BENVENUTI ALLA ALL STARS EDITION, LA NONA E ULTIMA DELLA SETTIMA ERA DI MINUTI CONTATI, LA 141° ALL TIME!
Questo è il gruppo BULLS della ALL STARS EDITION con FRANCESCA BERTUZZI, FRANCESCA CAVALLERO, CARMEN LATERZA (LIBROZA), STEFANO PASTOR, PATRIZIA RINALDI nelle vesti di Guest Stars.
Gli autori del gruppo BULLS dovranno commentare e classificare i racconti del gruppo TYRANNO.
I racconti di questo gruppo verranno commentati e classificati dagli autori del gruppo MANI
Questo è un gruppo da OTTO racconti e saranno i primi TRE ad avere diritto alla pubblicazione immediata sul sito e a entrare tra i finalisti che verranno valutati dalle GUEST STARS. Altri racconti ritenuti meritevoli da me, l'Antico, verranno a loro volta ammessi alla vetrina del sito, ma non alla finale. Ricordo che per decidere quanti finalisti ogni gruppo debba emettere cerco sempre di rimanere in un rapporto di uno ogni tre approsimandolo all'occorrenza per eccesso.
Per la composizione dei gruppi ho tenuto conto del seguente metodo: per primi ho assegnato ai raggruppamenti coloro in possesso di punti RANK DELLA SETTIMA ERA (il primo nel gruppo A, il secondo nel gruppo B, il terzo nel gruppo C, il quarto nel gruppo A e così via), coloro che non hanno ancora ottenuto punti nel corso della SETTIMA Era sono stati assegnati a seguire (primo a postare gruppo X, secondo a postare gruppo Y, terzo a postare gruppo BETA, quarto a postare gruppo X e così via). A prescindere da tutto, ho inoltre forzato in modo che i racconti con MALUS fossero equamente distribuiti tra i gruppi.
E ora vediamo i racconti ammessi nel gruppo BULLS:
Glaciazione, di Maurizio Ferrero, ore 22.57, 3292 caratteri Il tocco finale, di Riccardo Rossi, ore 01.14, 2687 caratteri MALUS 4 PUNTI Il Tredicesimo Arcano, di Agostino Langellotti, ore 23.54, 3269 caratteri La linfa dorata, di Alessio Magno, ore 22.58, 3315 caratteri Irek, di Dario Cinti, ore 00.50, 2937 caratteri Domani, di Danilo Riccio, ore 22.34, 3317 caratteri Margherite, di Emanuela Di Novo, ore 00.22, 3302 caratteri Teresa, di Claudia De Francesco, ore 00.10, 3044 caratteri
Avete tempo fino alle 23.59 di giovedì 28 MAGGIO per commentare i racconti del gruppo TYRANNO. Le vostre classifiche corredate dai commenti andranno postate direttamente sul loro gruppo. Per i ritardatari ci sarà un'ora di tempo in più per postare le classifiche e i commenti, quindi fino alle 00.59 del 29 MAGGIO, ma si prenderanno un malus pari alla metà del numero di autori inseriti nel gruppo approssimato per difetto. Vi avverto che sarò fiscale e non concederò un solo secondo in più. Vi ricordo che le vostre classifiche dovranno essere complete dal primo all'ultimo. Una volta postate tutte le vostre classifiche, posterò la mia e stilerò quella finale dei raggruppamenti. NB: avete DIECI giorni per commentare e classificare i racconti del gruppo TYRANNO e so bene che sono tanti. Ricordatevi però che Minuti Contati, oltre che una gara, è primariamente un'occasione di confronto. Utilizzate il tempo anche per leggere e commentare gli altri racconti in gara e se la guardate in quest'ottica, ve lo assicuro, DIECI giorni sono anche troppo pochi. E ancora: date diritto di replica, tornate a vedere se hanno risposto ai vostri commenti, argomentate, difendete le vostre tesi e cedete quando vi convinceranno dell'opposto. Questa è la vostra palestra, dateci dentro.
Eventuali vostre pigrizie nei confronti dei commenti ai racconti (che devono avere un limite minimo di 300 caratteri ognuno) verranno penalizzate in questo modo: – 0 punti malus per chi commenta TUTTI i racconti assegnati al suo gruppo con il corretto numero minimo di caratteri. – 13 punti malus per chi commenta tutti i racconti assegnati al suo gruppo, ma senza il numero minimo di caratteri. – ELIMINAZIONE per chi non commenta anche solo un racconto di quelli assegnati al suo gruppo.
Vi ricordo che i racconti non possono essere più modificati. Se avete dubbi su come compilare le classifiche, rivolgetevi a me. Potete commentare i vari racconti nei singoli thread per discutere con gli autori, ma la classifica corredata dai commenti deve obbligatoriamente essere postata nel gruppo TYRANNO. Altra nota importante: evitate di rispondere qui ai commenti ai vostri lavori, ma fatelo esclusivamente sui vostri tread.
E infine: una volta postate e da me controllate, le classifiche non possono più essere modificate a meno di mia specifica richiesta in seguito a vostre dimenticanze. L'eventuale modifica non verrà contabilizzata nel conteggio finale e sarà passibile di malus pari a SETTE punti.
1 Margherite 2 Il Tredicesimo Arcano 3 La linfa dorata 4 Domani 5 Teresa 6 Glaciazione 7 Irek 9 Il tocco finale
1- Margherite - Ciao Emanuela. Ho trovato il tuo racconto delizioso sia per come hai trattato il tema del contest che per lo stile con cui l'hai scritto, pulito, scorrevole, lineare. Anche l'utilizzo del flusso di coscienza non appesantisce la narrazione ma acuisce il dramma vissuto dalla protagonista, la sua disperazione e solitudine fino all'ultimo barlume comunque di speranza rappresentato dalle margherite.
Well done.
2 - Il Tredicesimo Arcano - Pretorian, prima di tutto complimenti per l'avatar. Secondo, hai scelto un argomento che conosco bene (gli Arcani Maggiori). Il tuo racconto si struttura bene e la storia regge il ritmo "sospeso" dato dall'attesa e dalla lettura delle carte. Anche tu, come ho letto in altri racconti, preferisci fermare l'azione in un tempo subito antecendente all'effettiva fine.Ho trovato interessante l'idea del passaggio tra vecchio e nuovo mondo per indicare il termine di qualcosa e un possibile, appunto, nuovo inizio.
3 - La linfa dorata - Ciao Alessio, bella l'idea di un racconto simil fantasy/mitologico (perdona, io nel tuo albero bianco ho intravisto una variazione di Yggdrasil). ho trovato gradevole lo stile che hai utilizzato per raccontare la tua storia, facendola scaturire dai dialoghi di Yuno e Kuno, i due custodi (perdona, forse sono io ma mi ha ricordato anche una serie di Sailor Moon vista da ragazzina dove c'erano i due fratelli che custodivano un albero magico che stava morendo). Non ho molto chiaro se i due custodi siano essi stessi dei o se siano stati "assunti" per quello scopo. In generale l'ho trovato davvero ben scritto, ricontrollerei solo un paio di frasi che non son molto chiare.
Well done.
4 - Domani - Ciao Danilo. hai sviluppato il tema del contest in un modo diverso rispetto a altri presenti nel gruppo: qui la fine si ritrova nella disperazione di chi ha perso lo scopo della sua vita e non ha nulla per cui andare avanti e decide quindi che la sola soluzione rimastagli corrisponde alla fine del tutto. Anche lo stile che hai usato si sposa bene con il plot del tuo racconto.
Well done.
5 - Teresa - Ciao Claudia (Canadria), sono un po' perplessa dal tuo racconto, che ho comunque trovao gradevole. Rientra nel tema della fine - la fine dell'amore tra il protagonista e Teresa, che rappresenta l'alfa e l'omega di questa storia d'amore finita, ma ci sono alcuni punti che non mi sono chiari. In paricolare nel poemetto finale non riesco a capire se sia solo lui che parla o se sia un passaggio tra lui e lei. Ricontrollerei anche alcune parole, che non seguno il filo del discorso (un plurale invece di un singolare. Cose di questo tipo, probabilmente causato dallo scrivere in fretta). Anche lo stile riflette i sentimenti provati dal protagonista.
Well done.
6 - Glaciazione - Ciao Maurizio, racconto carino e ben scritto. Anche il tema l'hai centrato, anche se non si coglie fino alla fine quando, appunto, viene menzionato il "presagio" e la fine dell'"era" indotta dalla dottrina cattolica. Nel complesso hai fatto un buon lavoro e lo stile che hai utilizzato mi piace e scorre bene.
7 - Irek - Ciao Dario. Dunque, ho trovato intrigante l'idea del tuo racconto ma, forse per il tempo o per il limitato numero di caratteri, ho notato che la fine, che nella tua storia ha il suo punto focale, l'hai trascinata via un po' velocemente concentrandoti invece - a mio parere - troppo sull'azione precedente. In generale resta un racconto che ha un suo ritmo e uno stile gradevole.
Well done.
8 - Il tocco finale - Ciao Daniel, ti leggo per la prima volta e sono rimasta colpita in modo piacevole. Hai uno stile che si fa leggere volentieri, non pesante e con un certo ritmo. Forse anche il tema si presta a questo genere, con gli "a capo" a definire la chiusura non solo della frase ma anche della "creazione". Anche la scelta dell'italic invece che delle virgolette, come se fossero pensieri (io l'italic lo uso per i pensieri) aiuta a rendere snella la narrazione. Riguardo a come hai affrontato il tema, direi che ci sei anche se la tua scelta di fronire una nuova versione della genesi senza arrivare al punto topico della storia e quello che definisce l'effettiva "fine" rende la comprensione dell'intera vicenda poco chiara. Almeno a me.
Complimenti a tutti, questa volta ho notato che non ci sono stati problemi con l'attinenza al tema.
Ecco a voi la classifica e i commenti.
1. Irek, di Dario Cinti 2. Domani, di Danilo Riccio 3. Margherite, di Emanuela Di Novo 4. La linfa dorata, di Alessio Magno 5. Il tocco finale, di Riccardo Rossi 6. Il Tredicesimo Arcano, di Agostino Langellotti 7. Glaciazione, di Maurizio Ferrero 8. Teresa, di Claudia De Francesco
Glaciazione, di Maurizio Ferrero Ciao Maurizio, questa volta invertiamo i ruoli. L’inizio della tua storia mi ha ricordato molto l’ombra dello scorpione di Stephen King. I tuoi dialoghi sono sempre di buon livello con un ritmo incalzante. La storia, invece, questa volta non è all’altezza degli standard a cui mi avevi abituato. L’anticristo, la fine dell’era cristiana, la leggerezza di una scelta fatta sotto effetti di una droga, mi sembra manchi qualcosa per renderla accattivante. Il tema è appena accennato, sembra una quasi una fake news. Da migliorare.
Il tocco finale, di Riccardo Rossi, Ciao Riccardo, sono contenta di rileggerti. In questo racconto ritrovo il tuo stile. Mi piace come hai descritto la creazione della Terra dal punto di vista religioso. Dio l’hai molto umanizzato alla fin fine. Il tema direi che è presente, ma la storia, per come l’hai impostata, non riesce a coinvolgermi. Trovo che ti sei dilungato un po’ troppo sulla parte della creazione, bastava l’inizio per introdurla. Sarebbe stato bello invece introdurre alla fine la reazione di Dio alla disobbedienza di Adamo ed Eva.
Il Tredicesimo Arcano, di Agostino Langellotti Ciao Agostino, piacere di rileggerti. Il tema c’è e lo hai interpretato in modo originale simboleggiandolo con i tarocchi. Il colpo di scena finale è ben riuscito perché fa dire al lettore “ahhhhh”. Io dapprima ho pensato a un capitano di calcio e poi, dopo la carta della morte, al capitano del Titanic, ma non lo abbinavo alla fine di un’era. Tuttavia, ho trovato il tuo racconto un po’ scarno, come se gli mancasse qualcosa per essere completo. C’è il finale, c’è l’idea, ma manca qualcosa in mezzo.
La linfa dorata, di Alessio Magno Ciao Alessio, la tua interpretazione del tema è del tutto originale. La fine del mondo e la punizione dell’umanità per mano di due custodi è un buon modo per interpretare la fine di un’era. La prima parte della narrazione tuttavia, l’ho trovata un po’ pesante da seguire e sono dovuta tornare un po’ di volte indietro a rileggere perché mi ero persa. Forse potrebbe aiutarti leggere il racconto ad alta voce per vedere se scorre bene.
Irek, di Dario Cinti Ciao Dario, ho molto apprezzato la tua idea di ambientare la tua storia ai tempi della rivoluzione russa contro lo zar Nicola. Sicuramente per la Russia è stata una fine di un’era quindi il tema è centrato. Non so se hai voluto inserire un sotto tema minoritario per la fine di un’era di una semplice coppia che sta per diventare una famiglia. Comunque, il tuo racconto mi è piaciuto. Unica pecca, alcune frasi in russo e altre no secondo me stonano un po’, meglio tutto in italiano così non dobbiamo andare a cercare la traduzione.
Domani, di Danilo Riccio Ciao Danilo, trovo originale il tema che hai scelto. La fine della guerra e il cambio di vita dei soldati ormai abituati solo alla vita militare. Sei riuscito a descrivere molto bene i soldati, cosa non facile visti i caratteri limitati. Le due osservazioni che ti faccio sono: non so se è credibile che il soldato si spari subito, ma capisco che ti servisse per enfatizzare il racconto, poi l’uso di a me mi, spero che fosse solo una scelta stilistica per descrivere il personaggio.
