensazione. Uno spunto potrebbe essere quello di non far capire subito quel che succede, meglio ancora se riesci a fare in modo che il lettore capisca la situazione PRIMA del pdv. Per esempio Tiberio dice allo scagnozzo di bendare pdv con la sciarpa e di buttarlo a terra. Qui il nostro pdv inizia a temere per la vita, crede che stiano per sparargli. La sciarpa ha un intenso odore di colonia che copre tutto il resto... Gli fanno aprire la bocca, lui si aspetta da un momento all'altro la sensazione gelida della canna sulla lingua, il mirino che gratta sul palato e invece... arriva questa specie di fanghiglia calda, dal sapore pungente! Come al solito questi sono spunti. Non voglio riscriverti il racconto. Però se la cagata è la tua scena madre, non deve prendere due righe, quando ne "sprechi" molte di più per dettagli secondari.
Trama Il tema del giovane viziato che succede al saggio padre è parecchio inflazionato, il tuo finale tuttavia riscatta con originalità una storia che sarebbe potuta essere banale. La virata improvvisa al pulp rovescia le aspettative del lettore, e questo vale tutto il racconto. La repentinità con cui arriva la svolta non è un difetto, anzi potrebbe essere addirittura aumentata perché ti fa gioco. Infatti noi dobbiamo credere per tutto il tempo che Tiberio sia un buono a nulla e viziato, mentre la sua decisione dimostra non solo che è crudele, ma anche intelligente e sveglio: picchiare qualcuno è da tutti, ma umiliare in questo modo è qualcosa che solo una mente perversa può escogitare.
Valutazione finale Un racconto che prende per le pinze il tema, illude di essere l'ennesima regolazione di conti, virando però sul finale su tinte pulp e surreali che lo migliorano nettamente. Buona prova senz'altro.
3. Come la scena priva di sostanza
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Ciao Debora, piacere di rileggerti.
Tema Centrato in chiave "personale": la verità duratura del cambiamento è incarnata da Amedeo.
Stile Prima parte molto nebulosa, complice la scelta sistematica di non dirci dove ci troviamo. C'è la penombra ma non sappiamo dove, ci sono dei brusii, c'è la tensione, uno spazio stretto... tutto molto vago e generico e astratto. Specialmente per gli incipit potrebbe essere una scelta sub-ottimale.
Altro elemento da rivedere è l'attribuzione delle battute. Es: «Amedeo, dopo vorrei parlare...» Piego il collo a destra e sinistra, sciolgo le braccia. «Via di qui, non aggrapparti alle mie vesti.»
Qui si tratta di Amedeo che risponde? Oppure è Cecilia che parla di nuovo perché Amedeo non ha risposto e si è limitato a sgranchirsi?
Se fosse stato Amedeo a parlare, non saresti dovuta andare a capo: «Amedeo, dopo vorrei parlare...» Piego il collo a destra e sinistra, sciolgo le braccia. «Via di qui, non aggrapparti alle mie vesti.» Mentre se a parlare di nuovo fosse stata Cecilia: «Amedeo, dopo vorrei parlare...» Piego il collo a destra e sinistra, sciolgo le braccia. Cecilia compie azione X. «Via di qui, non aggrapparti alle mie vesti.»
Secondo blocco decisamente più solido e chiaro. Occhio: «Quello che siamo già! Il teatro, gli applausi, il freddo la sera e noi due!» Questa è una verità semplice, la verità di Amedeo.
Qui credo tu sia uscita fuori dal punto di vista per un attimo, visto che quel "questa è una verità semplice, la verità di Amedeo" non sembra proprio un suo pensiero, quanto un Tuo commento. Aggravante di essere inserito nel momento climatico.
Trama Una trama semplice e lineare che fa quel che deve. Il limite è dato dalla natura "derivativa" del tuo racconto. Un racconto può essere fortemente citazionista senza problemi, ma quando la conoscenza dell'opera citata diventa importante per la comprensione, allora è un guaio. Io per esempio conosco la tempesta solo per fama, ma non conosco personaggi e storia. Questo mi ha creato problemi per esempio in alcune battute, visto che non sapevo mai se fossero pronunciate dagli attori in quanto tali o fossero parti dell'opera.
