Dove i numeri sono tutti uguali

Appuntamento fissato per le 21.00 di martedì 19 aprile 2022 con un tema del team di Penne Arruffate!
Gli autori che vorranno partecipare dovranno scrivere un racconto di max 4000 caratteri entro l'una.
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MatteoMantoani
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Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#1 » martedì 19 aprile 2022, 22:54

La mamma allaccia gli alamari del mio cappottino rosa, poi strattona Knut per tenerlo sveglio. «Julia, tienilo sempre per mano,» mi carezza la guancia, «non lo lasciare mai.»
Prendo la mano di Knut, il suo pollice è bagnato di saliva.
Il piccolo Hans piange in braccio alla mamma. Speriamo che non lo dia a me: pesa tanto il piccolo Hans.
Usciamo di casa e scendiamo le scale. «Mamma,» indico la porta, «non chiudi con la chiave?»
«Non fa niente, tanto non torniamo più.»
«E il papà? Come farà a trovarci?»
«Julia, fai la brava!»
Si arrabbia sempre quando le chiedo di papà, perché lui è cattivo. Quando viene da noi porta l’avvocato, quello coi baffi neri, il vestito nero, la valigetta di cuoio nero e quei fogli così fitti di numeri che sembrano neri anche loro. Parlano di quei numeri incomprensibili che finiscono in ioni e in iardi, poi battono i pugni sul tavolo e urlano. Quei numeri devono essere tanto cattivi: quando ho chiesto alla maestra, lei mi ha spiegato che sono quelli dopo il mille, numeri grandi grandi.
La mamma cammina sul marciapiede con il piccolo Hans in braccio. La fiammella dei lampioni arde tra i vetri appannati e la luce del sole spunta dietro le case. Il cielo è tutto rosso, sembra che abbiano acceso un fornello in mezzo alle nuvole.
La maestra ci ha detto che il sole è come un grande fuoco, così grande che neanche i pompieri lo possono spegnere. Sono sicura che nemmeno se ci versassi ioni o iardi di secchi d’acqua riuscirei a spegnere quel fuoco. Chissà se anche il sole arde bruciando vecchie banconote da un marco, ma la mamma dice che in cielo i soldi non ci sono, e io le credo.
Il piccolo Hans non smette di piangere, sarà meglio che stia zitto sennò in paese si sveglieranno tutti. Knut tira su col naso, i suoi occhi azzurri fissano la mamma. «Dove andiamo?»
Lei sospira. «In stazione a prendere il treno.»
La sua gonna si trascina sulla strada senza far rumore. La seguo e sto attenta a non scivolare perché il marciapiede è tutto ricoperto di ghiaccio: mi ricorda il cuore gelido della regina d’inverno, nella fiaba del libro tutto rotto. Anche il papà ha il cuore di ghiaccio, perché non torna più a casa se non per parlare di quei numeri cattivi. Forse è per questo che andiamo via, così non dovremo più sentire quegli ioni e iardi che fanno piangere la mamma.
La stazione è vuota, non c’è nessuno seduto sulle panchine di ferro. Il cielo è rosso come le pignatte di rame che usiamo per cucinare il milchreis. La pancia mi brontola.
Knut mi tira la mano, i suoi occhi gocciolano lacrime. «Ho fame.»
Metto l'indice teso sopra le labbra. «Stai buono.»
Ieri per il riso abbiamo pagato un numero di marchi che finiva con iardi, la settimana prima il numero era diverso, ma la mamma dice che era più piccolo e che i numeri per comprare da mangiare diventano sempre più grandi. Non capisco perché ci siano così tanti numeri, fa paura che non finiscano mai di crescere.
Knut si siede su una panchina, raccoglie le gambe e nasconde il viso tra le ginocchia. I piedi mi fanno male ma rimango in piedi. Il sale sul pavimento scricchiola sotto le mie scarpette, spero non si rovinino.

Il treno è vicino, sputa fumo che sporca il cielo di rame con una patina di bruciato.
«Venite bambini, state vicino a me.»
La mamma ci tiene per mano, la seguiamo oltre il marciapiede e ci mettiamo in mezzo ai binari. Le rotaie vibrano così tanto che anche noi tremiamo tutti.
Il treno fischia un urlo. Un omino piccolo si sporge dalla locomotiva e agita le braccia verso di noi. Le ruote di ferro stridono e sprizzano scintille dalle rotaie.
Knut si nasconde sotto la gonna della mamma.
Lei ci stringe e piange, ma anche in lacrime è la mamma più bella di tutte.
Il piccolo Hans è felice, i suoi capelli dorati riverberano la luce rossa del fuoco del sole.
Chiudo gli occhi. Non devo aver paura, la mamma dice che in cielo i numeri sono tutti uguali e quelli in iardi non ci sono.
Io lo spero, quei numeri cattivi non voglio vederli mai più.
Ultima modifica di MatteoMantoani il martedì 19 aprile 2022, 23:13, modificato 2 volte in totale.



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antico
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#2 » martedì 19 aprile 2022, 22:57

Ciao Matteo! Road to the Champion in pieno svolgimento per te! Caratteri e tema ok, buona PENNE ARRUFFATE EDITION!

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MatteoMantoani
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#3 » martedì 19 aprile 2022, 22:59

antico ha scritto:Ciao Matteo! Road to the Champion in pieno svolgimento per te! Caratteri e tema ok, buona PENNE ARRUFFATE EDITION!

Ciao Maurizio! Grazie, tocco ferro!

alexandra.fischer
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#4 » mercoledì 20 aprile 2022, 15:27

DOVE I NUMERI SONO TUTTI UGUALI di Matteo Mantoani Tema centrato. Il punto di vista della piccola Julia regge un racconto ambientato in una Germania dove l’inflazione è pari a quella della Repubblica di Weimar, e c’è di mezzo un divorzio carissimo per la madre di Julia, di qui la scelta di andarsene, in una fredda alba invernale, in un viaggio che coinvolge anche Knut e Hans, i due fratellini minori di Julia. Il tutto per allontanare lo spettro della miseria, rappresentato dalla figura lugubre dell’avvocato. Sì, numeri così alti, in iardi e ioni sono il vero terrore, tale da eclissare la regina di ghiaccio.