Margherite, di Emanuela Di Novo Ciao Emanuela, mi sa che è la prima volta che leggo qualcosa di tuo. Allora il tema è presente nel tuo racconto. La fine di un’era rappresenta la fine dell’umanità. In poche battute sei riuscita a descrivere un mondo in decadenza, un morbo e la fiducia riposta in un falso profeta, senza appesantire il racconto. La storia è pulita e lineare (forse un po’ troppo…) e la scrittura fluida. Bella l’immagine delle margherite.
Teresa, di Claudia De Francesco Ciao Claudia. Allora il tema della fine di un’era non l’ho trovato nel tuo racconto. Ci sono molte ultime volte, ma non credo si possano paragonare a un’era. Leggendo il tuo racconto e la poesia (molto bella) mi viene il dubbio che sia nata prima la poesia del racconto. Perché per quanto sia bella la poesia tanto non raggiunge un bel risultato il racconto. Troppe immagini ripetute. Sembra solo un flusso di pensieri senza capo né coda. Prova innovativa, ma non riuscita.
1 Margherite 2 Il tredicesimo arcano 3 La linfa dorata 4 Glaciazione 5 Teresa 6 Domani 7 Il tocco finale 8 Irek
Glaciazione di Maurizio Ferrero Mi piace molto il tuo stile, sempre preciso, e tirato al massimo nelle caratterizzazioni. L’idea delle pasticche e di loro drogati non mi ha entusiasmato, ma capisco che serva a tenere su tutto il racconto. Il mio interesse si è alzato quando dici che lei è incinta, e mi sono chiesta come avresti gestito la fine della storia. In effetti, il finale un po’ surreale rende bene, anche se non è tra le tue storie che ho preferito, comunque interessante e condotto fino alla fine con maestria. P.S. Attento a: soffia fuori il fumo. Viene portato via dalla brezza, Potrebbe diventare: soffia fuori il fumo, che viene portato… Altrimenti, siccome siamo nel PDV di Ricky, sembra che sia lui ad essere portato via dalla brezza. Comunque bravo e a rileggerti! Il tocco finale di Daniel Travis Ciao Daniel, il racconto scorre bene e ho apprezzato lo stile sottilmente ironico. Anche io non ho trovato particolare originalità nella scelta del tema, però mi sono divertita a leggere i commenti che suggeriscono alternative. Anch’io ho trovato che il ragionamento sull’imperfezione dell’albero in un mondo “così perfetto” stonasse un po’, avrei preferito che l'albero fosse stato messo dal Creatore perché si annoiava troppo, giusto per movimentare un po' le cose. Insomma, non da buttare, ma migliorabile. A rileggerti e buona edizione! Il tredicesimo arcano di Agostino Langellotti Ciao Agostino, io mi sono divertita a leggere il tuo racconto, con il capitano e Alfonzo in contrapposizione. Per me è credibile che il capitano, se non sa leggere i tarocchi e vede la carta con la morte, ci rimanga male e possa temere il peggio. Trovo la storia scritta bene, più che avvincente, la trovo rassicurante, con Alfonzo che per tutto il tempo cerca di tranquillizzare il capitano che “tutto andrà bene”. Viste le premesse mi aspettavo l’arrivo di un disastro, invece si scopre una nuova terra, quindi la carta aveva ragione. Carino. La linfa dorata Alessio Magno Ciao Alessio, ho trovato il racconto originale, mi sono piaciuti i due protagonisti, la storia è delicata, lo stile particolare, il tema c’è, ma ho faticato ad entrare nella storia. Aggiungerei una scena all’inizio che possa in qualche modo chiarire e mostrarci più visivamente la scena. E ridurrei all’essenziale i dialoghi tipo: A) (tu) «Se lo facciamo... non si torna più indietro, lo sai vero?» lo informò (chi informa chi?) con voce tremolante. B) (suggerimento) «Se lo facciamo, sarà per sempre, (potendo meglio positivo che “non” qualcosa) lo sai, vero?» disse Yuno (e aggiungerei una qualsiasi minima descrizione del personaggio, giusto per visualizzare al meglio la scena) A) (tu) «Abbiamo scelta? L’ho deciso io, Yuno. Ora spostati, devo esserne certo.» B) (suggerimento) «Abbiamo scelta?» «No, ma aspetta.» «Eravamo d’accordo. Spostati.» «È che voglio essere sicuro.» Che ne dici? Irek Dario Cinti Ciao Dario, di questo racconto mi è piaciuta l’idea, riguardo lo sviluppo, non posso fare altro che aggiungermi alle considerazioni di Luca e di Emiliano, penso che potrebbe già migliorare di molto eliminando un terzo delle battute, guadagnerebbe in incisività, penso anche che dovresti dare delle priorità ai soggetti delle frasi. Per esempio: «Irek…моя любовь…» piagnucolò una voce dietro di lui. Da una porticina laterale di cui l’uomo non aveva sospettato l’esistenza, uscì una donna dalla testa avvolta in un fazzoletto bianco e con in mano un fucile ancora fumante dall’uscita della canna. Questa avanzò per andargli incontro, poi improvvisamente le forze l'abbandonarono e ricadde sul proprio fondoschiena; sembrava che il rinculo dei colpi appena sparati avesse beffardamente atteso un paio di secondi in più per farla cadere. Qui il soggetto è la porticina laterale, ma secondo me il soggetto importante è la donna. Darei a lei la priorità con una frase tipo: «Irek…» Lui si voltò Una donna con un foulard bianco in testa uscì da una porta laterale, aveva ancora il fucile puntato sui due poliziotti. Irek gridò: – Mi hai salvato la vita! Lei crollò a terra. Comunque, penso che l’idea sia valida e che sistemandolo potrebbe uscirne qualcosa di molto buono. Domani Danilo Riccio Un racconto con un ritmo serrato e uno stile asciutto che ho apprezzato. All’inizio aggiungerei un verbo alle prime frasi che mi sono sembrate mancanti di qualcosa. La voce del Tagliola, roca e carica d’ansia. (La voce del Tagliola è roca, carica di ansia.) La voce di Tango, piena di eccitazione. (La voce di Tango è acuta, eccitata) E metterei vicini i primi due dialoghi perché il botta e risposta risulterebbe più immediato con i due “che” all’inizio. Poi il racconto decolla e mi sembra efficace, il tema c’è, e direi che è un buon lavoro. A rileggerti e buona edizione! Margherite Emanuela Di Novo Ciao Emanuela, il tuo racconto è uno dei miei preferiti di questo gruppo, soprattutto ho apprezzato il finale, efficace e delicato. Lo stile mi è sembrato buono, chiaro e scorrevole. Anche io sono inciampata sul “profeta” quando dici: Nessuno è risalito. Il profeta si sbagliava. Con me, la razza umana sparirà per sempre.
“Alla fine dell’ultima era, l’ultimo risalirà dal pozzo riportando con sé gli altri.” Mi sembra che le due frasi non vadano d’accordo. Se l’ultimo risalirà dal pozzo, e lei è l’ultima, fino a quando non finisce nel pozzo non può sapere se risalirà o meno, se il profeta aveva ragione o meno.
A parte questa particolare che mi ha lasciata perplessa, a me è piaciuto. Teresa di Claudia De Francesco Ciao Claudia, ho trovato il tuo racconto interessante e originale, introspettivo oltre il punto giusto. Il desiderio del protagonista diventa una fantasia così intensa da mostrarci le sue immagini. Io ci ho visto la fine di un’era di immaginazione e di illusione, l’elaborazione della fine di un amore. Riguardo la poesia, non trovato attinenza tra la terza strofa e il racconto. Mi piacerebbe di più all’inizio, come introduzione alla storia.
Concludo la Settima Era con questa ultima classifica. Ho letto bei racconti. Bravi tutti. Appuntamento alla prossima. E buona Edition a tutti!
CLASSIFICA
1. LA LINFA DORATA di Alessio Magno 2. GLACIAZIONE di Maurizio Ferrero 3. MARGHERITE di Emanuela Di Novo 4. DOMANI di Danilo Riccio 5. IL TREDICESIMO ARCANO di Agostino Langellotti 6. IREK di Dario Cinti 7. IL TOCCO FINALE di Riccardo Rossi 8. TERESA di Claudia De Francesco
GLACIAZIONE di Maurizio Ferrero Sono davvero contento di rileggerti e di commentarti! Fino alla rivelazione della gravidanza, la storia mi è sembrata insipida, anche piuttosto canonica, inerente cioè a un ménage tra tossici, come se ne possono trovare tanti in qualsiasi letteratura del mondo. Poi sono arrivati dei guizzi, in particolare la svolta inattesa del sovrannaturale (appena suggerito) e del presagio (che lascia intravedere un futuro terrificante). Direi quindi che nel complesso è un testo molto interessante, dove la trovata finale controbilancia in parte l'apparente piattezza della prima parte. Mi è piaciuto anche l'inquietante possibilità che il nascituro possa essere l'Anticristo... ma anche no, nel senso che potrebbero essere anche fantasie deliranti di due strafatti. Occhio: "C’è fu un attimo di silenzio imbarazzato. Ricky sa che sta mentendo.", probabilmente per istinto ti è scappato il passato remoto, poi sei tornato al presente, ma non hai corretto la distrazione. Fa niente, si capisce lo stesso e a MC, come ben sai, il refuso è sempre in agguato. Tema centrato, stile scorrevole, come sempre.
IL TOCCO FINALE di Riccardo Rossi Il racconto è scritto benissimo, pochi elementi fuori posto, una prosa dagli echi solenni (molto gradevole). Si fa leggere, ma non fa impazzire. Ho trovato incomprensibile riprendere l'episodio più importante di tutta la Bibbia senza dargli un'impronta inedita. Hai compiuto una sorta di bizzarra operazione di "remake" letterario, senza dargli però una strada nuova; hai ri-raccontato una storia che è stata più volte raccontata, riproposta, reinventata, reimmaginata milioni di volte. A che pro? Questo ha generato in me molta noia. Sono arrivato verso la fine e mi sono detto: "So già tutto, so come va a finire, è un episodio biblico arcinoto... quindi?" Da quello che ho capito, hai solo voluto suggerire il tema, che compare alla fine con quello che sappiamo da millenni del peccato originale, del serpente, della proverbiale mela... Adamo ed Eva, violando le prescrizioni del Creatore, hanno chiuso un'era, quella dell'innocenza in Paradiso... ok, va bene, ma questo lo avrei visto in un racconto che poteva esplorare una dinamica tra Adamo ed Eva (non so, Adamo, capendo il pericolo della tentazione del serpente, lo uccide, provocando una deviazione dalla storia originale e aprendo davvero una nuova, incognita era per l'uomo...). Non so, non riesco a promuovere questo racconto: testo pulito, e buona tecnica, una spruzzatina di ironia, ma poca, davvero poca inventiva.
IL TREDICESIMO ARCANO di Agostino Langellotti Molto felice di rileggerti. Ti confesso che mentre leggevo ho avuto una mezza intuizione che si parlasse di Colombo, e infatti la sorpresa finale... non è stata una sorpresa. Tuttavia, hai compiuto una operazione interessante e cioè guardare il tema attraverso gli occhi di una scoperta epocale che ha cambiato tutto. E mi sono piaciute le riflessioni sul cambiamento, sollecitate dall'uso dei Tarocchi: nessun cambiamento è tutto positivo o tutto negativo e questo è molto significativo. Peccato per la parte introduttiva che è un po' confusa e lasciata a se stessa (ci sono delle distrazioni, come ad esempio la ripetizione della parola "movimenti", l'abbondanza di possessivi o qualche segno d'interpunzione da rivedere) e per lo sviluppo stagnante. Manca per lo più un conflitto narrativo più marcato che dia un vero sussulto. Nel complesso però racconto interessante.
LA LINFA DORATA di Alessio Magno Il racconto mi è piaciuto: questa strana ma efficace commistione tra fantasy, cavalleresco, storico, mitologico è assai interessante. Il quadro nel suo insieme non è chiarissimo, però l'episodio da te narrato ha una sua indubbia suggestione, con delle immagini notevoli come l'antro sotterraneo, l'albero della vita e la linfa dorata che è il simbolo stesso della forza vitale. Il testo era da sbozzare ancora un po': ad esempio troppi possessivi, oppure alcuni periodi da razionalizzare ("Lui si scrollò le sue braccia da dosso, che l’avevano cinto fino a quel momento.", frase davvero molto brutta), però ha una sua logica costruita attorno al tema, che mi pare centrato. Pollice su.
IREK di Dario Cinti E' un mio limite: conosco pochissimo questo periodo della storia. Ho letto il racconto con interesse, ma con un'antipatica sensazione di distacco, dovuto alla mancanza di riferimenti che me lo facessero apprezzare appieno. Ribadisco: non è colpa tua, hai scelto un tema sicuramente delicato e importante e lo hai narrato come dovevi. Il testo si legge, è gradevole e compone un quadro interessante. La tensione narrativa è abbastanza costante, con un finale un pelino affrettato e lasciato in sospeso. Alcune cose da rivedere: innanzitutto gli inserti in russo. Non che non siano utili per calare il lettore nella giusta atmosfera, tuttavia lo disorientano, creandogli il forte imbarazzo della traduzione o, almeno, di un tentativo di intuizione "a senso". Mi hanno rallentato non poco nella lettura. Inoltre hai usato due termini dal sapore "arcaico": "addietro" e "cotanto"... scelta voluta per dare, appunto, un sapore antico, o utilizzo fine a se stesso? Nel secondo caso, andavano cassati a favore di termini più fluidi. Infine qualche sfrondatura ad alcuni periodi andava fatta, diciamo un paio di riletture per alleggerire la forma in alcuni passaggi. Ad esempio: "Irek aguzzò tutti i sensi che aveva a disposizione", frase pedante: quanti sensi abbiamo noi esseri umani? 10? No, vabbe', scusa l'ironia, però è ovvio che di fronte a un pericolo l'essere umano aguzza i sensi, senza doverlo precisare con un giro di parole pesante. Ancora: "...uscì una donna dalla testa avvolta in un fazzoletto bianco e con in mano un fucile ancora fumante dall’uscita della canna." «Dall'uscita della canna» bruttissima e inutile aggiunta. DI solito si dice: "Pistola fumante o fucile fumante" e basta già così perché l'immagine di un'arma che ha appena sparato è chiara a tutti. Mi fermo qui. Racconto interessante, ma con un pollice ni per i motivi che ho sopra espresso.