Valutazione finale Pur essendo un racconto difficile da seguire, specialmente alla prima lettura, centra il tema con una storia che funziona.
A rileggerci, Giacomo
4. Warpedia
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Ehilà Mauro, piacere di rileggerti.
Stile I punti problematici di stile sono sempre i soliti. Set up vago, spezzettamento.
Set up Sophia striscia alla mia sinistra. “Ore undici, duecento metri circa”. “Come, circa?” Non mi sta guardando, ma capirà che le sorrido. “Alexander. Non farmi esporre per un tiro facile.” Regolo l’obiettivo, punto. La sagoma del nero è una macchia grigia tra i calcinacci ocra dell’ex centro commerciale. Metto a fuoco finché la svastica non è ben delineata. Centosessanta. “Sei stanca?” “Finisci questo e andiamo. È un ufficiale?” “Non più.” Premo il grilletto.
Sophia si accende una sigaretta. “Ho voglia di parlare.” sbuffa. Le passo una mano sulla fronte sudata, affondo le dita tra i suoi capelli crespi. Posa la testa sul mio petto e soffia una nuvoletta di fumo che sale fino al buco nel tetto, al cielo. Sophia tossisce. “Lo sai che i fascisti allevavano dei viventi al solo scopo di divorarli?” “Dai, non raccontarmi queste storie. Non voglio dormire male.” Si punta su un gomito, mi scruta coi suoi occhi neri. “Combattiamo per proteggere il popolo da queste atrocità.” “Hai ragione.” La bacio.
Forse un paio di dettagli ambientali e di equipaggiamento dei personaggi sarebbero più utili della sigaretta o delle "gesture" come la mano sul petto, la mano sulla fronte. Avresti potuto tranquillamente attribuire le battute di dialogo facendo pulire loro i fucili o chissà cosa. In particolare il primo "blocchetto" è difficile da vedere. Sophia potrebbe strisciare nell'erba alta di una città abbandonata, muoversi sul terrazzo all'ultimo piano di un palazzo diroccato della Berlino del 1945 o chissà dove.
Spezzettamento Ormai ne abbiam discusso varie volte e conosco la tua posizione. Il taglio mediante "riga bianca" è un ottimo strumento, ma ne abusi. Quattro stacchi per quattromila caratteri sono troppi per me. Ho come la sensazione che tu voglia dare un taglio cinematografico alla storia, quasi come se stessi scrivendo una sceneggiatura. Almeno i primi due blocchetti potevano essere resi una scena unica senza alcuna difficoltà.
Qualche appunto di stile qua e là Lo sferragliare del carro armato è proprio alle nostre spalle. Come regola generale è meglio esprimersi con voce attiva: il carro armato sferraglia alle nostre spalle/ alle nostre spalle sferraglia il carro armato
Non è facile non sprecare neanche un grammo di erba. Doppia negazione, si legge con molta fatica: difficile non sprecare neanche un grammo di erba.
Corriamo a testa bassa, col cuore in gola, tra le rovine. Cuore in gola, una frase fatta che più fatta non si può.
ciò creava discriminazioni create dai fascisti
Ripetizione creava/create, tanto più che a parlare è una enciclopedia.