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Alessandro -JohnDoe- Canella
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#5 » mercoledì 20 aprile 2022, 22:46

Tra parentesi alcuni miei commenti specifici al testo.

La mamma allaccia gli alamari del mio cappottino rosa [Lo confesso: sono arrivato a 37 anni senza sapere che questo tipo di bottone aveva in realtà un altro nome. Il dubbio a questo punto, che nasce però soltanto dalla mia esperienza personale, è: è verosimile che una bambina presumibilmente delle elementari conosca una parola tanto particolare, quando, poche righe più tardi, confessa di non conoscere termini più semplici come milione o miliardo? Detto in altri termini, chi sta parlando qui? Julia o Matteo?], poi strattona Knut per tenerlo sveglio. «Julia, tienilo sempre per mano,» mi carezza la guancia, «non lo lasciare mai.»
Prendo la mano di Knut, il suo pollice è bagnato di saliva.
Il piccolo Hans piange in braccio alla mamma. Speriamo che non lo dia a me: pesa tanto il piccolo Hans.
Usciamo di casa e scendiamo le scale. «Mamma,» indico la porta, «non chiudi con la chiave?»
«Non fa niente, tanto non torniamo più.»
«E il papà? Come farà a trovarci?»
«Julia, fai la brava!»
Si arrabbia sempre quando le chiedo di papà, perché lui è cattivo. Quando viene da noi porta l’avvocato, quello coi baffi neri, il vestito nero, la valigetta di cuoio nero e quei fogli così fitti di numeri che sembrano neri anche loro. Parlano di quei numeri incomprensibili che finiscono in ioni e in iardi, poi battono i pugni sul tavolo e urlano. Quei numeri devono essere tanto cattivi: quando ho chiesto alla maestra, lei mi ha spiegato che sono quelli dopo il mille, numeri grandi grandi.
La mamma cammina sul marciapiede con il piccolo Hans in braccio. La fiammella dei lampioni arde tra i vetri appannati e la luce del sole spunta dietro le case. Il cielo è tutto rosso, sembra che abbiano acceso un fornello in mezzo alle nuvole.
La maestra ci ha detto che il sole è come un grande fuoco, così grande che neanche i pompieri lo possono spegnere. Sono sicura che nemmeno se ci versassi ioni o iardi di secchi d’acqua riuscirei a spegnere quel fuoco. Chissà se anche il sole arde bruciando vecchie banconote da un marco, ma la mamma dice che in cielo i soldi non ci sono, e io le credo.
Il piccolo Hans non smette di piangere, sarà meglio che stia zitto sennò in paese si sveglieranno tutti. Knut tira su col naso, i suoi occhi azzurri fissano la mamma. «Dove andiamo?»
Lei sospira. «In stazione a prendere il treno.»
La sua gonna si trascina sulla strada senza far rumore. La seguo e sto attenta a non scivolare perché il marciapiede è tutto ricoperto di ghiaccio: mi ricorda il cuore gelido della regina d’inverno, nella fiaba del libro tutto rotto. Anche il papà ha il cuore di ghiaccio, perché non torna più a casa se non per parlare di quei numeri cattivi. Forse è per questo che andiamo via, così non dovremo più sentire quegli ioni e iardi che fanno piangere la mamma.
La stazione è vuota, non c’è nessuno seduto sulle panchine di ferro. Il cielo è rosso come le pignatte di rame che usiamo per cucinare il milchreis. La pancia mi brontola.
Knut mi tira la mano, i suoi occhi gocciolano lacrime. «Ho fame.»
Metto l'indice teso sopra le labbra. «Stai buono.»
Ieri per il riso abbiamo pagato un numero di marchi che finiva con iardi, la settimana prima il numero era diverso, ma la mamma dice che era più piccolo e che i numeri per comprare da mangiare diventano sempre più grandi. Non capisco perché ci siano così tanti numeri, fa paura che non finiscano mai di crescere.
Knut si siede su una panchina, raccoglie le gambe e nasconde il viso tra le ginocchia. I piedi mi fanno male ma rimango in piedi. Il sale sul pavimento scricchiola sotto le mie scarpette, spero non si rovinino.

Il treno è vicino, sputa fumo che sporca il cielo di rame con una patina di bruciato.
«Venite bambini, state vicino a me.»
La mamma ci tiene per mano, la seguiamo oltre il marciapiede e ci mettiamo in mezzo ai binari. Le rotaie vibrano così tanto che anche noi tremiamo tutti.
Il treno fischia un urlo. Un omino piccolo si sporge dalla locomotiva e agita le braccia verso di noi. Le ruote di ferro stridono e sprizzano scintille dalle rotaie.
Knut si nasconde sotto la gonna della mamma.
Lei ci stringe e piange, ma anche in lacrime è la mamma più bella di tutte.
Il piccolo Hans è felice, i suoi capelli dorati riverberano [altro termine “adulto”] la luce rossa del fuoco del sole.
Chiudo gli occhi. Non devo aver paura, la mamma dice che in cielo i numeri sono tutti uguali e quelli in iardi non ci sono.
Io lo spero, quei numeri cattivi non voglio vederli mai più.


