Chiacchierando con Giorgia Tribuiani

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Ben ritrovati a tutti quanti. Fra pochi giorni una nuova edizione di Minuti Contati vi chiamerà a raccolta per scrivere il vostro migliore racconto sul tema scelto dalla Guest Star che questo mese sarà Giorgia Tribuiani!
 
Laureata in editoria, per anni responsabile della sezione letteratura della rivista Re-volver, ora collabora anche con la Bottega di narrazione di Giulio Mozzi.
Nel 2008 ha pubblicato la raccolta di racconti Cronache degli artisti e dei commedianti (che vi consiglio perché ci sono delle vere chicche fra cui una Venere prostituta e sorteggi di gambe). L’anno scorso è uscito il suo ultimo lavoro: Guasti edito da Voland.
Ho riso molto quando ho letto la 4° di copertina: “Dopo la morte del compagno, fotografo di fama internazionale, Giada ha un insolito luogo dove andare a trovarlo: la sala in cui adesso è esposto il cadavere plastinato dell’uomo, trasformato in opera d’arte…”

 
Ma torniamo a noi e partiamo con le domande. Tanto per iniziare vorrei chiederti, vista la tua evoluzione poliedrica, che differenza c’è fra un racconto e un romanzo. Hai lavorato in entrambi i campi e hai lavorato con autori di racconti, ne incontri molti alla Bottega e al tempo stesso incontri autori di romanzi e tu stessa ne hai scritto uno. Quali sono le differenze fondamentali fra un racconto e un romanzo?
 
TRIBUIANI: Si potrebbe ripetere la vecchia formula secondo la quale “il racconto si basa una singola idea forte e il romanzo su tante idee deboli”, distinzione che sembra più efficace di quella basata sulla lunghezza (un racconto lungo, infatti, può avere più pagine di un romanzo breve, specie se quest’ultimo è firmato da Bontempelli), ma i romanzi con idee fortissime alla base potrebbero invalidare facilmente anche questa classificazione.
Diciamo che forse, a fare un romanzo, è in linea generale la complessità: una storia che necessita di un intreccio dalla costruzione articolata e magari di diverse sottotrame, che si snoda tra più punti di vista, che prevede l’evoluzione dei suoi personaggi o che presenta una struttura non lineare difficilmente potrà trovare respiro in un racconto.
 
Noi di Minuti Contati amiamo le riviste letterarie e il modo in cui noi autori siamo messi a nudo. Raccontaci della tua esperienza come responsabile di una rivista come Re-Volver e come questa esperienza ha cambiato, se ha cambiato, il tuo modo di approcciarti all’editoria.
 
TRIBUIANI: Quella di Re-volver è stata una bellissima esperienza, dalle riunioni di redazione in cui venivano assegnati gli articoli e le rubriche alla scrittura in prima persona dei pezzi. Quando ho iniziato questa collaborazione avevo appena compiuto vent’anni, e non mi sembrava vero che le case editrici mi inviassero dei romanzi per recensirli, o che con un articolo potessi convincere un lettore sconosciuto ad acquistare un libro che mi aveva entusiasmato.
Poi ho cominciato a occuparmi in prima persona delle interviste e lì, per me, è iniziato il vero divertimento: sono arrivate le telefonate con Dario Fo e Roberto Vecchioni, o gli incontri con Lucio Dalla, Gino Paoli, Dacia Maraini e Paolo Rossi, e tuttora sono molto felice di avere avuto l’occasione di incontrare scrittori, cantautori, attori di teatro e fumettisti per portare le loro parole ai lettori.
Se la collaborazione con Re-volver mi ha insegnato qualcosa, quel qualcosa è certamente questo, l’idea di poter “servire” il lettore offrendogli un punto di vista: il mio, o quello degli altri redattori, attraverso editoriali e recensioni; quello dei personaggi pubblici attraverso i reportage e le interviste.
 
Restiamo nel passato. Hai pubblicato una raccolta di racconti, come mai questa scelta? In Italia tutti ci dicono che sono i romanzi ad avere un seguito e che i lettori non leggono i racconti. La scelta di pubblicare una raccolta di racconti da cosa è nata? Raccontaci della sua genesi e della sua accoglienza da parte dei lettori.
 