Trama e Tema Mi trovo a unire il commento sul tema a quello sulla trama perché non ho idea se tu abbia centrato o meno il tema, non avendo capito molto della storia. La prima cosa che mi ha confuso è quel "nero" ucciso all'inizio. La prima volta che ho letto credevo fosse un nero, nel senso di una persona di colore. Poi però ho capito che avrebbe potuto essere un "nero", cioè un fascista/nazista... Tantopiù che i nomi dei due personaggi non permettono di capire la loro origine: Sophia potrebbe essere un nome italiano, tedesco, inglese, americano... e Alexander riduce di poco le possibilità. Quello che ho capito dopo i primi due blocchi è che sono una coppia di militari o simile, in uno scenario di guerra, che ce l'hanno coi fasci. Anche la scena dell'abbattimento del tank è poco chiara, e credo che la colpa sia da ricercarsi nella prima scena. Se infatti all'inizio li vediamo agire come un team sniper + spotter, ci aspettiamo che la cosa si ripeta in modo simile più avanti (mi aspettavo fosse il momento di svolta, quello in cui fanno la solita cosa ma va a finire male e la storia decolla). Invece viene introdotta una nuova meccanica (il jet). In questa fase capiamo di non essere nel passato, ma in un futuro imprecisato, probabilmente una distopia. Alex viene colpito e perde le funzioni di riconoscimento del suo "simbolo del popolo". Prova a usarlo e il suo warpedia (il cui nome mi fa pensare all'origine inglese del duo) gli mostra una svastica alternata a una falce e martello. Qui il WTF è stato ai massimi livelli. Sophia muore. Il protagonista, solo e senza possibilità di rientrare in base, vaga per la città. Decide di consultare di nuovo warpedia, e chiede la storia della razza umana. Dopo aver letto i tuoi commenti deduco che quel che succeda è che abbia accesso a due versioni diverse di storia, una scritta dai nazisti, l'altra dai comunisti. Nella versione comunista viene detto che una volta le razze erano molte e discriminate. Nella versione nazi, questo viene grossomodo confermato dicendoci che i comunisti hanno provato a fondere le razze esistenti. Il ritorno di Sophia è una cosa che non ho proprio capito. Che sia una roba alla "oblivion" con cloni multipli assunti in fazioni opposte?
Valutazione finale Una storia che mi ha lasciato un gigantesco ? sulla testa. Mi leggerò per bene tutti i commenti, per vedere di capirci qualcosa di più. Sono certo che tu avessi nella testa una storia enorme, con backstory e lore molto articolate ma strizzate all'inverosimile per stare nei caratteri. Ah, ovviamente sarebbe stato più facile per me dirti "grandissimo, best racconto evah." Però so che vuoi migliorare nella scrittura e che sai tenere a bada l'ego (giusto un po' eh XD).
Alla prossima! (ovviamente scrivi pure se vuoi ;) )
5. Morte aguzza
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Ciao Emiliano, piacere di rileggerti.
Tema Centrato in modo semplice, è la presa di consapevolezza di un mostro che capisce che il suo mutamento è tutto ciò che gli resta. Non posso dire che sia una trattazione incredibilmente originale o brillante, però resta centrato.
Stile A livello di base il tuo stile fa quel che deve: la storia si deve capire ed effettivamente si capisce. Come ti hanno già detto gli altri, c'è un certo appesantimento di aggettivi. Aggiungo che spesso traspare uno dei nemici dello scrittore, il compiacimento nell'usare delle parole che "suonino bene". Stolido, gibbosità, eburneo, clangore sono tutti termini bellissimi (e credo che chiunque voglia scrivere debba essere innamorato delle parole e del loro suono) ma la loro densità è un pelino eccessiva. Un consiglio riguardo le descrizioni: prova a usare aggettivi e situazioni che contrastino tra loro e non che vadano a braccetto. Per esempio la situazione che descrivi è orrenda e grottesca, pensa ad ambientarla in una stanza per bambine, piena di peluche rosa immacolati, un lettino da principessa e la casa delle bambole. Anche il corno della ragazza potrebbe avere un aspetto "da unicorno", insomma, giocare coi contrasti crea spesso una maggior profondità rispetto a una serie di aggettivi e situazioni che vanno tutti nella stessa direzione.
Trama Una storia che fila liscia, il ribaltamento del ruolo vittima-carnefice è qualcosa di già visto ma che dà quel pizzico a una storia molto basica.
Valutazione finale Credo tu abbia giocato più sul sicuro rispetto ad altre storie che ho letto (mi ricordo quella della "vendicatrice") ma alla fine porti a casa il risultato di raccontare una storia con una struttura corretta e stilisticamente fruibile seppur non brilli sotto nessun punto di vista.
Per qualsiasi cosa scrivi pure e a rileggerci. Giacomo.
6. L'indagine
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Ciao Andrea, piacere di leggerti.