COMMENTO FINALE
Ciao Matteo.
Come già scritto ad altri in passato, i bambini rappresentano per me un tabù quando si tratta di trasformarli in narratori, ciò per via dell'estrema difficoltà dell'operazione. Un narratore bambino presuppone infatti una scrittura più sporca, all’apparenza (solo all’apparenza!) meno curata. Rendere tutto ciò al meglio senza risultare forzati non è per nulla facile. A mio avviso tu qui ci riesci a metà.
Cogli nel segno quando ti lasci andare ai passaggi ripetuti (“piccolo Hans”) o ai continui passaggi di pensiero della protagonista. Subottimale è invece a mio avviso la scelta dei dialoghi diretti, anziché indiretti. La forma diretta presuppone infatti una regia da parte del narratore, il che si muove in contrasto con l’età e la capacità d’estrapolazione del pensiero della tua protagonista.
Detto questo, la storia mi è piaciuta. Ottima l’idea di ambientare il tutto durante la Repubblica di Weimar, in quanto ti permette a più riprese di giocare con le intuizioni del lettore, anche se quel salto temporale che porta al colpo di scena finale secondo me era aggirabile, risultando così com’è un ulteriore indizio di come dietro la piccola Julia si nasconda in verità la voce di un adulto che, così facendo, vuole tenere nascosto fino all'ultimo l'esatta ubicazione dei personaggi (non sulla banchina, ma direttamente sulle rotaie).
Comunque una buona prova e che mi permette di farti i complimenti per come, racconto dopo racconto, migliori sempre più in quello che, all’inizio, ritenevo il tuo punto debole: i finali forzati o incoerenti. Questa volta, scelte stilistiche subottimali a parte, così non è (così come anche il mese scorso, anche se non ho avuto modo di dirtelo a suo tempo). Insomma, bravo.
lupus in fabula

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Michael Dag
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#6 » giovedì 21 aprile 2022, 16:37

La storia in se non è male, anche se ho trovato un po' noiosa la parte centrale. Il risvolto finale mi ha colto di sorpresa, immaginavo una fuga ma non così drastica.

non è facile scrivere in immersivo con gli occhi di un bambino. A volte hai usato termini che un bambino non userebbe (ardere, riverberare, …) ma personalmente non mi ha dato fastidio, anzi, credo che uno stile veramente infantile sia scomodo da leggere.
sembra che abbiano acceso un fornello in mezzo alle nuvole bellissima frase, davvero.

Una cosa che mi ha stonato, in un'ambientazione a mio avviso ben fatta, è il cappottino rosa. Non so perché, ma non ce lo vedo addosso a una bimba del 1920. Gusto personale, ovviamente.

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MatteoMantoani
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#7 » venerdì 22 aprile 2022, 12:21

alexandra.fischer ha scritto:DOVE I NUMERI SONO TUTTI UGUALI di Matteo Mantoani Tema centrato. Il punto di vista della piccola Julia regge un racconto ambientato in una Germania dove l’inflazione è pari a quella della Repubblica di Weimar, e c’è di mezzo un divorzio carissimo per la madre di Julia, di qui la scelta di andarsene, in una fredda alba invernale, in un viaggio che coinvolge anche Knut e Hans, i due fratellini minori di Julia. Il tutto per allontanare lo spettro della miseria, rappresentato dalla figura lugubre dell’avvocato. Sì, numeri così alti, in iardi e ioni sono il vero terrore, tale da eclissare la regina di ghiaccio.

Ciao Alexandra! Grazie del commento, spero che il racconto ti sia piaciuto! Buona gara!

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MatteoMantoani
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#8 » venerdì 22 aprile 2022, 12:25

Alessandro -JohnDoe- Canella ha scritto:Tra parentesi alcuni miei commenti specifici al testo.

La mamma allaccia gli alamari del mio cappottino rosa [Lo confesso: sono arrivato a 37 anni senza sapere che questo tipo di bottone aveva in realtà un altro nome. Il dubbio a questo punto, che nasce però soltanto dalla mia esperienza personale, è: è verosimile che una bambina presumibilmente delle elementari conosca una parola tanto particolare, quando, poche righe più tardi, confessa di non conoscere termini più semplici come milione o miliardo? Detto in altri termini, chi sta parlando qui? Julia o Matteo?], poi strattona Knut per tenerlo sveglio. «Julia, tienilo sempre per mano,» mi carezza la guancia, «non lo lasciare mai.»
Prendo la mano di Knut, il suo pollice è bagnato di saliva.
Il piccolo Hans piange in braccio alla mamma. Speriamo che non lo dia a me: pesa tanto il piccolo Hans.
Usciamo di casa e scendiamo le scale. «Mamma,» indico la porta, «non chiudi con la chiave?»
«Non fa niente, tanto non torniamo più.»
«E il papà? Come farà a trovarci?»
«Julia, fai la brava!»
Si arrabbia sempre quando le chiedo di papà, perché lui è cattivo. Quando viene da noi porta l’avvocato, quello coi baffi neri, il vestito nero, la valigetta di cuoio nero e quei fogli così fitti di numeri che sembrano neri anche loro. Parlano di quei numeri incomprensibili che finiscono in ioni e in iardi, poi battono i pugni sul tavolo e urlano. Quei numeri devono essere tanto cattivi: quando ho chiesto alla maestra, lei mi ha spiegato che sono quelli dopo il mille, numeri grandi grandi.
La mamma cammina sul marciapiede con il piccolo Hans in braccio. La fiammella dei lampioni arde tra i vetri appannati e la luce del sole spunta dietro le case. Il cielo è tutto rosso, sembra che abbiano acceso un fornello in mezzo alle nuvole.
La maestra ci ha detto che il sole è come un grande fuoco, così grande che neanche i pompieri lo possono spegnere. Sono sicura che nemmeno se ci versassi ioni o iardi di secchi d’acqua riuscirei a spegnere quel fuoco. Chissà se anche il sole arde bruciando vecchie banconote da un marco, ma la mamma dice che in cielo i soldi non ci sono, e io le credo.
Il piccolo Hans non smette di piangere, sarà meglio che stia zitto sennò in paese si sveglieranno tutti. Knut tira su col naso, i suoi occhi azzurri fissano la mamma. «Dove andiamo?»
Lei sospira. «In stazione a prendere il treno.»
La sua gonna si trascina sulla strada senza far rumore. La seguo e sto attenta a non scivolare perché il marciapiede è tutto ricoperto di ghiaccio: mi ricorda il cuore gelido della regina d’inverno, nella fiaba del libro tutto rotto. Anche il papà ha il cuore di ghiaccio, perché non torna più a casa se non per parlare di quei numeri cattivi. Forse è per questo che andiamo via, così non dovremo più sentire quegli ioni e iardi che fanno piangere la mamma.
La stazione è vuota, non c’è nessuno seduto sulle panchine di ferro. Il cielo è rosso come le pignatte di rame che usiamo per cucinare il milchreis. La pancia mi brontola.
Knut mi tira la mano, i suoi occhi gocciolano lacrime. «Ho fame.»
Metto l'indice teso sopra le labbra. «Stai buono.»
Ieri per il riso abbiamo pagato un numero di marchi che finiva con iardi, la settimana prima il numero era diverso, ma la mamma dice che era più piccolo e che i numeri per comprare da mangiare diventano sempre più grandi. Non capisco perché ci siano così tanti numeri, fa paura che non finiscano mai di crescere.
Knut si siede su una panchina, raccoglie le gambe e nasconde il viso tra le ginocchia. I piedi mi fanno male ma rimango in piedi. Il sale sul pavimento scricchiola sotto le mie scarpette, spero non si rovinino.