TRIBUIANI: Anche in questo caso, al tempo di quei racconti ero molto molto giovane: li avevo scritti tra i diciotto e i vent’anni, e mi trovai a firmare il contratto subito dopo il compimento dei ventidue. Già allora, amando nelle mie letture le progressive trasformazioni dei personaggi, mi sentivo molto più vicina al genere del romanzo, ma avevo provato a scriverne e riconoscevo la mia immaturità, mi rendevo conto del fatto che fossero davvero acerbi. Per questo, manuale di scrittura alla mano (la mia formazione adolescenziale è molto legata all’horror, e sul comodino avevo On Writing di Stephen King), avevo iniziato a confrontarmi con testi più brevi, con idee più immediate, e tra la valanga di testi scritti (scrivevo ogni giorno, e del resto cerco di farlo tuttora) qualcosa mi era sembrato abbastanza buono da diventare condivisibile.
La realtà, sarò onesta, è che avevo smania di pubblicare, e che qualcuno mi leggesse. A vent’anni tutto in me voleva gridare: “sono qui, esisto, e voglio fare la scrittrice”.
Per quanto riguarda l’accoglienza, be’, la casa editrice era piccolissima e il libro non fu mai distribuito, per cui le vendite non superarono le trecento copie; partecipai tuttavia a una decina di presentazioni, e lo scorso anno sono stata davvero contenta di ricevere un invito a presentare Guasti da tutte le librerie in cui, emozionatissima, avevo portato il primo libro.
 
Dal 2008 al 2018. Dieci anni sono tanti, o forse no. Come è nata la storia di Guasti, da quanto la stai elaborando e da cosa è nata l’idea?
 
TRIBUIANI: Come ti dicevo, ero molto contenta di aver pubblicato il primo libro, ma dopo quell’esperienza cominciai a desiderare una casa editrice che puntasse davvero sul mio secondo libro, che volesse pubblicarmi garantendomi una distribuzione e una promozione: da qui (poiché il percorso dell’esordio non è così semplice) l’attesa dei dieci anni.
Guasti era nato infatti nel 2004, quando – dopo aver assistito a una mostra di corpi plastinati, e dopo essermi resa conto che lo shock di essere di fronte a un cadavere durava nei visitatori solo qualche minuto, annullato sia dalla reiterazione del corpo morto sia dal punto di vista dello spettatore – avevo immaginato che in una di quelle salette entrasse l’ex-compagna di uno di quei corpi, e che con il suo punto di vista differente, quello del cordoglio, finisse per modificare anche l’ambiente circostante, per ri-trasformare quel luogo in un cimitero.
Scrissi il primo capitolo quella sera stessa, e in quattro mesi completai la prima stesura. Finalmente mi pareva di essere di fronte a un romanzo compiuto, non più a un tentativo di romanzo, e negli anni che seguirono lavorai principalmente sulla lingua con l’obiettivo di proporlo a un editore.
In questa fase di revisione furono molto importanti i consigli di Giulio Mozzi, a cui avevo inviato il romanzo e che nei miei confronti fu immensamente generoso.
 
In Guasti la protagonista, Giada, sta vivendo un’esperienza per nulla piacevole e si trova in una situazione particolare. Quanto dell’autrice c’è in questo romanzo e come si discosta?
 
TRIBUIANI: Questa, nelle interviste e nelle presentazioni, è sempre la domanda delle domande: ovviamente nella situazione in sé, nei trenta giorni di elaborazione del lutto all’interno di un museo, non c’è nulla di autobiografico, si tratta di pura invenzione. Nelle paure di Giada, però, nel suo senso di inadeguatezza, nella difficoltà di vivere il presente e di non guardare al traguardo finale, ma ai tanti piccoli traguardi intermedi della vita, in tutto quello sì, ci sono io.
Giada, volendo ridurre tutto all’osso, è stata il mio fantasma per eccellenza, la concretizzazione delle mie paure, in primis quella di non essere all’altezza (di qualcuno, di qualcosa). In questo senso scrivere Guasti è stato terapeutico: mi ha permesso di guardarle in faccia, quelle paure; di scoprire finalmente che aspetto avessero i miei nemici.
 
Noi di Minuti Contati siamo molto curiosi e quando incontriamo un autore che ha avuto un percorso professionale particolare non possiamo non fare qualche domanda invadente. In particolare, visto che hai lavorato con redattori, editor e ora con docenti di scrittura come è il tuo rapporto con loro come collaboratrice e come quello come autrice? Quali sono le differenze fra quando indossi il cappello da collaboratrice della Bottega e quando indossi quello da autrice di romanzi?
 