Tema Il tema è centrato in modo abbastanza marginale. Certo il cambiamento delle circostanze dei furti è "una verità duratura" ma poi nei fatti non è un elemento cruciale nel racconto, che sembra affrontare più che altro il tema del distacco e della disperazione. Forse il finale: Ma volevo che almeno lui avesse una possibilità di essere salvato, una prova divina che la vita avesse ancora qualcosa da offrire per lui, che qualcosa potesse cambiare.» dovrebbe fornire una chiave di lettura tematica, ma non sono riuscito a cogliere le tue intenzioni.
Stile La stile permette di seguire la vicenda senza troppi problemi, il che è bene. Però resta uno stile un po' lento, i dialoghi sono poco credibili e sono chiaramente messi lì per dare info al lettore, le descrizioni abbastanza piatte. Insomma non dà problemi nella lettura, ma neppure coinvolge il lettore. Il secondo blocco è meno chiaro del primo: si cambia location, tempo e alcuni personaggi, senza che il lettore abbia alcuna nozione di questo cambiamento. La chiarificazione arriva più avanti, ma è una scelta rischiosa (per esempio io credevo che il protagonista fosse nascosto nella stanza del vaso, ma quando ho capito il mio errore, ho come dovuto "riscrivere" da capo la scena che mi ero figurato.)
Trama La trama è chiara, il suo senso molto meno. L'uomo ha perso la moglie, inscena una serie di furti per farsi fermare sul punto di uccidere il figlio... Perché? È molto probabile che importanti pezzi di informazione siano andati persi nella riscrittura, ciò rende difficile capire le motivazioni del De Rosi.
Valutazione finale Una storia che si legge senza grossi problemi e che parte da uno spunto interessante (una specie di serial killer che vuole essere fermato e che ruba invece di uccidere) ma che a mio parere fa fatica a incarnare il tema e che non fornisce abbastanza informazioni per comprendere le motivazioni dell'antagonista.
Per qualsiasi cosa, scrivi pure. A rileggerci! Giacomo
7. L’indovinello della sfinge
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Ciao Red Robin, eccomi a leggerti e commentarti.
Tema. Il tema è centrato, il cambiamento viene presentato come l'unica verità (nell'accezione di "fatto vero") che può mandare avanti il progresso. Il punto di vista è anche abbastanza interessante, tuttavia è inserito nel racconto in modo un po' goffo (più che una storia che parli di questo, c'è una storia con dei pezzetti specifici in cui ci viene spiegato in modo estremamente didascalico il concetto).
Stile. Ci sono parecchi elementi da limare. Faccio una piccola analisi più approfondita del primo passaggio, giusto per darti qualche spunto più specifico: «Signor Vale, le ho già detto che sono molto impegnato!», sbraitò Albert Patrick, una volta chiusa violentemente dietro di sé la porta a vetri della centrale di polizia. «Mi ascolti soltanto per un secondo soltanto, capitano!». L’altro uomo si voltò. Di fronte a sé aveva un ragazzo impacciato, dai vestiti consunti e diverse mancanze nella cura del corpo; i capelli castani si contorcevano orribilmente sul capo e i grossi occhiali lasciavano due profondi solchi tra il naso e gli zigomi. Il primo istinto di molti sarebbe stato quello di considerarlo un disadattato; pochi avrebbero poi pensato che fosse un genio.
«Signor Vale, le ho già detto che sono molto impegnato!», sbraitò Albert Patrick, una volta chiusa violentemente dietro di sé la porta a vetri della centrale di polizia. Il tag "sbraitò" ci può anche stare, ma il tono si capisce anche senza specificare che sbraita, visto l'uso di un punto esclamativo e del fatto che sbatte la porta. L'avverbio in mente si può togliere senza problemi per alleggerire la frase. A livello temporale è montata al contrario, visto che prima ci dici la battuta, e poi ci spieghi che viene detta dopo che sbatte la porta, cosa che però viene mostrata dopo.→ Albert Patrick sbatté/scaraventò la porta a vetri della centrale. «Signor Vale, le ho già detto che sono molto impegnato!»