DOMANI di Danilo Riccio Il racconto mi è sembrato completo, nel senso che ha una sua coerenza interna che ha un inizio, uno sviluppo e una chiusura che definiscono un cerchio narrativo senza mancanze o debolezze clamorose. Mi è piaciuto molto il ritmo e ho apprezzato la narrazione dinamica che però non ha tralasciato di battere sui tasti di una sufficiente dose di approfondimento psicologico. Qualche perplessità sull'ambientazione. Una guerra, giusto. Ma una guerra del passato? O un pizzico di fantascienza e horror? Non che questo sia un vero inconveniente (perché passa la palla dell'immaginazione al lettore), però mi sarebbe piaciuto saperne di più. Per il resto, racconto che ho ben gradito.
MARGHERITE di Emanuela di Novo Adoro le storie con "abissi": il fantasy, la fantascienza e l'horror spesso ricorrono a questa simbologia per indagare l'insondabile, il mistero e le incognite che possono colpire l'umanità. E devo ammettere che questo testo ha un merito: l'aver creato ottime suggestioni da fine del mondo. La scrittura è abbastanza fluida e scorrevole, anche se a volte diventa legnosa (il discorso del falso profeta andrebbe riformulato, in quanto è enfatizzato, troppo sopra le righe), ma è al servizio di ciò che volevi raccontare, né più né meno. Una perplessità che ancora mi affligge riguarda le regole del mondo narrativo da te immaginato: non mi sono chiare le dinamiche di questo profeta, non mi è chiaro se sia un demone o un'entità, anche se nella parte finale si può evincere qualcosa del genere, fatico a comprendere appieno il senso del gesto finale della protagonista (abbracciare l'oscurità dell'abisso), giustificabile con la rassegnazione inevitabile di fronte a tutto quell'orrore, ma è proprio così? Invece ho apprezzato tantissimo il finale: di una potenza allegorica e poetica notevole!
TERESA di Claudia De Francesco Vengo subito al dunque: l'esperimento è ambizioso e interessante, ma andava sostenuto da una struttura narrativa più consona. Oltretutto hai operato un esperimento nell'esperimento: non solo hai tentato un'insolita commistione tra poesia e narrativa, ma il meccanismo narrativo è spinto ai limiti dei canoni tradizionali. Va bene il flusso di coscienza, molto utile per immergere completamente il lettore nell'interiorità di un personaggio, tuttavia lo hai fatto un modo confuso e ripetitivo, rendendo di fatto l'assimilazione del testo assai complessa. Si è capito che il tema si annida nella fine di un'era sentimentale e di una sorta di commiato, però non tutto è chiaro e limpido come ci si aspetterebbe da componimenti così brevi. Eppure il testo ha una certa attrattiva perché riguarda pulsioni universali, soprattutto l'amore e il tormento generato da esso quando un essere umano debba privarsene. Ancora adesso resto in forte imbarazzo su come valutare questo "racconto". Mi ha convinto a metà, e ancora oscillo tra una bocciatura senza se e senza ma e una parziale approvazione. Sinceramente spero di incrociarti ancora qui nell'Arena per vedere come ti misurerai con altre tematiche e altri testi.
Classifica: 1. GLACIAZIONE di Maurizio Ferrero 2. IL TREDICESIMO ARCANO di Agostino Langellotti 3. DOMANI di Danilo Riccio 4. IL TOCCO FINALE di Riccardo Rossi 5. MARGHERITE di Emanuela Di Novo 6. TERESA di Claudia De Francesco 7. LA LINFA DORATA di Alessio Magno 8. IREK di Dario Cinti
Commenti:
Glaciazione
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Ciao Maurizio, era un po' che non ti commentavo! Ma sei uno di quelli che leggo sempre. Racconto che scorre molto bene, dialoghi buoni. Si fa leggere senza intoppi e lo trovo ben armonizzato. Il tema è quello della fine dell'era cristiana. Era venuto in mente anche a me, ma visto che spesso ho il ruolo dell'ateo maledetto, ho pensato di buttarmi su altro. Prendi il tema lateralmente in modo non molto interessante, nel senso che non succede nulla di grosso, a parte la notizia di Anna, ma è una scena ben descritta e autentica che comunque coinvolge. Ho trovato alcune cose che ti segnalo.
[Ricky trattiene a stento un sorriso.] Qui mi sono fermato perché non mi è chiaro il perché Ricky trattenga il sorriso. Mi sembrano una coppia affiatata e sicuramente lei è al corrente di cosa piace al suo fidanzato di lei, quindi mi è sembrato un pretesto per dire che lui ama le sue parolacce. Ma si fa notare.
[Le dita toccano la bustina con le pasticche all’interno] all'interno lo trovo superfluo (certo, cazzata ma c'ho la politica di dire tutto)
[È il fottuto Anticristo] Quel "fottuto" fa tanto Hollywood e rovina un po' il dialogo.
Alla fine il discorso di Ricky su Giovanni Paolo III mi fa un po' infodump, anche considerando che è fatto come una pigna. Tutta quella parte mi sembra meno curata del resto.
[Dio non esiste e Satana sta per giungere.] Eh no. O Dio non esiste e quindi neanche Satana oppure Dio esiste ma Satana lo ha battuto. Capisci che la notizia data così è poco credibile per il mondo cristiano e in generale presenta un'incoerenza che, quantomeno, solleverebbe molti dubbi in tutti quelli che l'ascoltano. Quindi, messa così, rende meno credibile la fine dell'Era cristiana.
Comunque un buon lavoro. Alla prossima!
Il tocco finale
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Ciao Riccardo. Con questo tuo sono tre racconti sulla Genesi che ho letto in questo contest. Purtroppo la Genesi è proprio un tema abusato, anche oltre il contest. Tecnicamente non ho nulla da eccepire. Scegli di raccontare la Creazione con un velo di ironia, specie sul finale e, tecnicamente, scorrerebbe. A livello di contenuto, invece, l'ho trovato un po' ripetitivo. Dopo il primo paragrafo, i successivi due non fanno che ribadire il concetto. Poi si arriva all'albero. Trovo paradossale l'idea di un contenitore di tutte le imperfezioni in una creazione perfetta, ma è comunque un paradosso esistente nel dibattito filosofico e ci sta che tu lo riprenda ironicamente, anche se mi risulta difficile la sospensione d'incredulità in un racconto del genere. Il finale strappa un sorriso per come l'hai messo giù, ma il racconto rimane un po' tiepido. Insomma, buona la tecnica ma l'idea, ai miei occhi, ti ha un po' penalizzato questa volta. Alla prossima!
Il tredicesimo arcano
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Ciao Agostino. Racconto non molto accattivante, ma condotto abbastanza bene. Ti confesso che alla prima lettura ho avuto qualche difficoltà a seguire il dialogo cercando di capire le figure coinvolte. Il giovane cartomante, il capitano, non mi sono arrivati in modo molto chiaro, ma lo trovo comunque un buon dialogo. L'idea di mostrare Colombo un istante prima di quell'evento che segnerà la fine e l'inizio di una nuova Era è senz'altro in tema e non è male. Manca un po' di conflitto, forse. In più ti confesso che l'idea di uno che fraintende il significato dell'arcano della morte è un po' abusata e mi ha fatto sorridere per via di : https://www.youtube.com/watch?v=M-dButYcv14 (sicuramente lo ricordi) Ti segnalo solo un paio di cose che ho notato nella lettura.
[Alfonzo gli afferra la mano e lo obbliga a guardarlo.] Questo modo di mostrare l'azione non mi convince mai del tutto. Gli afferra una mano, ma come lo obbliga a guardarlo? Non me lo so immaginare in modo immediato e mi si inceppa la lettura.
[dice, la voce sempre meno tremante e più venata di stupore.] Questa descrizione è un po' stopposa. Dai per scontato che la voce fosse tremante ma non l'ho percepito prima. Inoltre "venata di stupore" è un po' strano. In generale penso che entri troppo nel dettaglio della descrizione di una cosa come la voce di una mezza frase e rallenti la lettura nel tentativo di inquadrare cosa sta succedendo con un livello di dettaglio eccessivo e poco diretto.
Alla prossima!
La Linfa Dorata
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Ciao Alessio! Ti becco spesso ultimamente. Trovo che le tue idee siano spesso interessanti e fantasiose. Questo racconto ha un tono epico che, però, non mi ha preso molto. La scena si apre su due personaggi che hanno un problema da risolvere e questo cattura l’attenzione. Presto veniamo a sapere che c’è un albero magico e che i due lo devono… abbattere, spegnere, uccidere perché hanno fatto un giuramento in qualità di guardiani magici. Manca però il movente. O, meglio, qualcuno, probabilmente l’uomo, ha distrutto la natura che è l’albero. Dico “probabilmente” perché il racconto è ambientato in un luogo fantastico al di fuori delle nostre leggi, quindi non so nemmeno di che mondo si parli. Cioè, mancano molti riferimenti per cogliere il vero dramma della situazione. Il tono aulico che tieni per il racconto è funzionale a costruire questo alone di “divino” ma è molto rischioso, perché è facile cadere in situazioni bizzarre o usare espressioni che abbassino involontariamente il tono vanificando lo sforzo. Come una scorreggia durante un sermone. Ora, lo sai già, arrivano le citazioni al testo con i miei pensieri. E sai anche che sono pedante. E stasera, visto che è tardi, sarò peggio del solito (spero che non t’incazzerai). Su MC da un po' adotto la politica di dire tutto quello che penso del testo, a costo di fare la figura dello stronzo. Solo che, a volte, mi dispiace anche fare la figura dello stronzo. Ma ho preso un impegno, perciò...
[«Se lo facciamo... non si torna più indietro, lo sai vero?» lo informò con voce tremolante.] Messa così, io sarei più propenso scrivere “chiese” e non “lo informò”, perché come accade nel fumetto dove l’ultima battuta dà senso al disegno, qui l’ultima parte della battuta, dà senso al dialogue tag. La voce tremolante non mi piace molto, perché è una di quelle cose mai viste dal vivo che tendono a rendere tutto un po’ finto, ma è una considerazione personale che puoi tranquillamente cestinare con una parolaccia.
[precisò lei alzando la voce, che riecheggiò all'interno di quel grande antro sotterraneo a forma di cupola.] Stephen King su “On writing” scrive che “disse” va sempre bene. Mi ha convinto. “Precisò” mi suona un po’ pretenzioso e letterario. Comunque quello che volevo dire davvero è che quel “che riecheggiò all’interno di quel grande antro, ecc.” è un problema che abbiamo tutti: come descrivi un luogo senza descriverlo perché nessuno lo guarda? Già. Non lo fai. Oppure lo dai per scontato, visto che i personaggi in scena lo conoscono bene. “disse lei, e la sua voce riecheggiò contro l’immensa cupola.” Fa schifo? Forse. Non so aiutarti davvero, dicevo solo per confrontarci. Anche il “sotterraneo” mi suona strano. Di che terra parliamo? Perché è sotterraneo? Vuoi dire che ambienti tutto in un luogo fisico preciso? Allora dove sono?
[Lui le rivolse uno sguardo sereno, ma gli occhi celavano tormento.] I suoi occhi sembrano sereni, ma in realtà, nascondono il suo dolore. Questo, giusto? Ma allora perché noi, lettori, vediamo attraverso la menzogna della sua espressione? In poche parole, interferenza onnisciente.
[Si avvicinò a quella che sembrava un’antichissima] Sembrava o era? E a chi sembrava? Antichissima, per chi? Penso che si ottenga un risultato migliore se leghi l’impressione a un riferimento chiaro, in modo da non uscire dal racconto.
[ospitava un maestoso e imponente albero] Troppi aggettivi. Tra l’altro vogliono dire la stessa cosa.
[anch'esso molto vecchio, antico come il mondo.] Sì, ma di che mondo parliamo? E i due guardiani sono altrettanto vecchi o no? Sempre il discorso dei riferimenti.
[sembravano chiome d’angelo] Ancora riferimenti: cos’hanno di diverso le chiome d’angelo dalle chiome che conosco io? Chi sorvola su un'espressione come questa dandole un significato, sta solo pensando a lunghi capelli biondi, vanificando le parole che hai scelto o dando loro un'accezione mistica vaga e scollegata dall'immagine. Mia opinione.
[Lui percorse la breve scalinata] Scalinata antichissima mi dava l’idea di un mucchio di gradini.