TRIBUIANI: La differenza principale che c’è tra quando lavoro su un mio testo e quando mi occupo di un testo altrui riguarda l’immaginario: nel primo caso sono libera di modellare la trama e i personaggi, di farli agire in un certo modo, di creare ambientazioni a mio piacimento; nel secondo, invece, l’impegno principale è quello di diventare una sorta di “emulatore” dell’immaginario altrui. Quando lavoro in Bottega, per esempio, devo cercare di capire il funzionamento dell’immaginazione dell’autore e, nel consigliarlo, sforzarmi di ragionare come lui, di vedere come lui; avere come obiettivo il livello massimo di somiglianza tra il suo testo finale e quello che lui voleva dire.
Questo significa, estremizzando, che il risultato finale potrebbe non corrispondere al mio gusto personale, o essere molto diverso da quello che avrei prodotto io partendo dalla stessa idea, ma la sfida è proprio quella: essere maieutici, e non soffocare con il proprio immaginario e i propri sottotesti l’immaginario e i sottotesti degli altri.
La prima domanda che viene fatta in Bottega, non a caso, è sempre la stessa: perché vuoi raccontare questa storia?
 
Per noi di Minuti contati il confronto e la critica sono due momenti fondamentali e altamente formativi tanto che li consideriamo i punti cruciali della nostra associazione ma di tanto in tanto sono anche momenti difficili e tesi da gestire e/o vivere. Come vivi il confronto con gli altri scrittori? E come la critica?
 
TRIBUIANI: Devo dire che sono stata molto fortunata: in questi ultimi anni ho conosciuto scrittori meravigliosi, disponibilissimi, e con molti di loro è stato bello fare rete nel periodo della promozione di Guasti: ci siamo letti e presentati a vicenda, ci siamo offerti pareri e letture, e con alcuni siamo arrivati a scambiarci i prossimi inediti così da offrirci a vicenda dei consigli.
Una delle persone più belle che ho conosciuto, per esempio, è Laura Pugno, ed è stato emozionante essere invitata a Madrid dalla mia scrittrice italiana contemporanea preferita per presentare il mio romanzo.
Per quanto riguarda il mondo della critica, al di là degli articoli usciti su Guasti, come quello di Demetrio Paolin su La Lettura, come esordiente non ho ancora avuto occasione di conoscerlo da vicino. Ci riaggiorneremo al prossimo romanzo!
 
Sapendo che bazzichi il retro della Bottega di scrittura di Giulio Mozzi, il primo docente di scrittura creativa d’Italia, sicuramente avrai avuto modo di appropriarti di mille segreti e trucchi del mestiere. Raccontaci il segreto segretissimo della scrittura creativa, siamo tutt’orecchi.
 
TRIBUIANI: Il segreto è che un vero e proprio segreto non esiste: un consiglio utilissimo per un autore potrebbe essere deleterio per quello successivo, o per un nuovo testo di quello stesso autore; per questo il lavoro del docente di scrittura creativa è fortemente personalizzato.
Posso dirti, però, che l’errore più frequente in cui cadono gli aspiranti scrittori è quello di proporre delle storie con dei buchi di immaginazione: capita che le loro trame siano ambientate in un futuro lontano dove solo un aspetto della vita in comune è andato avanti (magari le macchine volano, gli uomini sono stati quasi sostituiti dai robot, ma tra loro continuano a scriversi su WhatsApp – che va anche bene, se l’autore ha deciso scientemente di lavorare su quest’unico aspetto rimasto invariato, ma di solito non è questo il caso), o altre volte leggiamo di protagonisti che restano sei anni in giro per il mondo, ma senza che l’autore spieghi dove abbiano preso i soldi e come abbiano fatto a lasciare il lavoro per così tanto tempo.
Se c’è un consiglio che mi sento di dare a un aspirante autore è quindi questo: prima di iniziare a scrivere, cerca di “vedere” la tua storia, di immaginare la quotidianità del protagonista e il contesto in cui si muove. Questo è molto importante anche nel micro e si riallaccia al famoso “show, don’t tell”: cerca di fare in modo che il lettore “veda” il mondo in cui lo stai portando.
 
Edizione
 
Ora passiamo alle domande di rito. Hai una conoscenza del mondo editoriale italiano che parte dalle riviste letterarie e arriva alle scuole di scrittura, una vera rarità. Cosa è la scrittura per te?
 