«Mi ascolti soltanto per un secondo soltanto, capitano!». Non sappiamo chi parla e non sappiamo dove siamo rispetto alla porta. Possiamo solo supporre che questo "capitano" e Albert Patrick siano la stessa persona. Quindi potremmo introdurre un tag o un movimento per specificare chi pronuncia la battuta e lo stato d'animo con cui parla.→ «Mi ascolti capitano!» Il ragazzo si scostò i capelli dal viso «soltanto per un secondo.»
L’altro uomo si voltò. L'altro uomo chi? Poche righe e già è impossibile orientarsi nella scena.
Di fronte a sé aveva un ragazzo impacciato, dai vestiti consunti e diverse mancanze nella cura del corpo; i capelli castani si contorcevano orribilmente sul capo e i grossi occhiali lasciavano due profondi solchi tra il naso e gli zigomi. Che il ragazzo è impacciato o si mostra o si elimina. Certo, potrebbe essere anche il modo in cui un personaggio percepisce un altro personaggio, ma nel tuo caso non c'è una storia filtrata da un punto di vista, quindi si può togliere senza remore. dai vestiti consunti e diverse mancanze nella cura del corpo è un pezzo di descrizione debole e vaga. → Di fronte aveva un ragazzo. I ricci untuosi gli scendevano sul viso e la montatura degli occhiali incideva due solchi tra naso e zigomi.
pochi avrebbero poi pensato che fosse un genio. Ok, narratore onnisciente. Non è una scelta che mi faccia impazzire. Non so se sia considerabile un errore o se sia semplicemente uno stile ormai poco usato. Ciò che è certo è che avere la libertà di "andarsene in giro" nelle scene e di poter inserire i propri pensieri (dell'autore intendo), rende l'apprendimento della buona scrittura molto più difficile. Magari come mero esercizio, riscrivi questa storia più volte ma ogni volta battezza un personaggio che sia portatore del punto di vista e mantienilo da inizio a fine. Se anche volessi continuare a scrivere con il narratore onnisciente in futuro, un esercizio simile sarebbe utilissimo per capire in che modo i vari personaggi vivono la storia dalla loro prospettiva limitata.
«Va bene, ma mi dia seriamente retta per un attimo: Rubeus Aveloch è stato uno dei maggiori studiosi di questo secolo. I farmaci per l’autoguarigione rapida, i generatori di campi magnetici per il trasporto ad ampia distanza e le mille invenzioni che ha donato al mondo…»
Questo dialogo, se fossi poco avvezzo alla terminologia, si definisce un "as you know bob". In pratica è un dialogo finto che serve solo a dire qualcosa ai lettori. E salvo lettori particolarmente sprovveduti, fa un effetto pessimo. È un po' come se io ti incontrassi per strada e ti dicessi: "Ma certo Einstein, il grande fisico teorico che ha contribuito alla nostra conoscenza del mondo con la relatività generale e la relatività ristretta e..." Ora, o il tuo scenziato è famoso "come un Einstein" e allora non ha senso fare la lista delle scoperte, oppure è poco famoso e allora ci può stare che il ragazzo provi a spiegare perché sia stato così importante.
Trama Se ho ben capito, Rubeus, una genio assoluto, dopo aver donato al mondo una marea di invenzioni si è reso conto che presto avrebbero potuto sopprimere il cambiamento che guida il progresso. Allora inventa una sfinge meccanica con un enigma e la manda a distruggere la città. Per prima cosa non mi è chiaro quanto tempo passi tra il 25 settembre 2169 e il tempo della storia. Seconda cosa, quale sarebbe il piano dell zio? Nel senso, per ricordare all'umanità l'importanza del cambiamento... costruisce una sfinge robot con un indovinello? Una volta indovinata la soluzione, perché dovrebbe cambiare qualcosa nel mondo? Una società così sviluppata da superare i limiti dello spazio-tempo può farsi impensierire da un grosso robot? Nel 2169 saremo capaci di viaggiare nello spazio tempo, ci saranno altre forme di vita conosciute, ma avremmo ancora i distretti di polizia e le porte a vetro?