[«Sta soffrendo… un dolore indicibile» sentenziò sottovoce.] Perché non “sussurrò” o “disse” invece che “Sentenziò sottovoce”? Io me lo chiedo e sono fuori. Tu non ti chiedi perché un autore usa paroloni invece che parole più semplici? Riguardo al dolore, perché lui dice “indicibile”? Come fa a saperlo? Cioè, non fraintendermi, il dolore è soggettivo, quindi è indicibile per definizione, in un certo senso, ma lui come fa a conoscere l’entità del dolore dell’albero magico? Non è nemmeno un albero lui. Come fa?
[auscultando in silenzio.] Auscultare è un termine medico. La specificità della cosa rovina l’atmosfera mitica che cerchi nel racconto. Dovresti rimanere il più possibile fedele all’ambientazione per non incrinare la sospensione d’incredulità.
[Senza emettere alcun suono, lei gli si avvicinò cingendolo alle spalle, in un gesto d’amore fraterno.] Lo abbraccia. Ci sono un sacco di cose di troppo in questa descrizione per far immaginare al lettore lei che lo abbraccia, non credi? Il non emettere suoni, il cingere le spalle, il significato profondo del gesto spiegato con l’espressione “amore fraterno”. A cosa servono tutte queste info in più?
[gli disse in un bisbiglio acquoso.] In che senso? Cos’è un bisbiglio acquoso? Non ti basta il bisbiglio, cosa volevi evocare?
[Siamo i suoi guardiani dall'alba della vita, ce ne siamo presi cura, abbiamo fatto in modo che perdurasse il più a lungo possibile. Ma ogni cosa ha una fine. Anche lei.] Quindi anche loro sono antichissimi. Perché “anche lei”? Non stiamo parlando di un albero? Riflettendoci immagino che loro forse si riferiscano alla natura che è contenuta interamente nell’albero divino, ma i riferimenti sono ancora pochi e suona strano. O l'albero è una femmina?
[«Non lei. Avrebbe dovuto essere immortale. Invece loro... l’hanno uccisa. Assassini!» inveì serrando i pugni e battendoli sul tronco immacolato. «Perdonali… la collera renderà solo le cose più difficili. Perdonali, Kuno.»] Questi dialoghi e queste reazioni un po’ teatrali tolgono un po’ di credibilità alle scene, secondo me. Per questo penso che il tono epico sia rischioso.
[Lui si scrollò le sue braccia da dosso, che l’avevano cinto fino a quel momento.] C’è di nuovo un uso “inceppatorio” (ti piace come parola) del CHE. Primo: non serve specificarlo. Visto che lei prima lo cingeva, do per scontato che, se me lo dici, fin’ lì il braccio lo cingeva. Secondo: avresti potuto costruire una frase meno slegata per non inceppare la lettura. Sono certo che, se la rileggi ora, capisci cosa intendo. Terzo (e più importante): il soggetto della frase è “lui”, quindi messa così è ambigua.
[L’avvicino a sé per stringerla di fianco.] Purtroppo il lettore non è così vicino all’immaginazione dell’autore da capire tutti questi dettagli spaziali, perciò risultano semplicemente incomprensibili o superflui. Non è utile specificare il “per stringerla di fianco”, inoltre non aggiunge nulla alla storia e ti fa consumare caratteri preziosi.
[Poi proferì cupo] Do solo il mio parere, ma continuo a insistere che i tanti sinonimi di “dire” non aiutano la lettura.
[La sacralità della natura e del suo equilibrio è una bilancia, con l’eterno onere di un risultato nullo tra i suoi contrappesi.] La sacralità dell’equilibrio è una bilancia con l’onere di un risultato. Ti giuro che non capisco. Certo che sono scemo io, ma tu non m’aiuti!
[Fu un istante immutabile dalla durata infinita, poi più nulla.] Non sono un amante degli ossimori. Sempre per il discorso che sono una mente semplice, ma è un tipo di retorica lontana dalla mia comprensione. Perché evitare di essere diretti? Sto facendo troppe domande. Vero?
[Ciò che non può morire per gli uomini, può farlo per gli dei. E in un torbido silenzio ancestrale il mondo si spense come un lume, lasciando dietro di sé un vuoto cosmico incolmabile. Era la fine di un’era, quella degli uomini e del loro pianeta.] Un finale sicuramente epico e forte. Come dicevo hai idee interessanti e forti, ma l’esposizione non mi convince. Se sono dei, il mondo è solo uno sputazzo. Perché dovrebbero considerarlo con tanta attenzione? E perché il vuoto cosmico è incolmabile? Un solo mondo non giustifica queste parole, secondo me.
Alessio, spero che perdonerai il tono. Non voglio essere stronzo, ma solo colloquiale. In più considera che io sono abbastanza rigido e influenzato dal mio “stile”, quindi prendi tutto con la dovuta cautela. Infine so bene che commentare un racconto è più facile che scriverlo. Mi auguro la stessa schietà spietatezza quando ti passerò sotto. Alla prossima!
Irek
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Ciao Dario il tema è rispettato con la fine dell’era degli zar. Non male l’idea di farla terminare con l’inizio di una nuova storia personale per il protagonista. Lo trovo simbolicamente efficace. Tuttavia, secondo me, il testo ha parecchi difetti. Come mia abitudine vado a elencarteli tutti senza alcuna cortesia (siamo qui tutti per aiutarci a migliorare). Mi permetto di suggerirti un po’ di distacco dal testo prima di leggere i commenti, per evitarti eccessivi fastidi. Prima di tutto il cirillico: non puoi usare il cirillico per indicare espressioni russe. In primo luogo escludi del tutto la possibilità di distinguere/capire/memorizzare la parola scritta, il che la rende inutile e ingombrante. Secondo, i personaggi parlano sempre in russo, quindi perché alcune espressioni le indichi in cirillico, altre le traduci? Non ha senso e ha l’effetto di uno scarabocchio. Un po’ come usare i kanji per un racconto ambientato in Giappone. Se ci sono espressioni intraducibili avresti dovuto trasporle col nostro alfabeto. Altri difetti del testo sono: la scelta del linguaggio, sovrabbondanza di aggettivi e informazioni, la costruzione delle frasi (spesso passiva o negativa) e l’infodump nei dialoghi. Riporto il testo con le mie considerazioni, così puoi riflettere sui passaggi e capire se hai ottenuto l’effetto che volevi oppure no e anche, se c’è qualcosa che puoi migliorare o mantenere.
[«”Стоп!”» urlarono i due poliziotti, sbucando dall’altra parte del vicolo ed imbracciando i fucili. Irek Vorobyov si sentì spacciato. L’unica via di fuga era stata appena bloccata da forze dell’ordine ancora maledettamente fedeli allo Zar.] Quest’ultima frase ha quel “maledettamente” che distoglie perché aggiunge un giudizio morale che, se pur condiviso dal protagonista, è chiaramente lì per informare il lettore e rende il passaggio poco autentico, oltre che appesantire la lettura. In più è una frase un tantino ridondante visto che è lì per spiegare (raccontare) quello che vediamo sulla scena.
[Nulla a che vedere con quel (meglio col) cosacco che gli aveva sorriso poche ore prima,] Infodump che sa un po’ di ridicolo vista la situazione. Sembra che sia in pericolo, ma si ferma a ricordare per il lettore il cosacco sorridente.
[in mezzo all'oceanica folla di operai, mentre lasciava che il fiume strabordante di scioperanti] La folla non ha bisogno di aggettivi che la definiscano grande. Semanticamente è un sostantivo già caricato di quel significato. Il fiume di scioperanti è ridondante, perché parli ancora della folla oceanica che, nell’insieme della frase, risulta di troppo. La frase sarebbe più leggibile se più breve e meglio organizzata, per esempio: “Nulla a che vedere col cosacco che gli aveva sorriso mentre si liberava dalla folla di scioperanti che stavano conquistando Pietrogrado”. È solo un esempio.
[Il boato generato da grida e rumori di spari si sentiva persino in quel vicoletto morto, lontano centinaia di metri da piazza Znamenskaja.] Questa frase è passiva e sarebbe più leggibile con una costruzione diversa. In più ci sono troppe informazioni. Il boato è generato da rumori di spari e si sente nel vicoletto. Sarebbe più facile capire “Il frastuono della rivolta arrivava fin’ lì dalla piazza.” Ho usato frastuono perché dà l’idea di un rumore meno definito del boato e più simile, secondo me, alla sensazione che volevi suscitare. Nel mio esempio mancano elementi che tu hai inserito, ma spesso dare troppe informazioni confonde il lettore e affatica la lettura. Devi sempre partire (secondo me) dal presupposto che al lettore non interessa quello che hai da dire a priori, ma devi conquistarlo. Quindi, meno lo metti alla prova, meglio è.
[«Questo è stato il tuo ultimo sciopero, “собака”! Non avresti dovuto bastonare i miei colleghi con quello schifo di bandiera rossa che avevi in mano!» inveì uno dei due agenti.] Questa battuta di dialogo non è credibile. Il poliziotto dice cose che non avrebbe interesse di dire, quindi io sento che lo dice per me e diventa infodump. Questo è uno dei nemici della sospensione d’incredulità per eccellenza.
[«L’ho fatto e lo rifarei!» replicò Irek, stupendosi un istante dopo di cotanto coraggio.] Irek che si stupisce un istante dopo di ciò che ha detto suona insolito e straniante. Credo che la frase sia costruita un po’ male. Inoltre usare un termine come “cotanto” rende evidente una bizzarra scelta autoriale, minando l’immersione narrativa. E, se ci pensi, non serve a niente.
[Fece un passo addietro e l’edificio in mattoni alle sue spalle gli impedì di retrocedere.] Frase molto brutta, vuoi per il termine “addietro” che ha lo stesso effetto di “cotanto”, vuoi per la frase negativa dove l’edificio gli impedisce di “retrocedere” altro termine insolito e indiretto che mal s’attaglia alla scena che dovrebbe trasmettere tensione immediata. Anche il fatto che sia di mattoni, se vuoi, è superfluo.
[Gocce di sudore ghiacciato infradiciarono la sua schiena sotto il cappotto logoro.] Troppi aggettivi. Inoltre le gocce che infradiciano è un’immagine strana, perché goccia riporta a una quantità esigua, mentre qualcosa di fradicio (specie un cappotto) riporta a una quantità di liquido strabordante, quindi molto. Forse “bagnando” avrebbe attirato meno l’attenzione.
[Chiuse gli occhi e diede un ultimo, fugace pensiero alla sua patria.] I pensieri non si danno. Forse avresti potuto dire “dedicò” oppure, meglio ancora, solamente “pensò alla sua patria”.
[Due spari, dai lunghi echi che vagabondarono per il vicolo.] Anche qui l’aggettivo “lunghi” è di troppo nello scorrere della lettura. Il predicato “vagabondare” è troppo carico di significato per l’uso che ne fai qui. L’eco ritorna, magari rimbalza, ma sicuramente non si mette a vagabondare. La scelta autoriale mi mette nell’ottica di chiedermi perché l’autore abbia scelto quella parola (non è una scelta immediata), dunque mi metto a pensare all’autore, invece che rimanere sul testo.
[Irek aguzzò tutti i sensi che aveva a disposizione, alla ricerca del dolore che gli avrebbe tolto la vita.] La prima frase è un po’ ridicola, perché può sottintendere che i sensi che Irek ha a disposizione siano, in quel momento (a disposizione), in numero diverso dal normale. La ricerca del dolore rimanda a un’immagine strana, nel senso che lui aspetta di sentire dolore, ma non lo ricerca o almeno non fornisci un motivo comprensibile per cui lui voglia soffrire. Anche qui una frase costruita in modo poco agile alla lettura.
[Aprì gli occhi.] Questo è perfetto. Un’azione semplice e diretta che riporta immediatamente un’immagine chiara.
[I due poliziotti erano chini e con le gambe traballanti per il patetico sforzo di mantenere la posizione eretta. Stramazzarono a terra insieme, sconfitti.] Questa è una delle frasi peggiori del testo e ti spiego perché. Descrivi i poliziotti come un’unica entità (addirittura stramazzano e sottolinei “insieme”), il che mi fa pensare a pigrizia (ma sì, tanto fanno la stessa cosa) e riporta un’immagine surreale, così poco credibile e lontana dal contesto, che non posso crederci (sospensione d’incredulità andata). Poi ci sono le gambe traballanti che, oltre a fare un po’ cartone animato, sono un’immagine superflua. Lo sforzo viene definito addirittura “patetico” che è una parola forte, carica di significati emotivi. Da chi? Perché? Questo giudizio risuona forte. “Mantenere la posizione eretta” invece che “stare in piedi” risuona molto forte nella mente del lettore che non si aspetta parole così insolite per descrivere una situazione tanto chiara.
[Da una porticina laterale di cui l’uomo non aveva sospettato l’esistenza, uscì una donna dalla testa avvolta in un fazzoletto bianco e con in mano un fucile ancora fumante dall’uscita della canna.] Frase un po’ lunga, visto che ci sono molti elementi. La porticina laterale (laterale?) Irek non l’ha vista. Perché dovrebbe sospettarne l’esistenza? Infatti tu dici che non la sospetta, ma è strano che lo sottolinei se non aveva possibilità di farlo. Era meglio dire che non l’aveva notata. Inoltre dici che non l’ha vista, altrimenti ti avremmo detto che avrebbe potuto fuggire da lì. Però non risolvi il problema, perché ora mi chiedo come abbia fatto a non vederla. Certo è una “porticina”, quindi molto piccola, ma è tanto piccola da non farsi scorgere da un uomo in fuga? E come ha fatto a passare la donna? Insomma, ci sono un po’ di incongruenze. La testa avvolta è ancora una forma passiva. Sarebbe meglio dire che aveva un fazzoletto sulla testa. Il fucile fumante è un cliché del cinema tanto comune che dire che il fumo esce dall’uscita della canna è superfluo. Doppiamente superfluo perché oltre alla canna, citi anche l’uscita.