Il treno è vicino, sputa fumo che sporca il cielo di rame con una patina di bruciato.
«Venite bambini, state vicino a me.»
La mamma ci tiene per mano, la seguiamo oltre il marciapiede e ci mettiamo in mezzo ai binari. Le rotaie vibrano così tanto che anche noi tremiamo tutti.
Il treno fischia un urlo. Un omino piccolo si sporge dalla locomotiva e agita le braccia verso di noi. Le ruote di ferro stridono e sprizzano scintille dalle rotaie.
Knut si nasconde sotto la gonna della mamma.
Lei ci stringe e piange, ma anche in lacrime è la mamma più bella di tutte.
Il piccolo Hans è felice, i suoi capelli dorati riverberano [altro termine “adulto”] la luce rossa del fuoco del sole.
Chiudo gli occhi. Non devo aver paura, la mamma dice che in cielo i numeri sono tutti uguali e quelli in iardi non ci sono.
Io lo spero, quei numeri cattivi non voglio vederli mai più.


COMMENTO FINALE
Ciao Matteo.
Come già scritto ad altri in passato, i bambini rappresentano per me un tabù quando si tratta di trasformarli in narratori, ciò per via dell'estrema difficoltà dell'operazione. Un narratore bambino presuppone infatti una scrittura più sporca, all’apparenza (solo all’apparenza!) meno curata. Rendere tutto ciò al meglio senza risultare forzati non è per nulla facile. A mio avviso tu qui ci riesci a metà.
Cogli nel segno quando ti lasci andare ai passaggi ripetuti (“piccolo Hans”) o ai continui passaggi di pensiero della protagonista. Subottimale è invece a mio avviso la scelta dei dialoghi diretti, anziché indiretti. La forma diretta presuppone infatti una regia da parte del narratore, il che si muove in contrasto con l’età e la capacità d’estrapolazione del pensiero della tua protagonista.
Detto questo, la storia mi è piaciuta. Ottima l’idea di ambientare il tutto durante la Repubblica di Weimar, in quanto ti permette a più riprese di giocare con le intuizioni del lettore, anche se quel salto temporale che porta al colpo di scena finale secondo me era aggirabile, risultando così com’è un ulteriore indizio di come dietro la piccola Julia si nasconda in verità la voce di un adulto che, così facendo, vuole tenere nascosto fino all'ultimo l'esatta ubicazione dei personaggi (non sulla banchina, ma direttamente sulle rotaie).
Comunque una buona prova e che mi permette di farti i complimenti per come, racconto dopo racconto, migliori sempre più in quello che, all’inizio, ritenevo il tuo punto debole: i finali forzati o incoerenti. Questa volta, scelte stilistiche subottimali a parte, così non è (così come anche il mese scorso, anche se non ho avuto modo di dirtelo a suo tempo). Insomma, bravo.

Se il severissimo Alessandro Canella, il Chuck Norris di MC, mi fa un complimento, devo correre subito a ubriacarmi dalla felicità XD No sul serio, grazie! Sono contento che tu veda miglioramenti, io ci provo.. che ci posso fare?
Sul linguaggio del racconto, chiaro, la parlata non può essere quella di un bambino altrimenti il racconto diventa illeggibile, volevo almeno riprodurre il flusso dei pensieri in modo coerente.
Sugli alamari, anche io lo so da poco tempo XD ma Julia, che viveva in un periodo storico in cui i cappotti si chiudevano soprattutto così, doveva per forza sapere cosa sono.
Grazie ancora! A presto e buona gara!

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MatteoMantoani
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#9 » venerdì 22 aprile 2022, 12:30

Michael Dag ha scritto:La storia in se non è male, anche se ho trovato un po' noiosa la parte centrale. Il risvolto finale mi ha colto di sorpresa, immaginavo una fuga ma non così drastica.

non è facile scrivere in immersivo con gli occhi di un bambino. A volte hai usato termini che un bambino non userebbe (ardere, riverberare, …) ma personalmente non mi ha dato fastidio, anzi, credo che uno stile veramente infantile sia scomodo da leggere.
sembra che abbiano acceso un fornello in mezzo alle nuvole bellissima frase, davvero.

Una cosa che mi ha stonato, in un'ambientazione a mio avviso ben fatta, è il cappottino rosa. Non so perché, ma non ce lo vedo addosso a una bimba del 1920. Gusto personale, ovviamente.

Ciao Michael, grazie del feedback, che mi sembra positivo... sul capottino rosa, confesso: avevo in mente Schindler List.. ambientato pochi anni dopo.. anche il famoso tailleur di Chanel è degli anni Venti.. vabbè: smetto di far finta si saper qualcosa di moda.