Valutazione finale. La tematica è molto interessante, ma temo sia troppo complessa per rientrare in così pochi caratteri. Probabilmente un racconto lungo sarebbe un giaciglio più adeguato. La trama è un po' scricchiolante, lo stile da rivedere. Punto di forza è la profondità potenziale che sta nel punto di vista che hai espresso sul tema. Ho apprezzato anche le atmosfere da "fantascienza classica". Non so quanto volutamente, ma il tuo 2169 sembra più che altro un 2000 immaginato dalle persone degli anni '50.
Per qualsiasi cosa scrivi pure. Alla prossima! Giacomo
8. Il Gattopardo 2.0
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Ciao Filippo, piacere di leggerti.
Tema Hai avuto una interpretazione tematica molto complessa, condita da citazionismo letterario e attualità. Non è di immediata comprensione, ma se ci si ragiona un secondo di più si coglie. Pertanto do un ottima valutazione a questo punto.
Stile & trama Unisco la valutazione su stile e trama perché il testo è scorrevole e chiaro, ma di fatto è un infodump di una pagina, come se più che la storia, stessimo leggendo i tuoi appunti di world building. Se già in un romanzo o in racconti lunghi questo genere di espediente non è proprio il massimo, quando costituisce la totalità dell'opera diventa un problema grosso.
A livello di setting ho avuto l'impressione che il tuo futuro non sia poi troppo diverso dal nostro presente. 37 anni di sviluppo culturale e tecnologico sono tanti, forse sarebbe stato interessante inserire degli elementi di maggior rottura rispetto a treni a guida remota o software per la pianificazione dei rapporti sessuali.
Valutazione finale Tema interessante, testo scorrevole. Manca un guizzo di fantasia e la storia è praticamente assente. Un consiglio: sarebbe stato forse più interessante far sì che il padre fosse ancora vivo o in fin di vita e far trasparire le differenti visioni del mondo, e il mondo nuovo, attraverso dialogo e azioni.
Per qualsiasi cosa scrivi pure. Un saluto, Giacomo.
In narrativa non esistono regole, ma se le rispetti è meglio.
1) Era, sarà, di Giorgia D’Aversa La chiusa è una gemma con questa piccola Moira che soffia nelle orecchie del protagonista quelle ultime parole. Ho trovato un solo problema evidente ed è l'accenno al coltello, mi sfugge il significato. Il tema è molto bene affrontato. Forse l'intro potrebbe scorrere meglio, ho faticato a immergermi. Pollice quasi su per me. 2) Come la scena priva di sostanza, di Debora Dolci Un racconto che mi è piaciuto molto e per un attimo sono stato incerto sul pollice su, abbagliato dalle sue potenzialità. Appunto, potenzialità. Premetto che il mio giudizio rimane un pollice tendente verso l'alto in modo brillante, ma due criticità vanno sistemate: 1) tutta la parte iniziale va resa più semplice, soprattutto nell'accogliere il lettore e 2) il finale con lui che si chiede chi sarà domani mi è parso strano perché uno spettacolo viene portato in scena per settimane e non si cambia da un giorno all'altro, soprattutto se non lo fai per gioco, ma per mestiere come il protagonista. Infine una nota proprio su Amedeo che, mio parere, andrebbe approfondito maggiormente perché la sua caratterizzazione tende a impaludarsi sulla sua eccentricità senza andare a fondo scavando nel suo profondo. Insomma, bello, ma potrebbe essere bellissimo. 3) Cambio al vertice, di Luca Fagiolo Parto dalle criticità: 1) una partenza lenta con il protagonista che scopre che il capo è stato arrestato con una battuta leggera leggera tipo "Era buona la pastasciutta in mensa" in più con l'aggravante che, pur essendo uno degli uomi di fiducia, non avesse ancora sentito nulla in giro e 2) ce lo presenti arrogante e sicuro di se stesso, ce lo sviluppi arrogante al punto da alzare le mani su Tiberio e poi ce lo trasformi in un agnellino come se niente fosse. Sembrano due problemi distinti, ma in verità ci vedo una costante ed è una tua propensione, in questo racconto (ma che in certa parte può essere ritrovata anche in altri tuoi lavori), a non dare il giusto peso a certi momenti importanti, non li carichi abbastanza dando per scontata la loro rilevanza. Detto questo, il racconto mi è piaciuto e si legge bene. Il tema lo si ritrova e la scena è bella forte. Direi un pollice tendente verso l'alto in modo convinto, ma non brillante. 