[Questa avanzò per andargli incontro] Gli andò incontro
[poi improvvisamente le forze l'abbandonarono e ricadde sul proprio fondoschiena; sembrava che il rinculo dei colpi appena sparati avesse beffardamente atteso un paio di secondi in più per farla cadere.] Sulla costruzione: gli avverbi sono quasi sempre inutili. Perché hai costruito questa scena così? Potevi farla cadere subito evitando “poi improvvisamente”. Inoltre, a meno di usare un narratore onnisciente, puoi solo ipotizzare che lei cada perché le forze l’abbandonano. Specificare che cade sul fondoschiena (“proprio” è di troppo) rende la scena un po’ ridicola e non aggiunge molto. La frase dopo sul rinculo mi risulta del tutto superflua e strana: perché Irek fa un paragone del genere? E se lo fa il narratore onnisciente, perché ha voglia di scherzare col lettore in un momento che vuole essere tanto intenso? E perché questo improvviso animismo poetico in cui addirittura il rinculo di un fucile diventa beffardo ai limiti della magia (ritarda il proprio effetto)?
[«Rozaliya! Sei qui!» esclamò Irek. La visione di sua moglie e la gioia di aver scampato un pericolo mortale si mescolarono nelle sue viscere, contorcendogliele per la felicità.] Le viscere rimestate dalla gioia è un’immagine poco immediata e un po’ lontana dalla mia esperienza, ma forse questo è soggettivo.
[Le prese la mano libera e la tirò su.] “La prese per mano” basterebbe, perché non ho motivo di immaginare che la prenda per la mano col fucile. Inoltre non m’interessa davvero, quello che interessa è che l’aiuti. Scopriamo il rapporto col nuovo personaggio. Magari anche un “l’aiutò a rialzarsi” sarebbe andato bene.
[«Presto, raggiungiamo di nuovo la piazza, c’è ancora bisogno di noi! Kiril, Pavel e Pyots stavano conducendo un comizio poco prima che i poliziotti ci caricassero. Parlavano di successo e vittoria, pare che Nicola abdicherà questo giorno stesso!»] “Conducendo un comizio” e “questo giorno stesso” non sono cose che Irik direbbe alla sua donna in un discorso concitato. Rendono la battuta inverosimile.
[«Irek, amore, rimani qui con me. Per noi due il tempo degli scioperi e della lotta operaia sono finiti.»] Refuso. Il “tempo” è “finito”.
[«Cosa? Hai appena ucciso due guardie per salvarmi la vita ed ora vuoi rinunciare?»] Non c’è un vero nesso logico tra il salvataggio dell’amato e l’amore per la causa. Occhio alla D eufonica.
[Altri spari ed altre grida percorsero l’aria, ma Irek questa volta non li sentì:] Allora perché le sentiamo noi? Capisco cosa intendi, ma sarebbe meglio dire che non vi badò o che risuonavano più distanti, perché se non le sente, non dovrebbero essere descritte (se stiamo nel suo PDV)
Sul finale capiamo che Irek abbandona la lotta perché diventerà padre. Questo, personalmente, non lo trovo molto credibile o sensato. Un uomo che combatte per un ideale, di solito, è fomentato dall’idea di farlo anche per i suoi figli. Inoltre mancano molti mesi al parto. Comunque è un giudizio personale.
Alla prossima!
Domani
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Ciao Danilo! Piacere di conoscerti e scusa l'attesa. Pensa la coincidenza: proprio oggi ho riconosciuto il tuo nome tra i ringraziamenti sulla “Ballata di fango e ossa” di Maurizio, ed eccomi qui a commentare un tuo racconto.
Comincio col dire che hai trattato il tema in modo un po’ personale, nel senso che qui si parla della fine di un periodo per Tagliola, mentre non so se si può vederla come fine di un’era in senso più ampio. Ma prendendolo come metaforico, trovo che sia comunque in tema. L’idea non mi ha coinvolto molto. Forse un po' stereotipata l’idea del soldato che sa solo ammazzare e senza la guerra non è nulla. Anche Tagliola e la sua tecnica non mi è suonata nuova. Da Full Metal Jacket in poi tutti i cecchini usano la stessa tecnica nei film che ho visto, quindi non mi è sembrata molto originale per presentare il personaggio (o credibile che altri cecchini non facciano come lui). Hai gestito bene la scena, nonostante la partenza un po’ brusca, risulta tutto chiaro. Tango è credibile e il disagio di Tagliola è palpabile. Ho trovato il testo ben dosato ed equilibrato nel complesso, ben calato nella situazione. Sono curioso di vederti alle prese coi prossimi temi.
Ti segnalo alcune parti nel testo per manifestare che effetto hanno avuto su di me, così hai un’occasione per riflettere ulteriormente sul testo (e così lo faccio anch'io). Naturalmente potrei fare considerazioni con cui non sei d’accordo e ci tengo a sottolineare che l’ultima parola spetta a te. Io, come politica, sui racconti da 3k cerco di dire tutto quello che ho da dire senza lasciare nulla di non detto. Vista la natura del contest e il desiderio dei più di migliorarci, opto per la sincerità più brutale, al posto di un approccio più gentile che sarebbe sicuramente più piacevole in molti casi (me compreso) :D
[Nella luce grigiastra sembra piena del piscio purulento di un malato. La stappa e beve avidamente.] Questa descrizione mi è risuonata un po’ strana. Forse specificando la malattia che rende il piscio purulento avresti reso l’immagine più convincente. Tipo “il piscio purulento di un malato di gonorrea”, altrimenti il malato generico non ha per forza a che vedere con un piscio purulento e l’immagine mi arriva debole o ambigua. Anche quel “avidamente” è poco giustificato. Se avessi descritto un paesaggio arso o la sete di Tango l’avrei capito, ma così è un po’ gratuito e ti sei giocato la carta “avverbio modale maledetto” che rallenta la lettura per niente.
[L’automatismo creato da tanti anni di giornate tutte uguali si impossessa del suo cervello] Questa frase è passiva e si allontana dal Tagliola per parlare delle sue sensazioni. Funziona, ma è meno efficace di una più diretta. Il soggetto non dovrebbe essere l’automatismo che si impossessa del suo cervello, ma Tagliola che agisce secondo l’automatismo.
[Da qualche parte fra le macerie, una voce richiama i tre calciatori.] Qui tutto bene, siamo ancora nelle percezioni del portatore di PDV Tagliola [C’è pericolo, qualcuno degli Altri potrebbe ancora far degli scherzi.] Qui invece è un po’ ambiguo. Questa frase significa che il Tagliola sente il richiamo e lo capisce oppure è il narratore che ci spiega cosa avviene dall’altra parte? Sarebbe meglio non lasciare questi dubbi al lettore.
[Corrono in fretta al riparo.] Questo “in fretta” è superfluo perché chiaro dal predicato e dal contesto. Mi dicono che in narrativa “meno è meglio”.
[quasi come in una trincea.] Questo “quasi” non è sbagliato (spesso lo è), ma è comunque superfluo, perché, se ci pensi, indebolisce il messaggio che vuoi dare, per nessuna ragione. Meglio “come in una trincea” (sempre secondo me).
[Tagliola scorge il proprio riflesso nel vetro della bottiglia ormai vuota che stringe in pugno] In questa frase “ormai” e “che stringe in pugno” mi sembrano superflui rispetto alla scena e al dettaglio che vuoi dare, quindi risulta meno immediata. Il “vuota” si ripete nella riga dopo con “Vuoto”, sicché potresti usarlo come analogia più consapevole evitando che sembri una ripetizione involontaria. Infine “scorge” è un modo difficile per dire “vede” e i paroloni allontanano il lettore dall’immersione narrativa. È più difficile usare parole semplici sempre, piuttosto che complesse ogni tanto, ma la lettura ne guadagna molto in scorrevolezza e immediatezza.
[“Perché ti chiamano Tango?”, biascica al suo commilitone.] Adesso, capiamoci, io rompo il cazzo a tutti, ma non è che sto correggendo. È più un modo per riflettere in generale sulla scrittura e confrontarsi malgrado il mezzo e la distanza (e magari pure contro la volontà dell'autore). E, a questo proposito, dico che io non avrei messo “al suo commilitone”, perché sono in due e, mentre il fatto che biascichi dice qualcosa che non potevo desumere dal contesto, il resto risulta superfluo.
[Tango fissa le ombre umide del suo compagno. Paura. Nient’altro.] Fin’ qui siamo rimasti ancorati al punto di vista di Tagliola, abbiamo conosciuto il mondo attraverso il suo sguardo (eccezion fatta per quella piccola ambiguità dei tipi che tornano a rintanarsi). Ora cambi all’improvviso e vediamo Tagliola dagli occhi di Tango, proprio nel momento di maggior drammaticità per Tagliola. Questo disorienta e smorza un po’ la tensione. Inoltre “Paura. Nient’altro” non capisco più a chi si riferisca, se a Tagliola o a Tango.
Comunque una buona prova. Dimostri padronanza della situazione e non è da tutti. Alla prossima!
Margherite
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Ciao Emanuela, penso di non averti mai letto, ma sto facendo figuracce, quindi spero di non sbagliarmi. In caso scusami! La declinazione del tema nella fine dell’era umana con un taglio fantasy molto dark mi piace molto. Il racconto ha delle potenzialità, ma trovo che tu abbia mescolato un po’ troppi elementi col risultato di non renderli abbastanza credibili da appassionarsi. C’è il pozzo e la profezia, poi c’è il falso profeta che altri non è se un’entità misteriosa che fagocita addirittura l’umanità rimasta. Citi anche un mondo diventato ostile e, infine, le margherite della madre di Sofia che riportano una sorta di speranza per il domani, ma un domani che gli uomini non vedranno. Insomma, tantissimi elementi che potrebbero armonizzarsi tranquillamente, ma non in modo molto efficace in 3333 caratteri.
Riguardo al testo, da un punto di vista più tecnico, io cambierei l’ordine con cui presenti le cose nelle varie inquadrature, perché spesso mi sono trovato a immaginare qualcosa e poi a vederne mostrata un’altra. Questo è sicuramente dovuto al fatto che il racconto ci mostra qualcosa di fantastico e non ci si può basare sulla propria esperienza per colmare le lacune lasciate dal testo. Questo ti costringe anche a dare un po’ di spiegazioni all’inizio e alla fine, cosa che allontana un po’ il lettore. Ti riporto alcune cose su cui mi sento di fare dei commenti, poi vedi tu se ti possono essere utili o meno.
[Davanti a lei non c’era più nessuno. Il suo turno era arrivato. Nessuno è risalito. Il profeta si sbagliava. Con me, la razza umana sparirà per sempre. Sofia guardava il baratro davanti a sé che aveva ingoiato gli ultimi uomini rimasti sulla terra.] Qui io avrei cominciato con l’ultima frase. In effetti dici che tocca a Sofia, ma solo dopo tre righe vengo a sapere che non è solo il suo turno, ma lei è anche l’ultima della fila. E questa fila è addirittura l’ultimo baluardo dell’umanità.
[Il suo abito bianco svolazzava nel vento, immacolato in tutto quel grigio e refrattario alla polvere. Sofia si sentiva circondata da una bolla che la proteggeva. Dentro di lei si accese la speranza. Guardava il vestito, la cenere non lo intaccava.] Qui ci sono un po’ di elementi che mi hanno confuso. La costruzione della frase “immacolato in tutto quel grigio e refrattario alla polvere” è un po’ strana per l’uso di un termine come “refrattario”, un po’ perché è ridondante (dici due volte la stessa cosa) e un po’ perché il lettore si chiede il motivo di tale candore, ma la risposta non arriva. Sofia si sente protetta dal fatto che il vestito non si macchia, ci legge un segno, e di nuovo descrivi il vestito che non si sporta (e sono tre). Qui manca un po’ di stupore da parte di Sofia, forse. Anche al lettore può sembrare un segno: il vestito non si macchia! Ma questa cosa rimane qui.
[“Alla fine dell’ultima era, l’ultimo risalirà dal pozzo riportando con sé gli altri.”] La profezia dice chiaramente che sarà l’ultimo a salvare tutti. Ed è anche molto specifico parlando del pozzo. Quindi tutti gli altri si buttavano sapendo che sarebbe stata Sofia quella che avrebbe salvato tutti, ma la cosa sembra non essere nota a lei fino al momento in cui pare capirlo da sola. Con una profezia così io immaginerei un’attenta selezione per decidere chi far restare ultimo.
[Il morbo l’aveva presa. Non li avrebbe salvati.] Oltre al tempismo (si sta per buttare e proprio ora si accorge dei sintomi del morbo) che aggiunge elementi come dicevo all’inizio e allontana un po’ da cose non del tutto risolte, c’è che non capisco perché Sofia pensi che, visto che è ammalata, non salverà tutti. Si parla di una profezia, ha appena avuto un segno. Penso a qualcosa di magico e insolito, e non capisco perché lei non ci creda più. Intendo che non ha elementi sufficienti per non farlo.