Dario17
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#10 » domenica 24 aprile 2022, 15:36

Bello stile evocativo e anche per te un plauso speciale per aver scansato l'idea della fantascienza nonostante il legame coi numeri sia molto più tentatore come fonte d'ispirazione.
Mi accodo ai commenti precedenti sul pov di una bambina che ho leggiucchiato dopo aver letto due volte il tuo pezzo.
Confesso che ho pensato, alla fine della prima lettura, se veramente fossero solo 4000 caratteri. Sembra molto più lungo, forse perchè denso di particolari.
direi che è un pregio.
I piccoli accenni all'inflazione dell'epoca che ho captato mi hanno fatto sentire meno caprone a livello di storia moderna di quello che pensavo, te ne sono
grato!
Non ho trovato paticolari pecche su questo pezzo, senonchè forse le poche fiammate di originalità dovute all'interno del pov stesso: è la classica bambina che si trova in decine di storie (alcune lette qua su MC), ingenua data l'età ma che cova dentro di sè un intuito e uno sguardo sulla realtà ben più ampio seppur limitato dagli ovvi mezzi dell'estrema giovinezza. Però va detto che la terminologia come "ioni" e "iardi" attenuano questa grinza (giudizio personale, eh...) alla grande sebbene non completamente.

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Debora D
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#11 » lunedì 25 aprile 2022, 22:40

Ciao Matteo, piacere di leggerti.
Il tema è centrato di sicuro.
Mi piace l'ambientazione storica come sai e il riferimento all'inflazione nella Repubblica di Weimer me lo sono goduto.
Plaudo al tentativo di sperimentare qualcosa di difficile come il punto di vista di un bambino, anche se non l'ho trovato un completo successo. Dal punto di vista della trama è un pezzo tragico e forte. A conti fatti la protagonista pensa e subisce quello che le accade, non agisce e non ha scelte, perciò è diversa da un protagonista classico. Non l'ho trovato un problema però dati i 4000 caratteri. Penso che nei racconti brevissimi queste sperimentazioni siano le benvenute.

In alcuni punti mi sembra che tu calchi così tanto sulla vocina della bambina fino a renderla forzata.
Per esempio espressioni come Piccolo Hans e Grande grande. Preferisco quando le voci dei bambini si distinguono per i dettagli che notano e il loro modo di cogliere la realtà piuttosto che attraverso un modo di parlare "recitato".
A proposito di questo ho avuto difficoltà a collocare l'età della bambina sia perché non conosce la parola milione sia perché invece conosce il verbo riverberare oppure perché riesce a definire il cielo di rame con una patina di bruciato. Insomma o c'è un'incongruenza nella voce narrante, che diventa a tratti onnisciente, o c'è nella resa del punto di vista.

Conclusione: un racconto che declina il tema in modo coraggioso e profondo, reso difficile dalla scelta del PDV che è comunque uno dei più difficili che ci sia. La prima persona al presente per focalizzare il punto di vista scricchiola in alcuni punti. Tema centrato senza dubbio

Buona edizione e alla prossima

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MatteoMantoani
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#12 » martedì 26 aprile 2022, 9:13

Debora D ha scritto:Ciao Matteo, piacere di leggerti.
Un racconto che declina il tema in modo coraggioso e profondo, reso difficile dalla scelta del PDV che è comunque uno dei più difficili che ci sia. La prima persona al presente per focalizzare il punto di vista scricchiola in alcuni punti.

Dario17 ha scritto:Mi accodo ai commenti precedenti sul pov di una bambina che ho leggiucchiato dopo aver letto due volte il tuo pezzo.


Ciao Debora, ciao Dario. Innanzitutto, grazie per il commento e per le note positive. Ora, a beneficio anche di Alessandro (che mi ha suggerito un pdv diverso), vorrei raccontarvi un momento la genesi di questo racconto.
Ho letto qualche anno fa questo fatto di cronaca:
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... 470a8.html
La mamma tedesca che uccide i figli (5 bambini!) e si butta sotto un treno è vera. Inutile dire che questo avvenimento mi abbia un pochino scosso, tanto che per un bel pezzo sono rimasto a chiedermi come sia possibile, per una madre, uccidere i suoi 5 figli.
L'idea di questo racconto, quindi, nasce per dare una possibile spiegazione al gesto folle di questa donna, magari ambientandolo in un periodo storico in cui la gente era particolarmente disperata (ecco la Repubblica di Weimar e il suicidio per debiti: i fogli dell'avvocato sono pieni di conti di debiti da pagare).
Come raccontare questa storia? L'idea migliore che mi è venuta è provare a raccontarla attraverso uno dei figli (3, non 5 per motivi di semplicità) e quindi la difficoltà di scrivere con gli occhi di un bambino. La bambina ha più o meno otto-dieci anni, quindi ha una certa maturità per rielaborare le informazioni, ma senza capire niente di matematica :)
Da un lato, come sottolinea giustamente Debora, il pdv di un bambino si dovrebbe riconoscere attraverso le sensazioni interne, più che dal linguaggio più semplice (da cui il mio tentativo di "favoleggiare" le descrizioni, col discorso dei fornelli in aria, delle pignatte di rame al posto del cielo e del sole che non si spegne con l'acqua), però il linguaggio ha comunque il suo peso, e per renderlo apprezzabile da un lettore adulto e allo stesso tempo coerente col parlato di un bambino, ho lasciato termini un po' più ricercati (riverberare, patina..) associandoli a costruzioni più infantili (piccolo Hans, grandi grandi..). Ovvio che il risultato non è ottimale, ma è quello che sono riuscito a fare :)
A ripensarci potevo mettere tutto in terza persona e ciao, ma un pdv in prima mi sembrava rendesse la tragedia ancora più coinvolgente e sentita.
Comunque, non lo farò mai più XD promesso.
Grazie ancora a tutti e buona gara!