4) Il Gattopardo 2.0, di Filippo Mammoli Paghi il fio, sostanzialmente, di un lungo spiegone sul macrocontesto e per questo avrei potuto penalizzarti parecchio però ho rinvenuto il quid del discorso sulla libertà e di come questa umanità non ne senta più il bisogno,elemento che fornisce una bella ragione d'essere al tutto. Detto questo, andrebbe lavorato ancora di più, magari inserendo una chiamata esterna e quindi un dialogo che aiuti a sviluppare movimento al tempo stesso fornendo ulteriori sviluppi sulla problematica. Per me, allo stato attuale, questo è un pollice su bello solido che piazzo dietro al pari valutato racconto di Fagiolo proprio per una sua maggiore, intriseca, staticità. 5) Morte aguzza, di Emiliano Maramonte Ho apprezzato molto il fatto che tu abbia mantenuto lo stesso registro per tutto il racconto e se non fosse per la quasi certezza che tu abbia cominciato a scrivere un po' a braccio senza un piano preciso in mente sono convinto che stavi per fare il botto, in positivo. Invece parti dandoci l'idea che la tortura si prolunghi da tempo e che proprio quella sera il padre abbia deciso di farla finita (perché?) e non utilizzi adeguatamente lo strumento del dialogo per sviluppare una dialettica che ti avrebbe permesso di seminare adeguatamente tutte le informazioni per il contesto allo stesso tempo lavorando sui caratteri. Insomma, per me hai parecchio talento per il registro "duro", ma qui, forse, non ci hai creduto troppo neppure tu lasciandoti andare a briglie troppo sciolte. Per me un pollice tendente verso l'alto in modo non brillante che si piazza davanti al racconto di Lenzi per una maggiore compattezza interna. 6) Warpedia, di Mauro Lenzi Per me un testo dev'essere primariamente funzionale in ogni sua parte rispetto al suo complesso e qui, al netto delle tue intenzioni iniziali, lo scatafasci con quel finale pregno di potenzialità, ma buttato lì a macerarsi e macerare l'ottima costruzione che avevi imbastito fino a quel punto. Non c'è semina che lo prepari e non ci sono indicazioni per integrarlo nel tutto. Anche tutto il discorso sul fumo non arriva al lettore per come erano le tue intenzioni e questo è un vero peccato. Pollice quasi su per tre quarti, pollice giù sul finale per un overall di pollice tendente verso l'alto in modo non brillante. 7) L’indagine, di Andrea Leonardi Sì, Andrea, l'obbiettivo è proprio quello di imparare a scrivere nei limiti proponendo un racconto nato per quei limiti e quindi fai bene a tentare di modificare il tuo approccio, come hai sottolineato nella tua risposta. Qui è più evidente di altre volte perché tutta la seconda parte appare raffazzonata con quel pdv problematico (e se ha dato fastidio a me che, di solito, tendo a non essere pignolo allora vuol dire che è proprio pesante), quel bambino di cui non si è mai percepita la presenza, neppure nella prima parte, e quella risoluzione del caso un po' troppo accelerata con il lettore che non capisce come il protagonista l'abbia intuito e il De Rosi che fa una confessione ai limiti dell'assurdo. Per me stiamo su un pollice ni tendente verso il positivo. 8) L’indovinello della Sfinge, di Valerio Covaia L'impressione che ho tratto dalla lettura è di una certa ingenuità di fondo (lo dico con accezione positiva, sia chiaro). Il messaggio di cui vuole essere portatrice la Sfinge è banalotto e la risoluzione dell'enigma è gratuita, nel senso che non è affrontata dal testo in quanto si parte che già ce l'ha e l'unico movimento è rappresentato da una difficoltà di interazione che non aggiunge nulla al tema e che sembra raccontata solo per macinare caratteri. Bella l'idea della Sfinge, ma, di nuovo, non è che fosse poi sto gran genio a pensare che bastasse risolvere un banale enigma per poi sparire con la certezza di avere salvato il mondo. Per me un pollice ni.