[«Mamma, che devo fare? Sono l’ultima rimasta, ma il profeta non ha parlato. Era tutto un inganno. Abbiamo creduto alle parole di un visionario, un falso profeta che ci ha portati al suicidio. E ora, che sono sola, non mi resta altro da fare che raggiungerti.»] La scena è molto drammatica. Questa ragazza rimasta sola si rende conto che il sacrificio di tutti è stato inutile. Molto forte. La battuta però suona un po’ fasulla. Parla di un profeta che non ha parlato, ma il lettore è rimasto al fatto che tutti hanno seguito una profezia. Mi chiedo perché Sofia si aspettasse di risentirlo, visto che stava seguendo delle indicazioni già ricevute. Immagina che sia tutto un inganno, ma io lettore non ho gli elementi per stabilire che abbia ragione. Cioè, perché lei lo pensa? Da lettore non mi è chiaro e rimango confuso. Citando la profezia dice chiaramente che “l’ultimo” tornerà su, ma allora mi chiedo perché nei suoi pensieri alla seconda riga lei pensi “Nessuno è risalito. Il profeta si sbagliava” Parla di un visionario, di un falso profeta e io immagino un uomo mezzo folle (un visionario) che ha commesso un grave errore. Invece poi Sofia si riferisce al megamostro e rimango spiazzato. Ecco perché lei parla di inganno: capisce che il mostro si è mangiato tutti. Ma come fa? Sembra che il personaggio sappia troppo e la cosa incrina la sospensione d’incredulità.
[Il cielo sopra di lei iniziò a vorticare diventando sempre più scuro. «Il tuo tempo è giunto al termine.» La voce del falso profeta si espandeva nella testa di Sofia facendola vibrare. Nuvole viola lampeggiavano e rimandavano il suono di quelle parole. Sofia sentiva l’oscurità invaderle il corpo e la mente. Il falso profeta si era connesso alla sua anima e sentiva che presto sarebbero diventati un’unica entità.] Anche qui avrei presentato le cose in modo diverso. Da come la leggo vedo scatenarsi delle forze sovrannaturali e sento una voce dal nulla. Immagino una cosa tipo Dio che parla al Battista sul Giordano, invece, dopo, è nella testa di Sofia. Questo è strano, perché Sofia non dovrebbe capire la differenza e, non essendoci altri personaggi sulla scena, è il narratore che informa direttamente il lettore. Anche questo allontana dalla vicenda. Inoltre proprio qui s’incrina l’idea che mi ero fatto del falso profeta: qui sembra una vera divinità.
[«Sofia, io posso rinascere grazie al sacrificio di voi umani. Sprofondando nel baratro, la tua carne cadrà come foglie in autunno e anche tu farai parte di me, ricongiungendoti ai tuoi simili. È finalmente arrivato il giorno della mia ascesa dal sottosuolo per creare un’eterna oscurità. Guarda il mondo, Sofia. È un mondo in agonia che si è rivoltato contro gli umani stessi. E ora, che tutto è crollato, io risorgo dalla terra per occuparmi di tutte le vostre anime nelle tenebre. Coraggio, basta un passo e la tua fine sancirà il mio inizio.»] Qui l’entità fa un discorso da Evil Lord in cui sottolinea che il sacrificio della ragazza lo farà risorgere. Ma perché lo fa? Non converrebbe continuare a ingannarla? Oltretutto così basterebbe che Sofia, che non ha più nulla da perdere, evitasse di saltare per fotterlo per bene. E, se ci pensi, è lui che le ha dato le informazioni necessarie a questo finale. Il finale dona una falsa speranza: la natura tornerà forse a fiorire, ma in realtà, oltre i semi di margherita, è tutto morto e l’umanità è persa. In compenso ci sarà il “mostrone”. Che sia stata la sua rinascita a far piovere?
Al di là di quello che ho annotato, le immagini sono evocative e lo spunto del racconto sembra sottendere molto di più di quello che emerge. Probabilmente con più caratteri avresti potuto sviluppare un racconto intenso e interessante. Alla prossima!
Teresa
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Ciao Claudia. Penso sia la prima volta che leggo un tuo racconto, se mi sbaglio ti chiedo scusa! Il tuo racconto parla della fine di un’era d’innamoramento disperato da parte di un giovane e ingenuo Tommaso. Anche qui il tema è preso in modo metaforico e, secondo me, può essere corretto. Una declinazione evocativa e convincente sul piano emozionale, ma un po’ troppo scoordinata e confusa dal punto di vista narrativo. Direi che in questo pezzo segui più le regole della poesia che quelle del racconto. Addirittura infili una poesia sul fondo. Sicuramente un esperimento interessante, ma io tenderei a non mescolare racconto e poesia. Probabilmente perché io di poesia non capisco nulla, ma è anche vero che la narrativa segue regole differenti.
Dal punto di vista del racconto, il tutto è un po’ ripetitivo. Mi piace molto l’idea di lontananza indicata in modo spaziotemporale. Rende bene l’idea di cosa significa Teresa per Tommaso, sia prima (un ricordo prezioso) sia dopo (qualcosa di troppo lontano). Però ci sono diverse cose che non funzionano altrettanto bene. Immagini come “la porta bianca” che non sono chiare. Cosa rappresenta per Tommaso? Essere luminosi e bendati, cosa significa? Il secondo paragrafo mescola pensieri chiari a situazioni confuse.
Poi Tommaso capisce (se ho capito anch’io) che Teresa è solo una delle tante ultime cose che ha fatto e decide di tornare a darsi da fare per non avere solo “utlimi ricordi”. Questa parte è sì evocativa, ma poco chiara dal punto di vista narrativo. L’ultima frase “Teresa non poteva saperlo, ma non era importante, perché l’ultima volta che lei aveva amato lui era ormai distante troppi anni dall’ultima volta in cui lui aveva amato lei.” È davvero lunga e articolata per un cervellino come il mio. Sembra scritta per confondere.
La poesia finale non la so giudicare, però so che non è un racconto :D Alla prossima!
Trovare un'altra storia che s'innesta in un momento storico mi ha fatto molto piacere. Devo dire, è stata molto particolare la scelta di usare i tarocchi; personalmente sono un argomento che non mi ha mai preso molto, anche se ho volentieri aiutato le autrici di Oltre le Nebbie del Tempo, ma penso dipenda dal suo essere in qualche modo legato ad un concetto di fato, di aleatorio. Al di là dei miei gusti, però, usarli nell'ambito della scoperta europea dell'America è stata una declinazione interessante. Devo dirti, un po' mi ha fatto storcere il naso il fatto che il cartomante dica "Nuovo Mondo"; certo, può essere visto come una figura simbolica, ma fornisce un appiglio retroattivo che storicamente può avere poco senso. Nel corso dei suoi primi viaggi, Colombo non stava contemplando l'idea di scoprire un nuovo continente, ma raggiunerne uno che già si conosceva, più o meno. Capisco la necessità narrativa, ma ecco, mi fa strano. Ciò detto, come scelta per il tema della traccia è stata davvero buona. Un po' classica, sotto un certo punto di vista, ma funziona molto bene. Ovvio, che il tarocco sia funzionalmente la Morte ha anche un secondo significato, se si vuole, circa quello che succederà ai nativi con l'arrivo degli europei. E direi che questa possibile ambivalenza è uno dei punti migliori. Complimenti! ^^
2) Domani, di Danilo Riccio
Ciao, Danilo!
Scrivendo per passione military fiction e racconti di guerra, questo tra tutti gli scritti era quello che andava a toccare di più le corde della familiarità. Nello stretto margine dei caratteri, e per questo ti faccio i miei complimenti, hai trattato uno dei punti più interessanti e controversi della guerra. Che succede quando finisce? Che cos'ha Tagliola, alla fine di tutto? Non è morto nel conflitto, diversamente da altri, ma alla fine non gli importa nemmeno. Quello era tutto il suo mondo e senza non sarebbe più lui. La traccia l'hai rispettata, pur considerando che la guerra che finisce serve solo ad innescare la trama. Un po', però, la fine di un'era non si esprime appieno; dall'altro canto, apprezzo che il conflitto sia lasciato vago, senza dettagli di sorta. Sappiamo che c'è stato, ma non per quanto tempo, e ciò basta alla storia. Avrebbe potuto dare qualcosa di più, ma il risultato è comunque molto pregevole.
A rileggerci presto!
3) Glaciazione, di Maurizio Ferrero
Ciao, Maurizio!
Devo dire che prendere la traccia e renderla in questa maniera ha avuto come risultato un perché tutto suo. Da quello che viene implicato, sì, è la (possibile) fine di un'era, ma è anche quasi qualcosa del tutto irrilevante per i due protagonisti. Una notizia sullo smartphone, vista nel mezzo di un letargo da stupefacenti. Non è proprio "not with a boom, but a whimper", come tono, ma ci si avvicina molto. Il che, penso, fornisce valore alla storia per l'alternativa che è. Di contro, è come se non stesse succedendo niente. Nel senso, succede, ma è così in secondo piano che se non fosse successo la storia sarebbe pressoché la stessa in tono. Per questo, mi trovo un po' in difficoltà a valutarla. Ha colto la traccia? Sì, ma l'ha usata appieno, caratteri permettendo? Eh, qui ho degli onesti dubbi. Sarà pure il come viene vista, che è sia bello che svantaggioso, però il senso diventa così lontano che non colpisce molto. L'idea, però, devo dire che mi è piaciuta.
4) La linfa dorata, di Alessio Magno
Ciao, Alessio!
Ho trovato interessante l'ambientazione che hai costruito per la storia, penso più dell'idea in generale. L'era degli Uomini che finisce, più in generale che per tua responsabilità, è così tanto un classico che diventa difficile dargli uno spin originale o accattivante. L'idea dell'albero che permette la vita sulla Terra mi piace, ma la storia in cui l'hai messo non mi ha preso molto. La traccia si fa sentire abbastanza in avanti nello scritto, il che le darebbe maggiore impatto, se nei pezzi precedenti non ci fosse una costruzione che va in bilico sulle corde. Vuole dire cosa sta succedendo, ma non fare spoiler e quindi, un po', si perde nel dire e nascondere. Penso sarebbe stato più efficace se l'identità dei responsabili della morte dell'albero non fosse stata coperta d'opaco fino alla fine. Siccome è un dettaglio importante, rivelarlo presto ti avrebbe permesso di costruirci sopra un po' di più. Per com'è, non si esprime al massimo, impegnando diverso spazio sulle identità e il compito dei due fratelli. Per quanto interessante, non è quello che la fine dell'era degli uomini va a toccare, quindi lo trovo po' di troppo.
A rileggerci presto!
5) Il tocco finale, di Riccardo Rossi
Ciao, Daniel!
Penso che la scelta che hai fatto, tempo e caratteri permettendo, abbia del valore dietro. Il gusto un po' ironico lo rende leggero, il che è un bonus, anche se temo tolga un po' di carica all'evento. Nel senso, da un lato ha un vocabolario che rende l'evento, ma lo declina in questa maniera che funziona conducendo la storia dall'inizio alla fine, però lo fa senza pesare un pochino la mano sul momento. Il tema della fine di un'era, alla prima lettura, mi era sfuggito. Mi chiedevo: d'accordo, ma dov'è? La prima ipotesi è che sia il presupposto peccato originale, ma non succede in questo scritto quindi non può essere. Dovrebbe essere la creazionee, allora, che però non vediamo. Insomma, hai questa altalena tra una cosa che è successa, ma non si è vista, ed una che deve succedere e lo sappiamo perché conosciamo la storia originale che hai reimmagginato. L'idea ha del pregio, ripeto, ma in qualche modo non si esprime appieno.
6) Irek, di Dario Cinti
Ciao, Dario!
Devo dire, leggere e commentare la tua storia per me ha un valore particolare. L'epoca in cui è ambientata è praticamente a ridosso di quella in cui è ambientata la mia, forse una manciata di mesi dopo considerando che la Rivoluzione d'ottobre qui è già in corso. E' una trivia, lo so, ma una molto piacevole. Più all'oggetto della storia, temo che i pochi caratteri siano andati a penalizzare quello che volevi dire. Non per essere fraintesi; la rivoluzione funziona come declinazione della traccia, è la fine di un'era e questo non lo discuto, ma la conclusione della storia cambia le carte in tavola. Da un evento globale si scende ad uno personale, che di per sé funziona, ma qui viene secondo me la nota dolente. In sostanza, l'evento personale scavalca quello con cui inizi la storia e fa da chiusa. Scivolata in secondo piano rispetto a Irek e Rozaliya, la cui vicenda personale è per empatia più vicina agli interessi di chi legge, la rivoluzione si sgonfia un po' sullo sfondo, il che potrebbe anche essere molto bello, ma è come se fosse apparsa, avesse detto pio e la si fosse cacciata fuori dalla finestra per fare spazio ai due. Se loro dovevano essere il punto focale sin dall'inizio, non sarebbe stato un problema. Il punto è che l'inizio della storia, almeno per come l'ho inteso, ci mostra Irek concentrato sull'evento della rivoluzione, che è quindi il cardine narrativo. Quando Rosaliya rivela la gravidanza, lascia immediatamente ogni cosa e tutta l'attenzione si sposta su quello.
Però imbattermi in una storia tanto cronologicamente vicina alla mia è stato fantastico. A rileggerci presto!
7) Margherite, di Emanuela Di Novo
Ciao, Emamela!