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MatteoMantoani
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#13 » martedì 26 aprile 2022, 9:16

MatteoMantoani ha scritto:
Debora D ha scritto:Ciao Matteo, piacere di leggerti.
Un racconto che declina il tema in modo coraggioso e profondo, reso difficile dalla scelta del PDV che è comunque uno dei più difficili che ci sia. La prima persona al presente per focalizzare il punto di vista scricchiola in alcuni punti.

Dario17 ha scritto:Mi accodo ai commenti precedenti sul pov di una bambina che ho leggiucchiato dopo aver letto due volte il tuo pezzo.


Ciao Debora, ciao Dario. Innanzitutto, grazie per il commento e per le note positive. Ora, a beneficio anche di Alessandro (che mi ha suggerito un pdv diverso), vorrei raccontarvi un momento la genesi di questo racconto.
Ho letto qualche anno fa questo fatto di cronaca:
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... 470a8.html
La mamma tedesca che uccide i figli (5 bambini!) e si butta sotto un treno è vera. Inutile dire che questo avvenimento mi abbia un pochino scosso, tanto che per un bel pezzo sono rimasto a chiedermi come sia possibile, per una madre, uccidere i suoi 5 figli.
L'idea di questo racconto, quindi, nasce per dare una possibile spiegazione al gesto folle di questa donna, magari ambientandolo in un periodo storico in cui la gente era particolarmente disperata (ecco la Repubblica di Weimar e il suicidio per debiti: i fogli dell'avvocato sono pieni di conti di debiti da pagare).
Come raccontare questa storia? L'idea migliore che mi è venuta è provare a raccontarla attraverso uno dei figli (3, non 5 per motivi di semplicità) e quindi la difficoltà di scrivere con gli occhi di un bambino. La bambina ha più o meno otto-dieci anni, quindi ha una certa maturità per rielaborare le informazioni, ma senza capire niente di matematica :) (gli ioni e iardi non sono i semplici milioni e i miliardi, ma gli abominevoli bilioni, trilioni e triliardi).
Da un lato, come sottolinea giustamente Debora, il pdv di un bambino si dovrebbe riconoscere attraverso le sensazioni interne, più che dal linguaggio più semplice (da cui il mio tentativo di "favoleggiare" le descrizioni, col discorso dei fornelli in aria, delle pignatte di rame al posto del cielo e del sole che non si spegne con l'acqua), però il linguaggio ha comunque il suo peso, e per renderlo apprezzabile da un lettore adulto e allo stesso tempo coerente col parlato di un bambino, ho lasciato termini un po' più ricercati (riverberare, patina..) associandoli a costruzioni più infantili (piccolo Hans, grandi grandi..). Ovvio che il risultato non è ottimale, ma è quello che sono riuscito a fare :)
A ripensarci potevo mettere tutto in terza persona e ciao, ma un pdv in prima mi sembrava rendesse la tragedia ancora più coinvolgente e sentita.
Comunque, non lo farò mai più XD promesso.
Grazie ancora a tutti, spero di non avervi troppo annoiato, e buona gara!

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Laura Brunelli
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#14 » martedì 26 aprile 2022, 10:04

Ciao Matteo piacere di leggerti.
Complimenti. Gran bel racconto. Certamente d’impatto. Mi piace come hai declinato il tema sfruttando il punto di vista della bambina. Solo lei poteva pensare che tutto girasse attorno a numeri incomprensibili. Bravo.
Sullo stile poco da dire, solo un paio di appunti, giusto per fare le pulci:
Parlano di quei numeri incomprensibili che finiscono in ioni e in iardi.

Personalmente non amo molto quando il tema viene esplicitato e in questo caso, trovo fosse anche inutile. Il contesto è chiaro e ben strutturato.
La frase, così corretta: “Parlano di numeri che finiscono in ioni e in iardi” sottintende già il fatto che per la bambina si tratti di numeri incomprensibili e le frasi successive ce lo fanno capire in modo chiaro, semplice e diretto.
Chissà se anche il sole arde bruciando vecchie banconote da un marco

Qui mi sono un po’ persa. Non capisco bene il senso. In nessun altro punto del testo si fa riferimento al fatto che le banconote vengano bruciate. Forse volevi trasmettere l’idea che, a causa dell’inflazione le vecchie monete andavano fuori corso e quindi venivano bruciate? Non so, non mi è chiaro.
Il piccolo Hans non smette di piangere, sarà meglio che stia zitto sennò in paese si sveglieranno tutti

Anche questa frase non mi è molto chiara. Il cielo è rosso, quindi, in mancanza di altri elementi che mi facciano pensare diversamente, siamo al tramonto, Perciò, mi domando perché stiano dormendo tutti. È vero che a un certo punto, la bambina parla di lampioni e del fatto che il sole spunta (parola che, immagino, tu abbia usato proprio per far capire che i fatti si svolgono all’alba) da dietro le case, ma l’immagine del celo rosso si associa più facilmente al tramonto e le parole della bambina passano un po’ inosservate. Io le ho notate solo in seconda lettura.
Il cielo è rosso come le pignatte di rame che usiamo per cucinare il milchreis

Ho trovato un po’ fastidiosa questa ripetizione. Capisco che ti sia servita come collegamento per il pezzo successivo, ma mi ha stonato comunque.
Nel complesso, comunque un’ottima prova. Complimenti.
Alla prossima e buona edition!

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MatteoMantoani
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#15 » martedì 26 aprile 2022, 14:01

Laura Brunelli ha scritto:Ciao Matteo piacere di leggerti.
Complimenti. Gran bel racconto. Certamente d’impatto. Mi piace come hai declinato il tema sfruttando il punto di vista della bambina. Solo lei poteva pensare che tutto girasse attorno a numeri incomprensibili. Bravo.
Sullo stile poco da dire, solo un paio di appunti

Ciao Laura, grazie mille del commento :) qualche precisazione sotto

giusto per fare le pulci:
Parlano di quei numeri incomprensibili che finiscono in ioni e in iardi.