TRIBUIANI: La scrittura, per me, rimane qualcosa di fortemente personale: in Guasti, per esempio, e ancora di più in Blu, il mio nuovo romanzo ancora inedito, è stata la possibilità di trasformare il dolore in bellezza; la possibilità di convertirlo in qualcosa di utile.
Da sempre, poi, scrivere mi aiuta a guardare: a volte mi sembra di capire le cose solo dopo averne scritto, come se da quel momento fossero fuori di me, altre da me, come dei quadri da osservare per vedere finalmente le figure (o la loro essenza).
Infine la scrittura per me è relazione: è come lanciare un messaggio e attendere che qualcuno lo raccolga, lo conosca e torni da me per parlarne insieme. Non a caso durante le presentazioni, a contatto con i lettori e con le loro interpretazioni di Guasti, ho scoperto tantissime cose di me e del romanzo, più di quante avessi immaginato di averne messe in gioco.
 
I partecipanti all’edizione di lunedì 18 novembre dovranno scrivere un racconto, su tuo tema, in meno di 4000 caratteri ed entro quattro ore. Immaginati nei loro panni: alle 21 ti colleghi al forum per scoprire il tema e poi? Come organizzi la serata e come procedi (prima delle 21 e dopo)? Insomma, come cercheresti di superare la prova?
 
TRIBUIANI: Prima delle 21, be’, non conoscendo il tema mi limiterei a cercarmi uno spazio mio, dove poter lavorare indisturbata: credo che ogni autore abbia uno spazio preferito – io scrivo sempre sul letto, per esempio, con la schiena contro la testiera – e quindi farei in modo di avere disponibilità del mio luogo per tutto il tempo della gara.
Una volta conosciuto il tema, visto che lavoro moltissimo a partire da ricordi che poi trasfiguro, proverei a individuare delle esperienze e anche dei modelli utili (per esempio “Il Piano B”, ultimo tema lanciato da Minuti contati, mi ha fatto pensare ad alcune storie di Paul Auster): da lì proverei a prendere degli appunti ancora disordinati, cercando di trovare una connessione interessante.
Inoltre – questo forse farà sorridere, ma giuro che spesso funziona – per sollecitare il pensiero laterale userei un metodo proposto più volte da Giulio Mozzi, quello del Libro delle Risposte: ricevere una risposta come “sii più generoso” potrebbe farmi chiedere “forse il Piano B è in realtà l’abbreviazione del Piano Beneficenza?”, magari organizzato da un uomo ricco e triste (e qui penserei al modello di Canto di Natale) o dai suoi vicini che non lo sopportano più e, dopo aver provato a parlargli educatamente, stanno trovando un modo per dilapidare il suo patrimonio?
Insomma, in una prima fase proverei a ragionare a ruota libera per associazioni e poi, una volta eliminate le suggestioni inutili e trovata l’idea, terrei con me solo gli appunti utili e comincerei a costruire la storia.
 
Ora torna a immedesimarti nelle vesti di Guest Star: dopo qualche giorno riceverai quelli che si saranno distinti come i migliori racconti tra i tanti. Come immagini di affrontarli, leggerli e giudicarli? Su cosa punterai l’attenzione con maggiore intensità? Cosa deve fare uno scrittore per catturare la tua attenzione e farti considerare il tempo della lettura come ben speso?
 
TRIBUIANI: Dopo tanto parlare di tecnica devo rivelarti una cosa: nella lettura, o almeno a una prima lettura, continuo a giudicare un testo bello in base alle risposte della mia attenzione, al desiderio di andare avanti e di arrivare alla fine, di non staccarmi; in base a quello che la storia mi comunica e alla sensazione che provo dopo averla letta, se continuo a pensarci oppure no.
L’unica eccezione importante, per quanto mi riguarda, la fa la lingua, e il fatto che l’autore abbia una sua voce, una sua riconoscibilità: quella, se c’è, si fa viva anche in testi così tanto brevi.
 
Un numero imprecisato di autori e autrici avranno quattro ore di tempo per dare il meglio di sé e creare qualcosa che tu possa considerare degno di essere letto. Tu sarai il timone della loro serata con il tema da te pensato: senza svelarcelo, vuoi darci qualche indizio a riguardo?
 
TRIBUIANI: Ho pensato a un tema in grado di dare tantissimo spazio all’immaginazione e alla scelta del genere letterario, ma di portare in tutte le storie una forte limitazione (si pensi alle unità aristoteliche…) che ci permetterà di capire quanto un autore sia in grado di spaziare e di inventare.
 
Questa era l’ultima domanda, ti ringraziamo davvero tanto per le risposte e, una volta ancora, per il tempo che ci stai donando. Per noi tutti è un onore averti come guest star in questa nuova edizione di Minuti Contati!
 
(Intervista condotta da Massimiliano Enrico)

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