Più che altro per l'ordine con cui ho commentato le storie, la tua storia è la seconda a mostrare la fine dell'era dell'Umanità. Lo spin che le hai dato, tuttavia, cambia le carte in tavola e mi è piaciuto. Al di là di quanto fantasiosa sia la rinascita della Terra da delle margherite, nel declinare la traccia hai preso l'altro aspetto della fine, cioè il suo rappresentare il doveroso inizio di qualcosa di nuovo. Un po' l'ho visto relegato o dimenticato in quest'edizione, il che mi è dispiaciuto. Trovarlo almeno in una storia, la storia, è stata una piacevole scoperta. Quindi, tirando le somme, mi piace come hai preso la traccia e l'hai fatta evolvere, per cui i miei complimenti, ma nella stesura ho riscontrato una debolezza. C'è molta materia, il che non è male, ma è un po' disordinata e in certi punti superflua. Prima menzioni un profeta, poi un falso profeta, chi è chi? La questione dei semi ritorna alla fine, come chiusa, e quello l'ho apprezzato, ma ecco... lì ti sei ricordata di fare le cose con ordine, ma prima no. Espanso un pochino oltre i limiti dei Minuti Contati, con il tempo per delineare tutte le figure in gioco, sarebbe proprio un bello scritto! ^^
A rileggerci!
8) Teresa, di Claudia De Francesco
Ciao, Claudia!
Allora... è un giudizio difficile, lo sai? Da un lato, il rischio che hai voluto correre e la prova in sè merita più di un apprezzamento. Non sarebbe affatto giusto scavalcare il fatto che hai voluto mischiare due generi e un concetto in poco spazio senza perdere il filo. Tentare cose nuove è sempre da apprezzare, se non altro per riconoscere l'averci provato. Dall'altro lato, però, è un po' nebbiosa. Nel senso; si capisce dove tu voglia andare a parare e il metodo scelto è coraggioso, ma nella storia non succede davvero molto. La poesia stessa, che pure ti permette di trarre enormemente dai pochi caratteri, non sprigiona un nuovo problema o un nuovo conflitto da risolvere. Nella sostanza, la situazione che ci poni all'inizio, attraverso un personaggio di cui sappiamo di riflesso e uno le cui azioni sono tutte di mente, cambia senza uno sforzo. Succede, e la storia è finita; idealmente ci sta, ma nella pratica esce molto debole ed è un peccato. Capisco anche il concetto delle ripetizioni, creano questa sorta di anticamera alla poesia, ma reiterate tante volte possono risultare più pesanti del voluto. Voglio comunque complimentarmi per il coraggio! ^^
Stilare una classifica è stato complicatissimo. Non c'è niente di oggettivo; ho trovato tutti i racconti di questo gruppo, per una cosa o per un'altra, interessanti e ricchi di spunti. Complimenti a tutti!
Glaciazione, di Maurizio Ferrero Il tema è centrato. Mi piace come, malgrado sia in corso un cambiamento epocale, proponi uno spaccato di vita quotidiana (almeno per i tuoi personaggi). Penso che la riflessione sia su come le grandi notizie, i grandi avvenimenti che segnano in qualche modo la vita di tutti siano infondo percepiti come distanti, non hanno a che fare con noi che abbiamo già i nostri piccoli, grandi problemi. Ho molto apprezzato lo stile ironico e a tratti paradossale, i personaggi sono ben delineati ed il racconto è scorrevole e divertente. Ci sono alcuni errori di forma che ti sono stati già fatti notare, dal canto mio mi ha spiazzato quel "la mora della sua vita", ci sono due possibilità: 1 è un refuso per "l'amore della sua vita", che ci può stare ma non è necessario visto che il rapporto tra i due si comprende senza necessità di essere didascalici, o 2 intendevi davvero il colore di capelli, cosa che ho pensato inizialmente, ma a quel punto aspettavo la bionda della sua vita. Come si dice: se mostri una pistola a un certo punto deve sparare, questo dettaglio non funzionale mi sembra superfluo e un po' mi ha distratto. Comunque complimenti!
Il tocco finale, di Riccardo Rossi Il tuo racconto è estremamente brillante, il creatore che descrivi è veramente divertente. Il pezzo scorre bene e senza intoppi, il tema è centrato. Però, per mio gusto, non apprezzo molto la riscrittura di episodi noti. Certo, non si può tacciare il tuo pezzo di poca originalità, però allo stesso tempo mi lascia un po' indifferente. Per spiegarmi, come una barzelletta: ridi, sorridi e finisce lì. Finito di leggere ho pensato: simpatico. Per questo ti i complimenti!
Il Tredicesimo Arcano, di Agostino Langellotti
Buon racconto, l'ho letto senza problemi malgrado, di fatto, succeda poco. Il finale mi è piaciuto particolarmente perché non ci ero andato neanche vicino! Mi ha colpito e mi ha strappato un sorriso. Un unico appunto; ho avuto qualche difficoltà ad immaginare la scena a causa dei pochi dettagli. Ovviamente li hai centellinati per il finale a sorpresa ma non avevo capito che fossero su una nave e non riuscivo ad immaginare bene i personaggi. Questo poteva essere un limite mio, non fosse stato che alla luce del finale ho ri-immaginato tutta la scena e, alla seconda lettura era più nitida.
è questo che ci aspetta, Alfonzo? Vi ho trascinati a morire in queste acque maledette?
Questa frase avrebbe dovuti farmi capire che erano effettivamente a bordo, ma forse a causa dell'altra (che aveva la stessa funzione) mi sono convinto che dovessero partire l'indomani.
Sul mare, sapere in anticipo cosa succederà domani torna sempre utile…
Fina alla fine ero convinto si trovassero in un porto. Sicuramente si tratta di un limite mio, però mi sembra giusto segnalartelo. Comunque buona prova, complimenti!
La linfa dorata, di Alessio Magno Ho trovato originale trattare il tema attraverso il fantasy. Come ogni buon fantasy che si rispetti c'è anche uno stretto collegamento con il mondo reale: l'uomo che lentamente distrugge la natura. Sinceramente credo di aver capito cosa volevi fare ma mi manca qualche dettaglio. Dopo la lettura mi sono sorte diverse domande. La funzione dei guardiani sembrerebbe quella di proteggere l'albero, ma hanno fallito e quindi sono costretti ad ucciderlo, ecco qua ho un problema con il nesso di causalità: lo uccidono per porre fine alle sue sofferenze?
“Yuno ha ragione purtroppo. Non c’è altro da fare, il nostro compito termina qui. Solo che…”
Evidentemente non termina qui, perché hanno giurato anche di ucciderlo.
«Siamo i suoi guardiani dall'alba della vita, ce ne siamo presi cura, abbiamo fatto in modo che perdurasse il più a lungo possibile. Ma ogni cosa ha una fine. Anche lei.»
Qui ho sentito che lo stavi spiegando a me perché loro lo sanno entrambi di essere i guardiani. Non ho apprezzato i dialogue tag, generalmente mi sembrano ridondanti e un po' mi distraggono.
Assassini!» inveì serrando i pugni e battendoli sul tronco immacolato.
Ad esempio, inveì contro chi/cosa? Contro l'albero? Mi ha un po' spiazzato, "disse" si può usare! In tutto il testo appare solo una volta ed è accompagnato da "in un bisbiglio acquoso". Mi sembra chiaro sia una scelta ponderata, per quanto possa apparire banale in tutti i libri e racconti che ho letto "disse" c'è. Facci caso, un motivo ci sarà. Ovviamente sto commentando te ma sono partito a ruota libera in una mia crociata personale, sorry. Comunque ce ne sono tanti che mi hanno destabilizzato un po', ed è un peccato perché, secondo me, la forza del racconto sta nell'atmosfera che riesci a creare. Penso sia un buon racconto che, se rivisto un attimino, può diventare ottimo. Per me è una prova positiva, complimenti!
Irek, di Dario Cinti Parto sincero; il racconto non ha pizzicato le mie corde. La trama gira attorno al fatto che durante a un evento storico di rilevanza per il paese ci sia anche la storia più piccola di un ragazzo comune che partecipa alla rivoluzione. In generale mi piace molto questo tipo di accostamento, abbiamo la rivoluzione, un cambiamento epocale per la Russia, e la ragazza incinta, un cambiamento epocale per il protagonista. Quindi il tema è centrato due volte, perché allora non mi ha colpito? Secondo me c'è un tentativo troppo evidente di contestualizzare nel modo più preciso possibile: le frasi in cirillico (che a un certo punto diventano in italiano), il nome della piazza ed altri piccoli dettagli che un italiano userebbe per descrivere la Russia. Per farti capire il concetto, credo di averlo letto in Borges: nei libri arabi non si parla quasi mai di cammelli, si parla invece di acqua, se un italiano ad esempio scrive un libro ambientato in quelle zone la prima cosa che ci mette è il cammello, perché fa colore locale diciamo, mentre l'arabo non lo metterà mai perché per lui è una cosa talmente normale, talmente consueta che è ovvio che ci sia. Ecco secondo me la pecca di questo racconto è proprio questa, parli troppo di cammelli e poco d'acqua. Spero che questa mia opinione possa esserti utile. A rilegerci!
Domani, di Danilo Riccio Il tuo racconto ha un buon ritmo, lo stile è pulito ed i dialoghi ben gestiti. Il tema lo vedo toccato di striscio, la fine di una lunga guerra non meglio precisata. Mi è piaciuto come hai messo in risalto le diverse conseguenze che questa fine ha sui personaggi con Tango che si prepara a tornare alla vita di prima e Tagliola che pensa di non saper far altro e ne è devastato.
“Ecco, bravo. A me mi chiamano Tagliola perché ne ho azzoppati a decine durante ‘sti anni di merda. Era la mia tattica: un colpo alla gamba di un fesso, poi ammazzavo tutti gli altri che cercavano di aiutarlo. Se lo lasciavano lì crepava dissanguato. Non so fare altro.”
Questa frase mi sa un po' di infodump, attenzione ci sta, è mascherato bene però forse avresti potuto farlo chiedere a Tango, lo avrei visto più naturale. All'inizio mi sembrano abbastanza affiatati quindi il fatto che spiegano i soprannomi mi sembra un po' improvviso. Comunque, complimenti!
Margherite, di Emanuela Di Novo Ho trovato il racconto piacevole, sfrutti i pensieri di Sofia per darci tutte le informazioni necessarie per comprendere la situazione ma lo fai mettendone in gioco le emozioni, questo rende la lettura scorrevole. Il profeta (che forse è un entità malefica) ha detto agli umani sopravvissuti di scendere in un pozzo (in cerca d'acqua?) e che uno solo sarebbe risalito portando la salvezza per tutti. Penso che anche tutti gli altri si siano interrogati sulla possibile malvagità del profeta, ma non avendo altra scelta scendono nel pozzo, cosa che fa anche Sofia. Il conflitto interiore di Sofia perde un po' di mordente a questo punto, lei scenderà nel pozzo come hanno fatto gli altri sperando di risalire. Non ho capito se la profezia si realizza, cioè, non è che il pozzo si riempie fino a strabordare portando fuori il corpo di Sofia? Magari ancora viva? Se l'intento era questo al posto del pozzo avresti potuto mettere una grotta verticale, magari simile a un pozzo, in modo da rendere più plausibile (leggi: deducibile dal lettore) il suo strabordare. Lo so, sto sovrainterpretando, però mi piace l'idea della profezia che si realizzi in modo diverso da quello immaginato dai personaggi (e dal lettore), e ho visto il potenziale perché ciò avvenisse. Quella della margherita, con tutto ciò che si porta dietro, è stata una finezza non da poco. Complimenti!
Teresa, di Claudia De Francesco Il tuo non lo posso definire un vero e proprio racconto, malgrado sia molto raccontato. Il tentativo e quello di creare una vera e propria poesia in prosa, alla Oscar Wilde diciamo. Per questa ragione i versi sul finale mi hanno fatto un po' storcere il naso, come se, sul finale, decidessi di tornare sui tuoi passi e scegliessi definitivamente che si tratta di una poesia. Anche per la poesia in prosa valgono le regole base della poesia e in particolare la sinteticità. Riuscire a esprimere concetti alti, astratti, complessi da argomentare razionalmente, attraverso immagini. La poesia, ancor più del racconto, dovrebbe riuscire, secondo me, a toccare corde emotive del lettore in modi che questi non riesce a spiegarsi. Per questo la ripetizione di alcune immagini mi è sembrata superflua, le ripetizioni possono essere utilizzate per rafforzare un concetto, per dare musicalità alla frase, ma non possono che chinarsi di fronte alla regola madre della sinteticità. Alcune immagini sono troppo ambigue per essere evocative, usare un linguaggio astratto ed essere ambigui sono cose diverse, anche se spesso è difficile capire se un espressione appartenga all'uno o all'altro campo. Purtroppo non mi ha colpito a livello emotivo, però ho apprezzato il tentativo anticonvenzionale.
Classifica: 1. Domani, di Danilo Riccio 2. Il Tredicesimo Arcano, di Agostino Langellotti 3. Glaciazione, di Maurizio Ferrero 4. Il tocco finale, di Riccardo Rossi 5. Margherite, di Emanuela Di Novo 6. Irek, di Dario Cinti 7. La linfa dorata, di Alessio Magno 8. Teresa, di Claudia De Francesco
Promuovo l'idea e il dialogo (a parte qualche dettaglio da ripulire, tipo i tocchi di doppiaggese che già ti hanno fatto notare). Il finale però non mi convince per niente. Non per l'infodump, perché è credibile leggere una notizia e condividerla, di botto, magari formulandola in maniera più sconnessa e frammentata, non in maniera ordinata e pulita come fa, che è poco credibile perché non è quello che farebbe una persona normalmente e tantomeno se si è appena drogata. Non è credibile che la notizia sia così elaborata. Papa che smatta, fedeli, psicosi che si diffonde. Non è qualcosa che succede e viene riportata in una sola notizia. Una psicosi si diffonde anche *grazie* alle notizie, ci metterebbe ore, giorni a spargersi, ci sarebbero notizie su notizie, discussioni, analisi mentre si espande. Tu ci descrivi questa compulsione del protagonista per cui non è convincente che non l'abbia saputo prima, viste le abitudini non sanissime che gli attribuisci, o anche solo da un'esposizione naturale ai media. O mi giustifichi questa mancanza precedente di informazioni nel racconto, con qualche forma di isolamento tra i due che li ha tagliati fuori, oppure penso che andrebbe ripensata quella parte, trovando un altro modo per far arrivare quella profezia in maniera più immediata.