Personalmente non amo molto quando il tema viene esplicitato e in questo caso, trovo fosse anche inutile. Il contesto è chiaro e ben strutturato.
La frase, così corretta: “Parlano di numeri che finiscono in ioni e in iardi” sottintende già il fatto che per la bambina si tratti di numeri incomprensibili e le frasi successive ce lo fanno capire in modo chiaro, semplice e diretto.

Osservazione corretta.

Chissà se anche il sole arde bruciando vecchie banconote da un marco

Qui mi sono un po’ persa. Non capisco bene il senso. In nessun altro punto del testo si fa riferimento al fatto che le banconote vengano bruciate. Forse volevi trasmettere l’idea che, a causa dell’inflazione le vecchie monete andavano fuori corso e quindi venivano bruciate? Non so, non mi è chiaro.

Nel periodo storico dell'iper inflazione tedesca, costava più comprare la legna che bruciare pacchi di banconote svalutate. Ci sono foto d'archivio che mostrano persone addirittura usare le banconote come carta da parati.

Il piccolo Hans non smette di piangere, sarà meglio che stia zitto sennò in paese si sveglieranno tutti

Anche questa frase non mi è molto chiara. Il cielo è rosso, quindi, in mancanza di altri elementi che mi facciano pensare diversamente, siamo al tramonto, Perciò, mi domando perché stiano dormendo tutti. È vero che a un certo punto, la bambina parla di lampioni e del fatto che il sole spunta (parola che, immagino, tu abbia usato proprio per far capire che i fatti si svolgono all’alba) da dietro le case, ma l’immagine del celo rosso si associa più facilmente al tramonto e le parole della bambina passano un po’ inosservate. Io le ho notate solo in seconda lettura.

È l'alba XD era più chiaro in una prima stesura, in cui i bambini si lamentavano per il sonno e la levataccia, un pezzo che ho tolto per motivi di spazio.

Il cielo è rosso come le pignatte di rame che usiamo per cucinare il milchreis

Ho trovato un po’ fastidiosa questa ripetizione. Capisco che ti sia servita come collegamento per il pezzo successivo, ma mi ha stonato comunque.

Questa e altre ripetizioni sono intenzionali, sempre per ricalcare un po' la parlata di un bimbo.

Nel complesso, comunque un’ottima prova. Complimenti.
Alla prossima e buona edition!

Grazie mille :) buona gara e buona fortuna, alla prossima!

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Maurizio Chierchia
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#16 » martedì 26 aprile 2022, 17:19

Ciao Matteo.
Innanzitutto, viste le guest star del contest e soprattutto la tua protagonista, questo racconto poteva chiamarsi benissimo: "La bambina che prendeva il treno." Avresti vinto già solo col titolo!
Ora, tornando seri, ammetto che la tua storia mi è piaciuta parecchio.
"La maestra ci ha detto che il sole è come un grande fuoco, così grande che neanche i pompieri lo possono spegnere. Sono sicura che nemmeno se ci versassi ioni o iardi di secchi d’acqua riuscirei a spegnere quel fuoco." Frasi come queste mi divertono tantissimo. Mi piace scrivere storie per bambini e ragazzi, e trovo affascinante la semplice similitudine che hai trasposto.
Non nego che, in effetti, il POV fanciullesco è sempre un problema, ma a parte qualche sbavatura già citata da altri non ho notato grossi difetti. Per il mio gusto personale si percepisce bene chi sta parlando e cosa sta vivendo.
Per ultimo, il finale mi ha spiazzato e ammetto anche io che non me l'aspettavo. Ad ogni modo l'ho trovato efficacissimo, bravo!
Centrato anche il tema a mio avviso. Chi più di una bambina può trovare i numeri così incomprensibili?
Complimenti davvero, gran bella storia che ti prende dall'inizio alla fine.
A presto e buona gara!
Maurizio Chierchia
"Domani è già vicino"

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MatteoMantoani
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#17 » martedì 26 aprile 2022, 17:38

Maurizio Chierchia ha scritto:Ciao Matteo.
Innanzitutto, viste le guest star del contest e soprattutto la tua protagonista, questo racconto poteva chiamarsi benissimo: "La bambina che prendeva il treno." Avresti vinto già solo col titolo!
Ora, tornando seri, ammetto che la tua storia mi è piaciuta parecchio.
"La maestra ci ha detto che il sole è come un grande fuoco, così grande che neanche i pompieri lo possono spegnere. Sono sicura che nemmeno se ci versassi ioni o iardi di secchi d’acqua riuscirei a spegnere quel fuoco." Frasi come queste mi divertono tantissimo. Mi piace scrivere storie per bambini e ragazzi, e trovo affascinante la semplice similitudine che hai trasposto.
Non nego che, in effetti, il POV fanciullesco è sempre un problema, ma a parte qualche sbavatura già citata da altri non ho notato grossi difetti. Per il mio gusto personale si percepisce bene chi sta parlando e cosa sta vivendo.
Per ultimo, il finale mi ha spiazzato e ammetto anche io che non me l'aspettavo. Ad ogni modo l'ho trovato efficacissimo, bravo!
Centrato anche il tema a mio avviso. Chi più di una bambina può trovare i numeri così incomprensibili?
Complimenti davvero, gran bella storia che ti prende dall'inizio alla fine.
A presto e buona gara!

Ciao Maurizio. Grazie del commento :) sono contento che il racconto ti sia piaciuto e che la storia abbia, per così dire, centrato l'obiettivo di colpire e coinvolgere.
Sì, se andrò in finale non vedo l'ora di vedere la faccia di Nesler quando leggerà il pdv di una bambina XD l'ho fatto un po' apposta..
A presto e buona gara!

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Rick Faith
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#18 » giovedì 28 aprile 2022, 16:23

Salve, mi sono appena iscritto e questo è il mio primo messaggio. Non so se è permesso a non partecipanti di commentare all'interno di un contest, nel caso chiedo scusa.

Vorrei spezzare una lancia in favore dell'autore circa la scelta di termini all'apparenza troppo ricercati per un bambino (ardere, riverberare, patina, ecc...)
Secondo me è del tutto plausibile, i bambini possono essere comicamente precisi nell'utilizzo di termini e vocaboli. Imparano in fretta, copiano, riproducono e fanno propri anche modi di dire complessi. Se hanno un ampio vocabolario non hanno nessuna inibizione a usarlo tutto senza badare al contesto.
Anzi, nell'ottica di voler scrivere all'interno del punto di vista di un bambino la scelta di quali termini ha assorbito può essere in alcuni casi un bel metodo per dare informazioni sul suo background. Ad esempio qui vediamo che la piccola protagonista non ha ancora studiato i numeri oltre il mille, ma sa che le allacciature del cappottino si chiamano alamari. Questo e altri dettagli scelti con cura (spera di non rovinare le scarpette, sono molto belle?) potrebbero indicare una situazione familiare di particolare agiatezza o comunque di attenzione all'abbigliamento e all'aspetto.
È uno spunto di riflessione, ma anche queste cose sono a mio avviso strumenti utili a disposizione dell'autore, soprattutto quando bisogna litigare con il limite di caratteri! :)

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Davide_Mannucci
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#19 » venerdì 29 aprile 2022, 12:46

Maledetto, maledetto e maledetto! Non si commuove un Mannucci così a tradimento! Soprattutto se si avvicina l’ora di pranzo...
Passavo di qua a giochi fatti per leggere qualche racconto degli altri gironi e mi becco questa meraviglia!
Davvero bravo...
Alcuni passaggi sono di un realismo mischiato a poesia che...be’....chapeau...
Stai migliorando tantissimo... da fare quasi schifo. :D

A presto
Davide Mannucci

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MatteoMantoani
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#20 » venerdì 29 aprile 2022, 14:13

Rick Faith ha scritto:Salve, mi sono appena iscritto e questo è il mio primo messaggio. Non so se è permesso a non partecipanti di commentare all'interno di un contest, nel caso chiedo scusa.

Vorrei spezzare una lancia in favore dell'autore circa la scelta di termini all'apparenza troppo ricercati per un bambino (ardere, riverberare, patina, ecc...)
Secondo me è del tutto plausibile, i bambini possono essere comicamente precisi nell'utilizzo di termini e vocaboli. Imparano in fretta, copiano, riproducono e fanno propri anche modi di dire complessi. Se hanno un ampio vocabolario non hanno nessuna inibizione a usarlo tutto senza badare al contesto.
Anzi, nell'ottica di voler scrivere all'interno del punto di vista di un bambino la scelta di quali termini ha assorbito può essere in alcuni casi un bel metodo per dare informazioni sul suo background. Ad esempio qui vediamo che la piccola protagonista non ha ancora studiato i numeri oltre il mille, ma sa che le allacciature del cappottino si chiamano alamari. Questo e altri dettagli scelti con cura (spera di non rovinare le scarpette, sono molto belle?) potrebbero indicare una situazione familiare di particolare agiatezza o comunque di attenzione all'abbigliamento e all'aspetto.
È uno spunto di riflessione, ma anche queste cose sono a mio avviso strumenti utili a disposizione dell'autore, soprattutto quando bisogna litigare con il limite di caratteri! :)

Grazie per aver preso le mie difese e per aver letto il mio racconto. Condivido (ovviamente) le tue osservazioni XD metto le mani avanti solo sul fatto che sia stato così tanto sveglio da fare tutto intenzionalmente: con la gara, la stanchezza e il tempo che scade non si ha troppo modo di andare per il sottile, però chiaro che il potere dei dettagli è quello di raccontare una storia senza esplicitare troppo, e chiaramente riuscirci è tra i miei obiettivi.
Grazie ancora e a presto a leggerci alla prossima gara ;)

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MatteoMantoani
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#21 » venerdì 29 aprile 2022, 14:18

Davide_Mannucci ha scritto:Maledetto, maledetto e maledetto! Non si commuove un Mannucci così a tradimento! Soprattutto se si avvicina l’ora di pranzo...
Passavo di qua a giochi fatti per leggere qualche racconto degli altri gironi e mi becco questa meraviglia!
Davvero bravo...
Alcuni passaggi sono di un realismo mischiato a poesia che...be’....chapeau...
Stai migliorando tantissimo... da fare quasi schifo. :D

A presto

Già è tanto che qualcuno lasci un commento a un racconto che non è obbligato a leggere, se poi ti riempie anche di lodi.. sono tutto rosso, veramente. Grazie Davide, io ci provo, la mia strada è tutta in salita, questo raccontino non è dei miei migliori.. non vedo l'ora che il buon Nesler mi prenda per il culo per averlo incentrato su una bambina, della serie: "La bambina che prendeva il treno" XD
Grazie davvero, buona fortuna e buona conclusione a te (non ho fatto i calcoli, ma mi stupirei se tu non fossi in finale...)

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antico
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Re: Dove i numeri sono tutti uguali

Messaggio#22 » domenica 1 maggio 2022, 12:16

Il finale è bellissimo e il titolo che ti ha proposto Chierchia è perfetto. Direi un ottimo racconto macchiato solo da una certa legnosità nella prima parte. Non mi è ben chiaro la dinamica famigliare, cosa stia succedendo tra moglie e marito e la funzione della figura dell'avvocato. In più, forse poteva essere gestita meglio la fase di passaggio al finale perché così com'è l'ho percepita come un ingresso debole. Detto questo, per me siamo dalle parti di un pollice quasi su soprattutto grazie all'ottima confezione in cui hai sigillato il tutto.

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