Il tocco finale, di Riccardo Rossi
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Il racconto si legge in maniera molto piacevole, riesco quasi a perdonarti il racconto sulla creazione del mondo che è uno dei cliché più abusati nei racconti brevi, perché questo Dio che usa il suo editor di mappe per riarrangiare il suo mondo è oggettivamente un bel personaggio. Però il tema mi sembra centrato a metà. Ci racconti quello che è l'inizio per antonomasia, non di certo una fine, e tanto meno la fine di un'era. L'unico personaggio è Dio, quindi deve essere la fine di una sua era, però non ce lo contestualizzi, ci racconti di quella scena e della stanchezza della creazione. Niente prima e niente dopo. Quel sonno che potremmo vedere come un cambiamento di focus dal divino all'umano non entra mai in gioco nella storia.
Il Tredicesimo Arcano, di Agostino Langellotti
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Allora, l'idea di incentrare un racconto sulla carta dei Tarocchi mi piace, e anche il dialogo è spigliato e piacevole. Mancano forse dei ganci che ci facciano in qualche maniera aspettare un momento storico, qualcosa che almeno alluda a quel viaggio di scoperta e ci prepari al colpo di scena finale, che sembra un po' calato dal nulla. Non aiuta che i tarocchi usati per la divinazione sono un'evoluzione molto più recente, almeno tre secoli dopo al viaggio di Colombo, quindi spontaneamente collocavo la storia in un'epoca completamente diversa e mi aspettavo un'ambientazione ben diversa, magari di guerra, magari di esplorazione, magari addirittura il twist fantascientifico a tradimento. Un anacronismo così grosso e non giustificato nella narrazione fa da anti-gancio (se esiste qualcosa del genere) che mi allontana ulteriormente dalla rivelazione finale.
La linfa dorata, di Alessio Magno
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Quello che mi stride nel tuo racconto, è l'aver scelto un episodio/tema mitologico e "alto" ma descrivendolo usando un tipo di narrazione da fantasy basso. Non credo sia una scelta efficace usare dialoghi e un punto di vista vicino ai due protagonisti per raccontare un momento simbolico e importante nella tua (sepper sbozzata perché in un racconto si fa quel che si può) mitologia. Penso che serva o un tono più duro e distaccato dai protagonisti per sottolinearne l'epicità oppure devi allontanarti dal grande cambiamento cosmico e puntare tutto sul dramma dei custodi, su come affrontano e soffrono per il cambiamento in vista. Una via di mezzo per avere entrambe le cose *forse* può funzionare, ma ci crederò solo leggendola :)
Irek, di Dario Cinti
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La scelta dell'era che finisce è originale e mi piace, ma il racconto non mi sembra funzionare bene per una serie di ragioni.
Ci sono una serie di cliché e coincidenze che tornano insieme in un tempo brevissimo. L'inseguimento, la quasi esecuzione, gli spari che dovrebbero uccidere il protagonista ma no, è vivo e sta bene, qualcuno ha sparato agli assalitori che stanno in piedi per un ultimo drammatico momento (cinematografico ma non credibile) prima di stramazzare al suolo, è la moglie, che è incinta e l'ha raggiunto drammaticamente all'ultimo momento per fargli cambiare idea su una causa per cui fino a dieci secondi prima era pronto a morire.
E' troppo in troppo poco tempo, non c'è preparazione. Alcune sono scelte che mi aspetto da film o serie tv, con una preparazione sufficiente e anche in quel caso mi sembrerebbero telefonate.
Domani, di Danilo Riccio
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Ciao! Ottimo racconto, per i miei gusti. Il tema è centratissimo e mi piace lo stile con cui racconti il cameratismo e questo ambiente deformato da anni di guerra e conflitto. Riesci a far passare bene come la guerra abbia plasmato tutto del mondo che descrivi, le persone, i manierismi, il linguaggio, i pensieri, quindi il dover frenare gli istinti diventa un motore molto potente per spezzare chi sulla guerra ha costruito la sua intera identità. Non penso sia una situazione classica da soldato che torna dalla guerra e non riesce a riadattarsi, nel mondo che descrivi e usi la guerra è molto più integrata nella società, spingi al limite il trope del "returning war vet" e gli dai un buon taglio. Finiti i complimenti, penso che all'inizio tu abbia caricato troppo le descrizioni, avvicinandoti pericolosamente al livello parodia. Quello che mi sembra più innaturale sono i dialoghi. Non sono dei dialoghi che mi aspetto da soldati così ingranati nella loro routine, sono verbosi, complessi, con troppi fronzoli. E' una questione di gusti, ma comunichi già molto con la gestualità, il guardare nel mirino, il puntare il fucile a chi gioca fuori, la frustrazione. Da lettore ho la sensazione che tu abbia avuto paura che non si capisse abbastanza e volessi rimarcare proprio bene cosa è successo, ma ti sia allargato troppo.
Margherite, di Emanuela Di Novo
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Funziona bene il modo in cui hai scelto di declinare il tema e l'effetto a pennellate e ricordi sparsi con cui delinei la situazione. Crea un'ottima sinergia nel rendere l'atmosfera da fine del mondo, la confusione e la paura e il senso di tradimento della protagonista. Penso che il taglio da racconto funzioni bene per questo stile, perché se fosse più lungo di una pagina diventerebbe eccessivamente pesante. Tante immagini, tante allusioni, ma è come se mancasse della sostanza. Non è sostenibile nel mezzo fondo, solo in uno sprint come questo. Anzi, personalmente, se decidessi di editalo, penso che il racconto ne guadagnerebbe molto se lo ancorassi a qualcosa di più materiale. Non solo quel che pensa e ricorda e sente la protagonista, ma anche quel che sta vivendo. Penso che serva un contrasto più netto tra la materialità del mondo morente e la sua mente. La sabbia e il grigio che citi di passaggio in apertura non bastano, voglio sentire la terra bruciata, la plastica bruciata, l'elettricità nell'aria, quello che ti pare, ma degli appigli sensoriali per creare la scena. Penso che questo contrasto renderebbe meno pesante l'aspetto lirico del racconto e che lo valorizzerebbe.
Teresa, di Claudia De Francesco
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Mi piace come esperimento, e penso che la prima parte si regga bene. C'è del cambiamento, c'è un personaggio chiaramente in un momento importante di riflessione ed evoluzione, in cui abbandona una parte di sé che ha coltivato molto a lungo fino a snaturarla, quel ricordo attorno a cui ruota tutto il racconto. Penso però che sia un cambiamento incompleto, che non porta il protagonista verso un qualche nuovo stato o situazione o consapevolezza, ma si perde nel troppo lirismo. Forse manco della sensibilità giusta, ma vorrei che il racconto si chiudesse in maniera concreta per dare un senso compiuto a tutta la prima parte!
1. Domani, di Danilo Riccio 2. Il Tredicesimo Arcano, di Agostino Langellotti 3. Margherite, di Emanuela Di Novo 4. Il tocco finale, di Riccardo Rossi 5. La linfa dorata, di Alessio Magno 6. Glaciazione, di Maurizio Ferrero 7. Irek, di Dario Cinti 8. Teresa, di Claudia De Francesco
1) Domani, di Danilo Riccio Touchè, non ho appunti da fare, mi sembra tutto al suo posto e dosato ottimamente. Tema preso alla stragrande. Mi avvalgo della posizione di moderatore per non arrivare ai 300 caratteri consoni. Pollice su per me. 2) Il Tredicesimo Arcano, di Agostino Langellotti Occhio all'appunto mosso da Andrea Partiti perché può essere un problema grave. Detto questo, io non ne ero a conoscenza e quindi non lo farò pesare nella valutazione. Ti dirò, il tema che hai trattato non mi ha colpito più di tanto, ma il tutto è sorretto decisamente bene da una narrazione consapevole e ben controllata che fa apprezzare il testo. Forse cercherei qualcosa d'altro da sostituire a quel Capitano perché mi ha portato da subito a pensare a Salvini e la cosa è stata sgradevole. A parte gli scherzi, penso davvero che avresti potuto delineare il ruolo senza esplicitarlo e facendolo uscire dal racconto stesso, cosa che gli avrebbe dato, a mio parere, una marcia in più. Occhio a quel FINALMENTE in conclusione che mi sembra parecchio brutto sia come parte di un dialogo che come raffinatezza del testo in generale. Pollice tendente verso l'alto per me. 3) Margherite, di Emanuela Di Novo Un racconto difficile da giudicare. Scritto bene, gran controllo, lo porti dove vuoi portarlo, tema rispettato. Però mi è rimasta qualche perplessità su questo falso profeta perché, nonostante parli decisamente troppo, rimane indefinito. Potrebbe essere il demone che ha divorato l’uomo per tutta la sua esistenza, ma non lo definisci in quella direzione. E i semi… Perché la madre le fa quel regalo proprio in punto di morte? Se voleva darle un messaggio poteva farlo in altro modo, così sembra forzato. Finale bellissimo. Direi un pollice tendente verso l’alto, ma penso possa migliorare ancora di parecchio. 4) Glaciazione, di Maurizio Ferrero Un racconto strano che ho letto più volte con l'impressione che mi stesse sfuggendo qualcosa. La mia impressione finale è che gli manchi quel quid per chiudere il cerchio. Scritto benissimo, tutto perfetto, ma, davvero, non si chiude. Dove intervenire? Non saprei dirti con certezza... I due protagonisti sono ottimamente caratterizzati. Forse sul contesto, siamo in un futuro molto vicino al nostro, vero? E lavorerei meglio sulla ricerca su goole perché, secondo logica, dovrebbe essere già parte della loro "botta". Pollice tendente all'alto, questo non te lo leva nessuno, come anche un bel punto interrogativo :) 5) Irek, di Dario Cinti Pollice tendente verso l'alto anche qui, ma con una importante riflessione: il taglio che hai dato alla scena raccontata è molto cinematografico, ma mi sembra mancare un approfondimento sul contesto. Approfondimento che non sarebbe solo funzionale al delineare il quadro generale, ma anche lo stesso Irek in quanto andrebbe a fornirgli motivazioni laddove sembra muoversi solo per un ipotetico ideale. Quello che sto cercando di dire è che la mancanza di approfondimento sul protagonista poi rischia anche di sminuire la sua decisione finale e anche qui si poteva fare di più perché l'importanza da lui attribuita alla nuova vita in arrivo poteva essere legata alla ricerca della libertà nella sua Nazione. Insomma, chiaro che in tremila caratteri non si possa affrontare tutto, ma di sicuro possiamo farceli bastare per cercare di capire in quale direzione dovremmo muoverci e lo dico qui anche se è un problema di molti proprio perché questo tuo testo, così ben incorniciato, mette in particolare evidenza la dicotomia forma/contenuto. Chiaro che per riempirlo di contenuto si deve alzare l'asticella della difficoltà, ma perché porci dei limiti? Chiudo con la questione del cirillico: per me non è sbagliato inserirlo, magari potevi dosarlo diversamente. 6) La linfa dorata, di Alessio Magno Penso che tu abbia raggiunto, con questo racconto, quello che era il tuo obbiettivo e questo è un plus. Malus, invece, per alcune forme da sistemare (tra tutte, quella che ti ha sottolineato Emiliano). Mi ha fatto molto riflettere il commento di Andrea Partiti perché ha messo in luce le perplessità che sentivo di avere che, lo sottolineo, non sono dettate da errori interni al racconto, ma dalla strategia da te adottata. Aggiungo che la condanna all'Uomo sembra scontata, ma viene dall'esterno del racconto, direttamente dal nostro contesto e questo non è un bene perché ti appoggi su qualcosa di dato per definire il testo senza farlo uscire dal dialogo dei fratelli. Difficile giudicare questo testo, direi un pollice tendente verso l'alto, ma in modo non brillante. 7) Il tocco finale, di Riccardo Rossi Da quello che ho capito anche dai tuoi commenti precedenti: la perfezione annoiava, stancava e il Creatore ha aggiunto la valvola di sfogo che, per tutta risposta, gli ha fatto passare la voglia di sbadigliare perché, a quel punto, si poteva rimescolare il tutto. Credo che i tuoi racconti possano patire in modo particolare e più di altri il poco a tempo a disposizione, soprattutto quando questo è ridotto, come ti è capitato in questa edizione, a così pochi minuti. Dalla prima lettura sono uscito con il punto di domanda sul perché dell'inserimento di quella valvola di sfogo, non mi era proprio chiaro. La fine di un'era è quella della perfezione. Per concludere: per me più un pollice tendente verso l'alto che un ni. 8) Teresa, di Claudia De Francesco Mi sembra sia una sorta di braistorming con potenzialità notevoli. Però ancora parecchio disordinato. In particolare, trovo il secondo paragrafo piuttosto confuso e indeterminato. La poesia finale suggerisce che ormai siano adulti e che Teresa abbia avuto una sua vita e che il protagonista abbia penato parecchio dedicandole la sua fino a riuscire a dimenticarla. Di sicuro da riprendere e sviluppare con più tempo. Allo stato attuale un pollice ni, ma, ripeto, vedo enormi potenzialità.